Capitolo 8 - Parte III
Nonostante il mio forte desiderio di vedere la venerabile Ginzokena ballare, purtroppo feci tardi. Riuscii ad osservarla danzare da lontano, mentre mi avvicinavo con passo deciso alla piazza cittadina.
La sua misteriosa figura si librava sul palco come un leggiadro volatile, le movenze dei suoi sottili arti e dei suoi sensuali fianchi avevano incantato uomini, donne e nahikae.
Poco prima di arrivare alla piazza passai davanti ad una locanda affollata da cui sentivo provenire una discreta confusione, troppa per il luogo pacifico in cui ci trovavamo.
Entrai e, senza nemmeno udirne la voce, compresi subito il fulcro di quel caos.
«Deprecabile deiezione della natura!» quell'insulso ialino nero che ci portavamo appresso imprecava contro un evidentemente ubriaco simiojn, così tanto da non aver compreso il suo insulto.
«Stai parlando con me, nero?» gli domandò scolando il bicchiere.
Enex si avvicinò e lo tirò per il collo della casacca.
«Sì, feccia camminante. Dovrei purificare con il fuoco quella lurida bocca con cui ti sei permesso di sporcare il suo nome» i suoi occhi cominciarono ad animarsi di un colore sempre più acceso.
Poi, come ripresosi dall'impulso di dargli fuoco, lo alzò al cielo soffocandolo e, qualche secondo dopo lo lanciò contro la vetrina dei liquori del locale.
I clienti che guardavano curiosi la scena improvvisamente distolsero lo sguardo, qualcuno spaventato scappò via mentre il povero ubriaco, la cui unica colpa probabilmente era stata incrociare lo sguardo con Enex, era svenuto sopra i vetri e cominciava perdere sangue.
Enex, con tutta calma, tornò seduto al suo posto e ricominciò a bere la sua bevanda come nulla fosse.
Non fu necessario attendere molto, qualche minuto dopo le guardie nahikae fecero irruzione nel locale, ormai quasi del tutto svuotato.
«Cosa è successo qui!» domandò con tono severo una nahika.
Enex rimasse seduto impassibile mentre una guardia soccorreva il simiojn ferito.
«Sì, sì. Ho capito, sono in arresto. Siete pregate di non disturbarmi mentre bevo» esclamò muovendo la mano nella loro direzione, senza mai voltarsi.
Le nahikae non forzarono in alcun modo Enex, era evidente anche a loro la disparità di forze.
Attesero che lo ialino finisse di bere la propria birra e lo accompagnarono verso la prigione.
Enex era tranquillo e, prima di uscire, mi lanciò uno sguardo di superiorità.
Come poteva sentirsi più nobile di me dopo aver atterrato un simiojn senza alcun potere?
Poco dopo di lui uscii anche io e mi affrettai a raggiungere la piazza.
La danza era finita da un po' e mi ero anche perso il discorso della Swita per colpa dello spettacolino dello ialino nero!
I miei occhi erano intenti a cercare la figura della venerabile in quella folla di creature che ballavano a stretto contatto tra di loro.
Quella danza tribale fatta di contatti e allusioni, sembrava più un preliminare sessuale di gruppo che un festeggiamento.
Proprio lì, quasi al centro della piazza, la venerabile ballava in maniera indecorosa con quel lascivo simiojn di Skill, entrambi madidi, che la toccava con le sue insulse mani.
Mi avvicinai più velocemente che potevo, scansando più che potevo il contatto con quegli estranei.
La venerabile sorrideva così candida e felice mentre Skill la faceva volteggiare... era evidente che non comprendeva cosa le stava facendo fare.
Appena mi fu possibile, allungai la mano sulla spalla di Skill per attirare la sua attenzione.
Lui si voltò subito verso di me interrompendo la loro danza.
«Oh, ciao Dix» mi salutò con il suo sorriso ebete.
«Mi concedete questa danza?» chiesi alla venerabile ignorandolo.
La venerabile guardò Skill come preoccupata.
«Ho già riscosso la mia ricompensa» esclamò baciando la mano della venerabile che stringeva e poi fece un leggero inchino.
«Buona continuazione» ci augurò sorridendole.
Presi le mani di Ginozkena e, con una danza lenta, l'allontanai dal centro della folla.
Potevo sentire il suo corpo rigido, ogni volta che cambiavo la posizione della mano dai suoi fianchi aveva un sussulto.
«E' tutto a posto? Avete freddo?» le domandai appena la musica si fece più bassa.
«Sì, è tutto a posto. Non ho freddo anzi... tutto questo movimento mi ha sfinita» mi rispose timidamente sventolando una mano davanti al volto.
«Vieni con me» cercai un posto appartato, lontano dalla massa e l'adagiai su una roccia liscia.
«Qui potrai prendere un po' d'aria in tranquillità» dicendo quello le porsi l'otre con l'acqua che avevo raccolto poco prima di scendere ai festeggiamenti.
«Grazie» mi sorrise riconoscente e, poggiando il contenitore sulle sue labbra colorite, bevve fino a ristorarsi.
«Hanno fatto davvero un ottimo lavoro Xandra e la Swita, avete eseguito la danza alla perfezione!» mi complimentai subito con lei.
«Sei troppo lusinghiero» replicò restituendomi l'otre.
Nel frattempo vedevo ancora i suoi occhi guardare altrove, per tutto il tempo quelle iridi non avevano avuto pace.
«Avete perso qualcosa?» le domandai ormai curioso.
Lei sospirò e finalmente incrociò con attenzione i miei occhi.
«Cercavo di capire dove fossero gli altri» cominciò sbadigliando.
«Macota l'ho incrociata mentre si dirigeva al banchetto, Xandra mi ha tenuto sotto controllo per tutto il tempo, Skill ha ballato con me fino a poco tempo fa ma non mi è parso di vedere Enex» concluse quasi a bassa voce.
«E non penso proprio che lo vedrete» la interruppi subito.
«Come mai ne sei così sicuro?» mi domandò stranita
«L'ho visto iniziare una rissa in una locanda, è stato portato in cella per aver procurato disordini e ci rimarrà tutta la notte, perlomeno fino a quando Xandra non lo andrà a recuperare, con la dovuta calma, domattina. Lei non sopporta il suo temperamento irrequieto e sono abbastanza sicuro che lo punirà con questa modalità» le spiegai per saziare la sua curiosità.
Lei a quel punto interruppe la sua costante ricerca e si alzò.
«Cosa le va di fare adesso? Vi va di andare nella zona ricreativa per vedere quali giochi hanno attrezzato per intrattenere gli ospiti?» le domandai, ma sembravo più entusiasta io di lei.
«Ti ringrazio di tutto» esclamò prendendomi le mani e stringendole con le sue.
«Mi sento stanca, vorrei tornare nelle mie stanze»
«Nessun problema, ti accompagno io» replicai ma, scuotendo la testa, si allontanò da sola.
Guardai la sua figura farsi sempre più distante senza che io avessi potuto fare niente per fermarla.
Avevo aspettato con ansia quell'evento per poter rimanere qualche momento da solo con lei e invece, ancora una volta dovevo accontentarmi di odorare i suoi capelli che sfuggivano da me.
Era evidente che quelle mura non vedevano ospiti da parecchio tempo.
Le celle erano impestate dalla muffa, le sbarre erano arrugginite e i muri si sbriciolavano, anche se non fossi stato un guerriero dell'élite della congrega del crocevia, sarei riuscito a scappare agilmente da quella prigione ma non avevo intenzione di esagerare.
Mi adagiai sulla brandina e cominciai ad emanare un po' di calore per asciugare quell'opprimente umido che mi soffocava, almeno da rendere più vivibile la mia breve permanenza in quel luogo.
Sapevo che sarebbe stato solo per una notte ma, anche se fossero stati anni, lo avrei fatto tutte le volte necessarie. Ancora non uscivano dalla mia testa le oscene parole usate da quell'essere per definire Faith.
«Alla fine l'ho fottuto io come si deve a quello stronzo» commentai tra me e me, la prossima volta avrebbe moderato i termini di fronte ad una sacerdotessa.
«Venerabile sacerdotessa, cosa ci fate voi qui?» sentii la voce della guardia interrogare un'ospite. Sorrisi, probabilmente la mia permanenza in quel luogo sarebbe stata più breve del previsto.
Xandra era già venuta a liberarmi.
Mi alzai dalla brandina e mi avvicinai alle sbarre per mendicare il perdono da lei ma, appena i miei occhi caddero sull'ingresso rimasi sbalordito. Era Faith.
«Grazie per la calorosa accoglienza» disse alla nahikae che le porgevano rispettosi saluti inchinandosi.
«Mi è stato riferito che stasera è arrivato un nuovo detenuto» esclamò, indossava una mantella bianca sopra agli abiti cerimoniali.
«Sì, venerabile, è nella prima cella sulla destra» le risposero quasi in coro.
Lei, senza proferire un'alta parola si avvicinò alle sbarre e ci ritrovammo faccia a faccia. Da vicino potei ammirare meglio la sua figura in quegli abiti succinti, decisamente non adatti per una sacerdotessa, ma che sicuramente gli stavano un'incanto.
«Venerabile...» fui costretto a salutarla con un finto rispetto di fronte alle nahikae.
«Lo abbiamo incarcerato dopo una segnalazione che ci è pervenuta. Abbiamo raggiunto il luogo designatoci e lo abbiamo trovato che sorseggiava tranquillo accanto alla sua vittima» la informarono.
«Come sta l'uomo in questione?» domandò non degnandomi neanche di uno sguardo.
«Siamo riusciti a dargli le dovute cure, starà bene»
«Perfetto, avete fatto un eccellente lavoro. E' giusto che costui debba pagare per il suo gesto» quelle parole quasi mi sconvolsero, quale linguaggio forbito e adatto alla sua posizione.
E dire che pensavo fosse venuta a scarcerarmi.
«Aprite la cella» ordinò alle guardie, quasi in contraddizione con quello che aveva enunciato fino a poco prima.
Le nahikae, anche se confuse, non poterono fare altro che ubbidire.
Appena le sbarre si aprirono feci qualche passo in avanti per uscire ma lei poggiò la sua mano sul mio petto.
«Non ho detto che puoi uscire» mi guardò spingendomi delicatamente.
Appena ci fu spazio sufficiente entrò e chiuse la porta dietro di sé.
«Venerabile?» le guardie erano attonite.
«Non preoccupatevi, chiudete pure la cella a chiave» rispose con un sorriso rassicurante.
Le guardie ci chiusero come da lei ordinato e tornarono ai loro gabbiotti mormorando scandalizzate.
«Che linguaggio solenne, hai mangiato un tomo a cena?» le domandai per prenderla in giro.
«Potrei dire la stessa cosa di te, da quando sei così rispettoso nei miei confronti?» mi chiese a sua volta.
«Non potevo farmi vedere irrispettoso anche nei tuoi confronti di fronte alle guardie, avrebbero potuto giustiziarmi all'istante. Sai, le nahikae sono un popolo molto devoto e ossequioso, anche se non si è capito cosa venerano. Non avrebbero tollerato un mio oltraggio alla tua persona» le spiegai.
«Perché sei qui?» le chiesi senza più indugiare, scrutandola quasi adirato.
Lei non doveva essere lì! Era tutto il giorno che evitavo accuratamente di incrociarla.
A quelle mie parole i suoi movimenti si fecero più timidi ed impacciati, e la sicurezza che aveva dimostrato nel parlare con le nahikae crollò.
«Tu perché sei qui?» come la mocciosa che era, continuava a chiedermi perché, perché...
«Lo sai come sono fatto, non posso esimermi dal dimostrare di essere il più forte, sopratutto in preda ai fumi dell'alcol» le spiegai dandole il contentino.
«Davvero?» mi chiese avvicinandosi.
Quel suo movimento provocò il tintinnio del suo abito e l'espansione del suo profumo nella stanza.
Alzai le spalle e incrociai le braccia.
«Cosa altro ti aspettavi?» commentai.
«Non ho bisogno della palla di cristallo per comprendere che menti spudoratamente» esclamò sedendosi sulla brandina.
«Perché sei qui?» le domandai nuovamente, dentro di me cominciarono a smuoversi prepotentemente emozioni sopite.
L'odore e il calore del suo copro, che percepivo così acuti in quel momento, stavano facendo ribollire il mio sangue di desiderio...
Faith accavallò le gambe e distolse lo sguardo.
«Ho pensato che, in questa notte di festeggiamenti, non fosse giusto che tu la passassi da solo, al freddo e al buio di questa cella» mi rispose rimanendo concentrata su una estesa macchia di muffa sul muro.
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