Capitolo 25 - parte III

Forse ero svenuta, tutto intorno a me era buio poi un fruscio di acqua si dipanò nel silenzio e fui circondata da suoni ovattati.

La vista si abituò subito alla mancanza di luce e mi resi conto di star fluttuando in un liquido molto scuro, con indosso degli abiti differenti, erano quelli da sacerdotessa di Ginozkena. 

L'acqua era molto fredda, tutto il mio corpo era gelato, non sentivo più le estremità degli arti e non vedevo il mio petto muoversi.

Come può andarti bene tutto questo!

Perché mi fai questo!

Non voglio farlo, questo è troppo!

Ti odio!

Sentii l'eco della voce di Ginozkena accompagnato da immagini veloci del suo volto, come ricordi che si sovrapponevano confusi nella mia testa.

Urlava, piangeva e si arrabbiava come non le avevo mai visto fare, poi una luce bianca cominciò a scaturirsi tra i miei seni. Un bagliore che dopo qualche istante diventò intermittente.

C'era così tanta pace, sia fuori che dentro di me, ero lì senza muovere un muscolo in attesa di qualcosa... poi vidi un'ombra avvicinarsi a nuoto, non era facile capire chi fosse ma riuscii a distinguere una sagoma umanoide che mi cinse fino a trasportami fuori dall'acqua ma il mio petto continuava a non muoversi. 

Mi sentii sollevare come una bambola, adagiare delicatamente su un giaciglio bianco, inerte come le pupille dilatate dei miei occhi. Il freddo era ancora più intenso ma non lo sentivo, era come se semplicemente lo sapessi.

Le mani che mi avevano tirato fuori dall'oscurità si posarono sul mio petto e vidi quell'uomo che mi aveva salvato piegarsi su di me per alternarsi tra compressioni sul torace e insufflazioni d'aria.

Quel possente petto nudo, i capelli neri che si confondevano perfettamente a quelli miei, l'intenso calore che scaturivano le sue mani capace di arrivare fin dentro alla mia stessa anima, la premura di quelle intirizzite labbra... Non avevo bisogno di vedere il volto del mio salvatore per comprendere che fosse Enex.

Poi improvvisamente un battito fece riverbero tra i miei seni, presi un forte respiro e tossendo cominciai a rigurgitare l'acqua che avevo inalato. Istintivamente mi voltai di fianco per farla scivolare al suolo e finalmente aprii gli occhi. 

Il bianco si sostituì prepotente alle ombre, c'era neve ovunque e una tempesta infuriava su di noi.

«Ce ne hai messo di tempo» affermai voltandomi a guardare Enex, dopo avermi rianimato era rimasto distante, in ginocchio con la testa bassa e il volto leggermente oscurato dalle ciocche dei capelli, potevo vedere le sue labbra strette, contratte dal suo solito tentativo di trattenere i suoi sentimenti.

«Ho temuto davvero che mi avresti lasciato morire» aggiunsi, le parole continuavano ad uscire da sole mentre il mio corpo mi spingeva in movimenti che non ero io a scegliere di fare. 

Mi resi conto che stavo vivendo quel momento come un'estranea. Percepivo le emozioni, i pensieri, le sensazioni di Ginozkena ma allo stesso tempo la vedevo agire dall'esterno e non mi era possibile in nessun modo intervenire.

Cercai con le mani il volto di Enex per rassicurarlo ma lui mi rifiutò, scansandole con uno scatto.

«Non ci credo! Tu... Lo hai fatto a posta!» alzò il volto rigato, gridando.

I nostri occhi a quel punto si incontrarono ed ebbi quasi un mancamento. Il suo viso era così diverso, più chiaro e più spigoloso. 

Non avevo mai pensato che Enex fosse vecchio ma a confronto con la figura che avevo davanti, compresi quanto in realtà lui avesse sulle spalle. Quell'Enex aveva molte meno imperfezioni, meno segni scavati sulla pelle e nell'animo.

«Forse avrei dovuto farlo! - sgranò gli occhi furioso mentre le lacrime non smettevano di solcargli il viso - Anzi, avrei dovuto tenerti la testa giù io stesso per assicurarmi che esalassi il tuo ultimo respiro, forse tutto questo sarebbe finito e avrei potuto tornare a fare la mia vita!» mentre parlava il fiatò gli si accorciò, cominciò ad ansimare e nella foga gesticolava portandosi di tanto in tanto le mani sotto le ascelle. 

Era furibondo, potevo vedere il fuoco nei suoi occhi e la neve tutto intorno a lui sciogliersi. Un'aura sempre più intensa lo avvolse, era il potere del fuoco eterno che tentava di liberarsi attraversando le brecce del sigillo.

Risi, sapevo, anzi lei sapeva, che più lui infieriva su di noi e più erano forti i sentimenti di amore che provava dentro di sé. 

Non sapeva gestire le sue emozioni, aveva passato tutta la vita a distaccarsene fino a rifiutarli con tutto se stesso; riversando la sua incapacità di amare in un calice di veleno. 

Ma noi sconvolgevamo i suoi piani, distruggevamo il suo autocontrollo finendo per scaturire in lui quella potente rabbia.

Mi misi seduta, il mio cuore batteva frenetico per l'emozione che il viso tradiva, lo presi dal polso interrompendo il suo fiume di parole e gli accarezzai il palmo della mano in un gesto abitudinario. 

L'aura di potere che lo aveva travolto si dissolse in un istante e lui finalmente mi guardò. La rabbia sembrava essergli scivolata di dosso lasciando in lui solo una disarmante consapevolezza, lo si vedeva dagli occhi che mi puntavano silenziosi.

Lo tirai a me e lo baciai bevendo ancora da quel suo calice, sapendo che non sarei mai più stata capace di tornare indietro. Lei non sarebbe più potuta tornare indietro. 

Aveva fatto la sua scelta e non le interessavano le rimostranze dell'uomo.

«Ho accettato tante cose per dovere di ciò che sono, - cominciò staccandosi da lui - solo perché sento la sua voce, ma non possono chiedermi anche questo sacrificio!».

A quella affermazione Enex aggrottò le sopracciglia contrario.

«Lo farò solo alle mie condizioni. E non mi interessa se nessuno le accetterà» mi aggrappai a lui e riuscii a mettermi in piedi poi cercai le sue braccia.

«Voglio passare una notte con te», potevo percepire i pensieri di Ginozkena anche se faticavo a comprenderli: voleva portare con sè un frammento di felicità, in quell'oscurità che l'attendeva.

Lui la guardò sofferente e sconvolto da quella sua richiesta. 

Conoscevo bene quello sguardo me ne aveva rivolti così tanti da quando ero lì. Dapprima di nascosto, celandosi per quello che poteva alla vista di chiunque poi quella notte che Dix mi aveva violentato. O quando mi aveva quasi uccisa sotto il controllo del drago e l'ultimo me lo aveva riservato proprio qualche istante fa, prima di finire a vagare in quei ricordi.

Solo allora mi resi conto che le sue iridi rosse erano lo specchio della voragine che aveva scavata nel cuore, e che nessuno mai era riuscito a colmare con l'amore che bramava.

«Quindi... hai deciso tu per tutti e due».

Decretò Enex distogliendo lo sguardo. Era una reazione inaspettata, credeva di dover combattere duramente contro il solito muro che le ergeva contro, contro il suo completo rifiuto di quel loro rapporto e dei loro reciprochi sentimenti e invece quelle parole la presero alla sprovvista, per un attimo vacillò ma non si perse d'animo, cambiando strategia.

«Da quando per te è un problema scopare? - puntò sulla sua virilità, dove sapeva di fare centro - Ti faccio così schifo che non riesci nemmeno a toccarmi?» gli chiese punzecchiandolo e lui non resistette alla provocazione.

«Pensi davvero che sia solo questo?» Si alterò nuovamente, offeso da quella sua insinuazione e l'accontentò. 

Con irruenza aprì il suo abito a kimono esponendo il seno alla tempesta poi le mordicchiò il collo gettandola sulla neve. Strizzai gli occhi ruotando il volto, tutto intorno a noi era freddo eppure sentivo solo il suo calore. 

Era violento, accarezzava il mio corpo premendo con possessività e con le ginocchia si impose prepotente tra le mie gambe, costringendomi ad allargarle.

Non le interessava che per avere ciò che desiderava lo aveva fatto arrabbiare, era pronta, era disposta ad accettare la sua furia anche se tutto quello era molto lontano da ciò che aveva sempre immaginato. 

Con la mano destra gli accarezzai il capo mentre con l'altra mi aggrappai alla sua schiena ma lui si fermò, sentivo il suo fiato sul ventre e compresi il motivo di quell'arresto. Il mio corpo mi aveva tradito, forti scosse lo attraversavano e non erano brividi di freddo o di piacere.

Lui rimase in silenzio, strofinò la fronte sul mio addome, sentii la pancia bagnarsi appena delle sue lacrime poi mi cinse in un dolce abbraccio.

«Non è così che si fa...» sussurrò con la voce rotta, vidi le sue mani chiudersi a pugno e stringere fino s tremare visibilmente poi alzò il busto e intorno a noi l'ambiente cambiò. 

Non eravamo più all'aperto e ci guardavamo negli occhi più complici. Nudi ci lasciammo cadere su un letto, lui cominciò a sfiorarmi asciugando la pelle dall'acqua. Brividi caldi mi scossero la schiena, i suoi artigli mi lambivano senza graffiarmi e le sue labbra dissetarono le mie senza alcun freno.

I doveri, la rabbia, i nostri ruoli... avevamo lasciato tutto fuori dalla porta di quella stanza in penombra. 

Finalmente eravamo solo io e lui, senza alcuna inibizione, senza alcun artificio. Un uomo e una donna, due corpi a stretto contatto senza più ferirsi e finalmente ci toccavamo, nel silenzio del nostro più esposto intimo. Lo stupore e l'imbarazzo di quel momento svanì presto facendo posto alla naturalezza del nostro gesto.

Enex mi prese dai lati del collo, con le dita imprigionò i miei lobi mentre la sua bocca scese sulle clavicole per trovare quel seno che tanto aveva odiato. Il simbolo della sua più fiorente femminilità che era sempre costretta ad occultare.

Poi scivolò sul mio ventre, lasciando scie di baci roventi e più gli attimi passavano e più tutto il suo corpo si riscaldava, ma non era come quando Ivanhoe cercava di scappare. 

Quello era lui, il suo fuoco. Chissà quanto calore poteva ancora effondere... quanto amore poteva darmi.

Le sue mani percorsero tutto il mio busto ed ebbi un brivido quando le sentii scivolarmi tra le gambe. Istintivamente lo assecondai allargandole e lui le guidò aggrappandosi all'interno coscia.

Attesi qualche secondo in ansia per quello che voleva fare ma i suoi capelli mi solleticavano il bacino e mi sfuggì una lieve risata finché non sentii la sua lingua lambire le mie parti intime. 

Ebbi un sussulto, il mio corpo fu invaso dall'intenso calore della sua bocca e la mia schiena fu scossa da una sensazione che non avevo mai provato. 

Mi sentivo mancare l'aria anche se il mio petto si espandeva con una ritmicità nuova. Mi strinsi le mani al seno e con gli occhi offuscati da quella sensazione lo osservai piegato tra le mie gambe.

Qualsiasi cosa mi stesse facendo sentivo ogni mio muscolo in completa tensione, gli arti intorpiditi e incapace di reagire a quel nuovo stimolo.

Dopo qualche infinito istante si stacco appena per riprendere fiato e con le dita cominciò a giocare con le mie parti sensibili finché non le sentii scivolare dentro di me.

Un'altra sensazione nuova mi attraversò, le sue dita erano così diverse dalle mie e mi diedero un piacere inaspettato ma io volevo di più, io volevo lui.

«Basta così» sussurrai ansimando, lo chiamai e lui scivolò col busto su me fino a raggiungere ancora una volta le mei labbra. Ci baciammo e lui sapeva di me, il suo corpo era marchiato con il mio odore. Lui era mio, solamente mio finalmente.

Sentii il membro di Enex scivolare verso di me e le sue ali si aprirono, mi concentrai su quella intensa colorazione cremisi mentre lo sentivo entrare con fatica dentro di me.

Mi aggrappai a lui più forte che potevo e strinsi gli occhi per resistere. Mi aveva avvertito che la prima volta sarebbe stata così, ma se quel dolore mi avrebbe indelebilmente compromesso, era lui l'unica persona che volevo imprimere sul corpo e nella mente.

Feci forza sulle sue spalle, premetti fino a graffiare la sua coriacea pelle come a volergli trasmettere quello che provavo poi si fermò, i nostri corpi aderivano alla perfezione, eravamo a tutti gli effetti una cosa sola, non c'era più di distinzione di me, ma solo la realizzazione di noi al nostro apice.

Certo, lo avevo immaginato molto meno fastidioso ma lui mi abbraccio accarezzandomi i fianchi.

«Perdonami, non sono l'uomo adatto con cui consumare una prima volta, ti faccio molto male?»

Scossi la testa per evitare di parlare, non era vero ma non volevo che si tirasse indietro proprio in quel momento.

Tutto quello non era altro che lui, nella sua forma più pura e dovevo accettarlo, dovevo abituare il mio corpo alla sua ingombrante arroganza, al suo impetuoso essere. E io non desideravo altro.

Ricominciò a baciarmi, mi avvolse con le sue morbide ali e sentii tutto il corpo rilassarsi. La mia mente si svuotò, piacevolmente rapita da quelle sensazioni.

Il dolore sparì, la mia voce cominciò a riecheggiare sottile nella stanza e lui non resistette più. Cominciò a muoversi, il suo bacino sbatteva sempre più irruento sul mio, tutti i pensieri mi scivolarono via: nella mia testa, sulla mia pelle e dentro di me c'era solo lui e le sensazioni con le quali mi investiva. 

Era così, mi sentivo completamente preda di un piacere che si intensificava attimo per attimo, spinta dopo spinta. Per quanto ancora poteva crescere? Poi una prepotente sensazione mi invase come una piccola goccia di colore intenso che sporcava l'acqua cristallina di una ciotola, proprio quando mi sembrò che la mia mente stesse per perdersi. 

Urlai sconvolta e ancora calore si riversò in me, ancora più intenso, mi sentii piena, completa.

Se il mio destino era comunque sprofondare nell'oscurità ero contenta di non aver avuto un rimpianto del genere.

Il mattino seguente fui la prima a svegliarmi, Enex dormiva così mi alzai per stiracchiarmi e ne approfittai per avere un momento solo per me, per rendermi conto di quello che era successo. Al sol pensiero avevo ancora i brividi ma poi osservai il palmo della mia mano e la mente tornò alla realtà. 

Chiusi gli occhi, presi un profondo respiro e trovai il coraggio di richiamare a me la spada sacra, ma non sentii il suo metallo scivolare tra le mani.

A quel punto chiusi le mani ma non mi persi d'animo, continuai a provare per diversi minuti.

Perché non funzionava? Perché? Conoscevo la risposta, eppure cercai comunque consolazione ma neanche lui mi rispose.

Quella notte aveva cancellato tutto, ero rimasta da sola. Ero diventata ciò che avevo sempre desiderato essere, una donna qualsiasi. Serrai le labbra per evitare che le nuove lacrime potessero svegliarlo e come il vento fuggii via da lì.

Poi le immagini si sfocarono, mi trovavo sdraiata in posizione prona e sentivo tanta confusione intorno a me, ma i suoni era attutiti proprio come le immagini. Indossavo un abito bianco e qualcuno era chinato sopra di me. 

Il corpo bruciava e a tratti sentivo un lancinante dolore penetrarmi. Ero troppo sconvolta per urlare, e troppo debole per reagire ma per qualche attimo riuscii a distinguere la sagoma che si muoveva a scatti su di me. 

Era un uomo dalla carnagione scura e mi stava ripetutamente colpendo con qualcosa poi una barriera di fuoco si frappose tra di noi impedendogli di farmi ancora del male. Non vedevo null'altro che quelle fiamme e capii che potevo rilassarmi, chiusi gli occhi e feci un sorriso amaro. 

Ero stata salvata e quel fuoco poteva essere di una sola persona. 

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