Capitolo 5 - Parte III

 «Si può sapere dove vuoi portarmi?» mi fidavo di lui ma era sempre meglio essere a conoscenza delle sue intenzioni.

«Hai detto che volevi allenarti con la spada?» mi domandò retoricamente.

«Si ma ho ancora il braccio fasciato» cercai una scusa per tornare a studiare il manoscritto lasciatomi da Xandra.

«Ti ho già detto che non è necessario usare entrambe le braccia per impugnare una spada. Hai già perso tutta la tua determinazione? Un avversario non aspetta che tu sia pronto a combattere»

Il suo punto di vista era inoppugnabile così annuii senza lamentarmi.

«Posso farti una domanda seria?» gli chiesi cambiando argomento «Come hai ottenuto quei soldi?» aggiunsi dopo aver ricevuto il suo assenso.

«Questo posto è famoso per i giri clandestini. Dai giochi d'azzardo ai combattimenti illegali tra animali o persone» cominciò allungandosi dolorosamente la spalla destra.

«Basta rivolgersi alla persona giusta e avere una buona dose di fortuna» concluse soffocando una smorfia di dolore.

A me sembrava che si fosse spinto ben oltre alla semplice scommessa.

«Sei già stata al mercato?» mi domandò cercando di nascondere la sua sofferenza.

«No, in realtà non ho ancora messo il muso fuori dalla locanda» e di quel passo rischiavo di rimarci per tutta la permanenza in città.

«Ho visto un ambulante che vendeva accessori per donna che sono certo che ti sarebbero piaciuti. Se ti impegni posso accompagnarti a fare un giro e ti comprerò tutto quello che desideri» mi sentivo tanto un animale da addestrare e, quella promessa, il premio rafforzativo.

«Va bene» accettai il compromesso. Una parte di me desiderava scendere tra le strade, vedere finalmente un po' di vita, osservare il lago e un po' di shopping non avrebbe guastato.

Dopo aver attraversato l'atrio, ed essere usciti dalla porta posteriore dell'edificio, ci ritrovammo in un giardino interno, con grandi spazi calpestabili.

«Prima di poterti iniziare alla nobile arte del combattimento è necessario che tu sappia evocare ed impugnare la tua spada» cominciò lui posizionandosi al centro di una piazzetta di pietra.

«Potresti utilizzare una qualsiasi altra arma ma nel tuo caso, non puoi esimerti nell'usare la spada che ti è stata concessa dalle divinità» mi spiegò mentre lo ascoltavo attentamente.

«Prova ad evocarla volontariamente» concluse dandomi il primo compito.

«Ma esattamente come dovrei fare?» gli domandai subito, lui sembrava farla davvero semplice.

Lui sbuffò e si avvicinò a me

«Concentrati sulla spada, senti la sua presenza dentro di te e desidera di possederla. In quel momento lei ti verrà in aiuto e riuscirai ad evocarla» mi spiegò mostrando su se stesso, il punto di uscita della spada.

Chiusi gli occhi nel tentativo di seguire le sue istruzioni ma trovavo difficile nel concentrarmi su una cosa che non vedevo.

«No, non devi sforzarti a pensare. Guarda dentro di te, trovala ed invocala» mi rimbeccò vedendomi in difficoltà.

A quel punto svuotai la testa e cercai l'introspezione adatta, dovevo scavare dentro di me e sentirla.

«Mi sento un po' stupida» esclamai dopo qualche minuto lì ferma immobile a meditare. Non sentivo nulla.

«Non mi lasci altra scelta allora» la sua voce fu accompagnata dal fruscio della lama che sfregava nel fodero. 

Sobbalzai ma non riuscii ad aprire gli occhi, non volevo vedere quello che i miei sensi avevano percepito.

«Era ovvio che non ci saresti riuscita, non potevo pretendere da una donna stupida come te di provare ad eguagliarla» affermò riferendosi a Ginzokena.

«Ma...» aprii gli occhi desiderosa di inveirgli contro ma la visione della sua lama sguainata mi turbò. Non sembrava una farsa, il suo sguardo, i suoi occhi, erano gli stessi che puntava contro l'ardhino. 

Lui caricò il primo colpo, era veloce, potente e preciso. Riuscii a schivarlo solo all'ultimo secondo.

«Combatti o morrai per mano mia. Se sei così debole e mi costringerai a trascinarti per tutto il tragitto preferisco farla finita subito. In questo modo potrai tornartene subito nel tuo bel mondo» i nostri sguardi si incrociarono, mentre lui era intento a lamentarsi di me raccolsi un bastone e allontanai la sua lama.

«Patetica» Enex contrastò il mio bastone, sapevo che lo avrebbe potuto tranciare in qualsiasi momento ma dovevo tenere qualcosa frapposto tra me e la sua lama.

Gli occhi di Enex si illuminarono proprio come successe nella tenda e la lama della sua spada fu investita da un'esplosione che ricoprì la lama di fiamme per tutta la sua lunghezza. 

Il mio bastone, a contatto con la lama incendiata, prese fuoco a sua volta.

«Non ti dare pena, sarò io a fare fuori quella dannata al posto tuo» quando la mia arma fu carbonizzata mi ritrovai di nuovo inerme. Buttai il bastone nella terra e mi allontanai svelta dalla sua lama.

Quelle fiamme bruciavano ad una temperatura assurda. Mi sentii il viso scottato anche se ero rimasta a debita distanza.

«Smettila di fuggire, non è così che sopravviverai in questo mondo. Alza la testa e abbatti il tuo avversario, chiunque esso sia»

Senza perdere tempo vidi Enex tornare in posizione d'attacco, pensai che se lo caricavo prima io avrei potuto fargli perdere l'equilibrio e magari disarmarlo. 

Schivai il primo fendente e, prima che lui potesse completare il secondo lo colpii all'altezza dello stomaco con una spallata.

La dinamica del colpo però, mi sfuggì di mano. Invece di destabilizzarlo, lui abbassò il braccio di scatto, facendo cadere su di me la sua spada come la mannaia di un boia. 

Alzai l'avambraccio destro per parare il colpo a mani nude. Dovevo evitare di essere colpita in una zona vitale ma la lama si fermò, appena qualche centimetro dopo aver penetrato la carne del braccio.

La mia prima reazione fu urlare, quando mi resi conto che i danni erano contenuti, mi morsi la lingua e tentai di trattenere le lacrime.

Come spaventate dal mio grido, le fiamme sulla spada di Enex si estinsero e sentii la lama tremare conficcata nel mio braccio.

In preda al dolore mi accasciai a terra e, insieme a me, sentii un tonfo metallico.

Non era stato lui a fermare il colpo ma io, lo avevo contrastato evocando la spada.

«Cosa sta succedendo qui?» sentii qualcuno esclamare ad alta voce, era Dix.

Appena mi vide riversa a terra con il braccio carbonizzato si agitò.

«Lo sapevo che prima o poi ci avresti provato!» sbraitando contro Enex, Dix si parò davanti a me, facendomi da scudo.

«Non ci si poteva aspettare nulla di buono da uno ialino della tua specie. Potevi ammazzare la Venerabile Ginozkena» infierì Dix mentre Enex teneva il volto abbassato e la spada ancora fumante tra le mani.

«Tutto a posto?» anche Skill era intervenuto, probabilmente attirato dal mio urlo.

Guardava con sguardo serio Enex e teneva la mano destra tesa verso una tasca del pantalone.

«Tutto a posto» gli rispose Enex con voce tranquilla, alzò il volto e guardò Dix.

«La tua amata Ginozkena è morta» disse con tono di proclamazione aprendo le braccia al cielo «Apri gli occhi prima che quella estranea ti accechi completamente con la sua falsa figura» puntò di nuovo la sua lama verso di me.

Dopo una pausa ad effetto, rinfoderò l'arma e si allontanò seguito strettamente da Skill che, in silenzio, lo rincorse.

Dix da una parte sembrava molto contrariato dalle sue parole ma dall'altra si poteva intravedere un sottile ghigno di soddisfazione.

«Perdonatemi se ho perso la testa con quell'essere» si scusò prendendomi in braccio «Avrei dovuto pensare subito a voi» prima di farmi portare via mi feci aiutare a recuperare la spada.

Le sue premurose parole scatenarono in me un forte moto emotivo, ero stanca di fare finta di essere forte. Io non ero capace di cavarmela da sola come la mia predecessora. Avevo bisogno di loro, avevo bisogno di tutto l'aiuto che mi potevano dare.

«Grazie per l'aiuto» gli risposi mentre attraversavamo il corridoio della locanda.

«Grazie a te» esclamò in tutta risposta.

«La stanza è quella» gli indicai per cambiare argomento.

«Non ti preoccupare, ho tutto occorrente per la medicazione nella mia stanza. Non saprei dove cercare tra le cose di Xandra» si giustificò e con un colpo di piedi spalancò la stanza affianco.

Con delicatezza mi posò sul letto e, dopo aver raccolto tutto l'occorrente, lacerò la manica della tunica pronto per pulire la scottatura e fasciarla.

«Potrebbe fare male» mi avvisò iniziando.

E aveva ragione, ogni goccia d'acqua sembrava acido che scivolava sulla mia pelle, ogni piccolo movimento d'aria, ogni microscopico movimento.

«Io non ce la faccio» piagnucolai straziata.

«Resista un'altro po', Ginzokena» cercava di incoraggiarmi.

«Ginozkena è la chiave di tutto, io non sono lei... io sono Faith!» esclamai arrabbiata, cominciavo ad odiare quell'appellativo, odiare di essere paragonata e confrontata a lei.

Tentai di alzarmi di scatto ma Dix mi costrinse in posizione supina.

«Non dovrebbe lasciarsi influenzare così dalle parole di quell'essere. Voi siete la venerabile Ginzokena. Dovete solo rimembrare ciò che il tempo ha spinto nell'oblio. La vecchia Ginzokena non è mica nata con tutte le sue capacità! Ha lavorato sodo ed ha avuto la sua ricompensa. Adesso tocca a voi ripercorrere le vostre stesse orme e tornare allo splendore di una volta » aggiunse finendo la fasciatura. 

Mi sentivo tutto il braccio in fiamme e le sue parole non aiutarono a migliorarmi l'umore. Erano così spaventosamente pesanti... avevo preso davvero sottogamba la faccenda della prescelta.

Con la testa un po' confusa socchiusi gli occhi, cominciavo piano a piano a rilassarmi fino a quando non percepii dei capelli solleticarmi il collo. 

Riaprii le palpebre di colpo e mi resi conto che Dix si era riverso su di me, avvicinando il suo volto al mio.

Il mio cuore palpitò ed imbarazzata lo allontanai.

«Perdonatemi, non ho saputo resistere» disse riprendendosi «Lei era così bella... siete così bella» il suo volto era cupo e malinconico. 

Quel suo atteggiamento sempre così caloroso, quella irrefrenabile voglia di baciarmi... forse le voci su di lui erano vere, forse Dix era davvero l'amante di Ginzokena e il mio rifiuto doveva averlo distrutto.

Come si faceva a sopravvivere e a superare la morte della persona amata e poi, dopo così tanto tempo, ritrovarsela davanti in carne ed ossa e resistere nel riabbracciarla?

Ammiravo l'autocontrollo di Dix.

«Cosa è successo?» intervenne, quasi al momento giusto, Xandra entrando con irruenza nella stanza. Mi squadrava preoccupata il braccio ustionato.

«Enex l'ha colpita con la spada» cominciò incitato Dix ma lei lo interruppe.

«E' il caso che controlli io il suo braccio, non mi pare che sia la fasciatura giusta per quel tipo di ferita» spiegò aiutandomi ad alzarmi.

Senza neanche congedarsi con Dix mi portò in camera e ci chiuse a chiave.

Xandra sembrava arrabbiata ma non capivo con chi.

Con cura riaprì la fasciatura e la ricoprì con un'unguento puzzolente.

Dopo aver applicato l'unguento per la scottatura vidi i muscoli della venerabile rilassarsi completamente, era svenuta ed era meglio così.

La fasciatura che aveva arrangiato Dix era completamente errata e il dolore che doveva averle procurato l'errata procedura deve averla fiaccata.

«Ma che diamine è successo?» chiese Macota attraversando la soglia carica degli acquisti.

Come Enex mi ha avvisato dell'incidente ho lasciato la mia compagna nel bel mezzo degli acquisti e sono corsa ad aiutare Ginzokena.

«Ha avuto un piccolo incidente, ma adesso sta riposando» le risposi mentre mi concentravo per rigenerale la ferita. Non ero preoccupata del taglietto ma dall'ustione. Potevo curarle qualsiasi ferita ma non potevo contrastare gli effetti collaterali di quelle fiamme...

«Sei riuscita a comprare tutto?» le chiesi preparando l'acqua fredda per le bagnole. Presto le sarebbe salita la febbre e non volevo farmi trovare impreparata.

«Si, ho incontrato Enex e mi ha dato lui una mano» sorrisi, quella creatura piena di contraddizioni era un mistero.

«Posso usare il bagno?» aggiunse cominciando a slegarsi i capelli.

«Si, io andrò dopo di te»

In attesa di potermi finalmente dedicare al bagno, continuai a vegliare le condizioni di Ginzokena. Sembrava stabile, un po' accaldata ma sembrava stare bene così mi avvicinai allo scrittoio.

Sulla sua superficie piana era stato lasciato aperto il libro che avevo prestato alla venerabile.

Ero contenta che almeno aveva provato studiare da sola.

Chiusi gli appunti, stirando qualche pieghetta, e li risistemai nello zaino.

Scavai al suo interno e presi tre pergamene incantate e mi sedetti intenta a scrivere delle lettere. Avevo sottovalutato la difficoltà del viaggio, avevamo bisogno di aiuto. 

Decisi di rivelare il nostro viaggio alle mie vecchie alleate e preavvertirle del nostro imminente arrivo.

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