Capitolo 5 - Parte V
«Sveglia, scansafatiche!» udii una voce tentare di destarmi.
«Sì, un attimo...» bisbigliai mettendomi in posizione fetale, volevo continuare a dormire, la notte precedente l'avevo passata ad allenarmi nel giardino e mi sentivo distrutta.
Il corpo di Ginzokena aveva retto bene tutte le ore di sforzo fisico ma, adesso, ne stavo pagando le conseguenze, mi sentivo tutti i muscoli doloranti.
«Faith» sentii chiamarmi ancora una volta, ma ero di nuovo sulla via del sonno profondo e non risposi.
«Forza venerabile lumaca!» quando compresi l'identità del mio interlocutore capii subito che mi stava per succedere qualcosa di spiacevole.
«Okay, Okay mi alzo» aprii gli occhi appannati e vidi Enex che stava manomettendo il materasso.
Mi alzai di scatto e traballante mi incamminai verso il bagno.
«Con le maniere dure si risolve sempre tutto» esclamò compiaciuto. Io lo guardai come una mamma guarda il suo bambino dispettoso.
«Non mi dire che lo avresti fatto per davvero» gli chiesi retoricamente mentre mi bagnavo il volto.
«Non saresti stata la prima a cui capovolgevo il materasso, beccata in flagrante a dormire invece che allenarsi» mi rispose rimanendo sul ciglio della porta.
«Poveri i tuoi allievi, non li invidio proprio» mi guardai allo specchio, avevo l'aspetto di un lenzuolo appeso ad asciugare.
Per un giorno non poteva fare un'eccezione? Ero visibilmente provata.
«E invece dovresti, adesso sono grandi guerrieri» lo ascoltai vantarsi entrando nella vasca, dovevo almeno sciacquarmi dal sudore dell'allenamento notturno.
«Hai bisogno di una mano?» mi chiese con tono serio. La sua domanda mi lasciò un attimo perplessa, possibile che lui fosse così sfacciato da farmi una proposta così esplicitamente?
Poi i miei occhi caddero sul braccio ancora fasciato. Senza rendermene conto lo avevo usato per lavarmi la faccia e non avevo incontrato nessuna difficoltà.
«No, non preoccuparti» esclamai scoprendo il braccio, sembrava completamente guarito! Non era rimasta neanche una cicatrice.
Mi lavai con l'acqua fredda per allontanare la stanchezza e, dopo essermi rivestita, rifasciai il braccio.
Quel giorno gli avrei fatto una doppia sorpresa.
Uscita dalla stanza ci incamminammo insieme nel giardino.
«Solo per questa volta utilizzeremo questa» con fare altezzoso, Enex mi lanciò una delle due spade di legno che aveva sistemato in precedenza sullo spiazzale di pietra.
«Non abbiamo molto tempo, domani ripartiremo, e ci conviene arrivare subito alle basi del combattimento. Non possiamo aspettare che tu ricorda come estrarre la spada » mi spiegò puntandomi la sua arma.
«Non c'è ne bisogno» esclamai gettando l'arma di addestramento al centro della piazzetta.
«Hare!» esclamai e la spada obbedì al mio richiamo, proprio come la notte precedente.
Quando Enex osservò la mia mossa, fece un sorriso compiaciuto.
«Non ti basterà saperla evocare» mi incitò in posizione di attacco, nonostante io brandissi l'arma di Ginozkena, voleva continuare l'allenamento con la spada di legno, voleva offendere le mie capacità.
In quel momento strappai la fasciatura del braccio sinistro e con determinazione impugnai la spada con due mani.
«Io sono pronta!» le risposi facendo subito la prima mossa. Mi avvicinai caricando un fendente laterale e lui prontamente lo contrastò.
«Orribile, la posizione delle mani è scorretta» disse forzando la mia lama. Di istinto mi allontanai e strinsi l'elsa più forte.
Tornai di nuovo all'assalto, dovevo in qualche maniera cercare di prenderlo in castagna. Riprovai il fendente laterale ma fui di nuovo bloccata, le nostre lame rimanevano in totale equilibri.
«I gomiti, più in alto!» mi corresse spingendomi all'indietro. Non mi persi d'animo e ci riprovai, ma dal lato opposto.
Eravamo di nuovo in una situazione di stallo, ma quanto resistente era la lama di quel legno? Come poteva rimanere integra sotto i colpi di una spada vera?
«Attenta ai piedi, così inciamperai» Enex mi corresse ancora una volta e, con passo svelto, mi fece uno sgambetto facendomi perdere l'equilibrio.
«Ogni colpo vale in battaglia» aggiunse porgendomi la mano per alzarmi, ma io la rifiutai.
Rimasi un po' con lo sguardo rivolto verso il terreno. La disparità di forza mi rendeva l'impresa di batterlo impossibile.
«Su forza, non ti metterai mica a piangere?» lui mi porse nuovamente la mano e in quel suo gesto trovai la mia possibilità.
Mi alzai di scatto e, con una testata ben assestata, gli colpii il mento. Lui cadde a terra e io, non avendo più il suo supporto, precipitai sul suo petto.
Cercai di non perdere il momento e, fermando le sue braccia con le ginocchia, gli avvicinai la lama alla gola.
«Ogni colpo vale in battaglia» esclamai ripetendo la sua stessa battuta. Avevo la testa che mi doleva ma c'e l'avevo fatta, era mio!
Lui improvvisamente mi guardò con il volto turbato da un pensiero. Forse, il mio, era stato un colpo troppo basso?
«Questa volta hai vinto tu» esclamò alzando il busto. Io spostai subito la lama dal suo collo e mi lasciai allontanare.
«La lezione è finita, hai la giornata libera» esclamò prendendo la strada del ritorno.
Richiamai la spada dentro di me e tentai di raggiungerlo. Sembrava molto seccato.
«Ma cosa è successo? Dai, non puoi esserti arrabbiato per così poco» tentai di tirarlo per un braccio ma lui evitò il mio contatto.
«Mi spieghi che vuoi da me? Ho detto che la lezione è finita, quando mi lascerai in pace?» mi rispose infervorato, non comprendevo quel suo cambio così repentino di atteggiamento.
Non poteva essersi alterato perché l'avevo atterrato... in fondo era ciò che mi stava insegnando, abbattere un avversario più capace di me.
«Nulla, và per la tua strada» gli dissi in tutta risposta. Invece di sprecare il mio tempo assieme a lui, avrei potuto tornare in stanza e recuperare il sonno perduto.
Lui, ancora più offeso di prima, si allontanò per andare chissà dove.
Quando mi sembrava di comprendere e di poter diventare amica di quell'essere, succedevano sempre cose strane per cui mi pentivo di aver provato ad avvicinarmi a lui.
Mentre tornavo in stanza, valutai che era troppo tardi per tornare a letto, così decisi di andare a fare colazione in taverna.
Mi sedetti sul primo tavolo che trovai libero e osservai perplessa il menù. Ero di nuovo davanti a quella montagna insormontabile, avevo fame ma non sapevo cosa potesse esserci di commestibile nel menù.
«Vuoi una mano con l'ordinazione?» abbassai il foglio rigido e la figura di Xandra mi venne in aiuto.
«Si, per favore, ho una fame da lupi» esclamai passandole il menù.
«Vuoi qualcosa di dolce o salato?» mi chiese frugando tra le righe.
«Dolce» le risposi con tono secco ed inequivocabile di chi aveva bisogno di un'endovena di zuccheri.
Xandra non ci mise molto a scegliermi la colazione e, poco dopo, arrivò in tavola un piatto con un enorme budino color marrone, cioccolata, speravo.
«Enex mi ha detto che domani si parte» presi parola mentre mi pregustavo con gli occhi il dolce.
«Si, i preparativi ormai sono ultimati. Stiamo aspettando solo la tua armatura»
«La mia armatura?» le domandai ripetendo le sue parole.
«Si, adesso che stai imparando a combattere è necessario che tu indossi una protezione. Perlomeno finché non sarai capace di gestire contemporaneamente le tecniche magiche offensive e difensive» mi spiegò mettendo gli occhi sul menù, il mio budino doveva averle fatto venire voglia di stuzzicare qualcosa.
Affondai il cucchiaino rudimentale nel dolce e improvvisamente tutto a me divenne buio, un'oscurità profonda mi circondò, quasi come quella che immagini ci sia nello spazio.
Poi, un bagliore illuminò la figura di un uomo, uno ialino, era riverso a terra con le ali spiegate, dolorante. Ansimava e si puliva con una mano un rivolo di sangue che gli scendeva dalla bocca.
Di istinto mi mossi verso di lui per soccorrerlo ma, prima di poterlo raggiungere, lo vidi alzarsi in aria. Non stava volando, sembrava come una forza invisibile lo avesse preso per le ali e tirato sù.
Sul volto dello ialino si palesò il terrore ed io, neanche se avessi saputo cosa stava per succedere, cominciai a tremare in preda all'inquietudine, il cuore cominciò a battere forte nel mio petto, i miei pensieri si facevano frenetici, io sapevo di non dover guardare... chiusi gli occhi ma poco dopo erano di nuovo aperti.
Non dovevo guardare eppure non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. L'uomo si divincolava trattenendo il dolore, nonostante quei movimenti gli procurassero sofferenza, continuava a lottare in cerca di una fuga finché si percepì la vibrazione di un fendente.
Un colpo secco di lama recise le ali del malcapitato facendolo precipitare al suolo.
In preda agli spasmi lo ialiano urlò... un urlo di un'intensità che non avevo mai udito... riempì le mie orecchie, penetrò il mio cuore e straziò la mi anima.
Lo ialino, ormai arresosi al dolore, rimase immobile sul pavimento mentre, quella forza invisibile, lasciava andare le sue ali.
Con un dolce planare, esse si andarono a posare nella pozza di sangue scarlatto che si era formata vicino all'uomo.
Le mie gambe erano paralizzate, volevo correre a dargli una mano, salvarlo ma ero bloccata dalla paura e dalla nausea.
«Venerabile, vi sentite bene?» finalmente riuscii a riaprire gli occhi, avevo le guance bagnate dalle lacrime e, ricordando quello che avevo visto, una violenta nausea risalì dal profondo.
Senza perdere tempo mi voltai e riversai il contenuto del mio stomaco sul pavimento.
«Ma cosa è successo?» balbettò sconvolta Xandra. La mia compagna si alzò velocemente per darmi supporto mentre il mio malessere aveva attirato l'attenzione di tutti.
Maledizione, pensai, volevo solo godermi un dolce.
«E' tutto a posto» le risposi pulendomi la bocca con un tovagliolino «Sto bene» aggiunsi cercando di tranquillizzarla.
Sembrava molto preoccupata.
«Va tutto bene, signore?» mentre discutevamo, il locandiere in persona si era avvicinato a noi con una pezza per pulire sul pavimento.
«Mi dispiace tantissimo» esclamai mortificata.
«Non si preoccupi» le sue parole volevano essere rassicuranti ma era palesemente disturbato dall'accaduto.
«Mentre una domestica finisce di pulire perché non vi accomodate su un altro tavolo?» ci propose gentilmente.
«La ringraziamo, ma forse è il caso che la mia compagna si riposi» gli rispose Xandra congedando il locandiere.
Tenendomi per le spalle, mi accompagnò in bagno per darmi una sistemata.
«Come ti senti adesso?» mi domandò per l'ennesima volta mentre sciacquavo la bocca, ancora non riuscivo a levarmi di dosso il disgusto di quella inquietante immagine.
«Sto bene, Xandra!» Stavo bene, ero solo scossa.
«Ma è successo qualcosa? Ero così concentrata che mi sono accorta troppo tardi che eri completamente assente » dal tono della sua voce si poteva capire che si sentiva in colpa.
«Ho avuto una visione» esclamò guardando duramente il suo riflesso nello specchio. Quegli occhi li conoscevo bene.
«Una visione ti ha procurato la nausea?» non mi era mai capitato di sentire una cosa del genere in tutti i miei anni da sacerdotessa.
«Sì» mi rispose, stanca, mentre ci spostavamo nel salottino. Non era il caso di continuare a parlare nel bagno comune della locanda.
«Ho visto una cosa terribile» aggiunse sedendosi pesantemente su una poltrona. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e si massaggiava animosamente le tempie.
Rimasi in silenzio in attesa che lei si confidasse.
«Ho visto qualcosa che» cominciò fermando qualche lacrima «Tagliava le ali ad uno ialino» concluse guardandomi dritta negli occhi, era evidente che quelle orribili immagini devono averle attraversato di nuovo la testa, era sconvolta.
«Adesso è tutto più chiaro» le risposi, era comprensibile la sua reazione.
«Tu sai cosa ho visto?» mi chiese speranzosa, sembrava come se, dare un nome a ciò che aveva visto, potesse farla sentire meglio.
«Si, hai assistito ad un'esecuzione ialina. Loro la chiamano "recisione", è la pena più pesante che uno ialino può subire, peggiore della morte stessa» mi dispiaceva molto per la venerabile, non capivo perché mai dovesse essere costretta a vedere quelle cose terribili.
«Come mai proprio le ali?» mi chiese, la sua curiosità riusciva a sovrastare ogni pensiero orribile.
«Le ali sono la parte più sensibile del loro corpo, sono ciò che li contraddistingue, nonché il loro principale mezzo di spostamento. La recisione delle ali è una brutale pratica che provoca nel condannato un dolore inimmaginabile» guardai la venerabile, si stava di nuovo rannicchiando in se stessa, il mio racconto sembrava averla inquietata di nuovo.
«Non è una cosa che attuano quotidianamente, è una punizione che riservano soltanto agli ialini che si sono macchiati di deplorevoli colpe, o che hanno profondamente disonorato la razza» aggiunsi cercando riacquietare il suo animo.
Era una donna davvero empatica, e dire che nella sua vita passata non lo dava molto a vedere.
«Probabilmente sono secoli che non l'attuano» conclusi.
«Perché mai mi è apparsa in visione?» mi domandò, purtroppo a quell' interrogativo non avevo una risposta da darle, ma cercai lo stesso di trovare parole di conforto.
«I disegni divini sono infinitesimali» le risposi dando fondo a tutta la mia fede «Avrai la tua risposta a tempo debito, non temere» aggiunsi sorridendole.
Era l'unica cosa che potevamo fare, la dea celeste è sempre stata benevola e caritatevole. Non farebbe mai soffrire una delle sue figlie predilette senza un motivo...
O almeno lo speravo.
Penso che è la trecentocinquantesima volta che cambio il nome a questo spazio, probabilmente dipenderà dalle mie personalità multiple!
Ennesimo capitolo un po' moscio, non so se ve l'ho già detto. Io non sopporto questa parte della storia ma è essenziale per il cammino che intraprenderemo.
Non posso proprio saltarla! Ma abbiamo quasi finito, domani è il grande giorno, si riparte verso il territorio delle nahikae dell'acqua.
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