LIMBO
Non avrei mai creduto di poter guarire...eppure era successo, nella maniera più insolita e inattesa.
Credevo di non aver diritto ad una simile possibilità.
Molte persone, ben più meritevoli di me, erano perite, malgrado fossero forti e sane.
Una triste eventualità, un accidente vuole che spesso le persone meno probabili abbiano maggiori occasioni di aver salva la vita.
Credo che accadde una cosa del genere anche alla mia persona, malgrado all' epoca fossi smarrita e persa in quella guarigione alla quale non riuscivo a dare alcun senso.
Nemmeno i De Rosignol riuscirono a darsene una spiegazione ma da bravi credenti quali erano, furono del parere che fosse frutto di qualche disegno divino e che, come tale, fosse bene non indagare oltre.
Un medico mi visitava giornalmente e non appena eseguiva questo compito, informava immediatamente i capifamiglia. Le sue impressioni sulla mia guarigione erano più che positive, pur mantenendo una certa prudenza.
I De Rosignol andavano chiedendo, in quelle occasioni, se anche le mie gambe avrebbero avuto la grazia di una nuova salute ma a quelle domande, il sapiente non poteva dare simili speranze. Quanto chiedete, mi duole dirlo, non rientra nelle mie possibilità. Una malattia recente come il colera fiacca il fisico ma è un fenomeno che posso studiare...ma lo stato generale di vostra nipote, alla luce di quanto accaduto, è al di sopra delle mie umane competenze. Non posso darvi delle speranze che possono mutare in illusioni. Non è qualcosa che posso prevedere. Aveva spiegato.
Quelle parole erano l'unica nota amara della situazione ma, a ben vedere, non vi riponevo grandi speranze e, di conseguenza, non me ne dolsi molto.
Eppure rimaneva in tutto una nota spiacevole, dovuta alla mancanza di una guida, di una viaa da percorrere. A cosa sarei stata destinata in quella casa? Quale era il mio posto lì?Nessuno mi aveva detto nulla. Mi sentivo un'ospite, qualcosa di indefinito e senza forma ma il mio destino non rappresentava in quel momento una priorità per i De Rosignol. Del resto, però, non sapevo neppure quali fossero i disegni dei miei genitori.
Potevo solo piegare docilmente il collo al progetto degli adulti, confidando nella loro capacità di discernere con saggezza e razionalità. Non appena fu evidente che il mio stato non era contagioso, i padroni del palazzo stabilirono che ero nelle condizioni di poter ricevere alcune visite.
Ebbi così l'occasione di conoscere alcuni dei fratelli della mia sfortunata madre.
Il matrimonio dei miei nonni aveva lasciato una rigogliosa discendenza. Oltre a mia madre, avevano avuto la benedizione di quattro maschi in perfette condizioni di salute.
Il primogenito si chiamava Ignatio Pedro de Rossignol ed era un uomo dalla corporatura notevole. I suoi occhi neri campeggiavano su un viso dai lineamenti troppo duri per poter essere definiti belli e la sua chioma, rossiccia quasi quanto la mia, era severamente pettinata in un taglio netto e severo.
Egli giunse un giorno per fare visita ai genitori.
Quando mi vide, stirò le labbra in un'espressione truce, alla quale risposi con un volto inespressivo.
Insieme a lui, c'era una dama bassa e sottile, con un viso lungo e due occhi piccoli e attenti. Indossava abiti eleganti che non le davano giustizia eppure c'era una mansuetudine nei suoi modi che la rendeva ugualmente amabile. Mi rivolse uno sguardo buono, badando bene a non farsi vedere dal consorte. Entrambi sembravano sapere chi fossi e mi rivolsero uno sguardo serio. -Vi faccio le mie condoglianze, nipote, e me ne dolgo se ho avuto la possibilità di conoscervi in simili circostanze. Mio cognato però non amava recarsi fuori dalla Catalogna e di conseguenza non ci siamo mai incontrati.- disse severo.
Non ricordo cosa dissi ma qualunque cosa fosse non sembrò dispiacerli perché insieme alla moglie presero congedo e, a passo lento, si avviarono verso lo studio del capofamiglia.
Due giorni dopo, giunse invece un uomo con una tonaca. Era assai panciuto, con un viso dall'aria serena e due occhi piccoli e attenti. Non appena mi vide, mi dette un buffetto sul viso. -Siete graziosa come la vostra povera madre, che Iddio abbia pietà della sua sventurata anima.- disse, facendo un rapido segno della croce. Anche lui fece visita al capofamiglia e a sua moglie ma il suo passo era molto più sereno e leggero, malgrado la stazza. Non era eccessivamente grasso ma era assai più corpulento del padre, magro e sottile. Pure quell'abate sparì dalla mia vista.
Due giorni dopo, invece, giunse il terzogenito. Aveva un aspetto banale, malgrado avesse due occhi verdi ed una chioma scura. Quei colori lo avrebbero dovuto rendere avvenente, eppure non era così, colpa forse dei lineamenti troppo ordinari per renderlo davvero interessante. Mi rivolse appena un'occhiata e se non fosse stato per il fatto che anche questi entrò nello studio dei genitori, difficilmente lo avrei riconosciuto come un membro della famiglia De Rosignol.
Mi limitai a rivolgere ad ognuno di essi un saluto sommesso, tenendo lo sguardo basso e cercando di ricordare la buona educazione che mi era stata impartita ma mi sentii ugualmente impacciata.
Dopo tante settimane di isolamento, incontravo molte persone diverse, troppe per le mie abitudini e temevo di commettere qualche errore, scontentando e deludendo i nonni. Per questo mi imposi di non tremare né, tantomeno, di balbettare in loro presenza.
Non fu molto difficile, comunque, e rapidamente finii nel mio angolo. I bambini raramente attirano l'attenzione degli adulti quando hanno esaurito la loro curiosità.
Così accadde anche a me e non me ne dispiacqui. Era abituata alla mia solitudine al punto da non amare tutte quelle attenzioni forzate dalla buona etichetta e dal decoro. Per questo trovai abbastanza normale il riserbo che quelle persone avevano dimostrato.
Ero loro nipote ma non mi avevano mai visto né, tantomeno, vi era stato modo di avere una qualche vicinanza. A che pro, dunque, mostrarmi qualcosa di più caldo dell'educata formalità?
Potevo solo rivolgere loro un saluto goffo, seduta sulla poltroncina che mi era stata assegnata e che se ne stava lungo il corridoio. Data la mia giovane età, era mio dovere rivolgere agli zii il giusto omaggio ma, poiché non ero in grado di camminare, era stata operata una scelta di buonsenso, capace di preservare a entrambi il riguardo e la delicatezza necessaria.
Accanto a me, stava invece il mio dono.
Lo avevo ricevuto pochi giorni prima, dopo aver saputo che ero guarita e che mi era stato consigliato di passare del tempo all'aperto.
Ne rimasi oltremodo sorpresa, dal momento che non avevo mai ricevuto regali del genere.
Spesso lo occhieggiavo, guardandolo dal basso verso l'altro, non potendo fare a meno di sentirmi perplessa e vagamente stordita da una simile generosità.
Era di considerevoli dimensioni e benché avvolto dai tessuti che recavano i colori del casato dei De Rosignol, quella grandezza pareva toccare quasi la cima dell'ampio portone, o almeno così voleva la mia fantasia.
Laddove non era coperto dalla stoffa, emergeva una superficie scura e lucida, così nera da sembrare ossidiana...e forse lo era, come lo erano quelle iridi luminose.
Don De Rossignol lo aveva acquistato un giorno al mercato di Lisbona, durante un viaggio d'affari ed in un primo momento, se ne era servito per dei lavori pesanti. Data la mia delicata condizione e la mansuetudine che questi aveva fino a quel momento mostrato, aveva infine deciso di considerarlo degno di essere ceduto a me, affinché me ne servissi per potermi spostare.
Mi disse di averlo chiamato Pedro ma che potevo comunque dargli il nome che preferivo. Proveniva dalle coste dell'Africa, o forse da Cuba ed era un uomo di colore. Era il primo che vedevo ad una distanza tanto ravvicinata ed il primo che avessi mai posseduto.
Gli schiavi neri non erano una merce molto diffusa a Barcellona, soprattutto dopo che i francesi, occupando la Spagna, avevano imposto le loro idee su tutto il territorio. Prima del loro arrivo, essi erano solo degli strumenti, utili per i lavori pesanti.
In seguito, invece, divennero persone.
Dopo la sconfitta di Bonaparte, solo Paesi come il Brasile continuavano a chiamare quei popoli con un simile appellativo ma non per questo cessò un simile uso. Mio nonno, per esempio, ne possedeva diversi e nessuno si era mai lamentato per una simile abitudine. Li teneva nelle sue proprietà e dava loro abiti e cibo, un tetto dove vivere, come ogni bravo padrone degno del suo nome.
Pedro era forse uno dei suoi acquisti più fortunati.
Alto e robusto, mi sollevava con estrema facilità e delicatezza.
Bastava che gli ordinassi dove andare...e lui eseguiva.
Quel fatto mi fece sentire euforica, piena di una felicità tale da lasciarmi stordita. F
ino a quel momento, non avevo mai avuto nessuno a cui dare ordini ed ora possedevo uno schiavo che obbediva ad ogni mio desiderio. Mi sembrava di essere una principessa, mentre venivo condotta in braccio dal mio nuovo dono. Potevo finalmente vedere ale di quella immensa casa, fino a quel momento inaccessibili ai miei occhi.
Per la prima volta, dopo molto tempo, potevo vedere cosa c'era fuori da quelle mura.
Sotto il permesso di mia nonna, potevo ora visitare il giardino della dimora e rimanere all'aperto per qualche ora, nei momenti in cui il clima era mite.
Si trattava di uno splendido spazio verde, dove crescevano siepi odorose, fiori colorati e due alberi di gelsomino, che diffondevano tutto intorno il loro profumo. Mi piaceva stare sotto la sua ombra per buona parte del tempo, non prima di aver visto tutti i fiori che crescevano lì. Ve ne erano di ogni genere e mi sarebbe piaciuto sapere quali fossero i loro nomi.
Purtroppo tutto questo non era possibile.
Pedro non poteva rispondermi.
Era muto.
Malgrado questo, era un bravo servitore, rapido ed efficiente. Aveva una presa forte e delicata, tanto da farmi sentire al sicuro tra le sue braccia, senza temere di cadere giù.
Mi sembrava di essere un corpo leggero, più di quanto lo fossi in realtà. Grazie alle cure ricevute, avevo ripreso peso e la mia carnagione era meno malaticcia, i capelli erano più luminosi e mi sentivo decisamente più in forze. Avevo recuperato le forze perdute nel corso della mia malattia ma nulla era stato possibile fare per le mie gambe. Esse rimanevano inerti ed insensibili, tanto che spesso non mi avvedevo neppure se esse erano urtate da qualche oggetto appuntito. Me ne accorgevo solo quando vedevo qualche livido ai quali reagivo con sorpresa e sconcerto.
Per evitare che fossi ferita, Donna Pilar si assicurò che avessi intorno solo oggetti privi di angoli aguzzi, dispose che una cameriera vigilasse ogni cosa mi gravitasse attorno e provvedesse ad ogni mia necessità, insieme a Pedro, il quale si assicurava che potessi spostarmi ovunque. Invero, avevo sempre dei servitori, pronti a provvedere ad ogni mio desiderio, previa concessione da parte della loro padrona ma non delle persone che si dedicavano esclusivamente a me e che mi appartenevano.
Tutto questo avrebbe dovuto generare nel mio animo ingenuo una qualche vanità ma quelle concessioni non bastavano a rendermi superba. Non potevo esserlo, poiché ero e rimanevo una bambola rotta. Chi poteva invidiare la mia condizione, anche se avevo quelle cose che molti altri non avevano? Potevo solo gioire delle piccole concessioni che avevo, sapendo che anche quei doni non avrebbero mai potuto restituirmi una vera felicità. Il dolore aveva lasciato spazio ad una rassegnazione alla quale dovetti, per forza, abituarmi.
I De Rosignol, tuttavia, non mi lasciarono spazio ad una sterile illusione ma, del resto, non avrebbe avuto senso aggrapparsi ad una chimera, per quanto bella fosse. Sarebbe stato un dolore inutile e crudele lasciar credere qualcosa che non sarebbe mai avvenuto e questo, in fondo, fu l'intento che si celava dietro alle parole che la nonna disse quel giorno, convocandomi nel suo salotto, come era solita fare una volta ogni tre giorni.
-Nipote, la famiglia di vostra madre provvederà ad ogni vostra necessità, allo scopo di assicurarsi per voi il massimo agio possibile.- fece. -Purtroppo, però, devo essere franca con voi. Ci sono dolori a cui non posso porre rimedio e che sono prove alle quali voi sola potete partecipare. Le vostre sofferenze non rimarranno inascoltate, poiché esse sono il segno che voi siete nel giusto. I giusti sono coloro che riceveranno la migliore ricompensa, alla fine. Non dimenticatelo mai.-
Ricordo tuttora quelle parole ma i miei orecchi, i miei occhi e la mia mente sono ben diversi da quelli della bambina che ero.
Adesso riesco a cogliere tutte le sfumature e la pietosa menzogna che si nascondeva dietro a quella moralità lucente. In quell'attimo, si mostrarono a me come si presenta uno scoglio ad un naufrago, ma il mare di rassegnazione in cui versavo mi faceva dubitare che una simile eventualità fosse possibile, eppure le credevo, riconoscevo in quella donna una profonda buonafede, ignorando le ombre che le gravitavano attorno.
Dopo un anno, ho finalmente ripreso in mano questa storia. Chiedo scusa per il ritardo ma ho iniziato a lavorare da alcuni mesi e ho dovuto mettere da parte questo racconto. Le avventure di Soledad sono appena agli inizi ma state pur certi che vi saranno nuove sorprese nei prossimi capitoli. Purtroppo non posso dirvi quando aggiornerò perché ho poco tempo e avendo studiato e lavorato in questi mesi non ho avuto un attimo per riposarmi come si deve. Volevo però lasciarvi qualcosa, anche perché non voglio lasciare le mie storie. Le vorrei poter portare avanti il più possibile, fino ad arrivare ad una conclusione.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top