Capitolo 3 - Parte IV
Avevo l'affanno, mi sembrava di correre da una vita!
Mi voltai, presi una freccia dal fodero e la scoccai contro l'entità oscura che mi inseguiva, ricominciai a correre con l'arco in mano, intorno a me si estendeva una tetra e selvaggia foresta che sembrava non finire mai.
Correvo senza curarmi dei fortissimi dolori che avevo alle gambe, non avevo mai provato una paura così intensa.
Mi toccai la fronte e mi osservai il palmo della mano, sangue! Stavo correndo incurante dei rami che mi trafiggevano la carne... quel bosco, quelle sensazioni... era di nuovo quel sogno!
Improvvisamente inciampai in una radice e, sollevata la testa, intravidi un lago.
Sorrisi e, alzandomi in piedi, mi diressi traballante sulle sue sponde.
Osservavo con maniacale attenzione la strada da me percorsa e ben presto intravidi l'ombra che mi inseguiva, si faceva sempre più vicina.
Chiusi gli occhi finché non sentii uno stranissimo rumore, poi il nulla, finalmente mi svegliai, urlando.
Il mio cuore batteva ancora all'impazzata per la paura e per lo sforzo, la mia mente era ancora invasa dall'amara consapevolezza di chi sa che la propria vita stava per volgere al termine... avevo la nausea.
«Venerabile Ginozkena... E' tutto a posto?» sentii la voce preoccupata di Xandra da fuori alla porta ma non riuscii a risponderle, avevo ancora il fiatone addosso.
Non ricevendo una risposta Xandra entrò nella stanza senza esitare.
«Una visione?» mi domandò accendendo il lumino del comodino.
La luce illuminò la stanza e finalmente intravidi la sua figura nell'oscurità, aveva addosso una vestaglia bianca e andava a piedi nudi... il mio urlo deve averla spaventata tanto da farla correre subito da me senza neanche infilarsi i sandali.
Con aria rasserenante si sedette al mio fianco. Io, ancora turbata, le risposi semplicemente con un cenno del capo e lei annuì accarezzandomi il volto.
«Deve sembrarti proprio una maledizione questa. Cosa hai sognato? Raccontami!» mi esortò incoraggiandomi con lo sguardo.
«Ho sognato di correre in un bosco, anzi forse era Ginzokena, inseguita da qualcuno, poi è arrivata ad un lago, vi ci immerse una mano e chiuse gli occhi aspettando che il suo cacciatore la raggiunse» le narrai.
«Sicuramente questo è il ricordo dello scontro nella tua vita precedente con Uriel » affermò lei molto sicura.
«E' stato spaventoso, tutto quello che provò lei in quel momento... l'ho sentito anche io»
«E' normale, in fondo siete la stessa persona, quelle sensazioni le hai provate in prima persona molto tempo fa... Non ti devi preoccupare. rasserena il tuo animo e cerca di dormire, domani ci aspetterà l'esordio di un lungo e faticoso viaggio. Con buona probabilità questa sarà l'ultima volta che dormirai su un letto» mi fece notare.
«Cercherò di dormire, ma ho paura di avere un'altra visione» gli risposi infilandomi sotto le coperte, nonostante sia stata io a cercarle, incominciavano ad essere spiacevolmente frequenti.
«L'unica cosa che posso fare è augurarti sogni d'oro, cerca di rilassarti e dormire, è tardi a breve sorgerà il sole» mi rispose e, prima di spegnere la luce, si assicurò di chiudere le tende.
«Buona notte» le risposi un po' sconsolata.
«Domani mattina ti verrò a chiamare io» mi avvisò uscendo dalla camera.
Mi rigirai nel letto qualche minuto nel tentativo di prendere sonno ma, sdraiata da sola in quel buio assoluto, ricominciò a crescere in me l'ansia dell'inseguimento.
Tremai un po' poi mi ricordai dell'anello. Enex mi aveva detto che quello serviva per bloccare i sogni, come avevo fatto a scordarlo?
Lo cercai nel fazzoletto dorato e lo indossai velocemente.
Chiusi gli occhi e, con la sicurezza di dormire tranquilla, caddi in un lieve sonno che fu interrotto, qualche ora dopo, dal rumore delle tende che si aprivano e dai raggi del sole che invadevano i miei occhi.
«Buongiorno! Sei riuscita a dormire bene alla fine?» mi chiese Xandra porgendomi un vassoio con la colazione.
«Si» le risposi osservando l'anello.
«Sono stata in pensiero, per fortuna tutto si è risolto» affermò poggiando dei nuovi abiti sul letto.
«Consuma il pasto e vestiti. Gli altri ci aspettano agli ormeggi» aggiunse sedendosi sul letto in mia contemplazione.
Mentre mordevo una fetta di pane con sopra una salsa dolce che sapeva di marmellata di frutta, osservai attentamente i nuovi abiti e quelli indossati da Xandra.
«Come mai quegli abiti?» domandai, fino al giorno precedente i suoi abiti erano uguali ai miei e, visto che erano molto simili a quelli che avevo visto al mausoleo, ho pensato che anche lei fosse una sacerdotessa come me ma, quelli che indossava in quel momento, le davano più un'aria da guerriera.
«Le nostre tuniche rappresentano il nostro status e la nostra appartenenza alla divinità, portarli con noi significa giocare a carte scoperte, tanto vale metterci un manifesto sul capo. E' una missione in incognito. Due sacerdotesse che viaggiano con un gruppo di guerrieri sono sospette, sopratutto due del nostro calibro» mi spiegò.
«Del nostro calibro?» domandai curiosa asciugandomi le labbra da una bevanda che sembrava essere latte. Era così buono! Non avevo mai assaggiato un latte del genere. Mi domandai da quale animale derivasse ma decisi che fosse meglio per la mia digestione non sapere la provenienza di quello che stavo mangiando.
«In questo mondo c'è una cospicua gerarchia di divinità tutte sovrastate e comandate dalla Dea Celeste, la quale sembra essere quella che ha dato origine a tutte le altre subordinate. Ogni divinità viene adorata in templi più o meno grandi a seconda dell'importanza della stessa e i loro seguaci e sacerdoti vestono i colori affini alla divinità » mi spiegò indicando la tunica che indossavo.
«Quella che porti indosso adesso, proprio come la mia, ha i richiami dorati perché il color oro è quello che rappresenta la Dea Celeste ed è indossata dalle sacerdotesse di alto rango» mi spiegò sbarazzandosi del vassoio.
«Non bastava indossare una tunica di un basso rango?» le domandai mentre incominciavo a spogliarmi.
«No, purtroppo anche con tuniche di basso rango saremmo sospette... purtroppo il culto della Dea Celeste è praticamente morto» esclamò guardandomi un po' nostalgica.
«Durante la guerra contro Uriel molti discepoli sono morti coraggiosamente per impedirne l'avanzata, il resto dei sostenitori abbandonò il culto a termine del conflitto convinti di essere stati traditi dalla Dea madre. Il nostro è il culto più importante, più famoso ma anche il più in declino del mondo di Ariadonne» durante la sua spiegazione indossai la lunga tunica color ecru con lo scollo arricciato che mi aveva portato.
L'abito evidenziava i generosi fianchi, stretti da una cintura di corda e le maniche lunghe aperte davano una certa mobilità delle braccia.
Prima di uscire mi intrecciò i capelli e mi fece indossare un cappotto di tessuto di lino, lungo quasi come la tunica che indossavo e un enorme cappuccio.
«Sei pronta» esclamò lasciando cadere dolcemente le ultime ciocche di capelli sul petto.
«Ti ringrazio» le risposi un po' emozionata mi aveva addirittura fatto una corona con le due trecce.
Xandra indossò a sua volta un mantello ocra con un enorme cappuccio e, caricandosi due zaini, mi guidò attraverso enormi giardini e viali alberati nel luogo dove gli altri ci attendevano.
«Eccoci qui agli ormeggi, gli altri sono già pronti» disse Xandra indicando poco più avanti un gruppo di persone intente a chiacchierare, tutti avevano quel mantello ocra e un'enorme zaino sulle spalle.
«Un'altra birra! Solo un'altra» sentii Skill ridersela impegnato nell'imitazione di qualcuno un po' troppo alticcio.
«Abbiamo preso tutto?» esclamò Xandra richiamando tutti all'ordine. Il gruppo si voltò all'istante come per obbedire al suo richiamo.
Dix ed Enex, spogliati della loro divisa del circolo dorato, probabilmente per lo stesso motivo per cui io e Xandra non indossavamo le tuniche da sacerdotessa, indossavano lunghe tuniche dalle tonalità a loro più congeniali.
Enex con tonalità scure e scarlatte mentre Dix sul celeste e giallo, Skill e Macota, invece, indossavano pratici pantaloni e casacche dai colori della natura, coperti da armature di pelle.
«Si, siamo pronti ad affrontare ogni evenienza per i primi mesi» le rispose diligente Macota.
«Primi mesi?!» domandai sconvolta.
«Venerabile... Ginzokena» Macota sembrava alquanto turbata «Il tempo stimato di percorrenza per il percorso designato è di almeno sei mesi» aggiunse, nessuno fino ad adesso aveva parlato di interi mesi di viaggio!
«Non ti preoccupare, dopo il nostro incontro di ieri pomeriggio ho passato la serata a progettare una serie di stratagemmi che ci aiuteranno ad ottimizzare i tempi di percorrenza tra le regioni. Arriveremo ai monti Euruko in men che non si dica» cercò di incoraggiarmi Xandra.
«Se la Venerabile lumaca ha qualcosa da ridire poco importa, vorrà dire che se non ce la fa la porteremo appesa ai vallachi insieme agli zaini» commentò Enex ridendosela con Skill che, combattuto, celava malamente la sua complicità.
«Ti conviene rivolgere la tua insolente lingua altrove. Le divinità dovrebbero fulminarti per le parole rivolte alla Venerabile Ginzokena» Stavo per controbattere a tono ma Dix mi anticipò e inveì in mia difesa.
«La Venerabile... ahahah» Enex era scoppiato in una fragorosa risata.
«Sebbene sia un' alterazione causata da fattori ambientali diversi, è sempre la Venerabile Ginzokena, dovresti rimanere al tuo posto di pedina e portarle il dovuto rispetto» rispose con superiorità Dix.
La scena, nonostante tutto, era alquanto imbarazzante, un un'unica possibilità di salvare Ariadonne e le uniche persone capaci di riuscirci battibeccavano come dei bambini.
«Basta!» urlai con determinazione ammonendo i due.
«Mettiamo subito in chiaro la cosa, visto le mie sembianze capisco che non potrò mai impedirvi di chiamarmi Ginozkena, ma nessuno deve sentirsi obbligato ad appellarmi con quel nome» aggiunsi.
«Io non ho la coscienza e l'intelligenza della donna di cui parlate. Forse un tempo lo ero, ma adesso sono Faith» conclusi intimandoli al silenzio con lo sguardo.
Era proprio strano come in quel mondo l'influenza della mia vita passata gravava su di me. Il mio aspetto e le mie capacità erano già mutate radicalmente ma, piano a piano, anche il mio linguaggio e il mio carattere si stavano forgiando.
Sulla terra non sarei mai stata capace di affrontare e tenere a bada due persone dal temperamento di Enex e Dix.
«Venerabile, la nave sta ormeggiando» Xandra attirò la mia attenzione verso l'orizzonte, un enorme galeone si avvicinava verso di noi fluttuando nell'aria.
«La nave?» esclamai sorpresa, mi ero domandata come mai l'appuntamento era "agli ormeggi" in un posto dove non c'erano grossi specchi d'acqua.
«L'Oceanice, ci accompagnerà nella terra degli Ialini Bianchi» esclamò Xandra capeggiando il gruppo verso un pontile che portava verso.... il vuoto!
La terra all'orizzonte finiva in un fosco abisso, come se sotto di noi ci fosse stata una enorme nuvola. Per un attimo mi sentii precipitare, non avevo mai sofferto di vertigini fino a qual momento.
«Venerabile lumaca, smettila non guardare in basso altrimenti cadrai» sentii urlare Enex dal ponte della nave, mi ero distratta così tanto con quell'abisso che ero rimasta indietro.
«Tanto senza di me non potete partite» esclamai raggiungendoli.
Mentre aspettavamo che l'Oceanice salpasse osservai la mappa per riepilogare un po' tra me e me il percorso.
La zona della congregazione si trovava nella zona più a sud est della contea, la meta del nostro viaggio erano le montagne Euruko degli Hent che si trovavano nella parte più nord est del continente.
La strada era davvero lunga, prima avremmo dovuto attraversare la terra degli Ialini bianchi poi una contea che faceva da cuscinetto tra la terra degli Ialini bianchi e quella degli Hent, comandata dalle nahikae dell'acqua, dopo di ché, dopo aver attraversato i villaggi Hent, avremmo dovuto superare le montagne e finalmente ci saremmo ritrovati al lago di Uriel.
«Stiamo partendo!» esclamò Macota appena prima di sentir traballare il pavimento. Avevo il cuore in gola e l'ansia che cresceva esponenzialmente.
«Vai a prua» mi suggerì Xandra indicandomi la parte anteriore della nave.
Mentre la nave si faceva spazio tra le correnti, la nebbia che ci circondava si faceva sempre più rada mostrando il panorama mozzafiato che celavano.
Dietro a quella angosciante foschia si nascondevano una miriade di verdissime isole fluttuanti da cui lunghe cascate scendevano dai margini che, con impetuosità, crollavano a capofitto nel vuoto e giganti arcobaleni sembravano fare da ponte tra le varie oasi.
Improvvisamente tutte le paure mi scivolarono di dosso e mi lasciai cullare dall'avanzata della Oceanice che, con movimenti lenti ma costanti, come se stesse attraversando un vero e proprio mare invisibile, ci trasportò nella sottostante zona della congregazione, al confine con la terra degli Ialini bianchi.
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