Capitolo 3 - Parte II

«E' il momento di tornare in stanza» disse tendendomi la mano, qualche minuto dopo ero di nuovo nei corridoi della struttura ma, a differenza di prima, procedevo più svelta. Finalmente incominciavo a sentire più forza nei muscoli.

«Xandra, com'è il mondo là fuori?» le chiesi osservando il paesaggio fuori alle finestre, eravamo circondati da molto verde, nelle vicinanze sembrava tutto così tranquillo e pacifico, non dava l'idea di essere un mondo così problematico.

«E' un mondo» rispose semplicisticamente «Non so cosa tu voglia sentirti dire... Ariadonne è stato per molto tempo consumato dall'avidità dell'uomo ma da quando ne abbiamo noi il pieno possesso il pianeta ha avuto un radicale cambiamento. Può sembrare un paradiso ma, proprio come prima, esistono luoghi e popoli pericolosi» mi spiegò, se il suo obbiettivo era spaventarmi c'era riuscita.

«Ma tu a che razza appartieni?» le chiesi cambiando argomento, ero abbastanza curiosa ma non mi volevo sbilanciare. 

«Sono un hent» mi rispose un po' titubante spostando i capelli che le coprivano l'orecchio destro.

«Quindi sei compagna di Macota?» le chiesi.

«Si siamo compagne, ma non perché siamo entrambe hent!» mi rispose fermandosi ed aprendo la porta della stanza affianco alla sua.

«Ti ho fatto preparare una stanza tutta per te, per dormire comoda almeno stanotte» mi spiegò accompagnandomi dentro, la stanza era di dimensioni più piccole rispetto alla sua ma poco importava.

La cosa essenziale era testare il letto, così subito mi sedetti sul materasso... era così soffice!

«Quello è il bagno» mi spiegò indicando un piccola porta subito di fronte a me «Ti accendo il camino, stanotte probabilmente farà freddo, mi raccomando di spegnerlo prima di addormentarti!»

«Fajrilo» sentii sussurrare e in qualche secondo la legna cominciò a scoppiettare con vigore.

«Grazie, mi sento davvero molto stanca, non pensavo che tutto questo camminare mi avrebbe distrutto» le risposi incominciando a levare gli stivali di pelle altissimi.

Non si poteva mettere in dubbio la loro comodità ma non erano per niente pratici da slacciare e non capivo la necessità di indossarli.

«E' normale, il tuo corpo è praticamente nato oggi, è già tanto che tu riesca a camminare autonomamente, riposati e vedrai che domani andrà meglio!» mi spiegò.

«Per qualsiasi cosa batti un colpo sulla parete, io sarò di guardia nella mia stanza» aggiunse congedandosi.

Rimasta finalmente da sola mi sdraiai nella penombra del camino nel tentativo di rilassarmi. Appena la tensione si sciolse un po', i miei occhi furono invasi ancora dalle lacrime.

Mi coprii le palpebre nel tentativo di asciugarle subito ma non riuscivo a non abbandonarmi alle vorticose e contrastanti emozioni che mi dominavano, paura, stupore, rabbia, preoccupazione, nostalgia, confusione, malinconia, ansia, speranza, rassegnazione.

Più tempo passavo in quel mondo e più tutto diventava troppo reale... Chissà se sarei mai riuscita a ritornare a casa.

Toc Toc

Per fortuna qualcuno era arrivato a salvarmi da quel buco nero... mi alzai di scatto e, nel tentativo di arrivare più velocemente possibile alla porta, inciampai nella panca sistemata piedi del letto, emettendo un forte tonfo.

«Ahia!» esclamai guardandomi la gamba. Avevo urtato così forte al legno grezzo del mobiletto che mi ero procurata una consistente escoriazione. In quel momento compresi il senso di quei stivali alti fino alle ginocchia, se non li avessi levati avrebbero attutito il colpo.

«E' tutto a posto?» sentii la voce di Enex fare capolino nella stanza preoccupato «Ho sentito un rumore forte e sono entrato» si giustificò entrando.

Lui... era la persona che meno mi sarei aspettata bussasse alla mia porta. Anche se era troppo tardi, mi asciugai velocemente le lacrime per evitare che lui vedesse che stavo piangendo.

I suoi occhi mi squadravano con un'intensità che non avevo mai visto, sembrava pensare intensamente a qualcosa mentre mi fissava sdraiata per terra. 

«Tutto a posto? Ti sei fatta male?» mi chiese interrompendo quell'imbarazzante silenzio.

«Si un po', ma non è nulla di ché» gli risposi gentilmente, Enex mi intimoriva un po'.

«Xandra non dovrebbe lasciarti da sola» esclamò prendendomi e tirandomi su con una forza sovrumana «Sei così pasticciona che potremmo non riuscire a partire domani» aggiunse poggiandomi seduta sul letto, come se fossi stata una bambola di pezza. 

Ma cosa udivano le mie orecchie? Lui... lui mi stava provocando?!

«E' solo un graffietto» replicai indispettita, non pretendevo di essere trattata come la sua migliore amica ma non era per niente garbato da parte sua prendermi in giro in quella maniera.

D'improvviso Enex si piegò ai piedi del letto e strappò un pezzo di tessuto da una estremità del suo mantello bianco.

«Lascia fare a me» esclamò fermando le mie mani che, timide, tentavano di coprire le ginocchia con un lembo della gonna della tunica.

Con tutto quello che era successo non avevo fatto molto caso che, tra gli indumenti lasciatomi da Xandra, non vi era alcun intimo da indossare. 

In quella posizione lui avrebbe potuto accorgersi che qualcosa mancava. 

Serrai le gambe ma non riuscii a tenerle per molto chiuse, Enex tutto ad un tratto afferrò con delicatezza la gamba destra e, tirandosela a sé, cominciò lentamente a leccare la ferita che, a contatto con la sua saliva, cominciò a bruciare.

Chiusi d'impulso gli occhi, quella visione era così sensuale, lui era così sensuale, il suo sguardo inteso, le sue mani calde che mi toccavano senza esitazione alcuna... il mio corpo ebbe un brivido, mi sentivo invasa dal suo calore.

Tutto quello non era da me, io... io non mi ero mai sentita così! Tentai di calmare i bollenti spiriti e riaprii gli occhi. Lui mi stava fissando in silenzio. Arrossii e nascosi il volto dietro alle mani.

«Ecco fatto» esclamò fasciando frettolosamente la ferita, sembrava agitato «Sta già guarendo, sicuramente tra poco potrai levarti quella benda improvvisata» aggiunse alzandosi in piedi.

La tensione era calata ma il calore dentro di me non accennava a scemare.

«Tra un poco?» gli chiesi cercando di non balbettare, il mio cuore batteva ancora molto forte.

«Si, è una delle tue tante capacità, le tue ferite guariscono più in fretta di un normale essere umano» mi spiegò, da come parlava, sembrava solo una delle tante cose che conosceva di Ginzokena.

«Tu conoscevi Ginzokena?» gli chiesi per curiosità ma a quella domanda lui si stizzì.

«No, perlomeno non di persona, faccio parte del circolo dorato, conoscere certe cose fa parte del mio dovere» si spiegò, era tornato freddo e distante.

«Cosa è il circolo dorato?» le chiesi curiosa.

«Il circolo dorato è una cerchia di persone scelte tra i guerrieri e i sacerdoti più forti e valorosi del tempio della dea celeste, era un gruppo formatosi un po' di tempo fa per difendere il tempio e l'alta sacerdotessa Ginozkena di cui lei poi ne fu messa a capo. Alla sua morte una parte di noi è rimasto a proteggere il tempio, un'altra abbandonò la causa e, solo una piccola parte di noi scelse di continuare a vegliare su di lei e di portare avanti la sua memoria» mi spiegò sedendosi sul letto ma rimanendo a dovuta distanza.

«Indossate tutti quegli abiti?» gli chiesi ricordandomi che anche Dix indossava la stessa tunica sfarzosa.

«No, questa è l'uniforme ufficiale di custode del mausoleo» mi spiegò facendomi intuire con lo sguardo che non era un abito a lui troppo consono.

«Un mausoleo?» domandai tra me e me.

«Si, nel cuore delle sede della congregazione esiste un luogo di accesso a poche persone dove sono custodite tutte le cose che sono appartenute a Ginozkena» mi spiegò.

«Ah proposito di questo, Xandra mi aveva mandato qui per consegnarti queste cose» lui aprì velocemente il mantello e, dalla cintura, staccò un sacchetto che aveva abilmente celato. 

Me lo consegnò e io lo aprii con cura, al suo interno c'erano degli oggetti preziosi avvolti da un fazzoletto si seta dorato.

«Cosa sono?» gli chiesi osservandoli perplessa, erano un fermacapelli, una spilla e un anello, sembravano fatti tutti d'oro.

«Sono degli amuleti, oggetti magici con il simbolo della dea celeste che Ginozkena portava sempre con sè» mi spiegò.

«Quindi hanno dei poteri?» gli domandai pulendo una macchia sul fermacapelli.

«Si, per esempio quel fermaglio serve a limitare i poteri della lettura del pensiero che possiedi» mi rispose subito.

«Come mai a limitarli?» se avessi avuto un potere simile sulla terra la mia vita sarebbe stata cento volte migliore, in tutti i campi.

«Ginozkena ha sempre pensato che i pensieri di una persona sono intimi e devono rimanere segreti, lei riponeva una fiducia smisurata nelle persone che la circondavano, non aveva bisogno di frugare nelle loro teste» mentre parlava potevo percepire in lui una certa tensione.

«Quindi io volendo potrei anche parlarti telepaticamente?» domandai subito.

«La telepatia e la lettura del pensiero sono due poteri derivanti ma non per forza coesistenti. Ginozkena li possedeva entrambi ma non penso che tu riesca ad usarli».

Nonostante le sue parole accuratamente scelte per essere più neutrale possibile, non c'era bisogno di un traduttore per capire che mi stava dando dell'incompetente.

Mi concentrai per un attimo, uno solo e ci provai.

Sicuro?
Riuscii a rispondergli telepaticamente.

«Lo ero, sembra che tu impari velocemente» doveva ammettere di essersi sbagliato.

Non credo che sia questo, se nella mia vita precedente ero capace di fare certe cose, ho semplicemente pensato che nel mio spirito risiedeva già la conoscenza di quest'arte magica, quindi mi è bastato solamente concentrarmi per riuscire a trovare il modo per far riaffiorare la mia capacità

Era fantastico! La sensazione che provavo per esserci riuscita, non mi sono mai sentita più viva in vita mia.

Ero soddisfatta anche per averlo smentito. Lui rimase in silenzio per un po', sembrava indeciso su cosa dire. Ad un tratto fece un sorriso malinconico.

«A quanto pare più tempo passi qui su Ariadonne e più stai tornando quella di prima, i tuoi poteri, il tuo modo di esprimerti... tutto sommato forse Xandra ha ragione nel dire che durante il viaggio potrebbero tornarti i ricordi» lui sembrava quasi disturbato da quella possibilità.

Spero proprio che i miei ricordi riaffiorino al più presto possibile, almeno avremo qualche possibilità in più di tornare presto a casa.
Risposi ancora telepaticamente.

«Non so quanto ti convenga ricordare tutto... certe cose sarebbe meglio scordarle» commentò duro.

Davvero? E che tipo di cose non dovrei ricordare.
Gli chiesi curiosa, oramai mi aveva messo la pulce nell'orecchio, lui sembrava sapere il fatto suo.

«E che ne posso sapere io! In fondo io non ho mai conosciuto di persona Ginozkena, ma mi hanno raccontato alcune cose che non si possono ripetere» la sua risposta non mi convinse così, per testarmi ancora una volta, provai a vedere se riuscivo a leggergli il pensiero.

Lo guardai fisso e tentati di entrare più profondamente nella sua testa, arrivare ai ricordi che la mia domanda aveva scatenato per vedere con i miei stessi occhi di cosa si trattava, magari quello che Enex sapeva mi avrebbe aiutato!

«NO!» urlò subito lui e, preso da un momento di panico, mi strattonò nel tentativo di recuperare l'amuleto a forma di fermaglio e me lo infilò tra i capelli.

Aveva intuito le mie intenzioni e mi bloccò. «Non ti permettere mai più» aggiunse furibondo ma ormai era tardi... io ero entrata dentro di lui e avevo visto.

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