Una nuova casa



UNA NUOVA CASA

In molti biasimerebbero la mia passività.

Perché non facesti niente, Soledad? Per quale motivo ti lasciasti condurre in quella china di paura e di depravazione?

Non sarebbe stato meglio per te opporti ad un simile degrado affrontando coraggiosamente il tuo incubo fatto carne, subendo un esito certo, anziché acconsentire con il tuo silenzio ad una simile infamia? Non sarebbe stato meglio, per te, cercare scampo in un onorevole suicidio che, pur garantendoti la dannazione eterna, ti avrebbe preservato in degna gloria nella mente dei vivi?

Tuttora mi domando se la condotta che assunsi all'epoca fosse corretta.

Mi avevano insegnato ad essere una figlia rispettosa ed obbediente, a non rispondere in modo sgarbato, ad usare la massima obbedienza nei confronti di coloro che mi avevano generato.

A modo mio, lo ero stata. Non avevo mai fatto alcun capriccio e sapevo allontanarmi in modo discreto e silenzioso tutte le volte che vedevo Don Escobar aggirarsi in direzione delle stanze di Donna Honor. Avevo sviluppato una particolare sensibilità nei loro riguardi, imparando a muovermi quel tanto che bastava per evitarmi una sicura percossa...ma ero convinta che fosse una qualità normale.

L'omicidio di Honor, però, mi aveva portato a mettere in discussione una simile possibilità. In cosa aveva fallato mia madre, per perdere così bruscamente la propria vita? Non era stata una buona moglie, obbediente e remissiva? Per quale ragione, Don Escobar aveva commesso un'azione tanto efferata?

Tutto questo mi lasciava sgomenta, mentre osservavo silenziosa le dolci linee delle colline ed il profumo dolce degli alberi da frutto. Poco distante, invece, mi sembrava di vedere una fascia azzurra all'orizzonte, simile alla distesa blu che si poteva vedere dalla mia casa, in direzione della Barcelloneta.

Non avevo mai sentito parlare di un fiume chiamato Tago, però...e quella stranezza, insieme alla vaga somiglianza, aumentava in me lo sconcerto ed il disorientamento.

Per tutta la durata di quel viaggio, Don Escobar mi ignorò, limitandosi ad ascoltare le parole del servitore.

-Monsieur attendeva con ansia il vostro ritorno, ma era ben informato sulle vostre intenzioni e, di conseguenza, mi ha incaricato di rifornire la casa di tutto il necessario.- disse, mettendosi un paio di occhiali sul naso aquilino e, scoccandomi una rapida occhiata. -Permettetemi di dire che la criança è graciosa come immaginavo. Sono certo che Monsieur apprezzerà una piccolo ospite tanto bonito.- disse, guadagnandosi, da parte mia, un'espressione perplessa.

Non ero riuscita a capire tutte le parole che quell'uomo aveva detto ma mi chiedevo se non fosse colpa della stanchezza che aveva reso inerte la mia lingua.

-Ve ne sono grato. La senorita Escobar sarà un'ospite che non recherà alcun disturbo alla casa del tuo signore. Malgrado l'età, è una bambina obbediente e silenziosa. Nessuno si accorgerà di lei.- garantì mio padre, pesando su di me con la sola potenza del suo sguardo.

Per tutta risposta, abbassai la testa, conficcando gli occhi sulla gonna che indossavo. L'uomo lodò la mia compostezza ed io accolsi quei complimenti con un'espressione spaurita che celai, continuando a fuggire il suo sguardo. Il vestito che portavo era un abito scuro da viaggio ma erano giorni che lo tenevo e, di conseguenza, iniziava ad irritarmi la pelle, avendo accolto polvere e umidità per giorni. Era un fastidio sconosciuto e nuovo per me.

Mio padre ed il servitore continuarono a conversare in modo pacato in una lingua che non comprendevo affatto ma quello stato mi permise di estraniarmi, di lasciare che le domande alle quali non riuscivo a dare una risposta che mi soddisfacesse.

Un sobbalzo mi riscosse dalle mie riflessioni e, sempre un po'disorientata, lanciai uno sguardo oltre il finestrino. Il cielo era luminoso e nell'aria si sentiva un profumo di sale e piante aromatiche.

Il servitore aprì lo sportello e, con un ultimo scambio di battute, uscì dal mezzo.

- Nina, voi farete quello che si conviene ad una figlia. Mi appartenete, più di ogni altra cosa al mondo e questo, a prescindere dai vostri desideri.- disse, prendendomi tra le braccia e portandomi fuori.

Contrariamente a quanto avevo visto fino a quel momento, mi trovavo di fronte ad un palazzo di grandi dimensioni in pietra chiara.

Una serie regolare di finestre si susseguiva su due ordini.

La dimora concessa dal misterioso amico del mio sciagurato genitore aveva un'aria signorile e piacevole a vedersi. Non possedeva alcuna ricercatezza, se non quella di creare un ambiente comodo e insieme dignitoso.

Alla base dell'edificio se ne stava una fila di servitori con abiti semplici e dimessi. Tutti avevano un'aria formale ma non fredda, e giudicai che non fossero persone avvezze ad avere eccessivi contatti con i loro datori di lavoro, o forse, molto più semplicemente, erano abituati a comportarsi in quel modo per abitudine.

Un uomo, vestito in modo simile ma dall'aria compassata, si staccò da quella schiera e, dopo essersi avvicinato allo sportello, si rivolse a mio padre, parlando in una lingua sconosciuta.

Don Escobar annuì brevemente, rispondendo alle sue parole con la medesima parlata.

Una volta fatto questo, mi porse ad un uomo che, nel frattempo, si era avvicinato a me. -Ora andrete con quest'uomo e farete tutto quello che vi diranno di fare, senza opporvi in alcun modo altrimenti mi scontenterete...e questo non è bene per una figlia beneducata ed obbediente quale siete voi.- disse.

Istintivamente rabbrividii.

L'immagine di quell'uomo morto era ancora viva nella mia mente, così come lo era quella del servitore che si era preso cura di me con tanta gentilezza prima di essere ucciso dalla mano traditrice di Pedro. Quelle sventure si accumulavano nella mia mente una dopo l'altra, aumentando un senso di straniamento che mi rendeva passiva ed obbediente, più di quanto non lo fossi mai stata fino a quel momento.

In cuor mio sapevo che Don Escobar era capace di fare qualunque cosa.

Aveva ucciso Honor con una ferocia senza pari. Aveva ammazzato a sangue freddo Pedro, che pure lo aveva servito, prima di essere toccato dal seme del tradimento.

Un giorno mi ucciderà era la conclusione che avevo pensato, di nuovo.

Il maggiordomo disse ancora alcune parole. Mio padre annuì e, mentre faceva questo, si fece avanti una donna dall'aria matura e in abiti semplici, che mi prese in braccio e mi condusse all'interno dell'edificio. Mentre così faceva, potei scorgere altri particolari dell'edificio.

Tra un piano e l'altro, e sotto il tetto, vi erano delle serie di mattonelle in ceramica, con delle decorazioni azzurre a carattere geometrico, come rombi e spirali, oppure semplici immagini di piante e fiori che non riuscivo a riconoscere.

Vedendo che li guardavo, la serva si fermò, osservò la direzione delle mie occhiate e, con un sorriso, mi disse solo una parola. Azulejos. Accolsi quella parola in silenzio. Non avevo mai udito quel termine ma non fu difficile per me capire che si riferiva alla strana decorazione.

Con quella nuova conoscenza mi addentrai nella casa, senza sapere quanto tempo vi avrei soggiornato e se, da parte mia, fosse lecito chiamarla così. Quel che era certo era che mi fu assegnata una camera molto luminosa, con un arredo semplice e confortevole. Il soffitto era affrescato con graziose grottesche che davano l'illusione di dormire sotto un porticato. Quella vista mi apparve molto piacevole e, insieme, fuoriluogo nella situazione incerta in cui mi trovavo.

La serva mi portò con dolcezza su una delle sedie imbottite, presenti nella stanza e, con un movimento deciso, batté le mani. Dalla porta entrarono due cameriere, silenziose e serie.

-Prepare a banheira e limpe as roupas- disse e le giovani sparirono dalla mia vista per qualche momento. Udii un rumore di spruzzi e sciabordii nella stanza accanto, e percepii nell'aria un profumo floreale che non avevo mai sentito.

-Me ajude a mudar nosso pequeno convidado- aggiunse e le due giovani si avvicinarono a me. Istintivamente mi ritrassi, fissandole con diffidenza ma la vecchia mi prese per le spalle e con un tocco gentile ma fermo, mi intimò di non muovermi. Vidi così che una delle cameriere mi privò dei vestiti sporchi, che furono presi dalla sua compagna di lavoro, la quale sparì subito dalla mia vista. Una volta svestita, fui portata nella sala accanto. Si trattava di un piccolo ambiente, dove si trovava un caminetto ed una vasca piena d'acqua fumante.

Venni immersa in quel liquido profumato e, con l'aiuto di una delle cameriere, fui lavata con estrema cura, fino a quando la sporcizia del viaggio non ebbe lasciato il mio corpo, portandomi una piacevole sensazione di pulito e stanchezza. Una volta linda, venni asciugata con la stessa delicatezza e portata nuovamente nella camera di prima. Lì trovai un vestito color verde primrose, dall'aria semplice e comoda. Le cameriere finirono di pettinarmi, liberando i capelli dai nodi. Una volta che ebbero concluso, le tre mi depositarono sulla poltroncina e, insieme, si allontanarono dalla stanza.

Mi guardai attorno. La poltroncina su cui mi trovavo era piuttosto vecchia e comoda. Osservai le immagini dipinte sui muri, il paesaggio campestre che vedevo fuori dalla finestra. Lentamente, complice il silenzio di quella casa, mi addormentai.

Non sapevo dove fossi né, tantomeno, dove fosse finito Don Escobar...ma ero troppo stanca per preoccuparmene e, anche se lo avessi fatto, niente mi avrebbe portato a sottrarmi da quello che avrei comunque ricevuto dal Fato, che lo volessi o meno.

Un rumore mi scosse dal mio torpore.

Era la vecchia cameriera che mi aveva fatto vestire e pettinare, rendendo il mio aspetto meno sporco e sgradevole. Non disse una parola, come se sapesse del mio stato. Con la stessa delicata determinazione che aveva mostrato, mi prese in braccio. Nel fare questo, il mio busto si appoggiò alla sua spalla, portandomi a guardare nuovamente la finestra. La sera era ormai calata su quella terra che ancora non conoscevo...ed io non me ne ero neppure resa conto.

L'eleganza pratica e semplice del mio alloggio sembrava essere una caratteristica comune di ogni singolo ambiente di quel palazzo. Anche la sala da pranzo era insieme intima ed accogliente...e tutto questo stonava profondamente con la presenza oscura del mio silenzioso genitore.

I camerieri ci portarono da mangiare dei piatti che non avevo mai visto: zuppe calde, dal sapore delicato; baccalà adeguatamente cucinato, dolci dal sapore insolito e gradevole. Apprezzai ogni singola pietanza, troppo affamata per interrogarmi sulla loro natura. Mangiai tutto con appetito vorace, sentendo il calore di quel cibo diffondersi nelle mie stanche membra.

Don Escobar apprezzò quei piatti con minor entusiasmo, degustando tutto e parlando brevemente con il maggiordomo che, con aria silenziosa, seguiva tutte le nostre azioni. Il suo occhio mi metteva a disagio, dal momento che ero avvezza a cenare in solitudine o con la sola compagnia dei miei genitori.

Confesso che quel momento, così come gli altri che seguirono, mi metteva a disagio. Non ero abituata a nessuna di quelle cose che il Fato mi poneva di fronte, anche se quel soggiorno sembrava stranamente tranquillo e sereno.

-Le cameriere si sono complimentate con la vostra obbedienza, nina. Hanno detto che non avete fatto alcun capriccio e che siete assai beneducata. Ne sono lieto, giacché vivremo qui per qualche tempo.- esordì, studiandomi – Il padrone di questa dimora è un mio grande amico e mi ha offerto l'ospitalità che gli ho richiesto, per tutto il tempo che considererò necessario. Lo stesso vale per voi, ovviamente. Siete una sua ospite come lo sono io.-

Annuii lievemente.

-Riprenderete le forze dalle traversie del viaggio e poi vedremo di trovare finalmente un luogo in cui cominciare una nuova vita.- disse, facendosi riempire un bicchiere di liquore.

-Non mi piace la nuova vita. Voglio quella vecchia.- risposi. Voglio la mamma avrei voluto aggiungere.

-Dimenticate la vecchia vita. Non vi serve e, comunque, non ne avete bisogno. Per quello che vale, è il passato...e ciò che è passato, semplicemente, non esiste né, tantomeno, merita di essere ricordato.- disse, sorseggiando il liquido contenuto nel bicchiere.

Lo osservai.

Indossava abiti semplici e puliti e sembrava aver fatto anche lui un bagno ristoratore. Il suo viso aveva un'aria riposata e serena, come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo. Quella vista mi lasciò addosso una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco. Avrei voluto scagliargli addosso qualunque maledizione possibile ma sapevo che avrei scatenato la sua ira...ed avevo visto le percosse sul corpo di mia madre abbastanza da sapere che non ero nella condizione di poter rischiare a tal punto. Un filo di codardia mi frenava dallo spingermi oltre la soglia che mi separava dalla violenza del suo tocco e non sapevo se essere fiera di una simile qualità. Travolta da quel dubbio,decisi di tacere, ma non potei comunque fare a meno di guardarlo con rabbia.

Avevo un abito grazioso ed avevo mangiato bene...ma sentivo che tutto questo non mi apparteneva, come tutto quello che mi era capitato.

Ero sempre stata una brava bambina...eppure, dopo quanto avvenuto, venni presa dal dubbio che ciò non fosse sufficiente. Forse, non bastava essere buoni per essere felici.

In ritardo vergognoso, sono riuscita a ritagliare una po'di tempo per scrivere questo nuovo capitolo.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno letto e ringrazio la loro pazienza.

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