Capitolo 6 - Parte III
La mattina riaprii gli occhi sconvolta, non sapevo se quello a cui avevo assistito fosse un sogno premonitore o cosa ma, per tutta la notte, avevo ascoltato una voce invocare inquietanti promesse al cielo.
Era un sussurro continuo che aveva disturbato la quiete del mio sonno.
«Non pensavo fossi così entusiasta di partire» Xandra era sorpresa di vedermi già sveglia.
«Avevo il timore di dover usare le maniere forti per svegliarti» aggiunse chiudendo uno zaino.
Macota e Xandra erano molto mattiniere, probabilmente si alzavano al sorgere del sole.
«Ho fatto un sogno strano» le risposi alzandomi dal letto.
«Un sogno?»
«In realtà non sono neanche sicurissima che sia stato un sogno, ho ascoltato i pensieri di qualcuno che tramava vendetta contro il mondo esterno. Non sono riuscita a capire se è una cosa che sta succedendo, che è successa o che succederà» tentai di chiarirmi le idee io stessa.
«Non penso che sia una cosa di cui ti debba preoccupare» mi disse dopo averci pensato su.
«Esistono delle tecniche che possono costringere chi le subisce, a vedere o sentire determinate cose, magari cose che lo terrorizzano. Queste tecniche servono per piegare la volontà e affievolire la forza del nemico» mi spiegò.
«Se gli dai credito e ti fai influenzare da queste cose, fai solamente il gioco di Uriel» aggiunse andando al sodo della questione.
Quindi, secondo la teoria di Xandra, quelle "visioni" non erano altro che attacchi indiretti alla mia persona. Qualcosa creato artificialmente per sfiancarmi.
Non aveva tutti i torti, sapevo bene cosa voleva dire dormire poco e male. Ricordavo perfettamente in che stato mi aveva portato quel tipo di situazione quando ero sulla terra e, a maggior ragione, temevo che presto avrei ceduto.
«E se io non ci riuscissi?» le posi subito la questione.
«Prima di tutto accertiamoci che questo stia accadendo davvero, dopo di che, l'unico modo per evitare queste spiacevoli intrusioni è necessario rinforzare la tua mente. Ma procediamo per gradi» le sue parole mi fecero comprendere quanto ancora dovevo lavorare prima di riuscire a difendermi da sola, non era solo questione di imparare a brandire un'arma.
«Comunque ti conviene darti una mossa, manchi solamente tu, preparati che poi ti aiuto ad indossare l'armatura» aggiunse richiamandomi all'ordine.
Con un po' di ansia e scoraggiamento, mi feci una doccia veloce e indossai gli abiti che mi avevano acquistato al mercato. Un pantalone di tessuto color panna e un abito di cotone a pieghe color oro.
«Molto semplice come completo» esclamai guardandomi allo specchio, il colore del vestito dava troppo nell'occhio.
« Sono indumenti che indosserai solo per proteggere la pelle dagli strofinamenti» mi risponde uscendo i pezzi dell'armatura e riponendoli con cura sul materasso.
«Devi cominciare fasciando l'addome fino alla vita con la protezione di cuoio» mi spiegò fasciandomi il busto da sotto al seno fino ai fianchi con un lungo pezzo di robusta pelle conciata.
«Poi devi infilare questo» disse aiutandomi a chiudere il bustino, un rigido corsetto che aderiva alle mie forme, con delle appendici che proseguivano oltre ai miei fianchi, scendendo a proteggere anche la parte superiore delle cosce e del posteriore.
«Infine devi indossare spalliere e polsiere»
Le spalliere erano dei ricurvi pezzi di metallo decorate con rivoli dorati mentre, le polsiere, arrivavano quasi fino al gomito, proteggendo completamente l'avambraccio.
«Ma saranno resistenti?» domandai constatandone l'esiguo peso.
«Probabilmente non esiste materiale più inalterabile in questo mondo» mi rassicurò garantendosi di aver stretto ogni pezzo.
«Non lasciarti ingannare dal fatto che sia leggera, qualsiasi peso risulta un problema quando lo sopporti per lunghi periodi. L'armatura deve diventare la tua seconda pelle» concluse tirando un sospiro di sollievo.
«Farò del mio meglio» le risposi facendo qualche passo avanti e indietro, sembrava davvero comoda, non avrei avuto sicuramente nessun problema ad abituarmici.
Xandra mi aiutò ad indossare lo zaino e, insieme, scendemmo in strada. Camminando a passo svelto tra la folla cittadina raggiungemmo l'allevamento di vallachi in un paio di minuti.
Lì, un gentile e paffuto uomo, aveva disposto e sellato sei imponenti cavalli.
«Ma io, non sono sicura di saper cavalcare» esclamai guardando tutti montare con facilità.
«Vorrà dire che imparerai adesso» Enex scese dal suo vallaco e mi si avvicinò. Senza interpellarmi mi sollevò come si fa con una bambina e mi adagiò sulla sella.
«Buona fortuna» esclamò passandomi le briglie poi, sussurrando al cavallo gli diede ordine di partire senza spiegarmi nulla.
Il vallaco fece un giro della piazza mentre io tentavo di mantenermi stabile, ma ben presto sentii l'equilibrio mancarmi, stavo per chiedere aiuto ma, improvvisamente, quasi come se fosse un gesto per me consueto, allungai i piedi nei pedali e tirai le redini calmando il vallaco.
«Non lo fare mai più» attaccai Enex fulminandolo con lo sguardo.
«Credevi che avrei perso tempo a farti la lezioncina? Abbiamo capito che hai solo bisogno di una spintarella» commentò malizioso rimontando.
Arrossii ma evitai di rispondergli e dargliela vinta, era solo un'attaccabrighe.
«Chi vuole avere l'onore di guidare?» intervenne Skill interrompendo i nostri sguardi furtivi.
«Seguite me, io conosco bene la strada per Ataria» affermò Xandra dando voce al vallaco di iniziare la sua corsa.
Dietro di lei, noi tutti seguimmo la sua scia, abbandonando con lunghe falcate la città ialina.
I vallachi non procedevano spediti come le gamie nel deserto ma, ben presto, la sabbia venne sostituita da compatta e rigogliosa terra, che le bestie sembravano essere abituate a calpestare.
Solo in quell'ultimo tratto di deserto potei comprendere a pieno l'operato degli ialini bianchi. Secondo la mappa dovevamo ancora essere nel bel mezzo del deserto e invece, solcavamo erba alta e attraversavamo boschi alberati. Non credevo davvero possibile una tale riqualifica.
Dopo quattro ore di cavalcata instancabile notammo Xandra rallentare il passo.
«Penso che sia il caso di fare una pausa» esclamò guardandomi, effettivamente tutto quel sobbalzare mi aveva indolenzito tutti i muscoli e, nei punti dove l'armatura strofinava sulla pelle, avevo pruriti incessabili.
«Io sono d'accordo» annunciò Dix scendendo per primo dal vallaco.
«Il mio fondoschiena!» si lamentò Skil dolorante.
«A quanto pare siamo tutti favorevoli» commentò Xandra guardando gli sguardi complici di Macota ed Enex.
«E' proprio straordinario quello che avete fatto» esclamai rivolgendomi a Dix mentre mi sgranchivo le gambe, non potevo fare a meno di osservare le rigogliose fronde che dondolavano sulla mia testa.
«E' tutto merito della collaborazione con le nahikae dell'acqua, è stato grazie a loro che siamo riusciti a ripristinare dei corsi d'acqua per alimentare la vegetazione» mi spiegò Dix prendendo dell'acqua dall'otre.
«Non so voi ma io mi sento distrutta» esclamai sedendomi su una lunga radice, sembrava la versione naturale della poltrona dello psicologo.
Socchiusi gli occhi e mi lasciai cullare da una leggera brezza. Ero davvero contenta di essere uscita finalmente dal deserto.
«Quanto manca al confine?» chiese subito Macota.
«Siamo già al confine, ho preferito riposare prima di attraversarlo. Non sappiamo cosa ci aspetta una volta entrati nel territorio delle nahikae» osservai la venerabile chiudere gli occhi, probabilmente era davvero stanca.
«Riposiamo tutti un po' e proseguiamo» aggiunsi uscendo i pranzi al sacco recuperati dalla locanda. Erano un gentile omaggio del locandiere, per i gruppi in partenza.
«Non la svegliamo?» domandò Skill sedendosi sull'erba, guardava preoccupato la ragazza.
«Può mangiare una dielmea quando ripartiamo, se si è addormentata vuol dire che il suo corpo ha ancora bisogno di adeguarsi ai nuovi ritmi» gli risposi porgendo il mio piatto ad Enex, era comodo avere un dominatore del fuoco.
Si potevano riscaldare le pietanze senza dover accendere un falò.
«Dovete smetterla di trattarmi come un fornello da cucina!» si lamentò lo ialino, ma riscaldò senza troppi indugi il mio pasto.
«Grazie» esclamai soffiando sul raihi ormai bollente.
Mangiammo senza interruzioni e feci riposare il gruppo il tempo necessario di un leggero spostamento del sole. Dovevamo ripartire prima che scendesse troppo.
«Venerabile, dobbiamo ripartire» esclamai scuotendo la ragazza, assopita per tutto il tempo su quella radice di kauri.
La venerabile non si destava.
«Venerabile! Si svegli!» provai a scuoterla più forte ma il suo corpo non si muoveva.
A quel punto tentai di alzarla ma non riuscii a smuoverla di un centimetro.
Quella situazione cominciava a sembrare davvero surreale così chiamai aiuto.
«Dix, per favore, poi prendere in braccio la venerabile?»
Dix con l'aria del cavaliere che sta per salvare la fanciulla, si avvicinò a lei e la strinse a sé.
Quando provò ad alzarla anche lui rimane pietrificato. Era come se la terra tenesse stretta a sé il corpo di Ginzokena.
«E' proprio strano» sussurrò provandoci ancora una volta ma, una freccia fischiò vicino al suo orecchio destro mettendo tutti in allarme.
«E' inutile che ci provi ancora» una voce femminile ammonì Dix, seguita da un fruscio di rami che venivano calpestati, una creatura di sesso femminile uscì dal suo nascondiglio tra gli arbusti, puntando la freccia del proprio arco verso di no.
Dietro di lei, un gruppo di dieci donne con la carnagione bruna, avanzò brandendo le loro armi sguainate. Erano nahikae della terra, cosa le aveva spinte ad addentrarsi così tanto?
«La sacerdotessa è nostra, allontanatevi da lei!» aggiunse facendo segno a Dix di spostarsi.
C'era qualcosa di strano in loro, i loro occhi possedevano una minacciosa patina che le uniformava alle altre, dovevano essere state assoggettate da Uriel, proprio come successe con le nahikae del fuoco anni orsono.
Tutto il gruppo alzò le mani in segno di resa mentre, io, cercavo di elaborare un piano per districare quel problema. Incrociai lo sguardo di Enex, se avevo compreso bene il tipo di incantesimo usato sulla venerabile, lui era l'unico che poteva portarla in salvo, dovevo dare la precedenza alla sua sopravvivenza.
Io le distraggo, tu prendi la venerabile e fuggite.
Gli comunicai telepaticamente mentre, con un movimento degli occhi, lo incoraggiai a recuperare Ginozkena svenuta.
Enex annuì e, puntando i piedi, si tenne preparato in attesa del mio segno.
Respirai profondamente e, evocando un enorme scudo invisibile, mi gettai sul gruppo destabilizzando la loro fila.
Mi voltai un solo secondo per riuscire a vedere Enex prendere in braccio la venerabile, volare su un vallaco e, tenendola stretta a se, comandare alla bestia di partire.
Il vallaco imbizzarrito, con un verso stridulo, cominciò la sua disperata corsa mentre io fui scaraventata a terra dalle nahikae.
«Come è possibile?» il gruppo, sbigottito, non aveva calcolato la presenza di uno ialino nero come Enex.
«Presto, voi sei» disse la creatura che utilizzava l'arco, indicando le sue compagne «Inseguite lo ialino» ordinò, sembrava essere il loro capo.
Le nahikae scelte per l'inseguimento si distaccarono dal gruppo per seguire Enex.
«Kom nei mi» ancora riversa a terra, con il fianco un pò dolorante, allungai la mano destra verso le nahikae che stavano correndo ed evocai un incantesimo per rallentarle.
L'incantesimo funzionava solo se mantenevo gli occhi e l'attenzione su di loro ma, la donna con l'arco, venne in aiuto delle compagne pestandomi con forza la mano con cui incanalavo la magia.
Digrignai i denti per il dolore e, distogliendo il contatto visivo da loro, anche il mio incantesimo si sciolse.
«Non ti preoccupare, Xandra! Ci penso io a loro» Dix, preoccupato delle sorti della venerabile, si lanciò all'inseguimento.
«Tu, e i vostri amici, siete spacciati» minacciò la nahikae che mi stava calpestando, eravamo rimasti tre contro cinque, una battaglia impari sia di numero che di mortalità.
«Tero plenumas mainm tono» Macota entrò in contatto con il suo ferbiner, intorno a lei cominciò a manifestarsi l'energia della natura e la terra, in risposta al suo richiamo, tremò.
«Kati la filan yn stienerier» esclamò elevando le mani al cielo e, alla stessa maniera, un muro di rocce si alzò ai piedi delle nahikae rinchiudendole in una oscura prigione.
«Dovete mettervi in salvo!» avevo approfittato del trambusto per liberarmi e per prima cosa fermai Macota, nessuno di noi poteva ucciderle o farle tornare in sé. Era inutile continuare a combatterle, non tutti insieme.
Qualcuno doveva rimanere ad intrattenerle mentre gli altri scappavano, e sapevo che toccava a me.
«Forza!» urlai spingendo i due rimasti del gruppo verso i vallachi.
Mentre li convincevo ad andare via le nahikae stavano già provando a sfondare il muro di rocce.
«Ci riuniremo ad Ataria! Cercate di portare in salvo anche il vallaco della venerabile» presi le briglie dell'animale e le passai a Skill, lui con la sua empatia animale sarebbe riuscito a guidare l'animale senza che sia d'intralcio alla fuga.
«Ma Xandra! Sei sicura?!» Macota incrociò il mio sguardo, non desiderava lasciarmi lì da sola ma era nel mio volere. Con un cenno di assenso, colpii con un gesto deciso l'animale che cavalcava per costringerlo a partire.
Non potei vederli andare via, un forte boato attirò la mia attenzione e una pioggia di frecce magiche cominciarono a piovere nella mia direzione.
Le nahikae aveva sfondato il muro ed erano tornate all'attacco.
Decisa ad affrontare anche la morte, presi la mia lancia e la roteai di fronte a me per far rimbalzare le frecce e, dopo averle respinte tutte, osservai la mia compagna.
Non era stata minimamente scalfita dalle loro punte. Le armi degli ialini bianchi erano davvero fuori dal comune.
Mentre le nahikae uscivano dalle mura piantai la lancia al suolo, l'afferrai con entrambe le mani e sfiorai il metallo della lama con la fronte.
Era arrivato il momento di provare le sue capacità di propagazione, chiusi gli occhi e cercai la concentrazione necessaria per emanare la mia energia.
«Ruhiy ozodlik» riaprii gli occhi, ormai diventati bianchi e, dopo aver pronunciato quelle parole, cominciai a rilasciare la mia energia per espanderla nell'aria.
I miei capelli ondeggiarono seguendo il flusso che fuoriusciva dal mio corpo fino a quando, l'irruenza di quell'emissione, li fece rizzare.
Le nahikae erano finalmente immobili, schiacciate dalla mia magia. Avrei potuto scappare anche io ma l'incantesimo non sarebbe durato abbastanza per permettermi di allontanarmi in sicurezza così decisi di rimanere lì, per prolungarne gli effetti.
Non sapevo quanto sarei durata, ma dovevo dare fondo a tutte le mie energie per dare modo agli altri di trovare un riparo.
Il tempo non sembrava passare mai, le gambe cominciarono a cedermi, avevo tutti i muscoli in tensione doloranti e gli occhi mi bruciavano, non ero mai stata per così tanto tempo in fase di rilascio.
Chiusi le palpebre e mi aggrappai più forte che potevo alla lancia. Dovevo resistere anche perché, appena avrei interrotto l'incantesimo, sarei stata sopraffatta da loro.
Ero ormai al limite, in ginocchio sull'erba, pregavo di resistere ancora qualche minuto ma, improvvisamente, sentii dei passi dietro di me e un freccia squarciò l'aria alle mie spalle.
Erano rinforzi... ma per chi?
Eccomi finalmente, dopo qualche problemino personale sono tornata. Non credevo proprio di riuscire a correggere questa parte ma forse sono soddisfatta di come è uscita.
Probabilmente devo mettere un pò più di emozioni per le scene di combattimento ma penso che alcune cose me le riserverò per la revisione!
Stiamo a metà settimana, spero di aggiornare presto anche perchè subito dopo c'è la parte dove Enex e Faith sono in fuga. Sappiate che ben presto apriremo il fan club di Enex, chiunque si voglia iscrivere dovrà compilare un modulo e spiegare il motivo per cui lo si vorrebbe tutto per sè XD
E poi dimostrare di essere degne muahhaaahha
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