Capitolo 26 - Parte IV e V
Sembrava che non tornassi più eh? Ma sono ancora qui! È stato un anno pesante, ma finalmente qualche situazione si è sbrigliata e il piccolo parla 🎆🎆🎆.
Prima di iniziare facciamo un piccolo riepilogo:
Il nostro gruppo formato Faith, la protagonista che è stata richiamata dal suo mondo per aiutare le genti di Ariadonne a combattere le oscure mire di Fyren (dio dell'oscurità) e i suoi discepoli; Enex, ialino nero burbero e con un passato contorverso; Dix ialino bianco dal misterio trascorso, Macota un hent coraggioso e disposto a tutto per aiutare; Skill umanoide con la capacità di comunicare e domare qualsiasi tipo di bestia e Xandra; hent con buona capacità di leader, è la sacerdotessa che ha messo in modo le disavventure della nostra protagonista e che la guida alla scoperta del mondo di Ariadonne e dei suoi poteri.
Dopo un lungo viaggio sono arrivati quasi alla fine, hanno perso tre compagni di viaggio: Macota durante il combattimento contro una divinità, Dix si è rivelato essere la spia del nemico che, dopo aver ucciso Skill, se l'è svignata rapendo l'essere sacrificale, Nazca, necessario per la conclusione della missione del gruppo.Adesso sono a Nijest, la città degli umanoidi, Enex e Faith si stanno facendo un pò di "coccole" dopo aver sventato l'ennesima macchinazione di Fyren atta a portare caos nel mondo e, grazie all'aiuto di un amico di Skill, stanno per partire alla volta dell'isola dell'equilibrio. Tappa finale del loro viaggio, ma anche Uriel e Fyren sono diretti lì (su un pezzo di terra fluttuante), insieme a Nazca, intenti a conquistare l'isola e ad attuare i loro misteriosi intenti.
Nel frattempo stiamo facendo la conoscenza di Amsun, un potente mago hent a cui piacciono fin troppo i piaceri della vita, che è stato relegato a vedetta dell'isola dell'equilibrio, guardiano di Amthyst, divinità drago di tutte le fonti posta protezione dell'isola nell'evenienza che qualcuno voglia accedere ai segreti custoditi al suo interno. I due non hanno un bel rapporto, e dopo aver passato tanto tempo insieme ormai gli screzi non si sprecano. Ma entrambi hanno qualcosa da nascondere.
Non c'era nulla su quell'isola, letteralmente nulla. Niente da fare, niente da vedere, nulla da proteggere oltre all'oceano e la vegetazione ricca di fauna che ci circondava. Eppure, non sapevo come, mi avevano convinto ad imbarcarmi in quella stupida impresa.
È una missione segreta di livello superiore.
Balle, anche un bambino avrebbe potuto sorvegliare quel luogo deserto. Ogni tanto la rabbia mi caricava, proprio come in quel momento, soprattutto quando finivo per alterarmi con la mia forzata convivente. Il pensiero di svignarmela come facevo spesso in passato mi solleticò la mente: impugnare di nuovo un bel calice di nettare biondo... mi sarebbe bastato un solo passo e sarei potuto tornare per qualche attimo alle mie vecchie abitudini, rincontrare facce amiche o conoscerne qualcuna nuova, magari bellissima e con lunghi capelli che le coprivano il corpo nudo. Quel pensiero mi allettò finché l'immagine della donna che mi tormentava non si sostituì a quella fugace visione. Potevo ancora sentire i capelli di Amarad tra le mie mani, richiamavano il colore dell'erba mista a quello dell'oceano a me caro, la sua pelle era la spuma di quella chioma in tempesta e le sue labbra... irruente quando si trattava di rivolgermi parole di rimprovero ma dolci ed innocenti quando la prendevo in intimità.
Lei era speciale, avevo sentito fin da subito un forte legame unirmi a lei, tanto che per un attimo avevo pensato davvero di passare con lei il resto dei miei giorni, cosa davvero strana per me. Ma, ahimè, fu anche l'unica che mi mollò. Senza molte spiegazioni, senza tante cerimonie, mi abbandonò. Ripensandoci, fu meglio così. Poco dopo la nostra separazione scoprii che mi sarei dovuto recare in questo luogo sperduto per ricongiungermi alla divinità di cui mi ero preso la responsabilità qualche anno addietro. Il nostro destino sarebbe rimasto invariato, non ci sarebbe stato modo di portarla con me.
Con grande dedizione al mio dovere, desistetti ancora una volta dai miei intenti di comune mortale. Il mio maestro, sempre tanto preoccupato per la mia superficilità nei confronti dei doveri, ne sarebbe stato orgoglioso. Scocciato tornai verso la costa e mi sedetti a mollo nell'acqua sospirando. Mossi i palmi nel liquido trasparente che mi circondava e mi osservai le braccia imbrunite dalla continua esposizione al sole. Gli hent come me non erano fatti per vivere al di fuori della chioma di un albero. Non ero mai stato così abbronzato in vita mia e forse tutto quel sole aveva cominciato a darmi un po' alla testa. Non potevo continuare così.
Non avevo mai avuto problemi a disubbidire agli ordini, men che meno la congrega mi incuteva alcun timore ma tutte le volte che immaginavo di disertare, il pensiero di lasciare da sola Amethyst mi faceva desistere. Il fatto che fosse una divinità me l'aveva fatta idealizzare, quando ero piccolo e guardavo le sue iconografie mi soffermavo spesso ad osservare lo sguardo che le dipingevano. L'avevo sempre immaginata come una premurosa madre, paziente e benevola poi, crescendo, quelle materne forme cominciarono a stimolare le mie giovanili fantasie, la figura della madre era diventata quella di una desiderata e accogliente amante ma pur sempre una donna perfetta. Avevo delle aspettative che furono del tutto disattese quando la vidi per la prima volta, e non solo perché era un drago e non una splendida fanciulla.
Più che una divinità sembrava la rissosa zitella acida del villaggio. In quegli anni passati insieme avevo imparato a conoscere la sua vera indole, quel suo essere burbera nascondeva qualcosa, la cui entità mi era ancora negata, ma ero sicuro che, se l'avessi abbandonata, ne avrebbe sofferto e avrebbe finito per chiudersi in se stessa. Se le fossi rimasto affianco invece, avrebbe avuto qualcuno con cui dividere quella eternità di noia, beh perlomeno finché la vita avrebbe animato il mio corpo.
Le dita immerse nell'acqua ebbero un insolito tremore. La tavola disegnata dalla superficie del mare da un momento all'altro cominciò ad incresparsi. Alzai gli occhi e l'accecante celeste che aveva caratterizzato quella limpida giornata di sole aveva perso già da un po' il suo colore, eppure era ancora mattina e non mi era sembrato di percepire l'arrivo di un temporale. Non riuscivo a spiegarmi come mai il mare e il cielo fossero così agitati.
Amsun...
La voce di Amtheyst mi risuonò in testa. Era davvero raro che dopo un battibecco fosse lei a cedere e a rivolgermi nuovamente la parola.
Il momento è arrivato, stai in allerta.
Era seria, spaventosamente seria. Ebbi un brivido e la pelle si rizzò. Mi alzai per scrutare meglio l'orizzonte e un'anomala nube di tempesta sembrava muoversi velocemente verso di noi, oscurando tutto al suo passaggio. Era avvolta da scintille violacee e sembrava essere la causa dell'agitazione del mare. Riabbassai il volto e notai che la riva si stava ritirando. Non era un buon segno, per nulla. Corsi verso la sponda più a nord dell'isola e finalmente riuscii a vedere la minaccia che incombeva su di noi. Nel cielo un'isola fluttuante trasportava sopra di sé quello che sembrava un edificio, si muoveva verso di noi con fare decisamente minaccioso.
«Un'isola volante?» Strofinai gli occhi pensando di star dormendo, ne avevo viste di cose bizzarre ma della terra usata come nave volante era troppo assurdo anche per me.
Concentrati!
Mi rimproverò subito Amethyst.
Io mi occupo di loro, tu ferma l'onda anomala che si portano dietro. Assicurati che niente sull'isola venga sfiorato da quell'acqua contaminata.
Ascoltai le sue indicazione e con movimenti della testa la cercai, dove si era cacciata? Che intenzioni aveva?
E dovrei starmene da parte mentre tu combatti? Mi credi così stupido e insignificante?
Le risposi arrabbiato. Il suo senso del giudizio era davvero così alterato dai nostri battibecchi da non reputarmi all'altezza di un combattimento?
Fa come ti ho detto e basta! Per una buona volta.
La sua voce rombò imperativa in ogni meandro della mia testa, mi aveva messo a cuccia come un animaletto da compagnia.
Non sei mia madre, e io non sono uno dei tuoi devoti seguaci. Non sono costretto ad obbedirti!
Mentre litigavamo il tempio volante era ormai arrivato a diversi metri da noi e finalmente potei vedere l'onda di cui parlava Amethyst. Lasciai perdere il nostro alterco e chiusi gli occhi per concentrarmi. Sentivo il mare infuriare, potevo vedere la sua aura deturpata da una chiazza nera che si allargava con furia, inglobando qualsiasi cosa. Compresi la preoccupazione della dea e mi preparai per deviare quell'onda, finché un grosso boato mi costrinse a riaprire gli occhi.
Finalmente, proprio davanti ai miei occhi, potevo vedere le sponde dell'isola dell'equilibrio. L'eccitazione e la frenesia crebbero ancora in me, in una continua escalation iniziata quando avevamo preso il volo dai territori montuosi. L'altare non era visibile ma potevo sentire la sua presenza lì da qualche parte in quel luogo incantato, proprio come si sentiva l'aura di quella bestia che lo proteggeva, la divinità di tutte le acque. Possibile che non si era accorto della nostra presenza? Stava scappando, spaventato dal potere del mio dio? Oppure ci osservava nascosto da chissà quale posizione sicura senza intervenire?
Era prevedibile da un dio pacifico come lui decidere di sfuggire alla battaglia, ma in quel caso mi costringeva a stanarlo, e non avevo né voglia né tempo di giocare a nascondino. Dovevo trovare l'insulso guardiano la cui vita era legata a quella del dio e cavargli il cuore dal petto.
Mentre guardavo l'isola farsi sempre più vicina, pregustavo il momento in cui i miei artigli avrebbero sfondato il suo petto, le mie dita prendersi la sua vita, sentirla scivolare tra le mie mani, sul mio corpo, calda e impetuosa mentre quella del drago si spegneva di conseguenza, cessata dal sigillo impostogli dagli esseri umani. Sì! Mi sembrava già di sentirne lo scalpitio in declino tra le mie affusolate dita.
«Nell'acqua! Nell'acqua c'è un'ombra!» un urlo precedette un forte boato, poi il ruggito del bastardo si espanse nell'aria mentre la terra sotto in nostri piedi tremò violentemente. Persi l'equilibrio, presa dai miei bramosi pensieri, e caddi sul pavimento delle scale mentre l'incantesimo che ci teneva sospesi vacillò. Qualcosa ci aveva colpito, scombussolando l'aria stessa.
I sacerdoti che eseguivano l'incantesimo di volo furono scaraventati sul tetto e l'isola cominciò a perdere quota. Urlai al cielo, maledendo la divinità delle fonti e, rimettendomi subito in piedi, allungai le braccia all'orizzonte ed eressi una barriera appena in tempo. La sagoma del drago dell'acqua si manifestò davanti a noi e, aprendo le sue fauci, cominciò a sputarci contro il suo potente getto d'acqua rovente. Ma avevamo già reagito al suo primo attacco, i sacerdoti avevano preso nuovamente il controllo dell'isola ed eravamo nuovamente in dirittura d'arrivo dell'isola. Ma lui non si perse d'animo, strano visto ciò che sapevo di lui, e con agilità ci volava intorno, intervallando i suoi terribili geyser a potenti colpi di coda, cercava di trovare un punto debole per far cadere la barriera, ma il mio scudo era impenetrabile.
Vedo che il tempo passa e il tuo caratteraccio non è cambiato, Amethyst.
La voce di Fyren tuonò nel cielo, e la sua figura si palesò al di fuori della barriera, utilizzava il suo corpo più piccolo, quello di un ragazzino impertinente. Non compresi bene la sua scelta, era pur vero che fosse agile ma decisamente poco resistente al suo potere. Fluttuava davanti a noi, aveva le braccia conserte e al suo fianco galleggiava una lunga lancia. La bambola aveva un'espressione turbata dalla pazzia e il potere che non riusciva a contenere gli fluttuava vorticosamente intorno, ma rideva di gusto nel vedere il drago affannarsi.
Il cielo carico del potere di Fyren cominciò a piangere acqua corrotta, mentre il ruggito della divinità dell'acqua si espandeva in risposta alla sua provocazione.
«Non prendertela così tanto» rispose con voce sottile e frammezzata da una molto più potente «Non è una questione personale, mi sei semplicemente di intralcio» allungò la mano verso di lui e la lancia che era al suo fianco seguì i suoi gesti squarciando il cielo. Volò nella direzione impostagli da Fyren, lasciando una scura scia.
Il drago si spostò per evitare il colpo ma, con un altro gesto della mano del dio, la lancia tornò sui suoi passi per colpirla alle spalle. Il dio, con un colpo di ali salì di quota cominciando a scappare alla lancia. Provò anche a distruggerla con il suo getto ma l'arma era pernea del potere di Fyren che continuava ad incanalarlo. Era inscalfibile e inarrestabile.
Osservai subito il mio signore e notai che il sorriso non aveva abbandonato il suo volto, si stava divertendo a vedere il drago evitare i suoi attacchi e non sembrava intento a modificare la strategia per sottometterlo. Decisi che era necessario un piccolo aiuto, se fossi intervenuta io la divinità drago non avrebbe avuto scampo. Come poteva due contro uno?
Alzai le mani al cielo e pronunciai il mio incantesimo. La mia voce rimbombò nel cielo, tra i tuoni della tempeste che ci portavamo appresso, dei grandi cerchi si disegnarono a ridosso della barriera e dei fasci oscuri si dipanarono da essi, rivolti a colpire il drago. Gli lanciai addosso il mio attacco migliore ma lui ancora una volta riuscì a sottrarsi alla nostra offensiva.
Non importava quanti attacchi gli lanciavamo contro. Come poteva un essere così grande essere anche così agile? Strinsi le mani, caricai più potere e cominciai a sparare numerosi colpi, se non riuscivo a colpirlo, lo avrei fatto stancare a forza di fuggire!
A quel punto lo sguardo di Fyren si posò su di me, infastidito dal mio intervento e adirato come non mai. Digrignava i denti e con gli occhi stretti a fessure mi intimava a smettere. Abbassai le mani e tornai ad osservare semplicemente la scena. Lui tornò ad occuparsi del drago lanciandogli la lancia contro, e anche questa volta questa non sfiorò le scaglie del suo nemico, probabilmente il mio intervento doveva averlo distratto perché non deviò con prontezza la traiettoria della sua arma e il drago sicuro abbastanza per fermarsi e passare al contrattacco.
Aprì le sue fauci e l'acqua bollente cominciò a zampillare in fondo alla sua gola, a pochi metri dalla bambola che ospitava Fyren, ma lui non sembrava affatto preoccupato. Teneva le braccia conserte mentre guardava con sguardo sicuro quello del suo avversario che lo sbeffeggiava. Non capivo perché non si difendesse ma qualche istante dopo il drago sgranò gli occhi, interruppe l'attacco e lo sgomento travolse il suo squamoso volto.
Guardavo con occhi impotenti Amethyst intenta a distruggere la barriera dell'isola per rallentarne l'avanzata, avrei voluto aiutarla ma non potevo muovermi dalla mia postazione. Continuai a seguire lo scontro preoccupato ma fiducioso, davanti a me si stava consumando un combattimento al di fuori dei limiti mortali quando l'onda anomala mi coprì del tutto la visuale.
Era ormai vicina e presto si sarebbe abbattuta su di noi, spazzando via ogni segno di vita e non potevo permetterlo. Il vento sferzava sulla costa deformando ogni pianta, acqua nera come la pece si mischiava velocemente a quella cristallina, al suo contatto, la pelle quasi bruciava e sentivo tutta la natura intorno subire le conseguenze della contaminazione del potere del dio.
Urlai a quel muro d'acqua sempre più alto, quasi in modo animalesco e infine alzai le mani ergendo un muro invisibile su cui l'onda anomala si infranse impedendole di raggiungere le sponde. Quando l'onda si diradò, per spandersi sui confini dell'isola vidi Amethyst volare verso di me. Non feci in tempo a capire cosa stesse succedendo e qualche breve istante dopo vidi il suo voluminoso corpo farsi trafiggere da una lunga lancia. Il colpo la sbalzò con forza disumana sulla spiaggia e tra versi di dolore, atterrò tra la sabbia.
Il suo passaggio spostò montagne di sabbia, sollevando quella più fine che si nebulizzò intorno a noi. Chiusi subito gli occhi per evitare che i miei occhi si riempissero di sabbia e istintivamente corsi verso di lei, seguendo i suoi gemiti.
«Amethyst!» la chiamai ripetutamente, lottando contro la resistenza della sabbia che sembrava trattenermi. La raggiunsi e per prima cosa le sfiorai la ferita per constatarne la gravità. Provai di istinto ad estrarre la lancia ma la divinità mi fermò, mi avvolse i fianchi con la coda e con un gesto stizzito mi lanciò verso la vegetazione dietro di noi.
Atterrai tra le chiome degli alberi e, frastornato dal colpo, rotolai tra i rami con le braccia strette fino ad accasciarmi al suolo. Tutto il corpo mi doleva, avevo sbattuto la testa ripetutamente e avevo difficoltà a mettere a fuoco intorno a me.
Che diamine le era preso? Ero l'unico che poteva aiutarla, anzi, ero l'unico essere vivente che sapeva combattere per chilometri di distanza e lei mi feriva a sua volta? Avevo tutto il corpo incapace di muoversi e dovetti attendere di riuscire a rialzarmi mentre i versi di dolore di Amethyst riecheggiavano tra gli alberi del bosco facendo fuggire tutta la fauna verso lidi più sicuri. La sua potente voce, solitamente spavalda e giudicante, era provata dal dolore che non aveva più vergogna a trattenere. Non potevo resistere, perché le stava procurando tutto quel dolore? Il cuore mi si stringeva in una crudele morsa dovevo fare qualcosa! Mi sollevai superando quel momento di dolore e, cercando di coordinare i movimenti, mi affrettai a raggiungere nuovamente la spiaggia.
I ruggiti di Amethyst cominciavano a scemare di intensità ma quando arrivai lei era ancora riversa al suolo che si contorceva dal dolore
«Non ruggisci più? Dov'è la tua voce adesso?!» un uomo, piuttosto magro e slanciato spadroneggiava ai suoi piedi, aveva la mano rivolta verso di lei e la lancia che l'aveva trafitta la prima volta si muoveva sopra di lei come comandata dalla sua volontà.
«Non serve a nulla che lo nascondi. Lo troverò, lo sai» affermò e la lancia di mosse ad una velocità impressionante penetrando il suo addome. Lei provò a muovere la coda per allontanarla ma sembrava esausta. Si limitò a prendere il colpo e giacere dolorante.
La lancia però non si fermò sotto i suoi gemiti, uscì nuovamente per riconficcarsi dolorosamente nel suo corpo mentre quell'infame se la rideva divertito.
«Non ho alcuna fretta, posso passare l'eternità a procurarti sofferenza finché il tuo corpo reggerà. Tanto anche in quel caso avrò ciò che desidero e lui morirà comunque».
Dovevo intervenire ma dovevo contrattaccare con cognizione di causa. Non conoscevo il mio avversario, ma se era riuscito a vessare in quella maniera Amethyst doveva essere molto potente e io avevo una sola e disperata possibilità per tenergli testa. Osservai l'acqua del mare e gli corsi incontro sperando che il folle che ci aveva attaccato fosse troppo impegnato a torturare Amethyst. Mi fiondai sul bagnasciuga, immersi i piedi nell'acqua, era scura come la notte e i miei abiti sembravano sporcarsi ma dovevo accontentarmi di ciò che avevo. Alzai le braccia e invocai il ferbiner.
«Argua, Koletas uste potencon, dominarn cu viajn povjn and tiama udi rozide»
Sapevo che quel giorno sarebbe arrivato, fin dal primo istante che noi draghi fummo costretti a fondere le nostre esistenze con dei mortali. Ma mai mi sarei immaginata che avrei combattuto più preservare la sua vita che la mia. Le vite dei mortali sono così fragili, bastava un tocco per annientare il soffio vitale che li animava eppure erano capaci di sprigionare forze a noi divinità sconosciute. E volevo proteggerli a tutti i costi, ma sopratutto volevo proteggere la vita di colui che amavo.
Avevo udito molte cose su Fyren, voci sbiadite nel tempo che narravano le sue più crudeli nefandezze atte solo per intrattenere le sue immortali carni ma non lo avevo mai conosciuto di persona. Solo in quel momento mi accorsi del motivo per cui anche nostro padre ne aveva timore tanto da averlo in passato allontanato dal mondo celeste.
Quel pupazzo che usava per poter camminare sulla terra ormai non lo conteneva più, l'aura di oscurità che lo avvolgeva e che annientava ogni raggio di luce era la sua vera essenza che fuoriusciva, e il suo sguardo, gli occhi spiritati, di un viola luminescente ma profondo. Animati dalla follia che non nascondeva con la sua sadica risata ma con gli angoli pieni di lacrime.
Per un attimo io stessa tremai di fronte alla sua presenza ma non avevo intenzione di cedere. Dovevo resistere e intrattenerlo il più possibile, pregando la dea madre che lui avesse preso la palla al balzo quando l'ho allontanato e che fosse scappato per ripicca al mio gesto di rifiuto, oppure magari avesse prevalso in lui il senso di sopravvivenza e si sia nascosto da qualche parte.
«Mi deludi, Amethyst» la lancia maledetta finalmente si fermò, sospesa sopra di me, ma il dolore non si placò. Sentivo qualcosa dentro di me che avanzava cibandosi delle mie interiora corrodendo il mio stesso spirito. Il primo colpo, quello rivolto ad Amsun, era penetrato fino al mio nucleo magico e ha permesso al suo potere di confluire in me... il processo ormai era iniziato. Senza un'adeguata purificazione, non avevo modo di resistere alla sua corruzione.
Il mio potere diventava instabile, la mia coscienza presto si sarebbe affacciata all'oblio della pazzia e quei giorni sereni che custodivo nella mia memoria saranno spazzati via dall'indifferenza del caos. Non avrei mai voluto che ciò accadesse ma pur di salvarlo avrei anche rinunciato a tutto quello.
Dei passi svelti attirarono la nostra attenzione, una sagoma umanoide uscì da un cespuglio crollando sulla battigia.
«Argua, Koletas uste potencon, dominarn cu viajn povjn and tiama udi rozide» Amsun! Cosa ci faceva lui ancora qui? Quel cocciuto testone di un hent!
«Bene bene, quindi è lui il guardiano» Fyren fu subito attirato dal potere che quelle parole sprigionarono. Si voltò ad osservare l'acqua corrotta che si radunava intorno ad Amsun, formando un piccolo tornado d'acqua che si sollevava ricoprendo il suo corpo. Usare il suo ferbiner per entrare in comunione con quell'acqua contaminata, cosa gli era saltato per la testa!? Aveva intenzione di finire corrotto?
Il dio dell'oscurtà riportò la lancia al suo fianco, perdendo del tutto interesse in me. Aveva intenzione di semplificare i giochi provando ad uccidere direttamente Amsun, ma non glielo avrei permesso.
Dove stai guardando! Sono io... il tuo avversario, Fyren!
Mi sollevai reggendomi a stento sulle zampe e caricandolo tentai di attirare la sua attenzione ma lui con un semplice gesto della mano mi scagliò contro un un'onda di potere che mi scaraventò lontano. Per quanto la volontà mi spingesse a rialzarmi, non ero più un avversario per lui.
Quando riuscii ad aprire gli occhi l'unione di Amsun con il cuore dell'acqua era completo seppure il ferbiner sembrasse parziale. Era come se l'elemento non si lasciasse dominare da lui del tutto nonostante l'incantesimo che gli aveva imposto. L'unione era instabile e forse era un bene. Gli sarebbe bastato una sola distrazione e sarebbe stato consumato dall'oscurità per sempre.
«Un corpo spirituale d'acqua corrotta? Non credevo me l'avreste resa così facile!» Il corpo di Amsun non avrebbe retto la trasformazione per molto e anche Fyren lo sapeva. La lancia guidata dal potere oscuro del dio si scagliò verso di lui ma grazie alla sua forma d'acqua si mischiò con l'oceano, spostandosi a pelo d'acqua e riapparendo alle sue spalle. Brandiva la lama degli oceani, che per il momento manteneva intatto il suo potere puro e con decisione provo a colpire il dio ma la sua lancia si mosse più veloce di lui. Coprendo le spalle del dio.
«Ma sì, divertiamoci un pò» Fyren si girò, impugnò la sua lancia e ingaggiò con l'uomo un combattimento ravvicinato. La velocità dei loro movimenti era impressionante e Amsun, in quella forma, riuscì a tenere testa a Fyren anche negli attacchi magici, proprio come se fosse un vero e proprio dio. Mi era già capitato di vederlo in vesti così eroiche, ma mai come in quel momento, e per un attimo sentii il petto riscaldarsi, era così bello... infondo aveva fatto cedere ai suoi piedi anche me, dea dominatrice di tutte e fonti, un motivo ci doveva essere! Avrei voluto essere lì al suo fianco e stringerlo a me ma non potei crogiolarmi nel mio istinto terreno di ammirazione in quanto la preoccupazione mi logorava. Il corpo fisico di Amsun non reggeva lo sforzo e in quella fusione instabile le due entità da cui era formato tendevano a separarsi. I due corpi si muovevano a velocità diverse creando in lui punti di rottura dove il suo corpo umano era esposto agli attacchi di Fyren, ma tutte le volte che succedeva riusciva a fondersi in tempo, dopo aver prontamente schivato i subdoli attacchi della divinità dell'oscurità. Ma, ogni volta che succedeva, rischiava di legarsi indelebilmente a quell'elemento corrotto.
Lo stato di Amsun era il preludio della fine del combattimento e io dovevo impedire la conclusione che vedevo consumarsi davanti ai miei occhi. Tenni stretto ancora qualche attimo, raccolsi le mie ultime forze e mi sollevai, incanalando la mia voce nella mente di Amsun.
Basta, fermati qui.
Lo pregai senza mai staccargli gli occhi di dosso. Ma lui non rispose, probabilmente lo sforzo del combattimento non gli impediva di distrarsi. Era ormai all'avvicinarsi dell'esaurimento delle forze e Fyren, in un ghigno divertito roteò la sua lancia finché non fu bloccata dalla lama di Amsun ma in un gesto del tutto nuovo sollevò una delle due mani che impugnavano la lancia, da questa fuoriuscì una seconda arma, una sottile spada che con un movimento secco e repentino conficcò nel petto dell'uomo, incapace di reagire al colpo.
Vidi troppo tardi la lama avvicinarsi, mi capacitai di ciò che stava succedendo solo nel momento in cui sentii il petto bruciarmi. Quella sensazione coprì tutto il subbuglio che sobbolliva dentro di me, sulla mia pelle e nei miei pensieri. Proprio nel momento in cui mi stavo sentendo sopraffare dal potere a cui mi ero legato, quel dolore riportò indietro la mia coscienza.
Amsun!
Sentii la voce di Amethyst chiamarmi, così istintivamente mi voltai verso di lei, mentre il mio corpo veniva sbalzato nella sua direzione. Atterrai con violenza sulla sabbia che per un po' attutì la caduta. Non ero spaventato, vicino a lei sapevo che tutto sarebbe andato per il meglio.
Nonostante fosse così burbera sapevo che lei avrebbe sistemato ogni cosa, la sua acqua magica era la panacea di Ariadonne. Non c'era ferita che non poteva guarire. Alzai appena il volto, vidi il mio avversario avvicinarsi con la sua lancia ricomposta e fluttuante al suo fianco. Mi fissava anche se era difficile comprendere se guardava davvero me o qualcosa di indefinito alle mie spalle, allungò il dito indice verso di me e sulla sua punta si concentrò velocemente una quantità spaventosa di magia oscura. Lui sorrise e un fascio partì intento a colpirmi ma il ruggito di Amethyst scosse la terra, il raggio si infranse e l'uomo si paralizzò.
Coprii subito le orecchie, quello era il ruggito spettrale di Amthyst e, nonostante tutto, sentivo la vibrazione del suo urlo tanto che le orecchie mi dolevano comunque poi una voce, anzi un canto. Una melodia familiare si espanse spazzando via le vibrazioni distruttive di Amethyst e sentii il ferbiner sciogliersi e l'acqua corrotta scivolare via dal mio corpo.
Aprii gli occhi e il dio che ci aveva attaccato versava in condizioni critiche. Di lui era rimasto solo un volto lacerato che fluttuava in una nube di oscurità, e due mezze gambe riverse al suolo. Dopo aver perso qualche altro pezzo il capo crollò al suolo frantumandosi in altri più piccoli frammenti.
Sollevai il busto reggendomi il petto. Sentii il palmo bagnarsi di qualcosa di viscoso, così il mio sguardo cadde sullo squarcio che sanguinava copiosamente. La mia pelle, la mia mano, quando la fusione con l'acqua si era stranamente annullata, il mio corpo era tornato normale.
Amsun... scappa finché sei in tempo.
Alzai nuovamente il capo e davanti a me c'era Amethyst accsciata al suolo, i lineamenti del suo muso erano deturpati, un incavo degli occhi era vuoto e si potevano vedere le sue ossa. Era spaventosa.
«Certo che è stato davvero dura ma alla fine abbiamo avuto la meglio» risi per sdrammatizzare, eravamo letteralmente a pezzi ma avevamo vinto noi. Mi alzai, avvicinandomi a lei e le diedi un colpetto sul muso. Una sua squama si staccò finendo a terra sciogliendosi in una piccola pozza di acqua.
«Amethyst...?» la guardai e lei alzò il muso verso l'isola fluttuante che ci aveva attaccato.
Fyren non è morto, ho solo distrutto la sua marionetta. Tornerà mentre i suoi seguaci invaderanno l'isola.
«Loro sono... normali. Ci basterà curare le ferite e non ci sarà difficile scacciarli» la incoraggiai ma lei scosse il capo.
Non lo hai compreso? L'acqua che ci circonda non è l'unica cosa che è stata corrotta dall'oscurità
Affermò mentre rivoli di acqua cominciarono a scendere dal suo dorso «Il mio nucleo magico è stato compromesso. Non posso... curarti» aggiunse rivolgendomi uno sguardo compassionevole
Devi allontanarti da qui, prima che arrivino. Loro vogliono accede al tempio degli dei. Quando morirò tu non sarai una minaccia per loro.
«Ma cosa dici!» le urlai contro «Se tu muori, anche io morirò, non ha senso che scappi da solo. Andiamo via insieme!»
Sbagli.
mi rimbecco mentre le sue corna di scioglievano, scendendo sul suo volto come lacrime scure
Tu non morirai.
«Non ricordi? Gli anziani della congrega hanno legato le nostre vite! Se uno di noi muore l'altro lo segue. È il legame che ci unisce!» Lei mi guardò rimanendo in silenzio, lo sguardo fisso e impassibile su di me mentre altre parti del suo corpo si dissolvevano trasformandosi in acqua.
Ti ricordi tutte quelle noiose ore che ti costringevo a passare purificando il tuo corpo?
Domandò e io annuii semplicemente con un cenno del capo.
Ti ho mentito. In realtà io... ho passato tutto quel tempo a depositare in te il potere della fonte dell'immortalità.
Sgranai gli occhi.
«Tu... cosa avresti fatto?»
Ho trasferito in te il mio potere. Lentamente, in modo che il tuo corpo si abituasse e che esso potesse attecchire nel tuo nucleo e lo facesse crescere senza danneggiarti.
Si prese una pausa accusando la stanchezza mentre le sue ali si dissolvevano
«Amethyst, cosa ti sta succedendo?» avrei voluto chiederle perché, ma ero più in pena per le sue condizioni.
Sto morendo.
Riaprì gli occhi, il suo azzurro era rovinato dalle bruciature della corruzione che avanzava dentro di lei.
E mentre le forze mi abbandonano anche l'incantesimo che mi teneva vincolata a questo luogo si sta sfaldando. L'isola dl equilibrio si sta mostrando e io, non sono più costretta a questo aspetto.
Mentre ascoltavo le sue parole mi venne spontaneo alzare lo sguardo al cielo. Sopra di noi un'imponente struttura stava facendo la sua lenta apparizione. Ecco quello che stavamo proteggendo, l'isola dell'equilibrio non era quel lembo di terra abbandonata che colcavamo, ma un'intera.
«Perdonami, Amsun... io ti ho mentito fin dal primo momento» la voce di Amthyst cambio, non la sentivo più nella mia testa, divenne più sottile e subito attirò la mia attenzione. Quella voce, adesso la riconoscevo e non potevo sbagliarmi. Anche se era da tanto tempo che non la vedevo e mi mncva da morire... Tornai a guardare Amthyst ma la sua enorme figura draghesca era scomparsa. Un mare di capelli del colore dell'oceano, lunghi e spettinati, coprivano quel corpo che aveva desiderato così ardentemente di toccare almeno un'altra volta nella vita. Amarad.
«Avrei preferito che non vedessi» aggiunse stringendo le dita a pugno. In quella forma aveva trovato la forza di alzarsi, era nuda e, mentre una parte di me cresceva un moto di eccitamento dall'altra parte ero terribilmente sconvolto dalle sue condizioni. Tutte le sue estremità erano nere, bruciate dal potere di Fyren, il suo occhio consumato era coperto dalla sua frangia mentre l'altro mi guardava offuscato e pieno di lacrime.
«Non ho molto tempo per i dovuti convenevoli» riprese riempiendo il silenzio che ci circondava. Io ero incredulo, basito, e non sapevo quale parola pronunciare per prima. Sorrise poi il suo volto fu scosso da un'espressione di sofferenza. Mi affrettai ad avvicinarmi e prima che potesse crollare l'abbracciai. La strinsi a me più forte che potevo e le lacrime solcarono il mio volto, ma le nascosi accuratamente tra i suoi capelli.
«Io... non so cosa ti succederà» era debole, non riusciva a ricambiare il mio gesto, ma neanche a rifiutarlo. Sorreggevo un corpo inerme e mi aggrappavo a lei nel tentativo di impedirle di scivolare di nuovo via da me.
«L'incantesimo... la maledizione che ha legato le nostre esistenze non ti ucciderà, ne sono certa. Il mio potere ti proteggerà ma potrebbero esserci delle ripercussio-» interruppi quel fiume di raccomandazioni e la baciai. le sue labbra pizzicavano, come se fossero state acide, ma non avrei mai allontanato le mie, anche se quel fastidio si sarebbe trasformato in dolore.
«Aspettami... io... tornerò...» la sua schiena si incurvò, quello che rimaneva delle sue braccia scivolò all'indietro e lo sguardo di Amarad si alzò al cielo, ormai vuoto e privo di vita. Non ebbi neanche il tempo di stringerla nuovamente a me che il suo corpo si trasformò in acqua e scivolò al suolo in una pozzanghera di liquido scuro.
Qualcosa in quel momento dentro di me si ruppe, tutto intorno divenne buio e senza poterla piangere crollai al suolo come una pietra lasciata cadere. Poi il nulla.
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