Capitolo 3 - parte III
«Non ho fatto in tempo... » sospirò preoccupato quando vide i lacrimoni uscire dai miei occhi.
«Cosa hai visto?» mi chiese avvicinandosi.
«I-io...non so cosa ho visto, non lo so, ho la testa un po' confusa» tentai di spiegare, quando sono entrata dentro di lui sono stata invasa da una moltitudine di immagini, troppe per riuscire a distinguere qualcosa ma sopratutto sono stata sopraffatta da una sofferenza al di sopra di ogni immaginazione e che non mi aveva ancora abbandonato...
«Non dovevi guardare dentro di me» Enex era tornato a rimproverarmi severamente, il suo sguardo era molto turbato e furibondo.
«L'essere meno longevo qui su Ariadonne ha una vita media sei volte più di quella di un' essere umano e noi abbiamo visto troppe di quelle cose dalla guerra con Uriel, la tua mente non è pronta» farfugliava, così cercai un modo per distarlo.
«E questo anello?» chiesi interrompendo il suo sproloquio «Cosa serve questo anello?»
«Quello è un anello che blocca i sogni» mi rispose tornando normale.
«Sogni?»
«Si, Ginzokena era in grado di guardare passato, presente e futuro in sogno. Tutto per intercessione divina» chiarì.
«Come mai aveva così paura dei suoi sogni?» solo dopo aver pronunciato quelle parole compresi quanto fossero sciocche.
«Come ho già detto, certe cose è meglio non saperle, e valeva anche per lei»
«E la spilla?» gli chiesi mettendo sotto la luce la spilla, la pietra rossa emetteva dei bellissimi riverberi quando era inondata di luce.
Non riuscivo proprio ad immaginare cosa potesse servire, quale altro pericoloso potere bloccava?
«Su quello mi trovi impreparato, non si è mai compreso quale particolare potere avesse» quella pietra mi trasmetteva strane sensazioni.
«Probabilmente in realtà è davvero una semplice spilla» aggiunse Enex rompendo il silenzio.
«Se è così allora tienila tu, per farmi perdonare la mia piccola invasione» mi avvicinai a lui e con cura gliela appuntai sul mantello, sembrava fatta a posta per lui, mi ricordava molto i suoi occhi.
«Non ho bisogno delle tue scuse» con forza strappò il monile dal suo stesso petto e lo lanciò fuori dalla finestra. «Buon riposo» si congedò subito dopo.
«Aspetta!» lo fermai, non capivo perché all'improvviso si fosse innervosito, non sapevo davvero come prenderlo ma avevo bisogno di parlare ancora con lui, che mi mostrasse altre cose di Ginzokena che mi aiutassero a ricordare.
«E' possibile andare in quel mausoleo di cui mi hai parlato?» gli domandai.
«Anche adesso se vuoi» sembrava più calmo.
«Sarebbe perfetto. Vorrei conoscere qualcos'altro di Ginozkena, toccare con mano la sua vita e magari riesco a far riemergere qualche altro potere» sentivo che era la cosa più giusta da
«Seguimi» dicendo questo mi accompagnò silenziosamente attraverso un corridoio secondario della congregazione e, dopo aver camminato una manciata di minuti, ci trovammo davanti ad una enorme porta di legno scura.
Era molto trasandata ed era chiuda da un lucchetto senza toppa. lo osservai attentamente, sul metallo c'erano incisi cerchi concentrici e simboli aurei.
«Il mausoleo è qui? La porta non sembra accessibile» mi lamentai subito.
«E' una serratura con un manon» dicendo questo appoggiò la mano sul simbolo circolare della serratura e sul suo dorso apparirono tante linee scure che formarono un disegno simile a quello che si trovava sull'enorme lucchetto ma con l'aggiunta di un simbolo al suo interno che ricordava una chiave.
Dopo un poco la serratura si aprì e la porta si spalancò da sola.
«Entriamo prima che si richiuda» mi esortò scocciato e senza dire una parola attraversai l'uscio che portava all'interno di quello che sembrava un giardinetto.
Nella stanza, appoggiate alle mura di pietra, c'erano vetrine ricolme di disparati abiti cerimoniali, pergamene e oggetti appartenuti a Ginozkena.
Il pavimento di marmo, procedendo verso il centro della stanza spariva, dando posto ad un pezzo di terra circolare tappezzato da erba verdissima che accoglieva un'altare logoro.
Le grosse lastre che lo componevano sembravano come consumate dalle fiamme e, posta al suo centro, si poteva distinguere la sagoma di una spada.
La stanza era illuminata da un enorme fascio di luce che entrava attraverso un lucernaio posto esattamente sopra all'altare
«Dix! Cosa ci fai ancora qui?!» esclamò con tono severo Enex, mi ero così lasciata abbagliare dalla visione della spada che non mi ero accorta che c'era un'altra persona nel mausoleo, inginocchiato dietro all'altare intento a pregare.
«Prego affinché la barriera si rafforzi, proprio come ogni giorno» ci rispose interrompendo il suo rito.
«Non so più come spiegartelo, non c'è bisogno di rafforzarla, anche senza il tuo aiuto la barriera non si lascerà attraversare da nessuno» polemizzò Enex.
«Io sono il protettore di questa spada ed è mio dovere fare tutto il possibile affinché rimanga conservata in questo luogo.
Solo gli dei sanno cosa si scatenerebbe se venisse rubata...» A quella affermazione di Dix, Enex si spazientì.
«Sono un guardiano da più tempo e so meglio di te come gestire il mausoleo» non riusciva a trattenersi nel rispondere alle sue provocazioni, era più forte di lui.
Sembravano due bambini che si litigavano un giocattolo.
Anche se era brutto da dire il loro battibecco mi tranquillizzò, a quanto pare il problema di Enex non ero io... lui era semplicemente fatto così, irascibile e presuntuoso.
«Non sei degno per questo ruolo! Sei troppo superficiale, questo è un oggetto troppo importante per me! Non puoi capire!» esclamò arrabbiato Dix.
La tensione sembrava salire vertiginosamente e io incominciai a sentirmi un terzo incomodo.
«Magari passo più tardi» tentai di attirare la loro attenzione e funzionò.
«Perdonate la maleducazione, non mi ero accorto della sua presenza, come mai si trova qui?» Dix, con superiorità, abbassò il tono della conversazione e decise di ignorare le parole del compagno.
«Sono venuta a vedere se tornando a contatto con gli oggetti appartenuti a Ginozkena potevo ricordare qualcosa in più, almeno prima di partire!» che ansia!
Il sol parlare della partenza mi faceva attorcigliare lo stomaco.
«Avete fatto bene! Però per cortesia, faccia attenzione a non toccare nulla» ascoltai il suo monito e con cautela mi avvicinai alle vetrine.
«E' tutto conservato così meticolosamente! Tranne quella spada... come mai?» chiesi ai due osservandola attentamente, la spada aveva il manico dorato, il metallo affusolato era decorato da una perla che sembrava avvolta dal metallo stesso, come se fosse stato un occhio che mi osservava.
Visto che era l'unica cosa non chiusa in una teca tentai di prenderla in mano ma Dix mi fermò all'istante «E' contro le regole di questo sacro posto tentare di prendere la spada e inoltre le sconsiglierei di provarci, non riuscireste nemmeno a toccarla» mi spiegò severo.
«O forse... si!» esclamò Enex, sembrava quasi come se gli si fosse accesa una lampadina.
«Nessuno può toccarla» ribadì Dix.
«Ma non basterebbe che Dix eliminasse la barriera?» non capivo perché la facessero così difficile.
«No» rispose subito lui.
«Non può farlo perché non è lui il creatore della barriera» replicò Enex.
«E chi la forma?» domandai subito.
«Pensiamo che sia la spada stessa a crearsi la barriera per proteggersi da chi non dovrebbe impugnarla» mi spiegò Dix.
«Prova a prenderla» mi incoraggiò Enex.
«Ma... riuscirò a superare la barriera?» domandai perplessa.
«Ci riuscirai» dicendo questo mi spinse verso il centro della stanza.
Allungai la mano verso la spada e non sentii la presenza di un ostacolo così mi avvicinai all'altare calpestando l'erba.
Dix mi fissava incredulo e compresi che se ero arrivata fino a lì poteva significare solo una cosa, ero riuscita a superare la barriera e adesso non mi rimaneva altro che afferrare la spada.
Mi sentivo un po' re Artù.
Con calma accarezzai il manico della spada e con tutta la forza che avevo l'alzai in alto in segno di vittoria. Sorrisi.
La mitica Faith aveva domato la temibile spada di Ginzokena sotto gli increduli occhi dei suoi spettatori.
Giusto il tempo di incrociare lo sguardo soddisfatto di Enex e improvvisamente la spada fu avvolta da una luce dorata abbagliante, quando tutti riaprimmo gli occhi la spada era sparita.
«Nooo!!! La spada!» urlò Dix agitandosi.
«Lo avevo detto io che non doveva prenderla, e adesso come farò senza la spada?» aggiunse con sguardo perso... era così tormentato dalla sua scomparsa che non sembrava neanche più lui, o perlomeno per come avevo potuto conoscerlo fino a quel momento, sempre garbato ed equilibrato.
«Mi sembra ovvio che la spada sia sparita. Finalmente è tornata al suo posto di origine» affermò Enex.
«Posto di origine?» chiesi ripetendo.
«Quando Ginozkena ha esalato il suo ultimo respiro il suo corpo, come dettato dalle sue ultime volontà, fu adagiato su quell'altare e fu arso. Si racconta che le fiamme bruciarono senza interruzione per una settimana al termine della quale, tra le ceneri, fu rinvenuta quella spada. Le ceneri furono conservate in un urna mentre la spada non fu possibile toccarla e chi ci provava veniva fulminato dalla barriera»
«Vuoi dire che mi hai mandato a prendere la spada sapendo che avrebbe potuto fulminarmi?!» lo interruppi incredula.
«E' una parte del tuo corpo, ero sicuro che ti avrebbe riconosciuto e si sarebbe fatta impugnare. la spada non è scomparsa, è ritornata all'interno del tuo corpo» mi spiegò deciso, era facile fare supposizioni con la pelle degli altri!
Durante il nostro discorso Dix non era riuscito a calmarsi e mi fissava con uno strano sguardo
«Dix, mi dispiace» volevo fare qualcosa per farlo sentire meglio.
«Non ti dispiacere» mi disse sistemandosi la veste che aveva sgualcito «Quella spada per era un prezioso ricordo però è il momento di andare avanti» aggiunse congedandosi. Sembrava essere tornato un po' in sé.
«A domani» lo salutai riflettendo sulla sua frase, ricordo di cosa?
«Tu hai idea del perché del comportamento di prima di Dix?» chiesi subito ad Enex, non mi sentivo affatto tranquilla.
«Può sembrare esagerato ma non è impazzito» la sua voce era scostante e sottile, come se si stesse sforzando a restare calmo «Nel circolo dorato giravano voci fondate che lui avesse avuto una relazione con Ginozkena» aggiunse con tono più distaccato.
«Una relazione? Quindi il suo atteggiamento da schizofrenico di prima era dovuto al fatto che la spada era il ricordo di Ginozkena?» doveva amarla davvero tanto se dopo tutto quel tempo la perdita della sua spada lo feriva a quella maniera.
«Penso di sì» mi rispose incrociando le braccia «Però come ben sai avrebbe potuto usufruire dei poteri della spada solo nel suo stato di verginità» aggiunse scrollando le spalle.
«Non penso si saprà mai la verità» concluse mettendosi a guardare le tuniche nelle vetrine.
«Neanche la spada avrebbe potuto usare?»
«Quella è una spada sacra, donata all'umanità dalla dea celeste per difenderli dall'oscurità. Ginozkena la poteva usare in quanto alta sacerdotessa del tempio della dea. Nel momento in cui i presupposti per la sua carica cadevano, lei avrebbe perso ogni diritto e concessione acquisito dalla divinità» mi spiegò e improvvisamente tra di noi calò il silenzio. Approfittai della calma per tornare ad osservare gli oggetti appartenuti a Ginozkena.
«Potrei toccarli?» chiesi.
«Fai pure» disse allungando una mano verse le teche «Malkugio» esclamò e, con un semplice gesto, tutte le vetrine si aprirono contemporaneamente.
«E' davvero tutto qui?» osservai attentamente ogni ripiano, non c'era nulla di davvero personale nei lasciti della sacerdotessa.
Mi stavo rassegnando quando, ad un tratto, una cosa fuori luogo mi attirò, un ventaglio rosso scarlatto. Lo presi e qualcosa scattò, tutto intorno a me cambiò, mi ritrovai seduta su una panchina di legno in un giardino, con l'erba alta che dondolava velocemente sotto i colpi del vento.
Indossavo un frivolo vestito che si abbinava perfettamente al ventaglio e le mie labbra erano state accuratamente tinte di porpora.
Mi sentivo agitata ma felice, in strepitante attesa di qualcosa e giocherellavo nervosa con le ciocche dei miei capelli. Improvvisamente sentii chiamarmi e sentii un tuffo al cuore.
Guardai in alto, vidi una figura alata procedere verso di me ma il sole era molto forte e non riuscii a distinguerne le fattezze.
Allungai le mani verso di lui per accoglierlo in un caloroso abbraccio e, quando finalmente le mie braccia lo cinsero, tutto scomparve in un forte bagliore.
«Si, la sua vita è tutta qui» sentii Enex rispondermi. Ero ritornata, non sapevo da dove, ma ero sicura di aver rivissuto un ricordo prezioso.
«No, ti sbagli di grosso» gli risposi prendendo con me il ventaglio. La vita di Ginozkena era ben altro che il suo ruolo di sacerdotessa e in quel mausoleo era esposto solo quello che si doveva sapere di lei. Capii che non avrei potuto trovare molto altro in quel luogo per rispondere alle mie domande.
«Tutto a posto Faith? Ti vedo strana» mi chiese Enex avvicinandosi.
«E' tutto a posto, ho appena avuto una visione e sono un po' stanca. Mi potresti riaccompagnare in stanza?» gli risposi poggiandomi sul vetro. Stranamente avevo avuto un calo di energie.
«Una visione? Cosa hai visto?» mi chiese porgendomi una mano per sorreggermi.
«Forse quelle voci che hai sentito sono vere» gli spiegai mentre lui chiudeva con meticolosità la porta dietro di noi.
«Ho avuto la visione di Ginzokena ad una specie di appuntamento» aggiunsi sorridendo, mi tornava in mente il volto di Ginzokena che sembrava così felice.
«Un appuntamento?» mi domandò lui come se non avesse conosciuto il significato della parola.
«Un incontro romantico» gli spiegai.
«E sei riuscita a vedere l'uomo che l'accompagnava?» mi domandò senza mezzi termini.
«No, aveva gli occhi abbagliati dalla luce del sole ma sono sicura che sia stato uno ialino, sono riuscita a distinguere la forma delle ali»
«Ma gli ialini non sono le uniche creature con delle ali» assertì lui nel tentativo di smontare la mia teoria.
«Ah davvero?» esclamai arrossendo un po', forse avevo sbagliato a tirare subito le somme.
«Si ma nessuno di loro ha un corpo umanoide maschile» aggiunse prendendosi gioco di me.
«Sembra che tu ti stia divertendo a confondermi!» affermai un po' risentita. Lui non rispose, ma la sua faccia soddisfatta parlava più di mille parole.
Questa è la tua stanza» in men che non si dica arrivammo di fronte alla porta della mia camera. A distanza di qualche ora avevo già ripreso una buona deambulazione.
«A domani» mi congedai da Enex chiudendogli la porta in faccia. Ero ancora risentita del suo modo di "giocare con me".
Rimasi in attesa appoggiata alla porta e, qualche minuto dopo, sentii i suoi passi allontanarsi dalla stanza.
Era stata una giornata così assurda... il mio risveglio in quel mondo non era stato uno dei migliori ma adesso mi sentivo stranamente tranquilla, come se mi sentissi finalmente a casa.
Mi sfilai di nuovo gli stivali di pelle e mi buttai tutta vestita sul letto.
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