Capitolo 23 - La città senza magia
Da quando Dramairan era tornato mi sentivo più leggero, per qualche lungo attimo avevo seriamente rischiato di diventare l'erede al trono e il pensiero di dover essere costretto a sottostare a certe regole non mi andava giù.
La mia vita andava bene così com' era, lontano da tutto e da tutti. Ero grato a mio fratello per aver cancellato il bando che gravava sul mio nome ma non avevo la minima intenzione di tornare.
Mi dirigevo nella sala della guerra quando una corposa colonna di fumo attirò la mia attenzione alla finestra, proveniva dall'ala opposta del castello.
Un ulteriore incendio avrebbe fatto crollare quelle mura già lungamente provate così mi fiondai giù dalla finestra e spalancando le ali mi sollevai in volo raggiungendo il balcone interessato dalle fiamme.
Sembrava che un mucchio di cose fossero state messe lì e date in pasto alla crudeltà del fuoco.
Scossi le ali per provocare un piccolo spostamento d'aria e diradare il fumo e due spinosi occhi che mi osservavano apparvero nella nube.
Era l'amichetta di Dramairan, impugnava da una parte una spada e dall'altra stringeva una folta massa di capelli scuri che qualche istante dopo gettò nelle alte fiamme.
Scesi sul balcone tossendo e muovendo le mani verso il fuoco ne presi il controllo. Le fiamme diventarono viola e il fumo andò a svanire portato via dal vento.
«Non pensavo fossi anche pazza» esclamai quando la sua figura si fece più chiara.
Alzò la lama verso di me e la tenne decisa in direzione del mio collo. Aveva i capelli corti e mi guardava con una smorfia disgustata.
«Non sono pazza!» alzai subito le mani in segno di resa. Anche se lei lo negava era meglio non farla arrabbiare. La sua reputazione l'anticipava.
«E se ti ha mandato lui, eviterò di farti perdere del tempo. Non voglio ascoltare nulla» aggiunse decisa.
«Non so di cosa parli. Sono stato attirato dal fumo» lei mi squadrò, riflettè qualche secondo poi abbassò l'arma e mi diede le spalle prendendosi una pausa.
Curioso da cosa stesse succedendo guardai tra le fiamme: ormai non c'era che cenere sulla pietra del balcone.
Qualsiasi cosa avesse voluto occultare ci era riuscita.
«Sai avevi ragione» mi disse contraendo le spalle in avanti.
«Quella storia finiva male, hai vinto la scommessa sono in debito»
Non c'era più ragione di mantenere vive quelle fiamme così con il movimento circolare delle dita le estinsi.
«Non ho più interesse nel guidarti sul tetto» le spiegai rimanendole lontano.
A distanza di qualche ora non sembrava più la stessa ragazza con la testa tra le nuvole.
«Anche se in realtà sono io quello ad essere in debito con te, hai riportato sani e salvi mio fratello e i cavalieri del rubino nero da una missione suicida» le ricordai ma vidi le sue dita tremare.
Le strinse a pugno e rimase immobile.
«Non è con me che sei in debito. È Ginozkena ad averlo fatto. Io ho solo dormito» le sue parole mi suonarono strane e confusionarie.
«Pensavo che fossi tu» la questione sembrava farsi sempre più complessa.
«Ginozkena è morta tanti anni fa» mi spiegò poi si voltò per incrociare il mio sguardo e potei vedere la sua parte più fragile specchiarsi nei suoi occhi.
Qualcosa urlava dentro di lei, qualcosa di inevitabile come la morte.
«Eppure cammini qui viva davanti a me, ti hanno resuscitato?» chiesi cercando di nascondere la mia sorpresa.
«Sì» chiuse appena gli occhi riprendendo fiato.
Resurrezione.
E così anche lui aveva attraversato un confine invalicabile. Era incredibile fin dove si era spinto per la sua ossessione per quella donna.
Arrivare a sfidare la morte dritto in faccia. In confronto io ero un santo.
«Però qualcosa è andato fuori dalle previsioni... diciamo che in qualche modo sono lei ma non sono lei»
«Un'alterazione?»
«Probabilmente, il mio nome è Faith»
Non era tutto chiaro ma quella cosa così assurda spiegava un po' di avvenimenti.
«Mi dispiace averti fatto preoccupare. Non appiccherò più incendi, te lo prometto»
«Oh guarda, Faith, per me puoi anche continuare. Se ne avessi avuto l'occasione avrei già dato io fuoco a questo posto molto tempo fa.»
Lei si fermò guardandomi perplessa, non si aspettava una risposta del genere.
«Piuttosto dovresti tornare a riposare, sembri sconvolta»
Lei annuì e trovandosi d'accordo con me rivolse qualche altro sguardo pensieroso verso l'orizzonte poi entrò scrollandosi le spalle con le mani.
Mi congedai da lei e con passo svelto cercai Dramairan nella sua stanza. Era l'unico posto in cui potevo trovarlo dopo quell'ardua battaglia.
Senza neanche bussare entrai e lo trovai tra le lenzuola che sonnecchiava come un bambinello.
«Dramairan!» lo chiamai aprendo le tende.
Lui allargò appena le palpebre, giusto il necessario per minacciarmi come una belva con lo sguardo poi alzò il busto tenendo stretto il lenzuolo sui genitali.
Non era troppo vecchio per dormire ancora nudo?
«Cosa cazzo hai nel cervello? Segatura» esclamò strofinando gli occhi turbati dalla luce che entrava dalla finestra.
Mi avvicinai a lui sorridendo
«Probabilmente ma mai quanto te. Sai non credevo di doverti arrivare a dare dei consigli»
«Cosa vuoi?» mi chiese alzando lo sguardo ringhiando.
«Conosco il tuo segreto» accennai osservando la sua reazione. Sgranò appena gli occhi ma in una delle sue finte si girò e tornò a dormire.
«Ho conosciuto Faith» gli rivelai e lui spostò appena la testa. Sapevo di avere la sua attenzione.
«L'ho incontrata mentre aveva un tu per tu con del fuoco» a quelle parole si risistemò in posizione seduta.
«Cosa è successo?» mi chiese preoccupato. Il pesce era all'amo e potevo farne tutto quello che volevo.
«Nulla, è tutto a posto» immaginavo che quella donna doveva essere il suo punto debole ma mi sbalordì constatare quanto davvero lo fosse.
«Ma ho come l'impressione che qualcuno l'abbia fatta arrabbiare».
Non avevo letto tutti i libri di Azesiel, non avevo l'intelligenza militare di Sheol o l'astuzia di Dramairan ma il mio istinto non sbagliava mai e in quel momento mi diceva che qualcosa di grosso bolliva in pentola.
«Lei sarebbe arrabbiata? Non mi ha fatto neanche parlare!» esplose nervoso.
«Quella ragazzina mi farà dare i numeri un giorno di questi» si lamentò.
«Arrabbiata? Dramairan era nera. Una vallaca pazza, e credimi conosco bene le donne»
«Tu conosci bene le loro parti intime» specificò «Non prenderò mai consigli di cuore da uno come te».
«Se davvero ci tieni a lei dovresti correre a parlarle prima che faccia altre cose esagerate».
«Ci ho già provato! Non chiederò scusa».
«Come sei poco diplomatico» lo ripresi con derisione.
«Non mi farò prendere in giro da te! È lei che non capisce, non può mettersi in mezzo senza sapere tutto».
«Non me lo dire» sbattei i palmi delle mani comprendendo il senso vago del suo problema.
«Lurido figlio di puttana, te la fai con entrambe le sue personalità» risi divertito.
Era chiaro, solo quello spiegava quell'improvviso cambio di pettinatura e la rivelazione del suo vero nome. C'erano guai grossi per Dramairan.
«E ti sei fatto anche beccare, stai perdendo il tuo smalto fratello».
Lui stizzito mi diede un calcio allontanandomi dal letto.
«Lasciami riposare, Shura»
«Io ti ho avvisato» esclamai avvicinandomi alla porta e me ne andai lasciando le tende aperte.
Dopo aver parlato con Shura tornai nella stanza da letto intenta ad aspettare il ritorno di Xandra ma la donna era già nella camera, aveva indossato i suoi abiti quotidiani ed era distratta dal piegare i suoi indumenti da notte.
«Oh, Faith, non ti sei riposata?» mi domandò concentrata su un pensiero poi alzò il viso e mi guardò con enorme sorpresa.
«Faith, tutto a posto?»
«Sì» le risposi secca osservandomi in giro.
Nonostante le parole che mi aveva detto non si era preparata per l'imminente partenza che mi aveva comunicato.
«Perché non prepari lo zaino?» le domandai sedendomi sul letto.
«In realtà stavo giusto per farlo. Sono stata impegnata» non specificò e io non approfondii su quei fantomatici impegni.
Ormai non mi interessava più fare amicizia.
Se non me lo voleva dire peggio per lei, in quel momento il mio obiettivo era uno solo.
Eseguire il rituale per cui la mia anima era stata trascinata in quel luogo e farla finita una volta per tutte con quel mondo.
Volevo tornare indietro, a casa.
«Che ne dici di partire appena hai finito?» le proposi lasciandola sbalordita.
«Sarebbe un'ottima idea ma non so se Enex riuscirà a liberarsi dagli ultimi impegni».
«Intendevo senza di lui» specificai interrompendo la sua risposta.
Xandra mi guardò per lunghi attimi con sguardo attonito poi si diede una scrollata allontanando da sé ogni domanda che avrebbe voluto farmi.
«Allora si può fare. Ci penserò io ad avvisarlo»
«No, lascia stare. Partiamo e basta» a quella mia affermazione mi fulminò con lo sguardo.
«Qualsiasi cosa sia successa tra di voi non è un comportamento maturo da tenere» mi rimproverò.
«Gli ho lasciato una lettera» spiegai brevemente ma lei era contraria «Ti prego, Xandra» la supplicai facendola cedere.
«D'accordo. Se dobbiamo andare via di nascosto meglio separarci. Diamoci appuntamento alla piazza della città. Aspettami sullo spiazzo che dà verso il cancello esterno».
Le sorrisi sollevata, per un attimo credetti che non sarebbe stata mia complice.
Infilai l'armatura nello zaino ormai svuotato da tutte le cose di Ginozkena e indossandolo sulle spalle uscii da lì.
Ormai conoscevo bene i corridoi del castello, le abitudini dei domestici e di chi ci abitava dentro.
Con poca difficoltà riuscii a sgattaiolare fuori dalle sue sfarzose mura senza farmi notare e, coprendomi il capo con il mantello nero, mi mischiai alle persone che passeggiavano frettolose tra le strade.
Senza perdere tempo raggiunsi lo spiazzo indicatomi da Xandra e cercando di non destare sospetti mi sedetti ad una panca e attesi il suo arrivo.
Una parte di me sperava che lei rispettasse la mia decisione di partire senza avvisare Enex ma dall'altra avevo davvero poche speranze che lo facesse davvero.
La sua morale era forte e la sua disciplina rigida, temevo che in qualche maniera mi avrebbe tradito.
Sospirai osservando il grande castello poi per l'agitazione cominciai a giocare con delle ciocche dei capelli e toccai per la prima volta il vuoto sulle mie spalle.
Mi sentivo più leggera e non solo perchè non avevo più quel peso bruno.
Mi sentivo diversa, mi sentivo me stessa forse per la prima volta da quando avevo messo piede in quel mondo e la presenza di Enex mi avrebbe ritrasportato nel burrone della depressione.
Di fronte a lui non potevo non pensare che nonostante i miei sforzi il mio volto ancora rispecchiava quello di Ginozkena e non lo accettavo.
Non riuscivo a stare in sua compagnia sapendo che quella che guardava non ero io.
Mi destabilizzava e io avevo bisogno di tutta quella determinazione per concludere una volta per tutte il viaggio.
«Stai cambiando idea?» la voce di Xandra interruppe i miei pensieri «Sei ancora in tempo» mi spiegò passandomi davanti, stringeva tra le mani le redini di due vallachi.
«No» mi alzai e con movenze decise recuperai il comando di uno dei due animali.
«Andiamo, abbiamo perso fin troppo tempo. Non abbiamo pensato a Nazca, deve essere così spaventata prigioniera di quei mostri» presi la testa del gruppo e mi incamminai a passo svelto verso il cancello principale della città.
Più mi allontanavo e più il mio stomaco era in subbuglio, improvvisamente tutte le incertezze che avevo cercato di reprimere mi assaltarono.
Saremmo riuscite ad arrivare all'altare sane e salve? Cosa sarebbe successo quando avrei di nuovo incontrato Uriel? La resa dei conti era vicina, ero pronta a compiere il mio dovere?
In realtà non sentivo di esserlo ma la consapevolezza che la conclusione del mio viaggio mi avrebbe riportata a casa mi diede forza per continuare a muovere i piedi uno dietro l'altro senza più voltarmi dietro.
Quando avevo cominciato ad abituarmi ad Ariadonne avevo pensato che il mio senso di inadeguatezza nel mio mondo fosse dipeso dal fatto che non gli appartenevo pienamente: qui, tra Xandra e gli altri finalmente mi ero sentita a casa ma mi sbagliavo.
Non c'era posto per Faith lì, non c'era posto per me.
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