Capitolo 27 - Part V
Non sentivo più dolore, e mi avrebbe rincuorato se non fosse che significava solo che le mie condizioni erano irrecuperabili.
Sentii qualcosa risalirmi dallo stomaco, non riuscii neanche a voltarmi, feci dei singulti e del liquido rosso fuoriuscì quasi da solo dalla mai bocca. Era ferroso e granuloso.
Come sei patetico... stai morendo, e per mano della persona che avevi giurato di uccidere. Sei debole, lo sei sempre stato e adesso spirerai senza aver mantenuto la promessa fatta...
Sorrisi beffardo al cielo che mi osservava spirare, la voce di Ivanhoe non era che la ciliegina del mio fallimento.
«L'uccellino è caduto dal nido?» sentii Dix avvicinarsi, insieme a me anche le fiamme che avevano raso al suolo la vegetazione circostante si stavano spegnendo «Poverino, dobbiamo porre fine alle sue sofferenze» vidi la suola della sua scarpa sopra di me e un attimo dopo fui circondato dal buio.
Dramairan... davvero accetti di finire la tua vita così?
Piegai la testa verso il basso, strinsi la mano a pugno tremante e digrignai i denti cercando con tutto me stesso di trattenere la rabbia di quella sconfitta. Un fuoco si divampò nel mio petto, letteralmente, tremava furioso e più mi trattenevo e più quello cresceva irruento.
Sei davvero così cocciuto, preferisci lasciare il lavoro a metà piuttosto che abbracciare il mio potere.
Di fronte a me apparve la sua figura, non era invecchiato neanche di un giorno, nonostante non avesse l'aria del ragazzino di primo pelo. Alto, possente, un'armatura nera ricavata dalle sue stesse squame e quella chioma rossa che faceva ardere la sua testa come se fosse stata infuocata. I suoi occhi dalla pupilla affusolata mi fissarono e le sue mani artigliate erano nascoste sotto le braccia, incrociate in un gesto di disappunto.
E forse è proprio per questo che io e te siamo così compatibili.
Commentò dispiaciuto da quella valutazione.
«Ti sbagli! Io e te non siamo uguali!» gli urlai contro.
Ah, si? E come fai a dirlo? Neanche mi conosci.
Rimasi in silenzio, cercando di sfuggire in qualche maniera al suo sguardo.
E dire che all'epoca ti piaceva... brandire il mio potere, combattere fianco a fianco, paragonarti ad un dio. Nessuno osava metterci i piedi in faccia e tutti tremavano al nostro passaggio, o semplicemente a sussurrare il nostro nome. È grazie a noi ch-
«E feci un terribile errore! Abbiamo portato morte e distruzione ovunque i nostri piedi si posavano, commettendo indicibili crudeltà. Non lo farò di nuovo. Non mi tenterai ancora una volta» le mie parole lo agitarono, il suo volto fu turbato dall'ira, la sua bocca si spalancò deformandosi appena ed emise un rabbioso ruggito.
E questo è il ringraziamento per quello che ho fatto?! Mi sono rivoltato contro mio fratello e tutto per degli inferiori esseri ingrati!
Mentre parlava la sua figura cominciò a farsi ancora più grande, non riusciva a mantenere la sua forma umana, logorato dalla rabbia.
«Povera lucertola troppo cresciuta, si è sgranchita gli artigli dopo millenni di pisolino e vuole pure una ricompresa».
Stupida creatura mortale, io, il grande Ivanhoe, padrone di tutte le fiamme non ammetto un tale affronto alla mia persona.
Il drago si sollevò sbattendo le ali, aprì la bocca versò di me continuando ad inveire.
La tua stirpe merita l'estinzione, non vi concederò più il potere del fuoco. Vivrete privati del vostro emblema, il vostro trono passerà agli Axlyn e la storia si dimenticherà di voi e se questo per qualche motivo non dovesse succedere mi premurerò personalmente di farlo. Cancellerò i segni del vostro passaggio su Ariadonne, brucerò le vostre effige, deprederò le vostre tombe e ucciderò chiunque oserà pronunciare il vostro nome.
Ivanhoe riversò il suo fuoco verso di me ma non mi feci intimorire. Le sue minacce mi scivolarono addosso, non c'era più nessuno a cui importasse il nostro nome o a cui darlo in eredità e il suo attacco? Ormai avevo vissuto a stretto contatto con quel fuoco per tutta la mia vita, non mi spaventava più e nemmeno la sproloquiante parlantina che animava il suo brutto muso. Per non parlare del fatto che ormai ero morto, non poteva più ferirmi, o toccarmi. Volai veloce sul suo dorso non potevo combattere il fuoco con il fuoco così afferrai saldamente una scaglia e cominciai a strappargliele dalla pelle, ridendomela.
Insulsa pulce!
Urlò cominciando a dimenarsi come un vallaco imbizzarrito. Mi strinsi forte a lui e continuai.
«Non ti permetterò di fare di me ciò che vorrai! Certo che desidero il potere per uccidere quel bastardo ma tra i due, tu sei quello più pericoloso. Ho giurato di tenerti a bada, e lo farò anche a costo di morire. A proposito, sei pronto per seguirmi nella tomba?» mi alzai conquistando l'equilibrio e corsi verso la testa per assestarmi su una grossa scaglia.
«Domunus... divna!» lo colpii con i palmi della mano invocando il mio ultimo incantesimo. Il fuoco che ardeva dentro di lui si estinse, tranne per una flebile fiamma nel suo nucleo e crollò rovinosamente al suolo, ma io saltai giù in tempo per non seguirlo nel capitombolo.
Maledetto... come hai fatto?
Sentii la sua innervosita voce flebile ma non arrendevole.
«Me l'ha insegnato...» gli stavo rispondendo beffardo ma in un attimo persi tutta la mia sicurezza. Ero certo di sapere chi me lo avesse insegnato eppure nel momento in cui aprii la bocca per dirlo, la voce morì tra le labbra.
Ci sono ancora delle cose che devi fare.
Esclamò muovendo la coda, la sua figura tornò umana ma non si alzò. Avevo messo a centro un brutto colpo per lui.
«Hai ragione» mi guardai le mani, non era solo Dix. Dovevo assicurarmi che Faith riuscisse nel rituale, volevo sposarla e insieme a lei continuare il lavoro di mio fratello.
Accetta il mio dono è la tua unica occasione, se lo rifiuterai ancora, non te lo offrirò più.
Riuscì ad alzarsi lentamente e mi guardò, era contrariato ma allungò comunque la mano verso di me.
Era chiaro che il mio controllo su di lui era cresciuto in quegli anni, se avessi accettato questa volta forse non avrei finito per perdermi come successe l'ultima. Odiavo ammetterlo, mi serviva il suo potere e non potevo negare che in passato si fosse rivelato nostro alleato. Non avevo più scuse per rifiutare, avevo ancora delle cose da portare a termine e poi... io volevo vivere ancora.
Strinsi senza farmelo ripetere una seconda volta la sua mano e qualche istante dopo aprii gli occhi sull'isola. Il fuoco mi avvolse nuovamente ma, invece che bruciare ciò che rimaneva dei miei vestiti, sentii le mie ferite rigenerarsi.
Mi alzai lentamente mentre venivo rimesso in sesto da quel potere, tossii appena per svuotare la bocca e quando fui in piedi mi resi conto il mio corpo era cambiato. Le estremità dei miei arti avevano degli artigli molto più pronunciati, la pelle era scura come il carbone fino a metà braccio e dei lunghi capelli vermigli mi cadevano sul petto.
E non era l'unica cosa, dentro di me scorreva così tanto potere che quasi lo potevo vedere sotto la pelle, non ero più a prova di fuoco, ero un tutt'uno con esso. Sorrisi e con lo sguardo guardai di fronte a me. I miei gemiti avevano attirato l'attenzione del mio nemico che, scioccato, assistì alla mia trasformazione.
«Dove stai andando? Ti ritiri proprio adesso che possiamo combattere ad armi pari?».
Ghignai e istintivamente gli saltai addosso. Lui eresse subito una barriera protettiva che i miei artigli infuocati distrussero senza alcuna difficoltà. Allora passò subito al contrattacco, Provò a ferirmi con la spada infusa del potere di Fyren ma mi bastò porre davanti a me gli avambracci e riuscii a contrastare facilmente il suo attacco. La pelle bruciata dei miei arti aveva la stessa consistenza delle scaglie di Ivanhoe.
«Questo lo chiami potere?» mi domandò beffardo, anche se era in evidente difficoltà. Le nostre forze si scontravano in uno stallo in cui però era lui che avrebbe avuto la peggio. Nonostante l'aura divina della sua magia lo proteggesse potevo vedere delle goccioline di sudore scivolargli sul viso, il mio potere cominciava a raggiungerlo e presto lo avrei sottomesso.
«Sei solo diventato un animale!».
La sua provocazione non mi interessò, in quel momento non ero semplicemente stato benedetto da Ivanhoe, io mi ero fuso a lui, diventando a tutti gli effetti un dio.
Sentii la presenza di un potere, dietro di me, mi voltai sapendo cosa stesse succedendo e sorrisi.
«Sei tu che non hai capito nulla» risposi estasiato mentre il cielo si ricopriva di lame di energia.
«Non puoi più nulla contro di me» affermai spalancando gli occhi. Al mio comando tutte le spade esplosero in aria ancora prima di muoversi.
«La partita è finita!» lo spintonai con tutta la forza che avevo in corpo, avendo finalmente il sopravvento su di lui, e lo gettai al suolo.
Dix si riversò al suolo scavando un piccolo cratere al suolo e la sua spada volò lontana. Il colpo lo stordì e confuso lo vidi cercare di recuperare la sua arma ma era troppo lontana. Era debole ma non esitò a provare a fare leva su entrambe le mani per provare a rialzarsi, e proprio quando mi diede le spalle gli saltai nuovamente addosso facendolo ricadere a faccia a terra.
Finalmente il momento della mia vendetta era giunto, pregustavo quell'attimo ogni notte da quando aveva quasi ucciso Faith e adesso era realtà.
Afferrai il corpo dell'armatura e con un solo strattone la squartai, la sollevai e la lanciai lontano, poi con un'altra artigliata strappai la sua sottoveste esponendo la sua schiena e subito fissai le due fessure da cui uscivano le ali.
«Dove sono le ali di questo uccellino?» gli domandai infilando gli artigli nel fondoschiena. Lui si lamentò nascondendo i gemiti di dolore digrignando rumorosamente, ma tenne nascosta la sua ala.
«Allora non sei così senza palle come sembri» risi, la sua resistenza non faceva altro che rendere il tutto ancora più soddisfacente, penetrai ancora di più con i miei artigli finché i polpastrelli non erano zuppi del suo sangue e giocherellavano con le sue interiora.
La sua voce si levò potente nel silenzioso campo di battaglia mentre di colpo le fessure si aprirono facendo passare il moncone e l'ala intatta.
«Devo dire che è stato fatto un lavoro coi fiocchi» affermai tra uno strillo e l'altro osservando la puzzolente ferita, aveva una ferita netta, regolare, come se fosse stata recisa con un solo colpo, ma quella volta non avrebbe avuto la stessa fortuna.
Uscii le mani dalla sua schiena e afferrai l'ala prima che la potesse ritirare.
«Pagherai per tutto! Per il dolore di Faith, per il dolore che quelli come te hanno inferto a me e a tutto il mio popolo» la presi dalla radice e cominciai a tirarla lentamente vedendo la ferita aprirsi tra le candide piume bianche.
Era così soddisfacente... il rosso scarlatto che sporcava il bianco puro, ne volevo di più, ancora di più ma non potevo essere frettoloso no, dovevo farlo durare il più possibile, dovevo infliggergli la peggiore delle sofferenze e gli doveva sembrare eterna.
Una sofferenza che doveva marchiare a fuoco la sua mente e distruggerlo fino alla fine dei suoi giorni.
Enex!
La voce di Faith fece irruzione nei miei pensieri
Enex... aiuto.... aiutami!
Sentii la presenza di Ginozkena sparire e finalmente tornai ad avere il pieno possesso del mio corpo, libera dal ghiaccio e tra le braccia di Xandra che mi aveva appena salvato la vita. Provai a parlarle ma i suoi occhi erano spenti e guardava dritta a sé come in tranche.
«No! No! No...Come avete potuto!» le urla disperate di Uriel dominarono la quiete di quel luogo facendomi trasalire.
«Il mio adorato corpo, il corpo che doveva ospitare e far germogliare il seme dell'oscurità. Lo avete distrutto!» Uriel si voltò verso di noi, il suo corpo era gravemente ustionato e continuava ad ardere senza sosta.
Il suo viso era a mala pena riconoscibile, i capelli bruciati e la pelle fusa agli abiti che indossava mi provocarono urto allo stomaco.
«Maledette.... maledette! Vi ucciderò e userò i vostri bellissimi cadaveri per ottenere il mio nuovo corpo» con le mani tremanti recuperò il suo bastone, era piegata su se stessa intenta a trattenere il dolore di quel fuoco che non sembrava estinguersi, raccoglieva la sua forza per attaccarci di nuovo.
Non riesci a vedere con i tuoi stessi occhi? È troppo tardi per lei, Faith, dobbiamo ucciderla.
«Mai!» urlai rispondendo ad entrambe, questa volta toccava a me «E non ti permettere ad intrometterti».
Recuperai l'asta con il cristallo alla punta che era legato al mio zaino e lo piantai al suolo, l'ultima volta che lo avevo usato per incanalare tutto il mio potere fui sbalzata via, e dovevo evitare che succedesse nuovamente. Mi aggrappai ad esso e invocai le parole dell'incantesimo.
Di colpo un forte vento ci scosse, destabilizzando Uriel e la terra sotto di noi che volò inseguendo la folata.
«Qualsiasi cosa sia successa tra te e lei, adesso finisce qui!» urlai.
Un ampio fascio di luce si dipanò dal cristallo e, in un cono che si andava ad allargare verso la figura di Uriel, si scagliò contro il suo potere oscuro. Le nostre energie si fecero quasi palpabili ma si scontravano in una battaglia di forze pari e opposte.
«Sei solo una stupida mocciosa!» sentii la donna davanti a me urlare e il suo potere crebbe, aumento talmente tanto che mi sentii schiacciare da esso. Il vento si faceva più forza sferzando crudele su di me.
Tremavo nel tentativo di resistere ma lentamente mi sentivo spingere via mentre i capelli infuriavano avanti e dietro di me colpendomi gli occhi. Stavo per cedere, lo sentivo ma non dovevo, non potevo!
Strinsi gli occhi e mi aggrappai più forte al bastone. La presa era sempre più debole, l'aura viola si faceva sempre più vicina finché non sentii due mani amiche sovrapporsi alle mie, sorreggendomi nella presa.
Mi volta sorpresa e riconobbi la fiera figura di Xandra che mi cingeva in un involontario abbraccio.
«Non devi risolvere tutti i problemi del mondo da sola... Facciamolo insieme» le sentii sussurrare e appena socchiuse gli occhi il cono di luce quasi raddoppiò di intensità, il suo abbagliante bianco ci avvolse completamente mentre le urla di Uriel riempivano le nostre orecchie.
Qualche istante dopo il silenzio finalmente fece da padrone, anche se per poco.
Quando riaprii gli occhi mi sentii estremamente debole, riuscivo a mala pena a mettere a fuoco la vista e istintivamente cercai Xandra, era al mio fianco, ansimante e guardava dritta davanti a sé con espressione incredula.
Mi voltai nella direzione del suo sguardo e vidi il nostro nemico riverso in ginocchio a terra, si toccava il viso piangendo e si disperava, probabilmente per il dolore ma in lei non c'era più la presenza di potere oscuro.
Hai visto? Ce l'ho fatta!
Risi cercando di parlare con Ginozkena, avevo dato fondo a tutto ma ero riuscita a salvare Uriel e ne ero estremamente orgogliosa. Cercai le braccia di Xandra e sul suo petto cominciai a piangere lacrime di gioia e sollievo ma in un attimo tutto cambiò.
Sentimmo Uriel chiedere aiuto e un istante dopo un crack sordo.
Ci voltammo contemporaneamente e un uomo dalla carnagione mulatta palleggiava scocciato con la testa staccata della donna. Era ricoperto da capo a piedi degli schizzi del suo sangue e i suoi occhi violacei ci puntavano come una placida ma crudele belva.
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