IL RITORNO DI DON ESCOBAR
E' difficile per me riportare alla luce quei momenti.
Nell'istante in cui vidi sparire le stelle, ebbi un attimo di stupore attonito, di terrore panico che mi fece rimanere immobile come una bambola. Se avessi avuto un attimo di tempo in più, forse avrei avuto la possibilità di urlare...ma in quell'attimo repentino, tutto ciò che pensai fu che non potevo più vedere in cielo quegli astri ai quali avevo rivolto solo occhiate distratte e apatiche.
Un momento dopo, quando presi coscienza della natura artificiosa di quel buio, iniziai a lottare per divincolarmi, ma il sacco copriva la parte superiore del mio corpo, mentre le gambe lasciavano passivamente campo alla stretta di un braccio robusto e muscoloso. Né mi era possibile gridare. Nell'attimo in cui aprivo la bocca, la stoffa vi entrava dolcemente, coprendo il vuoto e togliendomi il respiro. Così, per consentire all'aria di passare, ero costretta a tacere.
Non seppi dire dove stavo andando.
Quell'uomo si muoveva a piedi, senza fare alcuna fatica, come se non avessi alcun peso. Sentivo il rumore dei sassi sotto i suoi piedi, il suo duro calpestio e i vari suoni di quella notte che sembrava beffarsi della mia condizione.
Camminò a lungo, come se fosse abituato a quel genere di attività. Chi era? Cosa voleva da me? Perché nessuno aveva reagito? Quelle domande martellavano nella mia testa, impedendomi di pensare lucidamente ma anche senza questo ostacolo, ben difficilmente avrei potuto fare qualcosa.
In ogni caso, alla fine quel passo deciso lentamente rallentò, scemando fino a fermarsi.
-Senor, sono io.- disse una voce bassa e profonda. Quando il suono si palesò, il corpo che mi teneva sembrò vibrare e compresi che era il mio rapitore. Non udii risposta, ma l'uomo riprese il passo per poi fermarsi nuovamente e depositarmi a terra. Fui adagiata con gentilezza e, così combinata, appoggiata alla parete di roccia. Colui che mi aveva rapita aveva usato un tono sicuro, sebbene iintriso di una forma di sottomissione profonda. Pensai quindi che ci fosse qualcuno, oltre al mio rapitore...ma il silenzio tombale del luogo era così pesante da trarmi inizialmente in inganno.
Poco dopo, il sacco mi venne tolto e la luce mi colpì in volto, accecandomi per qualche momento. Stranita, guardai il luogo dove mi trovavo. Era una caverna dai contorni circolari, illuminata da un fuoco che mitigava il freddo umido che si trovava al suo interno.
Qualcuno mi stava accanto. Mi girai e quando vidi di chi si trattava, mi tranquillizzai subito.
Pedro era con me. Poi mi guardai nuovamente attorno. Dov'era il cocchiere? Perché ero in quel luogo? Perché ero stata portata in un sacco fin lì? Avrei voluto chiedergli tutto questo ma, memore della sua condizione, non mi azzardai a fare domande e percorsi quello spazio ignoto con lo sguardo. Non vedevo nulla che mi giungesse familiare allo sguardo, malgrado sforzassi i miei occhi nel tentativo di forzare la barriera del buio. La voce che avevo udito prima era improvvisamente scomparsa, come per incanto. Un fuoco bruciava al centro della caverna ma non bastava ad illuminare quel luogo, gettando ombre sinistre, pronte a lambire tutto lo spazio circostante. Col passare del tempo, la mia confusione cresceva, rendendomi più inquieta di quanto in realtà lo fossi. Il cuore mi batteva impazzito, specchio di una paura che solo la mia ansia poteva generare. Sapevo che le strade erano molto pericolose e che molti malviventi avevano assaltato le carrozze ed i viandanti...ma questa consapevolezza non era sufficiente a placare il mio animo inquieto.
Poi un movimento al mio fianco attirò la mia attenzione. Pedro si era alzato in piedi, allontanandosi da me di alcuni passi.
-La senorita è un po'pallida.- disse una voce che non avevo ancora udito e che mi sembrava familiare.
-L'emozione del viaggio, senor- rispose l'altra. Mi girai di scatto...e vidi che era stato Pedro.
-Pedro, voi parlate allora?-chiesi ma lui mi ignorò.
-Ho preservato la sua serenità nel migliore dei modi, evitandogli quegli spiacevoli imprevisti che avrebbero potuto turbarla.- disse questi, ignorandomi completamente. Ne rimasi spiazzata. Non lo aveva mai fatto. Non mi aveva mai trattato con una simile sufficienza. Sembrava Pedro e, contemporaneamente, non era lui. Chi era?
-Ora che vi ho consegnato la nina, credo che possiamo parlare della mia ricompensa...ma vi costerà qualcosa di più.- aggiunse.
-Per quale ragione? Avete ottenuto quaranta reali. Mi sembra di avervi pagato un prezzo ragionevole per il servigio che vi ho richiesto.-domandò la voce.
Pedro sorrise, come mi ero abituata a vedere...ma in quell'atmosfera tenebrosa il suo sorriso appariva stranamente fuori posto, quasi sinistro ad un occhio più attento. -I De Rosignol mi avevano fatto viaggiare insieme al cocchiere. Ho dovuto porre fine alla sua vita per non avere un testimone scomodo...ma non si è accorto di nulla quando gli ho tagliato la gola. E'scivolato nel mondo dei morti quando mentre era ancora addormentato.- disse.
Nell'udire quelle parole, il mio cuore precipitò. Non conoscevo molto quel servitore ma aveva avuto molta cura di me, sollevandomi dalla maggior parte dei disagi del viaggio. Non avrei mai creduto che Pedro fosse capace di fare una cosa del genere. Per quanto fosse un umile schiavo, ero del parere che godesse di un trattamento mite e generoso...perché aveva agito con una simile crudeltà? A questo pensiero, si aggiunse una nuova ondata di terrore: se aveva reciso la vita di quel vecchio con una simile facilità, cosa ne sarebbe stato di me?
-Cosa ti fa pensare che potrei pagarti di più? Hai tradito i tuoi padroni per denaro. Non crederai di rientrare in seno alla famiglia dei De Rosignol con una tale leggerezza, spero.- disse.
Pedro ridacchiò.-Questo luogo è isolato. Non sarà difficile far sparire il cadavere e far perdere le tracce.- mormorò, indurendo lo sguardo. -Ora, senor, datemi la giusta ricompensa per avervi portato la piccola ereditiera.-
Nella caverna, allora, risuonò un profondo sospiro. -Avete ragione, meritate veramente la giusta ricompensa.-
Pedro sorrise, scoprendo i denti bianchissimi...ma quella smorfia si contorse in una piega grottesca, nell'attimo in cui risuonò il rumore di uno sparo. Il suo corpo precipitò a terra, privo di vita. Dalla sua fronte, usciva un rivolo rosso di sangue.
Sgranai gli occhi a quella vista.
Il servitore della famiglia dei De Rosignol giaceva immobile a terra. La sua sagoma stava distesa lungo il pavimento di pietra. I miei occhi erano fissi su di lui, incapaci di scacciare la sua immagine dalla mia mente. Mi riscossi solo qualche istante dopo, quando sentii dei passi avvicinarsi a me.
Mi girai...e ciò che vidi mi fece desiderare di non averlo fatto. La caverna sembrò improvvisamente più fredda ed il mio cuore precipitò nell'abisso. I suoi occhi scuri, i suoi capelli neri, il viso bellissimo...come potevo dimenticarlo?
Non avrei potuto nemmeno volendo.
Subito gli detti le spalle e con movimenti febbrili e scomposti, presi a trascinarmi verso l'uscita da quella caverna, come se fosse possibile, come se avessi davvero una piccola, patetica speranza di raggiungere quel luogo. Nel fare questo, persi l'equilibrio e battei il corpo a terra....ma tutto questo non sembrò colpire la figura che, dall'ombra era uscita improvvisamente allo scoperto, come un demone. I tremori mi scuotevano tutta, insieme al gelo che scendeva istante dopo istante. Temevo che il cuore sarebbe schizzato via dal petto e, di colpo, mi feci immobile.
Non dovevo fare alcun gesto.
Solo respirare.
Per un attimo, desiderai non fare nemmeno quello.
-Finalmente siete qui con me, nina.- disse, con la sua voce morbida.
Tremai violentemente ed in cuor mio, la mente si rifiutava di accettare ciò che gli occhi stavano vedendo.
Don Ignatio Escobar era lì, di fronte a me, pronto a ghermirmi in un nuovo ed oscuro incubo.
Esistono molti tipi di vento. C'è la brezza vivificatrice, salubre, della primavera e il turbine della tempesta. Don Escobar apparteneva a quest'ultima specie, della varietà più distruttiva e feroce...e questa volta si sarebbe abbattuta su di me, al pari di un flagello.
Ciò che accadde successivamente fu veloce e meccanico. Don Escobar prese dalla sacca una mela, la tagliò a metà e me ne porse un pezzo. Lo presi ma non lo mangiai subito, limitandomi a fissarlo con ostinazione.
Questi non ci fece caso e prese mangiare la sua parte poi, quando si avvide che la mia attenzione era ancora fissa sull'uomo che aveva ammazzato, mi rivolse un sorriso indifferente.
-Mi stai guardando come se volessi chiedermi per quale ragione è morto. Nina, la spiegazione è molto semplice. Quell'uomo mi ha reso un grande servigio ma era infedele e attaccato al denaro...sia chiaro, non lo biasimo per questo, ma bisogna saper scegliere i propri alleati ed è risaputo che una simile infedeltà così mal gestita porta solo a questa fine. Pensava di fare il furbo con me ma si è sbagliato.- disse, levandosi in piedi. Con un movimento flessuoso si avvicinò al corpo e prese il sacchetto di monete che teneva legato al fianco. -Questo sciocco non ha nemmeno consumato un reale...beh, sarà un segno del cielo.- sbuffò, passandosi una mano sulla fronte. Rimase qualche minuto a fissare il fuoco che bruciava al centro della caverna, senza prestarmi più alcuna attenzione. Mentre era lì, lo osservai. Don Ignatio era un uomo dalla bellezza ammaliante, con la pelle ambrata, gli occhi scuri e la chioma nera. Questa generosità della Natura, però, poteva trarre in inganno un osservatore poco attento. Una luce fredda illuminava i suoi occhi ed i suoi lineamenti, per quanto belli, erano attraversati da un lato sfuggevole ed impalpabile, come le onde del mare. Malgrado questa avvenenza, nessuno era solito frequentarlo. Nessuna matrona catalana desiderava intrattenersi in sua compagnia ed analoga situazione si verificava fuori da quelle terre. Gli uomini stimavano la sua intelligenza, il suo estro negli affari, la mente pronta e spietata ma si tenevano alla larga, per la stessa causa della loro stima.
Non era cambiato molto dall'ultima notte di Honor.
-Andiamo nina, dobbiamo lasciare questo luogo.- disse, levandosi in piedi e avviandosi verso l'uscita ma solo il rumore dei suoi passi risuonava nella caverna.
Così si girò, guardandomi fisso.
Io ricambiai, tremando.
-Alzati, ho detto.- disse.
Qualcosa si mosse dentro di me. -No- feci.
Non ebbi il tempo di aggiungere altro. Sentii un vento gelido sulla pelle ed una presa violenta sul braccio, abbastanza da diffondere il dolore sotto la pelle. Stringeva senza alcuna intenzione di moderare la forza, continuando a guardarmi in viso. Io restituivo il suo sguardo, corrucciando il viso e sforzandomi di non piangere ma le lacrime scivolavano giù dalle mie guance...eppure non mi lamentavo. Se avessi ceduto, sarebbe stato peggio ed una parte di me, che non sapevo nemmeno di possedere, non voleva dargli la soddisfazione di avermi ferita. Ricordavo le parole della nonna e mi imposi di non cedere al desiderio di piagnucolare.
Con quella presa, Don Escobar mi sollevò.
-E ora muoviti!- disse, strattonandomi...ma quando lasciò la presa, mi afflosciai nuovamente su me stessa, come una foglia secca. Le gambe stavano a terra, inutili e ferme, mentre io fissavo la causa delle mie disgrazie con un terrore crescente.D'un tratto, il coraggio svanì.
Lo vidi avvicinarsi.
Il corpo reagì in automatico. Mi coprii con le braccia, abbassando la testa in segno di protezione, in attesa del peggio.
Non accadde nulla, però.
Mi sentii sollevare di nuovo e, nel fare questo, mi ritrovai di nuovo con lo sguardo di Don Escobar fisso nei miei occhi, un pozzo oscuro di San Patrizio, carico di sciagure, anziché di ricchezze. Trattenni il fiato di fronte a quella oscurità, rigida come un manichino. Mi prese in braccio così e senza più guardarmi si avviò verso l'uscita.
Camminò per alcune centinaia di metri, abbastanza da allontanarsi dalla caverna. Mentre vedevo la terra che mi separava dalla mia meta crescere sempre di più, mi chiesi se i nonni avrebbero saputo del mio rapimento, se avrebbero fatto qualcosa per salvarmi oppure niente.
Può sembrare strano ma non mi aspettavo che avrebbero agito per soccorrermi. Ero insieme a mio padre. Gli appartenevo, come un cavallo o un palazzo. Non potevano opporsi. Sapevo che non dovevo nutrire false speranze o aspettative.
Non potevo sfuggirgli e se egli voleva prendermi lo avrebbe fatto.
Nessuna barriera poteva fermarlo.
Mentre formulavo simili pensieri, mi arresi all'inevitabile.
Era finita per me.
Don Escobar era riuscito a prendermi.
Scusate per il ritardo con il quale ho aggiornato ma volevo essere sicura di aver realizzato un buon capitolo. Il primo libro della saga delle sorelle Escobar è un libro diverso da Secret Garden ma immagino che ve ne siate accorti. Cronologicamente siamo negli anni Cinquanta dell'Ottocento. La moneta spagnola è il reale spagnolo.
Ci saranno argomenti delicati nei prossimi capitoli ma spero che seguirete questa storia come state facendo per Secret Garden. Per La Scala del Dolore la scaletta degli episodi è ben delineata ma voglio dirvi che tutto parte da Secret Garden, poi ho pensato a dei prequel...e così è venuta questa storia.
Questo è Don Ignatio Escobar
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