Capitolo 4 - Parte IV

Ciao! Dopo, troppo, tempo finalmente pubblico la quarta parte del capitolo 4, quasi sicuramente la penultima. Sicuramente vi starete chiedendo come mai sto inserendo il commento prima e non dopo la parte, ma la risposta è abbastanza semplice. 

Il pezzo che state per leggere è stato scritto, cancellato, riscritto e distrutto una miriade di volte in questi cinque giorni e ancora non mi soddisfa. C'è qualcosa che secondo me ne compromette la fruibilità ma non sono riuscita a correggere.

Ormai sono stanca e sono convinta che continuare a tentare di correggere la scena in loop non serve a nulla, non in questo stato di paranoia ansiosa così ho deciso di metterla anche se non sono pienamente convinta. Sono sicura che più avanti, con una mente un po' più fresca e grazie ai vostri eventuali suggerimenti, ce la farò!  

Piccolo appunto, non penso che ci sia qualcosa di troppo esagerato ma sicuramente la storia, con questa parte, prenderà una piega un po' più violenta rispetto a quello a cui "vi ho abituato" fino ad adesso.

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Improvvisamente spalancai gli occhi nel buio della tenda, furiosa, delusa e col cuore in frantumi. Nonostante i polmoni si gonfiassero veloci in petto, mi sentivo soffocare annegata in quel mare di dolore provocato dalla visione onirica.

Ero madida di sudore e il mio volto era completamente bagnato dalle lacrime. Tentai di asciugarmi ma prima di poter fare qualsiasi movimento sentii delle presenze strisciare sulle coperte.

Già fortemente turbata dal sogno appena fatto, raggelai e immobile mi lascia sopraffare dalla paura. In quella situazione sentii i miei sensi acuirsi e tutti i rumori che percepivo intorno a me sembravano rimbombare nella testa.

«Finitela di fare tutti questi rumori! Se si sveglia vi lascio qui a morire» una voce innaturale si fece strada tra i rumori. Era grave, nervosa e biascicante, quasi come se sputasse ad ogni parola che pronunciava.

Qualche secondo dopo sentii degli oggetti sferici, freddi e ruvidi come sassi, scivolare su di me e avvolgermi in una morsa sempre più stretta. Mi lamentai e mi dimenai, tentai di chiamare aiuto ma a mala pena riuscivo a respirare. Le pietre che premevano sul mio petto mi impedivano di espandere il torace.

Arrivata a quel punto, non riuscii più a fare finta di dormire, non ero capace di sopportare ancora quella sensazione di soffocamento. Annaspai più che potevo, avevo tutti i muscoli contratti, gli occhi quasi fuori dalle orbite ma cercai di combattere contro quella sensazione di annientamento.

«Idioti, non dobbiamo stritolarla. La signora è stata chiara» la voce di prima imbeccò ancora una volta le presenze in sua compagnia e la pressione intorno a me si affievolì.

Subito inspirai profondamente e l'aria rientrò prepotente nei miei polmoni ormai avvizziti. Avevo l'affanno e, sperando di non essere stata scoperta, richiusi gli occhi.

"Aiuto"  volevo urlare mentre quella gabbia di roccia mi sollevava dal pavimento, ma poi ricordai. Io non avevo bisogno di parlare.

Qualcuno mi aiuti!

Strepitai in ricerca di qualcuno a cui mandare il mio messaggio telepatico e, un istante dopo, sentii qualcuno irrompere nella mia tenda con una specie di torcia.

La luce della flebile fiamma illuminò l'ambiente circostante, rivelando la natura delle creature che mi stavano rapendo, un mostro fatto interamente di terra era accompagnato da due basse creature fatte di pietra.

«Cosa credete di fare, piccoli bastardi!» riconobbi quel timbro di voce sprezzante, era Enex!

«Ah. Ah. Ah. Ah.» l'energumeno di terra fece una strana risata e, contrariamente a quello che aveva precedentemente detto, si sgretolò per strisciare sulla sabbia ed affrontare Enex mentre i suoi compagni prendevano la via di fuga.

Lui, comprendendo al volo le loro intenzioni, caricò i due elementari di pietra e, con l'aiuto di uno scudo improvvisato fatto con la spada e il suo fodero, si scontrò con loro. L'impatto ne sgretolò uno e danneggiò gravemente l'altro.

Grazie a quel stratagemma la mia gabbia andò in pezzi, ero finalmente libera!

«Scappa, Faith!» sentii Enex urlare mentre veniva immobilizzato. L'elementare di terra lo aveva catturato e lo inglobava voracemente.

Ero libera eppure mi sentivo le gambe intorpidite, come se fossi ancora immobilizzata, ma questa volta per colpa della paura.

Enex veniva soggiogato da quella torbida terra magica e io, invece di lasciarmi sopraffare dall'istinto di preservazione, mi chiedevo angosciosamente cosa ne sarebbe stato di me se lui fosse stato sconfitto.

«Svelta! Venerabile stupida che non sei altro!» strepitò mentre la terra ormai lo aveva ricoperto fino alle spalle. 

Quelle parole, in qualche maniera, mi destarono dal mio stato di shock. Enex si divincolava nel tentativo di scollarsi l'elementale da dosso e, nel frattempo, i suoi occhi cominciarono a prendere uno strano bagliore rosso.

«Corri!» Incitata ancora una volta, mi voltai e mi fiondai all'esterno in cerca di aiuto. L'accampamento sembrava stranamente deserto.

Mentre mi domandavo perplessa dove potevano essere finiti gli altri, in tutta risposta, sentii dei rumori metallici e delle concitate urla in lontananza e , senza pensarci due volte, corsi nella direzione da cui provenivano.

Qualche metro più avanti, al di fuori del cerchio di pietre magiche, gli altri stavano ingaggiando un combattimento contro delle creature che sembravano muoversi come degli zombi.

«Cosa ci fa lei qui!» la mia presenza fu notata subito da Dix che, distratto, si lasciò aggredire da uno zombi «Fugga, Venerabile! Trovi un posto sicuro!» aggiunse levandosi di dosso il cadavere.

Scordandomi di essere circondata dal deserto, mi guardai intorno alla ricerca di un posto dove nascondermi. Che sciocca!

Cominciai a correre a perdifiato nel tentativo di allontanarmi dallo scontro ma era davvero difficile muoversi sulla sabbia, procedevo con lunghe falcate fino a quando una duna più compatta non arrestò la mia corsa. Ero così esausta che mi lasciai cadere a terra senza reagire.

Mi sdraiai e cominciai a modulare il respiro per recuperare calma ed energie. Gli occhi scorrevano veloci a destra e a sinistra nel tentativo di poter avere una visuale più ampia di ciò che mi circondava.

In quella maniera mi sarei potuta accorgere subito di un eventuale pericolo in avvicinamento.

Ero terrorizzata e rimpiangevo il momento in cui avevo accettato di iniziare quel viaggio. La mia mente era arriva al limite di sopportazione e i muscoli dei polpacci erano in preda a dolorosi spasmi dovuti allo sforzo.

Dopo qualche minuto di silenzio, tutto sembrava tranquillo così mi rilassai e cercai di prendere la situazione in mano.

Per prima cosa mi resi conto che, per colpa del freddo, cominciavo a non sentire più gli arti, il vento si stava alzando e la sabbia era particolarmente gelida.

Sollevai il busto e strofinai le braccia nel tentativo di riscaldarmi. Ero indecisa se tornare indietro o aspettare che qualcuno mi fosse venuto a cercare ma alla fine optai di alzarmi e scrutare l'orizzonte per cercare di orientarmi. 

Pensai che sarebbe stato semplice, visto che la luna rischiarava quella caotica notte, ma non riuscii nemmeno a scorgere l'accampamento in lontananza e la cosa mi preoccupò alquanto.

Però, poco distante da me, notai un animale a quattro zampe avvicinarsi, sembrava un lupo ma con le orecchie leggermente più sottili e col pelo chiaro che si mimetizzava perfettamente con le montagnole che ci circondavano. 

L'unica cosa che riuscii a distinguere chiaramente erano i suoi iridescenti occhi. Mi fissava con interesse e annusava nella mia direzione.

Immaginai che potesse essere un animale feroce così rimasi ferma immobile, alzai il braccio sinistro piegato all'altezza della faccia e lo osservai con il volto abbassato per comprendere le sue intenzioni. 

Lui continuava ad avvicinarsi a me con passo lento, come se non avesse voluto spaventarmi, non ero abituata ad avere a che fare con degli animali selvatici ma mi sembrò un atteggiamento davvero strano.

Cercai di mantenere la calma, per evitare di poter apparire ai suoi occhi una preda o un pericolo e per un per poco sembrò funzionare ma, improvvisamente, i suoi occhi si oscurarono, aprì le fauci mostrandomi i canini e in meno di un secondo mi aggredì mordendomi il braccio.

Soffocai i gemiti di dolore e continuai a tenere un profilo basso nel tentativo di non agitarlo ulteriormente ma i miei sforzi furono vani.

Cominciò subito a ringhiarmi contro mentre la sua morsa si faceva sempre più forte, sapevo che non avrei potuto fare molto per liberarmi se non rispondere. 

Anche se spaventata, decisi di difendermi ma la mia determinazione vacillò quando quel lupo cominciò a contorcersi.

Con la presa sempre salda su di me, vidi l'animale aumentare le sue dimensioni e alzarsi sulle zampe posteriori. 

Si era trasformato in un essere umanoide simile ad un lupo mannaro, alto più di due metri.

A quel punto fui di nuovo in preda al panico, mi ritrovai appesa a mezz'aria, con il braccio che cominciava a cedere sotto la forza della mascella del mostro, mi sembrava come se a momenti l'avrei potuto perdere.

Se qualcuno non fosse arrivato a salvarmi, presto mi avrebbe sbranato.

Passarono lunghi attimi prima di rendermi conto che nessuno sarebbe corso in mio aiuto così, con una lucidità che non mi apparteneva, caricai il braccio e, facendomi leva con quello incastrato nella sua bocca, colpii con tutta la forza rimastami il muso del mio aggressore.

Il lupoide guaì e, leggermente stordito, indietreggiò lasciandomi cadere a terra.

Era il mio momento! Sorressi il braccio ferito con quello incolume e cominciai a scappare nella direzione in cui pensavo fossero ubicate le tende.

Sentii un verso animale rimbombare nell'aria ma non era un ululato, sembrava più un gracido abbaiare e la cosa mi sorprese più del dovuto.

Mi voltai per capire se mi seguiva e lo vidi, piegato a quattro zampe raggiungermi con paurose falcate. Tentai di accelerare il passo ma ben presto mi saltò addosso atterrandomi.

Il lupoide mi ringhiava con foga mostrandomi i denti, il suo alito puzzolente mi investiva e la sua viscosa bava colava dappertutto.

Disgustata, scansai il volto e, con l'unico braccio che potevo muovere furtivamente, tastai disperatamente la sabbia. Chiusi la mano a pugno e ne raccolsi una abbondante manciata in attesa di un momento propizio.

Uno strano lampo bianco esplose in cielo, illuminando la volta celeste a giorno per un paio di lunghi secondi. Il mio avversario abbassò la guardia per alzare la testa e scrutare l'orizzonte.

Sembrava quasi un segnale divino, era la mia occasione! Puntai gli occhi e gli lanciai la sabbia contro, accecandolo.

Mentre il lupoide si divincolava nel tentativo di liberare i propri occhi dalla sabbia, io mi girai a pancia in giù e, con difficoltà, cominciai a strisciare lontano da lui.

Non potevo andare avanti così, dovevo trovare qualcosa con cui spaventarlo definitivamente.

«Adesso mi hai stancato piccola umana» esclamò con un tono davvero seccato ma mai quanto il mio stupore nell'apprendere che quella creatura potesse parlare.

Nonostante l'avessi accecato lui riusciva ad identificare la mia posizione grazie al mio odore e senza alcuna esitazione fermò la mia fuga schiacciandomi con un piede.

«Devi solo ringraziare che la Signora ti voleva viva altrimenti ti avrei già sbranato» aggiunse piegandosi su di me «Sembri davvero deliziosa, esseri come te non se ne vedevano da tempo» concluse leccandomi la schiena.

Dopo un ghigno di insoddisfazione mi afferrò i piedi con entrambe la mani e cominciò a trascinarmi. 

Tentai di ribellarmi, mi dimenai più che potevo ma contrassi il braccio ferito e morii dal dolore. In un momento di disperazione mi aggrappai al terreno per cercare di rallentarlo, non sapevo cosa mi passasse per la testa, lui era nettamente più forte di me ma, contro ogni mia aspettativa, trovai qualcosa scavando nella sabbia... sembrava un oggetto metallico con un manico.

Mi lasciai trascinare per qualche metro fino a quando non trovai la forza, e il coraggio, di voltarmi e colpirlo sul muso. Il lupoide urlò dal dolore e si portò le mani al volto lasciandomi finalmente libera.

«Brutta carogna» ringhiò guardandomi con occhi furiosi, dal suo volto scendevano rigoli di sangue. 

Guardai con attenzione l'oggetto che impugnavo, non potevo crederci, era una spada! Sembrava affilata e senza alcun segno del tempo.

«Vuoi combattere?!» strepitò rivelando la sciabola che aveva legata sulla schiena 

«Combattiamo» mi incitò sferrando il primo colpo. Cercavo di parare usando l'arma come scudo ma non ero abbastanza forte per respingerlo.

Schivai diversi colpi ma ero provata da tutto quello che mi era successo e non sapevo quanto sarei durata ancora.

Compresi che la mia unica via di salvezza era contrattaccare ma la ritenevo una possibilità troppo remota.

Sapevo a mala pena tenere in mano l'arma e non ero sicura di voler affrontare tutte le implicazioni che derivano dal ferire qualcuno.

Il lupoide era di nuovo all'attacco, schivai il colpo e senza pensarci agitai la spada nella sua direzione.

Approfittando della sua cecità puntai al collo, sembrava una zona abbastanza esposta e più debole rispetto al resto del corpo, avevo calcolato di procuragli solo un profondo taglio, visto l'esigua forza che mi rimaneva ma,inaspettatamente, la lama gli tranciò di netto la testa.

Rimasi ferma immobile, raggelata, mentre il suo sangue si riversava con violenza sul mio volto e sul mio petto.

Quando il corpo cadde rovinosamente al suolo urlai e, tremante, lasciai andare la spada che impugnavo.

Il ripugnante calore del sangue del mostro mi era entrato nelle ossa riscaldando tutto il mio corpo, il suo acre odore impregnava le mie narici e più respiravo e più entrava dentro di me turbando la mia psiche, non riuscivo a comprendere se ero più disgustata, spaventata o eccitata.

Ero come in preda ad una frenesia, fino a quel momento non avevo mai saputo cosa volesse significare combattere per la propria sopravvivenza e adesso, tutto ad un tratto, io avevo ucciso qualcuno.

Non pensavo di poterne essere davvero capace.

«Oh no!» I miei pensieri furono interrotti dalla timida voce di Dix e dal suo flebile battito di ali. La sua visione mi fece tornare in me e, come una bambina, scoppiai in lacrime di fronte a lui.

«Spero mi possa perdonare per non essere accorso prima in suo aiuto» Con sguardo pietoso osservò me e il cadavere che riversava senza testa in una pozza di sangue.

Anche lui sembrava sorpreso a quella visione.

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