Capitolo 7 - Il combattimento per Ataria
La mattina seguente mi alzai completamente riposata e per prima cosa cercai Enex.
Non avevamo discusso di dove avrebbe dormito e mi ritrovavo a girare per le stanze del tempio, completamente da sola.
Il silenzio e la pace di quel luogo erano quasi mistici.
Uscii fuori per respirare un po' di aria fresca e fu Enex a trovarmi.
«Buongiorno venerabile mocciosa» il suo tono sprezzante riecheggiò nella mia testa ma lo ignorai volutamente, ero sicura che era ancora in ansia per il suo coltello.
«Buongiorno» replicai facendo un lungo respiro.
«Dormito bene?» con fare arrogante mi fluttuava intorno in attesa di scatenare in me una reazione.
«Benissimo» replicai allungando un po' i muscoli.
«Quando potrò riavere il mio coltello?» mi domandò dopo qualche giro di parola.
«Quando mi sentirò al sicuro» gli risposi rientrando nel tempio.
«Ma cosa diamine hai sognato?» si lamentò seguendomi.
«Ti ho visto usarlo...» Il mio cuore ricominciò a battere all'impazzata, mi sentivo mancare l'aria «Su di me» aggiunsi cercando di nascondere il mio timore.
Le mie mani cominciarono a tremare e, nel tentativo di nasconderle, le giunsi dinanzi a me ma a lui non sfuggiva mai nulla così, tornando serio, riprese a camminare normalmente al mio fianco.
«Mangia qualcosa prima di partire, oggi ti vedo particolarmente debole di costituzione» commentò prima di allontanarsi da me.
Osservai la sua imponente schiena muoversi con movenze decise e, per un attimo, mi incantai.
Avevo mentito, in realtà quelle sue spalle mi infondevano un'infinita sicurezza solo che, la paura di quello che avevo visto in sogno, non mi permetteva di rilassarmi.
Era uno strano controsenso, lo comprendevo benissimo, ma preferivo scongiurare ogni minima possibilità.
Consumai il pasto offertomi dalle nahikae e, dopo aver indossato l'armatura, mi diressi di nuovo nel giardino del tempio dove Enex, con delle cinghie, fermava i nostri zaini sui fianchi del vallaco.
«Pronta per partire?» mi chiese finendo di sistemare la sella.
Annuii con un cenno del capo e mi avvicinai alla bestia per tentare di montare da sola ma, anche con il salto più slanciato che potessi fare, ricadevo sempre al suolo.
Enex salì svelto e, senza fare commenti denigratori. mi porse la sua mano in segno di aiuto.
«Tieniti» esclamò quando riuscì a farmi montare, di istinto afferrai le sue braccia ma una contrazione repentina mi sorprese.
Sembrava sofferente al braccio destro, fino a quel momento non mi ero accorta che , sotto la tunica, nascondesse una fasciatura.
«Le nahikae dell'acqua mi hanno curato per quello che potevano, ma sembra che quelle maledette della terra abbiamo avvelenato le frecce con una sostanza che ne impedisce la guarigione magica e brucia dannatamente» si giustificò invitandomi a spostare le mani sui suoi fianchi.
«Ma guarirà?» gli domandai preoccupata, nascondendo quel pizzico di senso di colpa che sentivo risalire, lui si era ferito per portarmi in salvo.
«Sì, ma ci vorrà del tempo» fece una pausa.
«Tieniti forte adesso, si ballerà un po'» appena sentì la mia presa premere sul suo busto, Enex tirò le redini per indirizzare il vallaco verso l'uscita e, con un movimento del piede, animò l'animale che partì a velocità sostenuta.
Viaggiammo per quasi un'ora nella palude fino a che non raggiungemmo una radura piana, tutto intorno c'erano diverse fonti d'acqua e, proprio di fronte a noi, una enorme cascata sfrusciava riversandosi in un'enorme lago.
«Hai bisogno di una pausa?» domandai ad alta voce quando Enex diede l'ordine di stop al vallaco.
In realtà quella che aveva bisogno di una sosta ero io, stranamente non riuscivo a sopportare le oscillazioni del vallaco se non ero io a guidarlo, avevo lo stomaco sottosopra e mi sentivo la nausea.
«Fà silenzio» esclamò fulminandomi con lo sguardo.
Scese dal vallaco e lo sentii bisbigliare qualcosa. Il rosso dei suoi occhi si fece più acceso e, con attenzione, scrutò ogni centimetro dei dintorni.
«In realtà, siamo arrivati» esclama facendo tornare le sue iridi scure e, tirando un sospiro di sollievo, mi aiutò a scendere dal vallaco.
«E' tutto a posto?» gli domandai perplessa.
«Sì, per un attimo ho avuto la sensazione di essere seguito» mi rispose prendendo le redini del vallaco.
«Dove sarebbe Ataria?» domandai osservando il paesaggio.
Quel luogo sembrava deserto, una bassa e rigogliosa vegetazione ricopriva il terreno mentre, delle degli enormi massi ricoperti di muschio, erano frastagliati sul confine della cascata.
«Venerabile zuccona che non sei altro!» esclamò entrando nell'acqua insieme al vallaco. L'acqua era fredda e l'animale si agitava così, di tanto in tanto, accarezzava il suo muso per calmarlo.
«Ma cosa fai!» non era decisamente il momento di perdere tempo con un bagno, men che meno in quel momento che eravamo così vicini alla città.
«Vieni qui, e non fare storie, vuoi vedere una cosa fantastica?» alla sua domanda sbuffai e, rassegnata, levai gli stivali e mi bagnai i piedi.
«Lo sapevo!» l'acqua era terribilmente ghiacciata, sentivo le mie gambe come se fossero punte da centinaia di spilli.
Mi abbracciai alle scarpe e camminai lentamente verso di lui, dovevo quantomeno abituare il corpo a quella temperatura.
Enex roteò gli occhi esasperato, allungò la mano verso di me e, prendendomi per il braccio, mi trascinò con forza davanti alla cascata.
A quella distanza il rumore dell'acqua che cadeva dall'alto era assordante, sentii Enex dirmi qualcosa ma non distinsi le parole
«Cosa stai dicendo? Non ti sento» urlai girandomi ma lui, con un ghigno soddisfatto, mi diede una forte spinta facendomi cadere nella cascata.
Impaurita chiusi gli occhi, sentivo la forza dell'acqua comprimere il mio petto e la mia testa, mi sentii mancare l'aria, credevo di soffocare o annegare ma, indietreggiando per recuperare l'equilibrio mi accorsi che la pressione stava diminuendo.
Mi voltai e, trattenendo il respiro, mi addentrai nel fondo della cascata che, ben presto si diradò mostrando l'interno di un' enorme grotta sotterranea.
«Wow!» esclamai spontaneamente, qualche metro più avanti un enorme muro recintava la città nascosta di Ataria.
Una manciata di secondi dopo vidi Enex e il vallaco attraversare la cascata.
«Donna di mala fede» commentò calmando il vallaco imbizzarrito, era spaventato dal'acqua della cascata ma non abbastanza per impedire ad Enex di riprendere il controllo su di lui
Osservai le movenze sicure dello ialino che imponeva il suo comando al vallaco e, con un sorriso soddisfatto, camminava verso le rive del piccolo laghetto che il getto dell'acqua aveva formato anche da quella parte della cascata.
«La smetti di fissarmi?» esclamò Enex passandomi di fianco, quasi non me ne ero resa conto, i miei occhi erano rimasti affascinati dalla figura che rivelavano i suoi indumenti zuppi.
La tunica, aderente al petto, rimarcava ogni fascio muscolare definito dei suoi pettorali e dei suoi addominali mentre, il pantalone di tessuto che si incollava alla sua pelle, evidenziava la tonicità delle sue zone basse.
«Non sono pensieri che si addicono ad una sacerdotessa» aggiunge ridacchiando, neanche se fosse a conoscenza della radiografia che gli avevano fatto i miei occhi.
Imbarazzata distolsi lo sguardo e, facendo passi decisi, lo superai raggiungendo il portone delle mura.
«Neanche tu sei male» esclamò rivolgendo il suo sguardo verso il basso.
Le parti non coperte dall'armatura erano praticamente in bella vista, il tessuto chiaro, bagnato dall'acqua, divenne trasparente e aderente, mettendo in risalto le forme del corpo di Ginozkena.
«Non guardare!» esclamai coprendomi il sedere con le mani.
Lui ghignò e, quasi per dimostrare che avrebbe rispettato la mia volontà, si portò davanti a me.
«E adesso che si fa?» il portone di legno non sembrava possedere serrature o fessure. Era un unico, e integro, pezzo di legno verticale.
«C'è un campanello? Una formula magica da segreta da pronunciare?» fantasticai, guardavo con occhi sempre più curiosi il mondo di Ariadonne, volevo comprenderlo a pieno.
«Frena la lingua» esclamò ridacchiando «Dobbiamo semplicemente bussare»
Enex si avvicinò alla porta e bussò a pugno chiuso.
Ascoltammo l'eco spandersi nell'aria dopodiché, uno spioncino si aprì nel portone e due occhi neri come la pece fecero capolino per scrutarci.
Nessuno dei due proferì parola, dopo qualche secondo l'apertura si richiuse perfettamente e dei cigolii riempirono l'atmosfera.
Le porte della città di Ataria si stavano aprendo e, dinanzi ai nostri occhi, si rivelarono le diramate strade che scendevano nelle profondità della grotta.
Quando attraversammo la porta i battenti si chiusero dietro di noi sigillandosi.
«Mia signora, benvenuta ad Ataria, la città delle nahikae dell'acqua emerse» dicendo questo Enex ricoprì per qualche momento il ruolo di guida turistica e, con un movimento del braccio, accompagnò i miei occhi che, man mano, allontanavano il punto di fuoco.
Ciò che vidi in quel momento andava ben oltre la mia immaginazione. Dentro a quella lugubre grotta le nahikae avevano costruito strade, ponti e case di pietra.
L'acqua arrivava dall'alto grazie a delle infiltrazioni nel terreno e la città, non direttamente illuminata dal sole, era rischiarata a giorno da una maestosa fonte di energia magica, sospesa in aria al centro della grotta.
Sembrava quasi come osservare una stella da vicino.
«Come facciamo a trovare gli altri? Potrebbero non essere mai arrivati» domandai tornando alla realtà.
«Se sono giunti fino a qui, Xandra si sarà recata dalla Swita, la figura capo nella società delle nahikae. Si trova nell'edificio principale, sul fondo della grotta» risponde Enex prendendo la via principale.
«Sarebbe più facile se ci fosse uno scivolo» pensai ad alta voce, la città sembrava enorme e dentro di me morivo dall'ansia, non vedevo l'ora di riunirmi al gruppo.
Portai le mani al volto e cominciai a mordicchiarmi le unghie.
Buogiorno a tutti! Dopo due giorni che ho scritto questa parte, riesco a pubblicarla!
E' una parte più breve ma ho preferito chiuderla col dubbio u.u che in un punto morto.
(Se no che mordente vi lasciavo!)
Spero che adesso, se non lo avevate capito fino ad adesso, abbiate compreso quanto gnocco sia Enex.
Dix lascia posto al nuovo! Ormai tu sei il passato =D
(Non penso proprio che lui molli facilemente la presa)
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