Capitolo 5 - Parte IV
«Ma sei sicura che è tutto a posto con la venerabile? E' normale che ancora non si desti?» esordì Macota dopo essere uscita dal bagno.
Indossava solo la salvietta da bagno e, i capelli che le scendevano sulla spalla, le mettevano in mostra le orecchie appuntite.
«Si» le risposi mettendo l'ultimo punto alla lettera che stavo revisionando.
«La rigenerazione del braccio le ha procurato un dispendio di energie che il suo corpo ancora non sa gestire. Ha bisogno di più riposo possibile» evitai di raccontarle di quelle fiamme.
La mia risposta tranquillizzò Macota che, visibilmente più serena e rilassata, cominciò a vestirsi.
«Mi sono scordata di dirti una cosa importante, con tutto il trambusto, non sono riuscita parlartene prima» iniziò lei perdendosi un secondo con lo sguardo fuori alla finestra.
«Ho sentito strane voci al mercato, si dice che la situazione a nord stia peggiorando» continuò sfregandosi i capelli.
«Cosa sta succedendo?» le chiesi massaggiandomi leggermente le tempie, cominciavo a sentire la stanchezza di quella giornata infinita.
«In città si dice che sia nata una accesa rivalità tra le nahikae dell'acqua e quelle della terra»
«Le nahikae?! Ma sei sicura di aver capito bene? Che tipo di rivalità?» le domandai preoccupata.
«Sembra che siano arrivate anche a delle schermaglie» le parole di Macota mi sembravano inverosimili.
«Le nahikae?» proprio non riuscivo a capacitarmi «E per cosa mai si combattono?» chiesi retoricamente.
«Non si sa. Ma tutti sembrano preoccupati da questa notizia, le nahikae non uscivano dai loro rifugi dai tempi della prima grande guerra di Uriel» con sguardo titubante buttai un occhio alle lettere, Macota non fece che ricalcare la mia preoccupazione.
«Puoi dare un'occhiata tu alla venerabile mentre io faccio il bagno? Bisogna solo controllare che non le salga la febbre» le chiesi cambiando il discorso, desideravo scendere per la cena nella maniera che si addiceva ad una donna del mio lignaggio.
«Non ti preoccupare» mi rispose e, approfittando della sua gentilezza, recuperai il necessario per il bagno e mi chiusi nella stanza.
Sospirai e cominciai a spogliarmi degli abiti sporchi. Dopo una giornata così non vedevo l'ora di immergermi nell'acqua pulita. Aprii il rubinetto dell'acqua e, mentre aspettavo che la vasca si riempisse, mi osservai allo specchio.
Quelle strane macchie che adornavano il mio viso come delle pitture di guerra, ogni tanto bruciavano come se fossero state vecchie ferite.
I miei occhi dalla gradazione così divergente, uno luminoso come il sole, l'altro scuro come la terra, mi donavano un temibile sguardo che in passato ha fatto inorridire i miei nemici, e pure qualche alleato.
E le mie orecchie... sollevai i capelli facendo finta di radunarli in una coda per scoprire il collo, una era punta e una completamente arcuata.
Abbassai i capelli per oscurare quella mia deformazione, come facevo da praticamente una vita. Mi sentivo uno scherzo della natura.
Non abbastanza umana per essere considerata un mezzosangue, non completamente hent per potermi mostrare con naturalezza con i miei fratelli.
Chiusi i rubinetti e mi immersi nell'acqua tiepida fino alla testa. Volevo annegare quei pensieri, sigillarli nella mia testa proprio come si fa con un oggetto che si vorrebbe dimenticare nel fondo di un cassetto.
«Venerabile Xandra, tutto a posto?» sentii Macota bussare alla porta, il suo richiamo mi aveva destato da una specie di trance in cui l'acqua calda mi aveva cullato.
«Si, sto uscendo. Se vuoi raggiungi gli altri nella taverna» la incitai alzandomi dalla vasca.
Volevo evitare di essere costretta a mostrarle le mie orecchie.
«Qui non è cambiato nulla» si congedò avvisandomi dello stato di Ginozkena.
«Ti ringrazio» dopo quelle mie parole sentii Macota allontanarsi con passi lenti e, quando udii la porta chiudersi, girai la chiave nella serratura ed uscii serena dal bagno.
Dopo aver constatato che la ragazza dormiva serena, il mio occhio cadde sull'arma poggiata al muro.
Era una lancia di pregiata fattura, forgiata da un materiale che sollecitato da forze magiche modificava la sua densità e natura.
Il legno dell'impugnatura era ricavato da un albero magico per cui era possibile usarla come mezzo per incanalare incantesimi e ogni parte della lancia era stata incantata per essere resistente ad ogni tipo di attacco fisico .
Quando la vidi, esposta nella fucina del fabbro, ne rimasi affascinata. Era un'arma perfetta per il mio stile di combattimento, però sapevo di non potermela permettere.
E' stato in quel momento che sono stata raggiunta da Enex e ho dovuto lasciare tutto a malincuore per correre ad aiutare Ginzokena. Non potevo credere che lui avesse fatto anche una cosa del genere.
Legata alla impugnatura della lancia c'era un fogliettino. Incuriosita da chi avesse potuto mai farmi un regalo così costoso, mi affrettai ad aprire il messaggio.
"Ho notato che non porti più appresso il tuo fidato bastone. Capisco perché lo hai gettato, effettivamente era un po' antiquato, ma ho pensato che senza un'arma saresti inutile proprio come Faith."
Faith... il bigliettino non era firmato ma solo lui usava chiamare Ginozkena con quel nome. Conservai il bigliettino in un libro e provai subito a brandirla.
L'impugnatura era salda ma morbida al tatto. Un' accortezza che ormai serviva a poco.
Mi squadrai i palmi delle mani e strofinai le dita sui calli che le indurivano. Il mio "antiquato" bastone poteva non essere adatto alle mani delicate di una fanciulla, ma grazie a lui sono diventata quello che ero e, con la stessa speranza, l'avevo regalato ad Afala prima di partire.
Lei proprio non sopportava di essere stata lasciata fuori dall'azione, così le avevo donato la mia arma con la speranza che quel gesto le abbia fatto comprendere che ormai, non la consideravo più una semplice allieva.
Sorridendo lievemente ripoggiai l'arma sul muro, mi vestii e tornai allo scrittoio. Avevo dimenticato di scrivere una lettera, la più importante.
Dopo aver consegnato a Macota la lancia per Xandra mi diressi senza alcuna sosta verso la mia nuova stanza. Aveva davvero dei gusti costosi quella sacerdotessa, quell'ultimo acquisto aveva prosciugato le mie tasche, ma ero sicuro che nelle sue mani sarebbe valsa ogni singola moneta spesa.
Mi chiusi nella stanza e mi sedetti al centro della camera con le gambe incrociate. Dovevo meditare più che potevo per tenerlo a bada. In quel periodo, sentivo sempre più spesso la bramosia sussurrarmi nelle orecchie.
Il desiderio di distruzione cresceva giorno dopo giorno dentro di me, come quelle fiamme che si alimentavano della mia frustrazione e che non riuscivo più ad arginare.
Avevo il timore che tutto quello che mi stava succedendo poteva essere ricondotto dal sempre più crescente potere di Uriel che mi richiamava a sé.
«Enex, sei qui?» udii la voce di Xandra fare capolino dalla porta. Fermai la mia meditazione e le aprii la porta.
«Si» le risposi incrociando i suoi allegri occhi, avevo giusto qualche sospetto al riguardo.
Xandra era ferma immobile sull'uscio e portava con se due vassoi pieni di pietanze calde.
«Ho visto che non sei sceso per la cena così ho pensato di portarti qualcosa. Tanto avevo già in programma di passare» disse porgendomi un vassoio.
«Ti ringrazio» con voce pacata recuperai il pasto «Di cosa avevi bisogno?» le chiesi facendole segno di entrare.
«Non ti preoccupare, ero giusto di passaggio. Volevo ringraziarti per la lancia. Non so davvero come sdebitarmi» non riuscivo a capacitarmi della dualità di quella donna.
Feroce e determinata in alcune situazioni e preziosa come un fiore in altri.
«Un modo in realtà ci sarebbe» esclamai cambiando tonalità di voce, sogghignai e con i polpastrelli le incurvai qualche ciocca di capelli che le si erano posate sul petto.
La osservai soddisfatto arrossire leggermente. Mi divertivo a mettere a disagio le sacerdotesse, non concepivo degli essere che si immolavano alle divinità, che siano uomini o donne.
Si perdevano la parte più bella della vita e non mancavo mai di ricordargli la loro vera natura.
«Prenditi cura di Faith» aggiunsi interrompendo il suo crescente sdegno.
Nonostante mi conoscesse da sempre, lei ancora ci cascava.
«E' quello che faccio, e il compito sarebbe meno difficile se qualcuno la smettesse di giocare col fuoco» mi rispose guardandomi male. Il suo ammonimento arrivò dritto al bersaglio.
«Non è colpa mia» mi lamentai «Io volevo solo spaventarla. Non avrei mai immaginato che avrebbe reagito anche disarmata» aggiunsi giustificandomi, ma lei mi squadrò ancora più severa.
«Come sta?» le domandai preoccupato.
«Sta bene» mi rispose tranquillizzandomi «E' tenace proprio lo era un tempo. Da quello che mi racconti, prevedo che presto recupererà la memoria»
«Già» le risposi semplicemente, una parte di me desiderava che le cose rimanessero in quella maniera.
«Vado a vedere se si è svegliata» si congedò perplessa, dalla sua faccia si capiva che avrebbe voluto spiegazioni per il mio dissenso ma sapeva che non sarebbe riuscita a cavarmi nessuna informazione.
Le diedi la buona notte e, tornando nella mia quieta solitudine, consumai il pasto.
Aprii gli occhi e inspirai velocemente, come se fino a quel momento fossi stata in apnea. Mi sentivo accaldata.
Mi toccai la spalla ustionata e mi accorsi che la ferita si era rimarginata completamente ma, il punto che era stato toccato dalla spada infiammata, bruciava come se dentro ancora ardesse qualcosa.
Mi alzai facendo cadere una pezza umida dalla fronte, probabilmente qualcuno mi aveva applicato delle bagnole e, guidata dalla luce della luna che entrava dalla finestra, mi osservai intorno.
Xandra e Macota dormivano tranquille nei loro letti e, sullo scrittoio, era posato un vassoio con dei piatti. Alla vista di quel ben di dio il mio stomaco brontolò, come se la sua visione mi avesse ricordato che avevo fame.
Cercando di fare meno rumore possibile mi accomodai sulla sedia e mangiai con gusto le portate, squisite anche se fredde. Insalata di cereali con verdure e frutta fresca.
Chi si era adoperato a portarmi la cena nella camera si era assicurato di scegliere pietanze che avrei potuto mangiare anche a distanza di tempo.
Riempito lo stomaco mi sdraiai di nuovo sul letto e, sovrappensiero, ricomposi un po' la caotica giornata. Non riuscivo a smettere di pensare all'aggressione subita da Enex e alle sue pungenti parole.
Col senno di poi compresi che erano mirate a farmi reagire ma, seppur calcolate matematicamente, non riuscivano a non colpirmi.
Anche perché sapevo che, sotto sotto, lui qualcosa di quello che aveva detto la pensava.
Non solo sono stata strappata dal mio mondo natale, costretta a fare quello stupido viaggio per salvare un mondo che non mi apparteneva in più dovevo anche essere tratta così, nonostante tutto l'impegno che ci stavo mettendo. Bella riconoscenza questi ariadonniani.
Mi guardai allo specchio e, raggomitolata su me stessa, esaminai il mio aspetto.
Ero una bugiarda, in realtà questa era l'ennesima cosa da cui io stavo scappando. Proprio come era successo con Duncan. Rimandavo perché incapace di affrontare le mie debolezze.
Altro che Ginozkena... il mio superpotere era la fuga acrobatica.
Decisi di rimboccarmi le maniche, mi alzai e, in punta di piedi, uscii dalla stanza.
Dovevo farcela, dovevo dimostrare a questo mondo che Faith Malone era migliore.
Ripercorsi il cammino fatto il giorno con Enex e arrivai di nuovo nel giardino con quella piazzetta.
Chiusi gli occhi e mi forzai in uno stato di rilassamento assoluto, come in meditazione, per ascoltare. Ascoltare ciò che mi circondava, ciò che risuonava dentro me e poter percepire la presenza della spada di Ginzokena.
Una percezione disturbò il silenzio, delle sillabe pronunciate a voce bassissima e ripetute come una cantilena.
«Hare!» esclamai decisa, eccola la spada, la sentivo! Mentre quelle parole risuonavano magicamente intorno a me, dentro di me qualcosa si agitava, un'energia imponente fremeva di essere liberata.
Aprii gli occhi e allungai la mano. La spada divina si manifestò e, prima che scivolasse a terra, la impugnai con fermezza.
Ero soddisfatta, avevo fatto un enorme passo avanti ma non bastava! Adesso che riuscivo ad evocarla dovevo imparare a brandirla e non sventolarla a caso come avevo fatto l'ultima volta...
Mi sentivo alquanto goffa con la spada in mano, per me era innaturale maneggiarne una e compresi che dovevo fare di tutto per abituarmici prima di arrivare alla prossima battaglia.
Provai qualche mossa, accuratamente copiata da qualche film, per vedere quale tipo di approccio alla spada mi facesse sentire più tranquilla.
Soppesai attentamente ogni movimento, ogni tipo di fendente, la posizione dei piedi, la postura del busto, il baricentro.
Era più difficile di quello che pensavo, anche solo agitarla a destra e a sinistra era complesso. Il peso mi sbilanciava e alle volte mi aggrappavo così tanto all'impugnatura che mi sentivo trasportare dal movimento.
Dei rumori penetranti e ritmici mi svegliarono turbando il mio quiete sonno. Mi strofinai leggermente gli occhi e sbadigliai, sembrava notte inoltrata e quei frastuoni simili a colpi di spade, mi agitarono.
Mi alzai di corsa e mi fiondai alla porta per andare a controllare nella stanza della venerabile ma poi la vidi, con la coda dell'occhio fuori dalla finestra. Mi calmai e, con passi furtivi, mi avvicinai all'apertura della stanza che si affacciava al giardino interno.
Senza essere notato mi soffermai ad osservarla. Brandiva la spada sacra con sguardo deciso e la conficcava nel tronco di un albero con pacata furia.
Le sue movenze erano ancora molto goffe, l'abito che indossava sembrava impedirle qualche movimento e ogni tanto sbagliava a posizionare i piedi rischiando di inciampare ma lei era la mia piccola combattente.
Il mio cuore si riempì di nostalgia e la mia testa fu invasa dai ricordi dei tempi che furono... quanto avrei voluto volare lì da lei, prenderla di sorpresa e baciarla ancora una volta.
Lo so, mi odierete per questo, ma fino a metà libro continuerò a farvi rivelazioni e a negarvi le risposte (lancio il sasso e nascondo la mano).
Commentate quello che vi sembra strano o dove pensate che ci siano errori ma non date per scontato che certe cose sono state fatte per errore.
Se non vi rispondo è per evitare gli spoiler! Di qualsiasi entità! Sto scrivendo a ritmi impensabili per me, molto presto avrete le vostre risposte =P
PS. se state seguendo "Le epistole dal viaggio" potete andare a leggere la prima lettera (trovate la storia nel mio profilo).
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