Capitolo 27 - Parte III

Lo scontro con la nostra meta destabilizzò l'equilibrio della terra che ci aveva accompagnato fino a lì, il pavimento sotto di noi tremò così forte che temetti che il sacro tempio si distruggesse.

Durò qualche istante, e quando finalmente tutto finì, mi raddrizzai andando subito alla ricerca della presenza del mio dio. Il suo corpo era stato gravemente danneggiato durante lo scontro contro il drago dell'acqua e del suo guardiano ma non sarebbe bastato per fermarlo.

Uriel
La sua voce furente riecheggiò nel cielo, mentre davanti a me un ammasso di potere informe fece la sua apparizione.

Quei maledetti, hanno distrutto il mio corpo, dovrò procurarmene un altro. Prendi con te l'essere sacrificale, varca i cancelli del tempio dell'equilibrio e raggiungi l'altare. Predisponi tutto per il rito e attendi il mio ritorno. Il momento che aspettavo è arrivato. Gliela farò pagare, le sue creature predilette, la sua adorata progenie. Non potranno più girare gli occhi dall'altra parte. Non potranno più ignorarmi. Io sono il grande Fyren.
Dopo quelle ultime parole l'oscurità si diradò e finalmente potei pensare al mio piano. Mi sfiorai il braccio ferito dalla collisione e, poggiandomi al bastone, attraversai le ormai sgangherate porte di Hell'ra. 

Dix mi stava già venendo incontro trascinando con se l'essere umano in catene.

«Dalla a me!» strepitai frettolosa prendendo la ragazza da un braccio «È il momento di agire. Fyren si è allontanato per recuperare un corpo nuovo. Tu vai nella parte più bassa dell'isola e fai la guardia. Sia mai avessimo visite... impedisci a chiunque di passare! A breve diverremo i nuovi signori dell'oscurità» mi fermai un istante ad accarezzare quel suo nauseabondo viso da ialino bianco e con uno sguardo complice lo incoraggiai ad agire.

I maschi, sono tutti uguali... qualsiasi specie essi siano. 

Abbindolato l'uccellino, lo vidi allontanarsi dalle mura di Hell'ra mentre io con passi svelti mi addentrai nell'ignoto.

Quel posto... era indescrivibile. 

Appena la sagoma dell'isola mi fu visibile nel cielo, i miei occhi ne furono completamente catturati. E non era per il fatto che fluttuasse sopra la nostra testa. 

Tutto il mio viaggio era partito su delle isole che non rispettavano le leggi della gravità, ma questa era diversa. O forse, erano i miei occhi ad esserlo.

Quel luogo era traboccante di magia, mi sembrava quasi di vedere i flussi di potere che si concentravano verso l'alto in un'abbagliante ma invisibile luce, proprio alla sua estremità più superiore.

Non sapevo cosa ci fosse dentro all'edificio che ospitava, ma doveva essere qualcosa al di fuori dalla comprensione mortale, e il fatto che possedesse una gravità tutta sua mi convinse che la terra che stavamo calpestando non doveva più appartenere ad Ariadonne, perlomeno non del tutto.

Camminavamo con passi svelti ma cauti, la tensione era al massimo e i nostri sguardi erano rivolti verso la l'alto. Cercavamo di cogliere un qualsiasi segno della presenza del nemico, ma tutto sembrava tacere. Se non ci fosse stata nell'aria la minacciosa presenza del tempio Hell'ra, sembrava di fare una scampagnata tra amici in montagna. 

Tutta quella tensione era snervante. Xandra continuava a giocherellare col bastone e io mi mordevo le labbra in un tic nervoso. Solo Enex sembrava completamente a suo agio, che fosse la prova del suo grande animo da condottiero? Oppure era l'ennesima dimostrazione che non sapeva dare il giusto valore al rischio? 

I suoi occhi erano determinati e luminosi, come se fosse stato in qualche maniera felice di quella situazione.

Dopo qualche passo e la voce di Enex squarciò il silenzio.

«Attente!» afferrandoci dalle maniche ci tirò indietro. Sorprese da quel gesto capimmo subito il perché: davanti a noi una decina di spade immateriali si conficcarono al suolo, proprio dove stavamo sostando.

«Che piacere rivedervi» una voce familiare ci accolse, la sagoma indefinita di qualcosa nascosta tra le fronde scese da un ramo, e il volto di Dix si frappose tra noi e la nostra meta.«Sono davvero contento che non vi siate persi d'animo. Avevo giusto un conto in sospeso da saldare con voi» sputò a terra nella nostra direzione. 

Enex non se la tenne al dito e subito lo provocò.

«Oh, ma quello non dipende da noi, sei una frana a bluffare, o forse sei tu che non sai come cogliere il fiore di una donna».

Lui digrignò i denti e ci guardò più furente.

Dix...» invocai il suo nome sotto voce, adesso riuscivo a vederlo per quello che era: sotto il suo grande mantello color sabbia indossava la sua luccicante armatura, la sua fedele spada tra le mani, orgoglio e coraggio animavano i suoi passi, ma l'odio aveva consumato i suoi ideali riducendoli ad una vendetta contro qualcuno che non esisteva più. 

Per un momento mi fece pena e nel mio cuore speravo che potessimo salvare anche lui.

«Lame oscure...» esclamò Xandra osservando le spade davanti a noi «Hai venduto il tuo spirito a Fyren? E per cosa? Tutti i discepoli delle arti oscure sono destinati a consumare in fretta i loro giorni... i tuoi Avi si staranno contorcendo nella tomba!».

«Fa silenzio! Ai miei avi non interessa quale strada ho intrapreso. Hanno abbandonato la mia famiglia già da tempo. Appena mi sarà possibile consumerò anche i loro resti!» l'uomo allargò le braccia e le armi davanti a noi sprigionarono, tutte contemporaneamente, il loro potere sfaldandosi ed esplodendoci in faccia.

Presi alla sprovvista, fummo scaraventati all'indietro ma, grazie ad Enex che teneva un passo dietro a noi, non finimmo rovinosamente a terra. Ci prese al volo e ammortizzò la nostra caduta su di lui.

«Ci penso io a lui» sussurrò premuroso, aveva il fiato corto per il colpo ricevuto sul petto «Appena vi darò l'occasione, scappate. Se lui è qui, vuol dire che su al tempio si stanno dando da fare».

Io e Xandra annuimmo, ci alzammo e porgendogli una mano ciascuno lo aiutammo ad alzarlo.

«Lo sai che non mi piace lasciare nessuno indietro» lo ribeccò Xandra.

«Questa è la mia battaglia» ribadì deciso «Se mi state tra i piedi non potrò combattere al mio meglio» si mise in piedi e lasciò le nostre mani alla svelta. Divenne freddo e distaccato e ci attraversò ponendosi davanti a noi.

«Sono io il tuo avversario Dix» urlò contro di lui puntandogli un dito contro.

«Mi dispiace» gli rispose con piglio fintamente mortificato «Ma nessuno di voi passerà oltre. Questa sarà la vostra tomba»
Dietro di lui si formarono una ventina di cerchi violacei, carichi di potere e da ognuno di essi ne uscì una lama magica la cui vista quasi mi paralizzò. 

Potevo sentire l'intensità del suo potere, non avrei mai detto che dietro alla sua maschera nascondesse anche quelle capacità fuori dal comune.

Ecco perché Skill era caduto durante il loro combattimento e, considerando lo stato in cui era stato trovato il suo corpo, sospettai subito che Dix avesse l'abitudine ad usare i suoi nemici come puntaspilli.

Dix allungò subito la mano verso di noi e le lame ci puntarono con ferocia. Evocai subito una barriera per proteggerci tutti, ma Enex fece un passo avanti, si sottrasse alla mia difesa e, creando una lingua di fuoco, scaraventò via le lame.

«Tutto qui quello che sai fare?» guardò con aria di sfida il suo avversario.

Dix sorrise beffardo.

 «Tranquillo, non mi aspettavo altro da un'erbaccia come te. Ma è il momento di estirparti una volta per tutte».

Potei sentire il suo potere incrementare ancora, dietro di lui si formarono il doppio se non il triplo di quelle emanazioni circolari e come in precedenza, da ognuno di esse si formò la sagoma di un'arma.

«Penso che questo sia il momento» sussurrò Enex verso di noi, poi impugnò la sua spada e ingaggiò un combattimento contro tutte quelle lame.

Quando il metallo della sua arma colpiva quelle fatte di energia, si disgregavano in una piccola esplosione. Ma non poteva distrarsi, era circondato e quando non riusciva a contrastarle fisicamente, per via della velocità con cui lo attaccavano, allungava la mano libera nella direzione della lama nemica e con una lingua di fuoco semicircolare riusciva a neutralizzare ogni attacco.

Xandra prese la mia mano e mentre Enex respingeva quel mostruoso attacco, cercammo di raggirare il combattimento per raggiungere la nostra meta.

Dix, nonostante fosse concentrato su Enex, si accorse della nostra mossa e alcune lame cambiarono direzione venendo verso di noi. Ne sentii chiaramente la traiettoria. Mi voltai per evocare una barriera ed infrangere l'attacco, ma Enex si parò davanti a noi facendoci da scudo umano.

Qualche lama lo colpì e lo trafisse.

«Non sprecate le vostre energie qui! Vi ho detto di sparire!» esclamò, ancora bersagliato dalle lame. 

I suoi occhi si infiammarono e sentii la temperatura dell'aria aumentare.

«Presto... scappiamo!» la voce di Xandra era più acuta, allarmata, e cercando di portarci il più lontano da lì, guardammo la figura di Enex attanagliata dalle fiamme.

Il fuoco si espanse dal suo corpo per distruggere qualsiasi cosa nelle sue vicinanze. Anche se eravamo distanti ne potevamo sentire il calore sulle nostre pelli.

«Starà bene... stai tranquilla» prese parola quasi subito Xandra. Si era accorta che le mie gambe faticavano a rispondere ai miei comandi, poiché dovette trascinarmi con la forza. 

Fino a quel momento, la possibilità di rincontrare Dix non mi aveva mai turbato, non dopo aver scoperto che non era riuscito a stuprarmi come era sua intenzione. 

Ma davanti al suo vero io, e alla forza che ci aveva sempre nascosto, mi accorsi di esserne intimorita. Per non parlare poi dell'immagine di Enex in difficoltà che mi aveva ulteriormente suggestionata.

«Questo è il momento per cui ci siamo preparate fino ad adesso, l'ultima meta del nostro viaggio. Adesso abbiamo bisogno di te» mi prese le mani e cercò di spingermi all'azione. «Lui è qui per questo, per permetterci di arrivare all'altare. Non rendere vano i suoi sforzi. Se Dix ci aspettava qui vuol dire che Uriel è già all'altare, dobbiamo salvare Nazca».

Aveva ragione: Dix era solo un diversivo per farci perdere tempo. Noi dovevamo salvare Nazca a tutti i costi.

Solo quel nome riuscì a stanare la mia paura, permettendomi di tornare ad avere il controllo su di me. Annuii decisa, presi il bastone di Ginozkena tra le mani e insieme a Xandra coprii quei pochi metri che ci dividevano dalla struttura principale. Non aveva porte, sembrava un imponente Colosseo senza la facciata davanti, scolpito nella montagna. 

Cinque creature erano di guardia in un grande ingresso. Xandra li stese con estrema facilità e, senza curarci di fare rumore, ci addentrammo fino alla stanza dove c'era l'altare.

«No! No! No!» Un grido lacerò il silenzio, riconobbi la voce della donna che aveva perseguitato i miei sogni e, preoccupata, superai con coraggio Xandra e mi addentrai nel giardino che accoglieva il luogo dei rituali.

Appena la luce esterna mi illuminò vidi chiaramente Uriel piegata sull'altare, circondata da stalagmiti di ghiaccio, come se fosse stata al centro di una esplosione fredda, dietro di lei cinque statue circondavano delle grandi colonne che delimitavano una enorme porta vuota.

Subito, il vermiglio che colava dalla pietra sacrificale attirò la mia attenzione.

Sull'altare giaceva Nazca, inerme anche se ne potevo sentirne i singhiozzanti gemiti, i capelli biondi le accompagnavano il braccio che si era debolmente abbandonato al suo fiano e la lama di Uriel, saldamente conficcata nel suo corpo, che le aveva squarciato il petto.

«Oh, no... Nazca... abbiamo fatto tardi...» la reazione di Xandra quasi anticipò la sua figura, che mi raggiunse qualche attimo dopo il mio ingresso nel giardino.

Uriel alzò la testa, con i capelli che le coprivano il volto e puntò il coltello nella mia direzione.

 «Tu!» la sua mano e parte delle sue braccia erano ricoperte del sangue di Nazca. «Lo sapevo che ci saresti riuscita! Non so come hai fatto ma mi hai fregato ancora una volta!».

Si staccò dall'altare e con un balzo quasi animalesco mi corse incontro.

Tienila a bada per un po'. Ci penso io a Nazca.
Sentii nella testa la voce di Xandra dividerci i compiti, come se quell'ingrato incarico potesse toccare a qualcun altro. Uriel era così furibonda con me che anche volendo non avrei potuto fare altrimenti. Ma servì allo scopo perché neanche si accorse dell' allontanamento di Xandra.

In un batter d'occhio mi ritrovai addosso Uriel, provai a respingerla con una barriera ma si infranse al suo passaggio. Istintivamente provai a difendermi ponendo entrambe le braccia davanti a me e con forza la spinsi ma, nonostante il suo stato sempre più deperito, aveva una forza inaspettata. 

Finimmo subito in stallo ma lei non si perse d'animo e allungò la lama del pugnale verso il mio collo.

«Dov'è? Dov'è l'essere sacrificale?» mi domandò con foga «Dov'è l'essere immondo che hai partorito?».

«Cosa diavolo stai dicendo?» avevo la voce tremante per la fatica «Hai appena pugnalato Nazca!» urlai con qualche lacrima che si faceva spazio dagli occhi.

«Non prendermi in giro! Come può la progenie di quell'insulsa donna e dello ialino nero avere i capelli del colore del sole! Non mi dire... Ha ingannato anche te?» per un attimo si fermò e,  quando constatò dal mio sguardo che non avevo la più pallida idea di cosa dicesse, mi guardò con aria sorpresa ma contenta, tanto da non riuscire a trattenere le risate.

A quella sua reazione cedetti il passo, persi il polso della situazione permettendo alla lama di scivolare sulla mia pelle, procurandomi un graffio. Sentii il collo bruciare e un piccolo rivolo scendere verso le clavicole.

«Oh, oh... mia cara sorellina... Non mi dire» avevo i suoi occhi puntati, ma non sembrava che stessero guardando me «Non le hai detto nulla? Non si fa, non dovresti mentire alla tua reincarnazione» allontanò appena il coltello, la sua lama si ricoprì da una patina di ghiaccio e, con un ghigno, lo infilò nella mia spalla sinistra. Urlai dal dolore senza alcun ritegno, mentre sentivo il freddo penetrarmi.

Portai le mani all'impugnatura nel tentativo di contrastare il suo movimento, ma il dolore si era impossessato di me.

«È proprio tipico di te» mi guardò con disdegno poi mi sentii osservare «Forza su, chiediglielo! Dov'è l'essere sacrificale?» spinse ancora più in fondo il coltello, fitte ancora più lancinanti mi fecero tremare e percepii il ghiaccio espandersi verso il braccio.

Ginozkena! Ginozkena! Cosa sta succedendo?
Cercai l'introspezione dentro di me e provai a mettermi in contatto con lei, da quando Enex si era scordato di lei non ero più riuscita a comunicarci. Probabilmente si rifiutava di farlo, proprio come in quel momento.

«Niente, eh? Non risponde neanche a te. La cara Ginozkena era più brava a giudicarti dall'alto del suo piedistallo piuttosto che parlare» il suo sguardò si adombrò ancora di più e io fui investita da una colonna di ghiaccio che mi scaraventò di lato.

«Se non vuoi dirmelo allora mi divertirò con questa versione di te stessa. Ti farò pentire di esserti reincarnata e aver varcato ancora queste terre»

Ero stordita dal colpo, ma sapevo di non poter rimanere a terra.

Con difficoltà mi alzai sputai un po' di sangue che avevo in bocca e guardai la figura sfocata di Uriel davanti a me.

Ginozkena... è la verità? Non è il momento di fare l'offesa...
La vista mi stava tornando, ma non avevo bisogno di vedere per capire che pian piano venivo avvolta dal suo ghiaccio. Provai a distruggerlo, rilasciando il mio potere come in una esplosione, ma era troppo debole, il suo ghiaccio contrastava subito i miei tentativi di liberarmi...

Cosa mi stava succedendo? Uriel era davvero così forte oppure ero io che non avevo imparato abbastanza?

Il freddo pungente cominciava a risalire le ginocchia e non solo, quella sensazione sembrava invadere anche la mia anima e mi sentivo soccombere al buio.

Lo so che mi puoi sentire, ho bisogno di sapere, Ginozkena! Non siamo arrivati fin qui per lasciarci sopraffare da lei
Le mie parole fecero eco dentro di me ma questa volta sentii la sua presenza.

È tutto vero... Uriel... la bambina... 

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