RISVEGLIO
Prima di ogni risalita, vi è il precipizio.
Così avvenne per me, nell'attimo esatto in cui aprii gli occhi. Ciò che vidi fu una pesante e diffusa penombra, così densa da impedirmi diriconoscere il luogo in cui mi trovavo. Ero adagiata su un morbido materasso, protetta da una calda coperta dai ricami a rilievo. Sopra di me, vedevo le sagome indistinte di una decorazione a grottesche,che il buio rendeva insolite e paurose.
Man mano che gli occhi si abituavano all'oscurità, tuttavia, non riuscivo a scorgere alcun elemento familiare in quella stanza e michiesi dove fossi.
Sentivofuori da lì il suono di urla e pianti, come se quella camera in cuimi trovavo non fosse altro che la cella di qualche lazzaretto. Ilrumore aggrediva le mie orecchie, dandomi l'impressione che potesseroinfilzare la mia testa al pari di una lama saracena. Era unasensazione dolorosamente famigliare ma, a parte questo, nulla lo era,né le grottesche, né le bambole in ceramica presenti sulle mensole.
Non mi piaceva nulla di quel luogo, né quell'arredo alieno né le urla che sentivo dall'altra parte della stanza e che, man mano che passavail tempo, crescevano per numero e forza.
-...e quindi, cosa ha detto quel cane?- domandò una voce maschile grassa e greve di fiele.
-Quello che tutti sanno e che avviene in questi casi.- rispose un'altra,fredda come il metallo.
-Intendete dunque credere a questa versione dei fatti?- domandò nuovamente la prima, trattenendo a stento la furia.
-Non possiamo fare diversamente. Ogni uomo di umano sentire e buon senso crederebbe a questa posizione, come è appunto emerso. Non possiamo che accettare la vicenda.- disse.
-Fratello-si intromise una terza voce- la questione è stata chiaramenteesposta agli occhi delle autorità e chiunque ascolterebbe comprensivo le parole di Don Escobar. Ogni persona, a prescindere dal proprio culto, avrebbe agito in questo modo.-
-Disonorandola nostra casa?- rispose nuovamente la prima voce -STIAMO PARLANDO DI NOSTRA SORELLA! LUI DEVE PAGARE CON LA VITA LA SUA FINE!-
Quelle parole fluirono come un fiume fuori dalla bocca di quell'individuo,facendomi sussultare, in maniera non diversa dalle grida che udivo sempre più frequentemente nella mia casa natale. Insieme ad essa, i ricordi mi percossero, riportando a galla gli ultimi avvenimenti che avevano condotto alla mia momentanea incoscienza.
-Adesso basta, Carlos! La questione, come nostro fratello ha esposto, non offre prove significative per accusare nostro cognato, il quale si è giustamente appellato all'onore perduto. Non possiamo fare niente,salvo sperare nella Provvidenza Divina e nella sicurezza che ricevala giusta punizione celeste.- disse quest'ultimo.
-Beltran ha ragione. Nostro cognato ha riparato a suo tempo una situazione disonorevole di vostra sorella, assicurandole ogni forma di benesseree, dal momento che le cose sono avvenute secondo tale linea, non dovete sorprendervi che un simile fatto sia avvenuto. Qualcuno potrebbe anche supporre che nostro cognato abbia agito nel giusto,date le circostanze della moglie.- aggiunse una terza voce.
-Se non volete fare niente, ci andrò io stesso a vendicarla! Quel cane deve pagare!- riprese a dire Carlos.
Subito emerse il borbottio della discussione, un insieme concitato di voci indistinte accomunate nel dissenso.
Non mi piacque quel rumore e feci permuovermi...quando mi avvidi di un particolare fino a quel momentoignorato. Non sentivo il calore della coperta dalla vita in giù.Tremando, allungai la mia mano verso le gambe e, incerta, detti qualche pacca o, almeno, pensai di farlo.
La verità era che non sentivo il lieve peso dei miei palmi né la sottile pressione che ne scaturiva.
Fu in questo modo che compresi che era accaduto qualcosa di strano al mio corpo ed istintivamente mi coprii gli occhi, cercando di sfuggire a quella vista. Il respiro accellerò. Non era possibile. Quel corpo non poteva essere mio.
-ORA BASTA! BASTA, IN NOME DI DIO!- urlò improvvisamente una donna.
-Madre!Allontanatevi subito!- fecero le voci maschili in coro.
-Come potete essere divisi in tale modo? Siete i miei figli, nati dalle mie stesse viscere con tanto dolore...non è da voi una simile discordia, non ora, in questo difficile momento.- disse con ferocia.
Sussultai piano e istintivamente mi guardai attorno, preda dell'angoscia. Qualcosa di morbido e caldo stava sotto e sopra di me, come a proteggermi da quel luogo strano e sconosciuto ma non riusciva a frenare la mia angoscia. Percepivo il mio corpo fino alla vita. Oltre vi era solo il nulla.
Le ombre sembravano aver inghiottito tutto. Con la coda dell'occhio, allungai lo sguardo e le mani,lottando tentoni contro l'oscurità. Le mie gambe erano ancora lì...ma non riuscivo a percepirle.
Era come se non mi appartenessero.
Il pensiero mi terrorizzò.
Istintivamente desiderai muovere il piede ma quell'atto, così semplice e naturale prima del mio risveglio sembrava irrealizzabile.
Perché non sentivo niente? Per quale ragione le mie gambe stavano ferme, malgrado desiderassi muoverle?
I miei pensieri vennero interrotti da una serie di urla, che si propagavano nell'aria d'istante in istante. Erano così forti da farmi tremare dentro, come l'erba scossa dalle raffiche di un vento impetuoso ed ostile.
-DOBBIAMO FARE QUALCOSA, NON POSSIAMO SOPPORTARE DI UN SIMILE AFFRONTO!- disseuna voce maschile e furiosa.
-Sapevamo che sarebbe andata a finire in tal modo, date le circostanze che si sono successe. Non dovevamo accettare una tale proposta!- fece un'altra, non meno cupa.
-Nonsiate sciocchi- ribattè una terza voce- le circostanze che hanno decretato una tale unione sono state degnamente spiegate, così come è stato spiegato in che misura e in quale maniera è avvenuto tutto ciò. Ha agito secondo coscienza...-
-OSATE CREDERE ALLA LINGUA BIFORCUTA DI QUELL'INDIVIDUO?E'un maledetto arricchito... Non fatemi ridere.- fece la prima voce.
Emerse un insieme indistinto di voci e urla, tale che non era possibiledistinguerle. Il fracasso mi spinse a tapparmi gli orecchi. Quelle parole erano affilate come coltelli, così dure da ferirmi.Desideravo andarmene da quella stanza, dove quel rumore odioso sembrava rimbombare generando un cupo effetto di eco. Volevo andarmene da quel luogo ma quel corpo traditore mi impediva di farlo.Quelle voci violente sembravano colpirmi istante dopo istante,risvegliandomi dal torpore doloroso in cui ero. Con disperazione feci forza sulle braccia, nel tentativo di allontanarmi da quel luogo, ma il corpo non sembrava volermi disobbedire in alcun modo.
Era come separato da me, me, che ero la sua proprietaria.
-Innome del Cielo, tacete! Ponete fine a questa lite insensata, voi chesiete nati da me e che portate il mio sangue. Ho perso una figlia chenessuna cosa potrà mai restituire. A Dio piacendo, un giorno avròla possibilità di rivederla ma adesso non mi è consentito. Nulla loè, tranne ricevere un compenso per quel sangue versato.- esclamòuna voce di donna, rotta dalle lacrime.
Unsospiro strozzato si levò dall'altra parte del muro.
-VOI SIETE FOLLE! NON POTETE DIRE UNA COSA DEL GENERE!- esclamò una voce.
Ladonna singhiozzò. -Egli, quell'uomo che ha rovinato la vita della mia bambina, se ne andrà dalla Spagna, lasciandosi tutto indietro.Non potete permettere che ciò accada, ora che sapete una cosa delgenere.- proseguì, le parole rotte dal pianto. -Intendete lasciare che ciò accada? Che un simile crimine rimanga impunito? Nostra figlia, l'unica femmina che ho avuto la ventura di generare, giace ora fredda e immobile su un letto di pietra, dopo che mi è stata negata per anni la gioia di abbracciarla come si conviene.-
Quella parlata veemente fu interrotta da uno schiocco secco. Era il suono di un libro, che veniva sbattuto con forza a terra. -Donna, avete parlato a sufficienza. Anche io piango una figlia, una figlia che non ho potuto salvare dalla mano immonda di quell'uomo. Non tollererò oltre questo affronto...e di certo non passerà liscio anche codesto misfatto.- fece una voce nuova, così fredda che sembrava uscire dall'Oltretomba.
Istintivamente mi coprii con la coperta, un'abitudine che avevo imparato da tempo e che aveva il patetico obiettivo di allontanare tutte le cose brutte di quel luogo grande e spaventoso che era il Mondo.
Una porta si aprì e, nel silenzio che seguì quelle parole, udii distintamente dei passi avvicinarsi alla porta dietro la quale stavo. Mi adagiai sul letto e, con calma, chiusi gli occhi, fingendo di dormire.
Una mossa incredibilmente ingenua. Avevo ormai imparato che non potevo sfuggire dalla paura chiudendo semplicemente gli occhi...ma non mi era possibile fare diversamente, dato il numero esiguo delle mie primavere.
-Come sta?-domandò la voce dolente della dama che avevo udito.
-Sta dormendo ancora, Donna De Rossignol. Il laudano non ha ancora esaurito il suo effetto.- fece la serva.
La mano mi toccava la fronte, sfiorandomi appena. Non seppi dire se fosse qualcosa di gradevole o odioso.Non avrei potuto darle alcun giudizio.
Avevo ricevuto poche carezze nel corso della mia giovane vita e, come sempre, le colsi in modo impreparato, rimanendo ferma e immobile come una statua di terracotta. Non seppi dire quanto tempo rimasi,tentando di trattenere il respiro ed imponendomi di fingere un sonno che, ormai, non avevo più.
-Quanto credete che rimarrà in questo stato? -domandò nuovamente la donna. -Quali orribili tenebre hanno attraversato il cammino della sua giovane vita- fece, con aria assente. Sentivo il profumo di Acqua di Parma aleggiare nella stanza, facendomi pizzicare il naso, in maniera non diversa dall'incenso della chiesa. Aveva un che di lugubre, o almeno così parve a me.
-Immagino che abbia sofferto pene indicibili in quella dimora maledetta e chissà cosa ha subito per opera di quell'esecrabile individuo.- fece la serva.
La dama fermò la mano.
-Non riesco a guardarla. La sua vista mi è intollerabile.-mormorò, convoce rotta. Quelle carezze fredde si interruppero e, nuovamente,il silenzio mi sommerse.
Attesi del tempo prima di riaprire gli occhi. Quando lo feci, guardai nuovamente quella camera a me tanto estranea e, inavvertitamente,toccai le gambe ma neppure allora sentii la pressione della mia mano né,tantomeno, quel calore derivante da quel contatto. Tentai varie volte...ma ciò che ottenni fu solo un vuoto assoluto.
Allora riprovai con maggiore forza, percuotendo quelle gambe, sperando di percepire il dolore, o per lo meno il fastidio dovuto a quei colpi.Man mano che facevo tutto questo, con foga, il paesaggio si fece umido e lattiginoso, tanto da impedirmi di tenere gli occhi aperti.
Avevo capito...ma il dolore, la non accettazione, avevano preso il sopravvento.
Lemie gambe non si muovevano più.
Erano morte.
Questoè il secondo capitolo della storia che, ricordo, è il primo capitolo della saga sulle sorelle Escobar, in modo particolare la maggiore. I temi che emergeranno in questo racconto sono tutt'altro che teneri, come immaginerete già da qui.
Lasaga per il momento contiene almeno tre parti: LA SCALA DEL DOLORE,SORRISO DI DAMA e SECRET GARDEN.
Questoper rendere bene l'idea della vicenda.
Vorrei intanto ringraziare tutti coloro che hanno letto questa storia e che lasceranno un commento ma, anche se non lo fate, non temete, vi ringrazio lo stesso ;)
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