La Partenza

Gli zii divennero nuove comparse nel mio isolato mondo ma non ebbi contatti con loro più di una serie di sporadiche visite che, comunque, interessavano i loro augusti genitori. A causa dei loro impegni, non avevano tempo per una bambina ed era giusto così.

L'esistenza è così incerta che non ha senso affezionarsi troppo, specie per chi si affaccia da poco alla vita.

Gli adulti erano così pieni di compiti e doveri nei confronti della stirpe del presente da non poter indulgere troppo in quella del futuro, rappresentata dalla prole. Quest'ultima aveva il dovere di apprendere da loro, abbandonando le proprie odiose imperfezioni...ed io non dovevo essere da meno.

Tutto ciò che potevo fare era comportarmi come una signorina di buona famiglia, ed i nonni non trascurarono questo aspetto, ora che la salute si era dimostrata salda.

Il mio precettore era un gesuita dalle spiccate capacità e di provata virtù. Mi impose lo studio della Bibbia, delle preghiere e delle letture edificanti che i vari savi uomini del passato avevano disposto per l'educazione delle fanciulle. Oltre a questo, appresi rudimentali nozioni di matematica, in modo misurato e conveniente.

Una volta che queste lezioni avevano termine, mia nonna mi imponeva le storie della Spagna, come El Cid e la vicenda delle Cattolicissime Maestà Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. Questi furono i miei compagni di quei giorni, insieme alla presenza preziosa di Pedro con il suo indispensabile sostegno.

Agli occhi di un estraneo, tale condizione potrebbe apparire assai solitaria ma, ai miei occhi, appariva assai naturale.

Ero l'ultima delle mie sorelle e, quando la mente divenne sufficientemente forte per trattenere i ricordi, entrambe le mie consanguinee avevano lasciato la dimora degli Escobar per affrontare i loro destini. Pilar, la maggiore, era divenuta una religiosa e, all'epoca, doveva istruirsi nelle pie mura della comunità monastica. La secondogenita, Maria, era anch'essa nelle sicure protezioni di un convento ma solo per prepararsi alle nozze.

Questa distanza raffreddava in me qualsiasi affezione nei loro riguardi ma non diminuiva il rispetto che il dovere mi imponeva di avere verso queste figure, troppo indistinte ai miei occhi per sembrare reali.

Non potevo parlare catalano ma non c'era da stupirsene.

Le cattive azioni di mio padre rendevano i De Rossignol guardinghi nei loro riguardi e questo stato mi mortificava, rendendomi palese la necessità di essere una bambina obbediente e modesta. Non dovevo angustiarli più di quanto non fosse possibile e, per questo, mi ritrovai in più occasioni a trascorrere il mio tempo in solitudine.

Sarei una bugiarda ad ammettere che quello stato mi pesasse. Ero cresciuta senza le mie sorelle e, vivendo a stretto contatto con gli adulti, avevo finito con il trovare naturale un simile modo di vivere, comprimendo ogni mio impulso infantile e recando agli altri il minor disturbo possibile. Questa spinta mi dette una nuova determinazione che riversai nello studio.

Il mio precettore era un uomo di rara severità, incapace di tollerare la minima distrazione e ben lieto di punire con estrema durezza ogni mia mancanza, incurante della salute del suo allievo...ed io non ero certo un'eccezione a questa norma. Senorita Escobar, la vostra salute non giustifica la vostra debolezza né vi esime dal fuggire il giusto castigo. Andava dicendo, colpendomi con la sua bacchetta.

Ricordo ancora bene il bruciore sulla pelle ma sapevo che quell'uomo aveva ragione. Ero un esserino insignificante e privo di qualità, con un futuro incerto e fosco. Dovevo ripagare l'ospitalità dei De Rosignol, con i quali sentivo di essere profondamente in debito nei loro riguardi ed era per questo motivo che non mi ribellavo, sforzandomi di seguire tutti i suoi consigli. Non fu facile, non fu piacevole ma estremamente logico e necessario.

Le mie fatiche sarebbero state ripagate un giorno...o almeno così speravo.

Donna De Rosignol, invece, mi insegnava a ricamare e cucire, attività che ben si addicevano ad una signorina per bene. Così apprendevo quella sottile arte, creando in sua compagnia fazzoletti, cuffiette e camicette. Imparavo a creare nuove decorazioni sulla stoffa, dando luce al tessuto.

Mi impegnavo a fondo, mettendo a frutto tutte le mie energie per realizzare delle opere piacevoli ed ogni volta che realizzavo qualcosa, lo consegnavo alla nonna, la quale mi aveva fatto una promessa. Quando sarete sufficientemente brava, porterete una delle vostre opere alla cattedrale, come voto della vostra buona volontà. Sarà un buon servigio che recherete alla Spagna ed alla comunità. diceva con tono solenne ed io mi sentivo piena di un dovere che credevo più grande di quanto fosse e lieta di poter fare qualcosa che gli adulti ritenevano di grande valore.

Anche Honor era solita ricamare coperte e fazzoletti che poi donava alle chiese ed alle opere di carità di Barcellona. Mi sembrava di seguire le sue orme e mi dolevo del fatto di non aver avuto la possibilità d'imparare dalle sue abili mani. Mia madre riteneva tutto questo assai prematuro e quindi aveva deciso di aspettare.

Non avrei mai potuto eguagliarla ma seguire le sue orme con ago e filo mi dava l'illusione di averla accanto e di poter così onorare la sua memoria. Nel corso di quell'attività, mia nonna non sorrise mai né mi dette una qualche forma di complimento. Il suo animo cupo rimaneva inalterato e fermo nel suo stato di tetraggine, tanto che finii col pensare che tutti gli adulti fossero così, ovvero seri e compassati.

Donna Pilar non era una nonna amorevole ed affettuosa ma una matriarca austera e feroce nel difendere le esigenze dei De Rosignol. Non amava né odiava la mia persona ma sembrava divisa tra l'inimicizia con gli Escobar e gli obblighi nei confronti di Honor. Occuparsi di me, pur sapendo che ero estranea al ramo dei De Rossignol e per metà legata al loro sangue, come conseguenza della scelta di Honor, erano due aspetti contraddittori e ugualmente necessari a cui lei adempiva con rigore e senso del dovere.

Ella li chiamava La volontà dei morti ed era un onere ed un onore che univa i viventi ai defunti che trasmettevano i loro valori e le loro tradizioni, consentendone la sopravvivenza sotto forma di saggi consigli. Donna Pilar vi credeva ciecamente ma io non la comprendevo all'epoca e mi chiedevo se vi sarei mai riuscita. Per il momento era un sapere oscuro ed io, come bambina, non ero molto interessata a quel genere di cose. Mi bastava ciò che avevo in quel momento, godendo di quella pace momentanea.

Il passato tornava però a ghermirmi nel corso della notte, con i suoi artigli adunchi. Rivedevo il volto della mamma, pallido di un biancore mortifero e gli occhi ciechi... ma erano immagini che non colpivano il mio animo con la consueta violenza dei primi giorni. Le sentivo lontani e spesso mi ritrovavo a vederli come uno spettatore esterno. Forse gli insegnamenti della nonna, la sua austerità ed il suo cuore duro, avevano reso altrettanto coriaceo anche il mio spirito. Vivere con lei era come stare con la grande regina Isabella ed io, in qualche modo, mi sentivo onorata di quella presenza.

Un giorno, tutto questo cambiò.

Avevo appena passato un pomeriggio in sua compagnia, quando mia nonna, prima di prendere congedo, mi richiamò. -Soledad, questo mondo non è fatto per gli animi sensibili. Qualunque dolcezza abbiate ereditato da mia figlia Honor, qualunque patetico sentimentalismo vi abbia istillato... ebbene vi impongo di abbandonarlo. Io non ho saputo infondere ad Honor, un' anima pia e gentile, la durezza necessaria. Ella, nella sua bontà, non ha compreso e ciò rappresenta il mio più grande rammarico. Se non avessi fallito, il Mondo non l'avrebbe spezzata.- disse, prima di prendere la mia mano. -Promettetemi di non seguire la sua strada.-

-Nonna...- mormorai, trovando oscure le sue parole, annichilita dal tormento che vedevo sul suo volto. Venni però bruscamente congedata e, con l'aiuto di Pedro, mi ritrovai nuovamente nella mia stanza.

Meno oscure furono le parole del nonno quella sera.

-Nipote, impegni importanti e tremende calamità di questo momento infausto ci impongono di lasciare Siviglia. Ce ne andremo tra pochi giorni, per raggiungere i vostri zii ed organizzare le nostre fortune e le nostre amicizie. Purtroppo sarà un viaggio pericoloso e non vogliamo mettere a rischio la vostra salute. Mia moglie ed io abbiamo deciso che voi soggiornerete in un convento di specchiata virtù e dalla posizione assai sicura, dove non correrete alcun pericolo. Lascerete questa casa tra due giorni.- disse.

Quella rivelazione mi lasciò sgomenta.

-Nonno...perché non posso venire con voi?- domandai, tremando alla vista degli occhi del patriarca.

-E'la mia volontà. Non discutete con me. Lascerete questa casa ed andrete dove io vi ho comandato.- ripeté.

Un nuovo brivido mi scosse, forse a causa dello sguardo feroce di Don De Rosignol. Avevo il terrore di aver varcato la sottile soglia che separava il rimprovero dalla punizione corporale, così mi ritrassi nel mio angolo, col cuore stretto in una morsa di gelo.

-Mio marito ha ragione. La vostra salute è molto importante e, fino a quando non avremo la certezza che non siete in pericolo, rimarrete nel convento. Non appena avremo la possibilità, vi manderemo delle lettere, per assicurarci che siate trattata come si conviene.- aggiunse la nonna.

Solo allora, dopo quella rassicurazione, il mio cuore tornò a respirare di nuovo. I De Rosignol avevano perso una cara figlia e le mie ultime sciagure dovevano aver fatto crescere in loro una ragionevole preoccupazione. Con profonda vergogna, guardai le mie gambe malate e mi chiesi cosa sarebbe successo se la mia salute si fosse mostrata più salda.

Sapevo che molti miei cugini stavano studiando nei conventi e nei collegi, seguiti dai migliori maestri e quella conoscenza mi persuase che il volere del nonno fosse una premura nei miei riguardi. Maledissi tuttavia la mia inettitudine fisica, il mio corpo difettoso. Se non fosse stato così, avrei conosciuto meglio il mio destino, senza il tarlo di essere considerata qualcosa di poco utile. Quello stato era unicamente colpa della mia disubbidienza e, malgrado tutto, dovevo accettarne tutte le conseguenze.

Malgrado tutte queste rassicurazioni, non potei fare a meno di sentire con amarezza che quel soggiorno sarebbe presto finito, per dare inizio a qualcosa che sentivo ancora più cupo e incerto.

Alzai leggermente la testa e vidi tutto divenire tremulo e opaco, come se lo stessi vedendo attraverso il fondo di una bottiglia. Qualcosa di bagnato ricoprì le mie guance ed un singhiozzo risuonò nella stanza.

Donna Pilar mi guardò gravemente. -Una donna castigliana non piange ma cova le proprie emozioni nel silenzio del suo cuore, per quanto esse siano dure e affilate. E'la pietra portante della casa e non può dimostrarsi una femmina patetica e paurosa solo per via di un breve distacco. – pronunciò, prima di arricciare le labbra. -Ma voi non siete castigliana. Questo lato molle e patetico proviene certamente dalla bestia che ha ucciso mia figlia. No, voi non siete così. Non siete abbastanza dura per affrontare il Mondo ed il Mondo vi sta facendo a pezzi, godendo delle vostre ferite. Avete ereditato il peggio dei vostri genitori. Solo per questo, siete indegna di seguirci. Questo soggiorno, tra le pie mura del monastero, recherà sollievo alla vostra anima, fortificandola in ciò che è giusto e buono. Andate ed impegnate ogni vostro pensiero su questo fine, per poter essere doverosamente grata per questo beneficio.-

Tirai su il naso. -Chiedo scusa. Non accadrà più.- disse.

Quella notte dormii poco. Honor mi appariva in sogno, avvolta nei suoi abiti neri e la veletta sul viso. Tentavo allora di raggiungerla ma ella, con gesti dolenti si scostava da me, impedendomi di toccarla. Allora il sogno si dissolveva, lasciandomi nuovamente sola nella mia stanza.

La mattina seguente, tuttavia, il mio spirito era molto più quieto della sera precedente. Donna De Rossignol mi aveva spiegato con estrema ragionevolezza quali cause avessero spinto la loro famiglia ad una simile scelta. Mi imposi di dimostrarmi grata e riconoscente, come era giusto che fosse, così mi lasciai vestire docilmente con gli abiti da viaggio e con un mantellino coloro marrone.

In seguito, Pedro mi prese in braccio e mi condusse al piano inferiore, mentre i camerieri della casa portavano il mio misero bagaglio. Non avevo quasi niente con me. Molte delle cose in mio possesso non erano altro che semplici prestiti.

Mia nonna mi attendeva sulla soglia.

Pedro mi avvicinò a lei. -Soledad, abbiate cura di voi.- disse, porgendomi una carezza sul volto.

Annuii solenne dopodiché fui collocata dentro la carrozza, insieme a Pedro. Il mezzo partì poco tempo dopo e, per la prima volta dopo mesi, lasciai quel palazzo. Vidi case signorili ed estranee scivolare accanto alla carrozza e, quando anche queste sparirono, vidi il paesaggio della campagna sivignana. Non sapevo dove stavo andando.

Siviglia aveva lasciato le nostre spalle e con esso iniziava una nuova fase della mia vita...con esiti che mai avrei osato immaginare.



Dopo molto tempo, ho postato un nuovo aggiornamento. Non so ancora quando sarà il prossimo di questa saga delle Sorelle Escobar. Le avventure di Soledad sono ancora lontane dalla loro fine anzi, sono appena agli inizi.

Fatemi pure sapere cosa ne pensate.

I commenti e le stelline fanno sempre piacere.

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