La Scelta


"Il balcone della signora Nora nasconde un segreto. Se sei così in gamba da riuscire a capire qual è, sei sulla buona strada per aspirare alla vittoria", diceva il biglietto e sotto riportava questi caratteri:

UIOSRAFEE 
IOBNDRCA
UPPRRUOE

RALLENTARERIVOLTAIVA (5,5,5,2,3)

«Sono anagrammi, ragazzi! Una parola e una frase», esordì Silvia che già pregustava la vittoria. Aveva gli occhioni che sbrilluccicavano di soddisfazione.

Le nostre teste facevano da corolla a quel biglietto.

Silvia non aveva torto. Solo tre foglietti, come quello che ci eravamo appena aggiudicati, conducevano al quesito finale, e noi eravamo il primo, fra i gruppi rimasti in gara, ad aver raccolto il penultimo indizio. Avevamo ottime chance di mettere le mani sulla coppa e quindi sul fatidico premio misterioso. Eh già, quell'anno il vincitore si sarebbe aggiudicato un premio extra sulla cui natura gli organizzatori avevano mantenuto il più stretto riserbo, ma che doveva essere eclatante vista l'enfasi che avevano dato alla campagna promozionale. Quel premio era già leggenda; in giro non si parlava d'altro. Il mistero poi aveva decuplicato le adesioni alla caccia. Chiunque avesse vinto doveva essere indubbiamente scaltro per sbaragliare tanti avversari. E noi lo eravamo decisamente, scaltri e arguti, avevamo già annientato un centinaio di lupi famelici.

«Un "bianco" e un "rosa" sono nascosti fra le prime righe, ma non contano, giusto?» osservò Tonia grattandosi la punta del naso. E ridusse a due fessure i suoi occhi verde smeraldo.

Davide, suo fratello, precisò: «È un anagramma, devi usare tutte le lettere, bianco e rosa sono infidi tranelli. Ma nella terza riga c'è un "purpureo" che mi piace tanto. Siamo decisamente grandi!» ammiccò con quei suoi bellissimi occhi scuri dalle ciglia lunghe. Davide aveva classe da vendere ed era svelto di cervello, una dote che non passava inosservata.

Mi strofinai la fronte. «La frase, mm, non sembra facile.»

Tonia abbozzò uno schema sopra un foglio. «Ricapitolando, abbiamo tre indizi: la signora Nora, il suo balcone e il "purpureo" scoperto da Davide... sarà una delle piante che Nora coltiva sul terrazzino?» la domanda era retorica.

Appuntammo i caratteri della frase nascosta su cinque foglietti e ciascuno prese il proprio. Usammo le scale della parrocchia come pensatoio e scrittoio. Cancellavamo e scrivevamo per poi cancellare ancora e riscrivere.

«Ci sono!» urlò a un tratto Mario. I suoi dread sussultarono con lui. «La frase è: "nella terra trovi la via"! È di cinque, cinque, cinque, due e tre caratteri! Probabilmente il nostro indizio è nascosto dentro un vaso color porpora!» Alzò il palmo. Era straorgoglioso di aver contribuito a svelare l'enigma.

Schiacciammo i nostri palmi contro quello di Mario ed esultammo con lui. Adesso avevamo sul serio la vittoria in pugno, non ci restava che raggiungere di corsa il parco nel quale abitavamo.

Il nostro condominio rappresentava la penultima tappa della caccia, a detta del biglietto. Il lussureggiante terrazzino della signora Nora era al primo piano e ospitava una piccola ma attrezzatissima serra piena di piante delicate, rare e costosissime. La passione di Nora per i fiori era celeberrima fra noi condomini.

Trafelati raggiungemmo il palazzo. Ci attaccammo alla pulsantiera del citofono, ma Nora non rispose.

«Com'è possibile, il suo balcone è la tappa finale, non può essere uscita proprio adesso! Ci serve il suo aiuto, dannazione! È contro il regolamento abbandonare la postazione nel momento conclusivo della gara!» sbraitai. «Abbiamo faticato tanto per arrivare a questo punto!»

Tonia annuì e disse con stizza: «Hai ragione, Monica, non è regolare! Gli organizzatori ci sentiranno!»

In quel preciso istante il signor Tanzi, che aveva l'appartamento al quarto piano, si avvicinò al portone e lo aprì.

Ci guardammo negli occhi e c'intendemmo al volo. Fu un attimo. C'intrufolammo nell'androne rimediando uno sbuffo e uno "screanzati!" urlato con sdegno.

Arrivammo col cuore a mille alla porta di Nora. Era socchiusa. Forse era dovuta uscire per qualcosa di urgente e ci aveva lasciato la porta aperta affinché continuassimo la gara.

Ci scambiammo sguardi d'intesa; dovevamo entrare, malgrado nessuno ci avesse invitato a farlo.

Tonia spinse la porta con un dito. «Nora, ci sei?» domandò con voce sommessa.

Nora non rispose.

Imboccammo il corridoio e arrivammo in cucina – gli appartamenti del palazzo erano tutti più o meno simili e già conoscevamo la strada. La cucina dava sul terrazzo, il posto che cercavamo. Appena entrammo in quella stanza, la nostra attenzione si spostò subito sul pavimento. Un vaso di ciclamini color porpora, del più bel tono di rosso vivo che avessi mai visto e al quale senza dubbio la signora Nora teneva moltissimo, giaceva irrimediabilmente spaccato sul pavimento. Forse dovevamo cercare proprio quei ciclamini, il colore era proprio quello citato nell'indizio. Il pavimento era pieno di cocci, terriccio e impronte di suole maschili. Le tracce imbrattavano anche il corridoio.

«Uhm, anche lo zerbino davanti alla porta d'ingresso era sporco di terriccio, le impronte andavano verso le scale. Nora ci tiene troppo ai suoi fiori, qui è successo qualcosa... ehm, guardate sotto il tavolo.» Mi sedetti sulle caviglie. C'era un bussolotto giallo, di plastica, sul pavimento, sembrava di quelli che proteggono la sorpresa nelle uova di cioccolato.

Lo raccolsi.

Non esitai un solo istante ad aprirlo. Dentro c'era un biglietto che srotolai. Il biglietto diceva: "Complimenti! Potreste essere i vincitori della nostra mitica caccia al tesoro! Raggiungete la biblioteca comunale e portate con voi questo biglietto. La classifica sarà stilata in base all'ordine di arrivo. La gara si concluderà improrogabilmente alle quattro. Vi aspettiamo!".

Stavolta avevamo davvero la vittoria in pugno, avevamo trovato l'indizio finale, quello decisivo. Se ci fossimo sbrigati, entro qualche minuto saremmo arrivati a destinazione. Eppure nessuno aveva voglia di esultare e nessuno sorrideva.

«E se fosse successo qualcosa a Nora?» esordì Silvia con tono allarmato. «Lei è anziana e indifesa! Se avesse aperto in buona fede a un delinquente scambiandolo per un concorrente della gara?! E se il bastardo le avesse fatto del male? Non possiamo voltarci dall'altra parte, lei aspettava noi!»

Davide annuì. «Le tracce portano alla rampa di scale che scende nell'interrato...» precisò, «forse corro troppo con la fantasia, ma, ehm, se l'avessero trascinata di sotto e avesse bisogno d'aiuto? Io dico di andare a dare un'occhiata, subito.»

Mario aggiunse: «Anche un solo minuto potrebbe essere fatale per lei».

Silvia, con gli occhi sbarrati, biascicò: «Okay, cosa aspettiamo allora?»

«Sai che vuol dire questo, vero?» ribattei rassegnata.

«Possiamo dire addio alla vittoria...» precisò Silvia, «ma la vita di Nora è più importante di uno stupido premio, non voglio convivere col rimorso di averla potuta salvare e di essermene sbattuta. Io vado di sotto a vedere se ancora respira e se ha bisogno di me.» E si avviò alla porta.

La sua scelta divenne la nostra.

Imboccammo la rampa di scale che portava nell'interrato.

Le impronte segnavano l'ultimo gradino e si spingevano oltre.

Seguimmo le tracce accompagnati dalla luce dei cellulari. Dovevamo stare molto attenti a dove mettevamo i piedi, gli operai stavano ristrutturando i box nel garage e c'erano travi di legno, secchi e teloni dappertutto. Tuttavia il percorso era obbligato, chiunque fosse sceso lì sotto prima di noi doveva aver fatto la stessa strada.

Per non fare rumore stavamo attenti a respirare piano.

Arrivammo a una porta di ferro; era socchiusa. A segni ci dicemmo di spegnere le luci dei display, poteva esserci chiunque al di là dell'uscio e la luce poteva metterci in pericolo.

Davide aprì lentamente la porta. Il buio era totale.

Dei rumori metallici segnarono l'accensione progressiva di molti neon. L'ambiente spazioso s'illuminò a giorno. Venivamo dal buio totale e di riflesso chiudemmo gli occhi.

Un applauso ci costrinse a guardare.

Una decina di persone erano schierate di fronte a noi e sorridevano. C'era anche Nora con loro, ed era in piena forma, e sorrideva anche lei.

Il nostro sindaco, col largo tricolore sul petto, era al centro del gruppo.

Di sicuro noi altri avevamo delle espressioni da incorniciare: un mix allucinante di paura, sgomento e meraviglia insieme.

Il sindaco ci venne incontro col braccio teso e il palmo aperto. Ci strinse la mano e disse: «I due gruppi che hanno raccolto l'ultimo indizio, come voi altri, sono già alla biblioteca comunale...»

Davide ribatté: «È chiaro», e annuì con un'espressione piena di rammarico. Nora stava bene, ci eravamo preoccupati per niente e avevamo rinunciato alla vittoria inutilmente.

Il sindaco continuò: «Se mi lasci finire, ragazzo, forse riesco a... ehm, spiegarmi. Dunque...» Afferrò una coppa scintillante e la consegnò a Silvia e a ciascuno di noi diede una pergamena. «A nome del Consiglio Comunale tutto, vi conferisco, ragazzi, il premio misterioso di quest'anno: la più alta onorificenza per aver contribuito al lustro della città. Avete scelto di aiutare Nora, piuttosto che correre ad aggiudicarvi la vittoria. E noi vi premiamo e ci congratuliamo. Il vostro è l'unico gruppo, fra quelli finalisti, ad aver fatto questa scelta. Siete cittadini esemplari. L'Alta Onorificenza Comunale vi dà la facoltà di assistere, quando vorrete, alle nostre sedute e vi permette di esprimere le vostre idee per migliorare la città.»

Tutti si congratularono con noi. Avevamo vinto ed eravamo diventati anche cittadini modello. Il premio misterioso era più prezioso di quanto potessimo mai sperare. 

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