Capitolo 27 - Parte II

Un po' di preambolo, visto che è passato un po' di tempo dagli ultimi capitoli. Mentre Enex e Faith sono intenti a prendersi cura di loro, Xandra si dà alla bottiglia cercando di evitare la stanza da letto (in fondo era la loro). Si confida con Garnet e il dialogo si chiude con quest'ultimo che la invita a seguirlo in qualche antro buio del proprio hotel e lei che lo segue senza esitazione. Avrà preso la scelta giusta o l'alcool le ha annebbiato il giudizio?

Garnet, rimanendo avvolto nel suo misterioso silenzio, mi chiese di seguirlo nella zona riservata allo staff. Superammo la hall, costeggiammo le cucine e infine mi portò nel magazzino. 

C'era odore di chiuso e gli scaffali a muro contenevano diverse scatole di beni di prima necessità decisamente datati. Oltre alla polvere che aleggiava dominante su ogni cosa, le etichette di quelle scatolette avevano subito i processi di invecchiamento di ogni libro scadente, sbiadite e ripiegate su se stesse. 

Sulla sinistra c'era una porta di ferro che probabilmente nascondeva quella stanza piena di ghiaccio e fumo freddo. Dopo aver osservato la stanza focalizzai la mia attenzione su di lui, ancora non mi erano chiari i suoi intenti e mi furono ancora più ambigui quando chiuse la porta dietro di noi.

«Garnet, se vuole essere uno scherzo, non è divertente» lo intimai, mentre era intento ad osservare con parsimonia l'arredo avvicinandosi al fondo della stanza. Forse lui si sentiva tranquillo perché ero disarmata, ma probabilmente non era a conoscenza che non mi era necessario esserlo per fare incantesimi.

«Sei la solita impaziente, e dire che le sacerdotesse dovrebbero avere fede» mi rimproverò spronandomi ad avere pazienza poi fischiettò una melodia di poche note. Si sentì un leggero rumore, come di ingranaggi che si sbloccavano, poi prese uno scaffale con entrambe le mani e lo spostò di lato, rivelando il vero fondo della stanza. 

Un angolo buio, nascosto alla vista, che appena fu aperto rivelò la presenza di una potente magia al suo interno. Potevo sentirne l'energia fuoriuscire maestosa. Lui, senza esitazione entrò e io, spinta ormai dalla curiosità, lo seguii. 

Una luce azzurrina schiariva l'aria, la sua fonte era un cerchio magico che ronzava quasi a ridosso del muro. Garnet cominciò subito a tossire, investito da un'inusuale odore melmastro, che a tratti dette fastidio anche a me; batté i palmi della mano e una luce artificiale illuminò la struttura che reggeva quel portale.

«Un portale di trasporto?» lo guardai esterrefatta analizzando quella cornice di ferro intrecciata. «Esatto, vi porterà a destinazione, senza essere costretti a chiedere il permesso di utilizzare una nave per attraversare il mare». 

Non potevo credere alla fortuna sfacciata... non poteva essere davvero così semplice. Normalmente non avrei avuto problemi a fidarmi di Garnet, ma dopo quello che era successo, non me la sentivo di credere a cuor leggero alle sue buone intenzioni.

«Perché mai tu avresti nel seminterrato un portale aperto verso l'isola dell'equilibro?» gli domandai senza nascondere i miei sospetti.

«Il guardiano è un tipo a cui piaceva bere. L'isolamento non faceva decisamente per lui, così è stato lui stesso ad aprirlo» mi spiegò camminando nella stanza e osservandone le condizioni. Il pavimento era pieno di terra, in alcune parti più bagnata che in altre. Inoltre c'erano rami e foglie in diverso stato di decomposizione.

«E' da un po' che non viene, e quasi me ne ero scordato. Diamine! Dovrò pulire tutta sta schifezza!» mentre imprecava, qualcosa cambiò nella struttura del portale, la magia al suo interno virò e divenne rossa, i flussi cominciarono a girare vorticosamente e per prima cosa, fuoriuscirono forti sferzate di vento.

Mi allarmai, e istintivamente portai le mani al mio bastone, scordandomi che non lo avevo con me.

«Tranquilla» provò a rassicurarmi Garnet quando mi vide sull'attenti. «Ci deve essere cattivo tempo sull'isola. Alle volte il vento fa finire delle cose nel portale e me le fa arrivare fin qui, pensa che una volta mi sono ritrovato un albero dritto nella cucina».

«Il tuo amico non è poi così forte, esistono modi per impedire l'attraversamento di cose indesiderate ma...» mi fermai, avevo gli occhi fissi sul portale, qualcosa stava arrivando e non erano foglie «Sta arrivando una persona» esclamai quando una figura umanoide apparve dal portale e si accasciò senza proferire parola al suolo.

«Amsun!» l'incredulità sul volto di Garnet era pari solo alla preoccupazione che lo spinse a raggiungere di fretta l'uomo appena arrivato. Aveva lunghi capelli albini e la pelle abbronzata. Se non lo avesse chiamato col suo nome non lo avrei mai riconosciuto. L'amico ubriacone di Garnet era "quel" Amsun, figlio degli Irhaun guardiano del dio drago dell'acqua?

«Il guardiano dell'isola?!» Gli chiesi precipitandomi a prestargli soccorso incredula. Lo scossi ripetutamente colpendolo sul volto, chiamando il suo nome, ma non sembrava dare segni di coscienza. Era zuppo dalla testa ai piedi, respirava a malapena, i vestiti erano laceri ed era pieno di ferite sulla schiena.

«Presto!» Dovevamo intervenire in maniera più drastica, prima che fosse troppo tardi. Dalla sua sopravvivenza dipendevamo tutti noi. 

Se lui fosse morto, anche la vita a cui era legato avrebbe trovato una precoce conclusione con la terribile conseguenza che l'isola dell'equilibrio si sarebbe rivelata ai nostri nemici, segnando la fine per tutti noi. Lo presi dalle ascelle e lo sollevai per trascinarlo dentro l'hotel.

«Usciamo e isola di nuovo il portale!» urlai e Garnet, allarmato, si apprestò a seguirmi e a richiudere la stanza segreta come gli avevo ordinato. Non potevamo sapere se ciò che lo aveva attaccato lo avrebbe potuto seguire attraverso il portale. E sigillando la stanza lo avremmo intrappolato.

Aiutata da Garnet, portammo Amsun nella hall e lì lo adagiammo su uno dei divani dell'ingresso. Imposi le mani sul suo corpo e curai le sue ferite. Ma percepii subito qualcosa di strano, il suo nucleo bruciava. Non riuscii a incanalare l'incantesimo il tempo necessario per guarirlo completamente poiché quella sensazione investì anche me, come stesse respingendo il mio potere.

«Cosa è successo?» domandò ingenuamente Garnet. Per me la risposta era più che evidente. Era sicuramente opera di Uriel, anche se non c'era ancora da preoccuparsi. Lui era vivo e insieme a lui anche la barriera che proteggevano. Nonostante qualcosa avesse disturbato il mio incantesimo l'uomo riprese lentamente i sensi. Tossì con violenza rigettando della bocca del liquido scuro che gli si versò sul petto. 

Appena riprese coscienza emise dei gemiti, si strofinò gli occhi poi si chiuse subito in sè stesso, era stravolto, aveva gli occhi rossi e rifugiava dalle lacrime che sembrava ricacciare dentro con tutta la forza che gli rimaneva.

Amsun, cosa è successo? Come ti senti?» Garnet, in piedi al mio fianco, lo investì di interrogativi nonostante fosse in evidente stato di shock.

«Lei non c'è più... Amarad... lei... è morta» cominciò a farfugliare con voce rauca.

«Amarad? Aspetta ma stai parlando della donna che amavi, ma non ti aveva mollato?» chiese perplesso Garnet. E io lo ero più di lui: non comprendevo il nesso tra un problema di cuore e l'attacco delle forze oscure all'isola.

«Eravamo sull'isola, lei era il drago! Ci hanno attaccato, un'enorme isola volante ci ha attaccato! Quell'uomo dalla pelle scura l'ha uccisa» riuscì finalmente a mettere insieme qualche frase di senso compiuto, ma il suo racconto continuava ad apparire inverosimile.

«No!» strepitai interrompendolo «Non è possibile, stai tranquillo. Le vostre vite, voi siete legati! Se lei fosse morta, lo saresti anche tu» cercai di farlo ragionare ma lui scosse la testa ripetutamente.

«Mi dispiace, non sono riuscito ad aiutarla. Lei si è sacrificata per me... mi ha detto che mi ha dato il suo potere... non so nient'altro».

Le mie conoscenze sull'argomento mi impedivano di credere alle sue parole, ma lui era lì davanti a me, che riversava in quelle condizioni pietose e non c'era nessuna spiegazione logica per giustificare una sua mistificazione.

«Xandra!» la voce allarmata di Enex irruppe nella stanza, ancora prima del suo proprietario. Alzai la testa verso le scale e lo vidi arrivare di corsa.

«Xandra! E' terribile. Faith, lei dice che Uriel è già all'isola!» entrò nella camera e al suo seguito anche la ragazza con il volto evidentemente turbato ma, nonostante tutto, per prima cosa scrutò Amsun preoccupata.

«Faith?» domandai perplessa, aveva avuto una visione?

«Lei, Ginozkena, mi ha parlato» iniziò con titubanza, guardava perplessa il volto seccato di Enex «Ha detto di non perdere più tempo che la barriera dell'isola è stata infranta e l'altare violato».

«Ne sono già a conoscenza...» sospirai pesantemente abbassando il volto, non mi rimaneva che credere e accettare il fatto che, nonostante i nostri sforzi, Fyren e la sue armate fossero già davanti a noi. Se non fosse stata per la scoperta del portale, in quel momento sarei crollata dallo sconforto. Non c'era altro modo per noi di intervenire tempestivamente.

«Prendete solo le vostre armi e preparatevi a partire» li incitai.

Il volto dei miei compagni non nascose lo stupore della mia affermazione. La loro voglia di ribadire era ben delineata nei loro sguardi, soprattutto in quello di Enex che alzava le sopracciglia con il suo solito dissenso oppositivo, ma riuscii a farmi obbedire senza dare ulteriori spiegazioni.

Qualsiasi cosa avesse in mente il signore dell'oscurità, c'era una remota possibilità per noi di riuscire ad interromperlo se partivamo subito.

«Permettetemi di seguirvi» la voce di Amsun si fece spazio alle mie spalle, era flebile, aveva ancora bisogno di cure ma nonostante tutto voleva combattere.

«Dove pensi di poter andare, conciato così?» mi voltai puntandolo con lo sguardo.

«Voglio combattere, posso combattere. Ho già tenuto testa a quell'uomo... posso esservi di aiuto!»

«E devi anche ringraziare la tua buona stella per essere sopravvissuto.» lo rimbeccai.

«La mia buona stella?» rise beffardo «Qualche giorno fa ti avrei risposto che la strada un guerriero la forgia con le proprie mani ma sì, hai ragione. Questa volta probabilmente è stata la mia buona stella ad aiutarmi ma adesso lei non c'è più... » si interruppe in preda ad un dolore, prese fiato e digrignò «Voglio ammazzarlo con le mie stesse mani, quel figlio di puttana».

Voleva scendere sul campo di battaglia brandendo la sua spada intrisa di vendetta e collera, cieco del fatto che lo avrebbe portato solo alla rovina. Presi un lungo respiro e cercai di dissuaderlo.

«Comprendo i tuoi desideri di vendetta, ma non possiamo portarti con noi. Non sei al pieno delle tue forze ancora e non riesco a curarti. Non sappiamo cosa ti abbia fatto il drago dell'acqua: aver ingannato la morte porterà delle ripercussioni di cui non siamo ancora a conoscenza. Non voglio rischiare di trascinarmi un problema che non saprò gestire». Fui ferma e risoluta, sapevo che in quel momento fargli il discorso di quanto fosse sbagliato agire per vendetta non avrebbe sortito gli effetti desiderati, così puntai a fargli vedere il risvolto pratico della sua richiesta.

Potei osservare nei suoi occhi la rabbia e l'impotenza crescere, strinse i pugni in segno di rivalsa, ma il suo scontro interiore fu prontamente interrotto da Garnet.

«Dovresti ascoltare quello che dice Xandra. Anche se gli abiti che indossa in questo momento non le rendono giustizia, è una rinomata e rispettata sacerdotessa» cercò di convincerlo con le mie referenze.

«Manderemo i tuoi ossequi al signore dell'oscurità. Te lo prometto. Ma non fare sciocchezze fino al nostro ritorno» intervenni con l'intenzione di chiudere una volta per tutte il discorso. Mi congedai da loro e a passo svelto andai anche io a recuperare la mia arma per l'ultimo assedio.

Quell'insetto che gestiva la locanda aveva davvero un sacco di risorse per essere un semplice simionj, eppure la scoperta del portale verso l'isola dell'equilibrio non mi sorprendeva. La pacatezza con cui Xandra aveva appreso la notizia di Uriel era indice che nascondeva qualcosa.

Attraversammo il portale che faceva da lembo tra noi e la nostra meta, abbandonando a passo svelto la sicurezza di quel luogo che ci aveva ospitato, per solcare il terreno consumato dell'isola. 

Tutto intorno a noi era corrotto, infettato e la puzza dell'aria era nauseabonda perfino per me. I segni di un devastante combattimento turbava la natura sotto di noi ma, la cosa che attirò in primis la nostra attenzione fu l'enorme struttura che galleggiava sulle nostre teste.

L'isola dell'equilibrio era formata da strisce di terra che si intrecciavano tra di loro a formare una imponente spirale che culminava in un generoso lembo. Sulla sua sommità predominava una struttura di pietra ad arco. Una rada ma rigogliosa vegetazione circondava tale struttura, costeggiata da due lastre di roccia tese verso l'alto a protezione o a supporto di essa e una cascata che si buttava a precipizio al suo centro.

Se quello che vedevamo non aveva abbastanza dello straordinario, era anche evidente come una seconda isola, di proporzioni più piccole fosse crollata sul fianco della prima, sgretolandosi in parte nell'atterraggio.

«Ma quello è il tempio Hell'ra!» Xandra era visibilmente turbata dalla vista, tanto da aver cancellato ogni sorpresa dal suo volto. Quella era l'ultima conferma che il nostro nemico era arrivato alla meta prima di noi. Non c'era più tempo da perdere, magari potevamo ancora prenderli alla sprovvista.

Corremmo verso la zona più bassa dell'isola, presi in braccio le due donne e in volo cercai di raggiungere la sommità inferiore, ma a metà percorso persi il controllo e finii per "cadere" sulla sponda che volevo raggiungere.

«Enex!» strillò adirata Xandra dopo aver rotolato ad una decina di piedi da me.

«Non è stata colpa mia» spiegai pulendomi il vestito «La terra mi ha attirato a sé e ci tiene saldamente» provai a tirarmi su ma feci semplicemente un salto. Faith era ancora tra le mie braccia,e ripresasi dalla caduta, guardò in alto.

«Sembra come se fossimo a testa in giù!» esclamò quasi divertita.

Xandra si rialzò in silenzio e si osservò intorno, c'era quiete. Una spaventosa calma.

«è stato più facile del previsto, dovremo proseguire a piedi» guardò Faith per incoraggiarla poi si porse a capo del gruppo e seguì la strada che portava verso la zona soprastante. La tensione era palpabile, ma io ero distratto dall'entusiasmo.

Finalmente avrei restituito il favore a Dix. Non vedevo l'ora di prendere a calci il suo culo traditore.

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