Capitolo 9 - Parte II


Come ogni sera le porte dietro di me si chiusero, il sole stava cominciando la sua inesorabile calata e le tenebre erano lì in agguato, pronte per avvolgerci.

Mi sedetti di fronte all'enorme tronco che faceva da parete a quella stanza e chiusi gli occhi.

Per un momento ebbi un mancamento, mi poggiai su di un lato per attutire l'eventuale caduta e rimasi ferma per un po' mentre la mia testa finiva di girare.

Le mie giovani membra erano ormai stanche ma il mio popolo faceva affidamento su di me. Dovevo resistere più che potevo, dovevo farlo, ne valeva della sopravvivenza di tutti noi e della nostra adorata madre natura.

Mi risollevai decisa ma priva di forze, congiunsi le mani e cominciai a concentrare le mie energie per creare la barriera.

Venerabile sacerdotessa che protegge questo luogo

Una voce di donna mi deconcentrò. Riaprii gli occhi e mi guardai intorno, da dove poteva provenire quella voce? Che siano i miei dei che prendevano vita dalle incisioni di quell'antico tempio o la mia ora era sopraggiunta? Pensai intimorita.

Venerabile sacerdotessa che protegge questo luogo, mi sentite?

«Sì» esclamai di impulso al suo secondo richiamo.

«Sono in ascolto» aggiunsi ancora più intimorita dal riecheggiare di quella voce mistica. Sembrava provenire da un luogo lontanissimo ma la sentivo emergere vivida dal mio animo.

Riposatevi, stanotte sarò io a proteggere il vostro popolo.

Dopo aver udito quelle parole fui investita da una intensa vibrazione, un'energia potentissima attraversò il mio corpo.

Interruppi il rituale che mi stavo apprestando ad eseguire e caddi di nuovo al pavimento in preda ad un malore.

«Chi sei?» le chiesi asciugando le gocce di sangue che si riversavano dal mio naso. Attesi la impaziente una risposta che non arrivò. Mi sollevai e fissai le icone del tempio.

A chi poteva appartenere quella voce? Chi poteva essere in grado di emanare una forza del genere, e perché mai ci stava proteggendo?

«Venerabile, cosa è successo?» la mia ancella entrò nella stanza del tempio spalancando con forza la porta.

«Cosa ci fai qui? Non si deve uscire dalle abitazioni durante la notte» la rimproverai.

«La pioggia... la pioggia non scende più»

Alla sua affermazione mi fiondai alla finestra, fuori la pioggia sembrava cessata del tutto.

Quella voce che aveva preannunciato il suo intervento, stava proteggendo il mio paese... e lo faceva meglio di me. Scesi in strada, quasi incredula ma sollevata.

Quella sera la bufera di pioggia e vento era più violenta del solito. Era come se Uriel stessa fosse agitata.

Sospettai che la presenza di quella donna e l'intensificazione di quel fenomeno fossero in qualche maniera collegati.

Ben presto le strade si riempirono e vidi la mia anziana maestra avvicinarsi a me.

«Somma saggia» la salutai abbassando lo sguardo.

«L-la pioggia ha smesso...» balbettai commossa.

Lei, senza proferire parola alzò un dito al cielo e i miei occhi, quasi automaticamente, seguirono la direzione da lei indicata.

Sopra di noi, ad una distanza quasi impercepibile, si poteva intravedere una semisfera trasparente che si infrapponeva tra noi e le sferzate minacciose della bufera.

A quella visione sgranai gli occhi e mi portai le mani alla bocca. Non era possibile, una barriera così grande non era concepibile.

Per poterla creare senza il tramite dell'albero era necessario un'enorme potere e solo una divinità avrebbe potuto reggerla tutta la notte.

«Maestra... ho udito la caritatevole voce di una donna al tempio. Le divinità mi hanno parlato e mi hanno detto che stanotte ci avrebbero protetto loro» le spiegai.

«No, non è opera di una divinità questa» sentenziò subito.

«Sebbene questa eccezionale barriera può trarre in inganno. Questa è opera di una persona»

«Come no?» replicai sconvolta.

«C'è una persona che è capace di grandi opere come questa, ma la sapevo morta tempo addietro»

Senza proferire parola tornai a guardare la barriera meravigliata. La pioggia velenosa che si scagliava sulla sua superficie stava colorando le tenebre di magnifiche aurore.

«Non riesci a sentire la sua presenza?» mi domandò quasi delusa.

«Lei è qui, in mezzo a noi» aggiunse indicando una direzione al di là del bosco.

«Chi è costei?» le chiesi percependo il suo potere

La notte era appena calata e noi riposavamo già da troppo per i miei gusti. Guardai per un po' il fuoco scoppiettare mentre si consumava sul pavimento e allungai la mano nelle fiamme, come per afferrarle. Sentii il calore espandersi sulla mia mano, era piacevole. La mia pelle era immune ad ogni tipo di bruciatura e potevo uscire illeso da ogni tipo di incendio... anche se venivo avvolto dalle fiamme mortali di quell'essere.

I miei occhi tremarono proprio come la sagoma delle fiamme, desideravo così tanto combattere e dare sfogo a tutto quel dannato potere che reprimevo dentro di me ma, se solo ci avessi anche minimamente provato, non sarei riuscito a trattenerlo, ne ero certo.

Allontanai la mano e i miei occhi caddero su Dix, in meditazione per mantenere alta la barriera ed evitare di essere sciolti dalla pioggia maledetta. Se solo avessi potuto usare i miei poteri, avrei potuto proteggere tutti noi, anche molto meglio di lui e invece, dovevo lasciarmi aiutare da quel verme... avevo il disgusto di me stesso.

Improvvisamente il suo sguardo concentrato fu disturbato da una strana smorfia. Di scatto aprì gli occhi e si voltò a guardare il fondo della grotta creata da Macota.

Faith era seduta con le gambe incrociate, le mani giunte in preghiera e la sua figura era avvolta da una luce dorata, i suoi capelli fremevano come onde del mare mentre, dalle loro punte, lunghi fasci di luce fuoriuscivano come fili, per andare a conficcarsi nel terreno.

«Ginozkena!» esclamò Dix precipitandosi al suo fianco. Cercava di scuoterla per destarla dal suo stato di trance.

«Non deve sostituirsi a me! La prego, la smetta!» aggiunse nel tentativo di prendere contatto con lei.

Faith aprì gli occhi diventati lattescenti e lo squadrò severa.

Taci

Si sentì la sua voce riecheggiare nella grotta mentre portava un dito sulla bocca per ammonirlo, dopodichè, come se lui non fosse mai esistito, richiuse le palpebre per tornare a meditare.

Portai una mano al volto per nascondere una fragorosa risata che sentivo nascere dal mio profondo. Non volevo entrare in polemiche con Dix, ma non riuscivo proprio a trattenere il solleticante piacere che quella scena mi aveva procurato.

«Lasciala stare» la voce di Faith aveva attirato l'attenzione di Xandra.

«Sta aiutando gli hent, non disturbarla più» dicendo quello lo fece allontanare.

Abbastanza soddisfatto rimasi in disparte, incrociai lo sguardo con Dix che mi fulminò di rimando, poi tornai a guardare Faith.

Non riuscivo a stare tranquillo, mi sentivo come se, da un momento all'altro, lei sarebbe crollata al suolo e, con lei, la barriera che ci proteggeva.

Chiusi gli occhi per riposare, ma rimasi vigile per sorvegliarla.

Al contrario delle mie aspettative non successe nulla e riuscii a dormire un po' fino a che fui svegliato di colpo da un sussurro, un gemito di dolore.

Aprii gli occhi e vidi la figura di Faith piegata in avanti, poggiava i pugni serrati sul pavimento.

Senza svegliare nessuno mi avvicinai a lei, era evidente che non riusciva più a resistere, strizzava gli occhi e aveva l'affanno.

«Faith...» la chiamai, era così concentrata che non riusciva ad udire le mie parole.

Osserva con attenzione l'alone dorato che la circondava, non era più definito come prima. Dei fasci di luce sembravano scappare dalla sua figura, segno che non riusciva più a mantenere il controllo sull'energia che incanalava verso il terreno.

«Faith!» provai ad attirare di nuovo la sua attenzione inginocchiandomi di fronte.

Lei, sorpresa, aprì gli inespressivi occhi e ricambiò il mio sguardo. Nonostante il bianco delle sue iridi il suo volto esprimeva tutto il dolore che stava reprimendo.

«Reggiti a me» la esortai prendendole le mani.

«La notte sta per finire» le annunciai mentre il suo busto si adagiò sul mio.

Faith posò la testa sulla mia spalla e, quasi rincuorata da quel contatto, chiuse gli occhi momentaneamente più rilassata.

Ben presto i suoi muscoli tornarono rigidi e le sue mani cominciarono ad aggrapparsi forte alle mie. 

La sua presa si fece così forte da dolermi ma, quello era nulla a confronto a quello che stava provando lei.

Dispiaciuto distolsi lo sguardo da lei e i miei occhi caddero sull'ingresso della grotta.

«Faith» invocai ancora una volta il suo nome sussurrando.

«L'alba!» esclamai spostandole il volto nella direzione del sole.

La tanto agogniata alba rischiarava il cielo e l'atmosfera cupa della grotta, interrompendo la violenta pioggia.

Faith aprì gli occhi e, stranamente disturbata da quella fievole luce, si coprì il volto ma sorrise.

Il bagliore dorato che l'avvolgeva si affievolì fino a scomparire e, qualche secondo più tardi, sentii il suo corpo rilassarsi di colpo e crollare definitivamente su di me.

«Faith?» la chiamai ancora una volta mentre le scoprivo il volto dai lunghi capelli. 

Aveva gli occhi chiusi e il respiro regolare, sembrava incosciente ma tranquilla.

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