Capitolo 20 - Parte IV

«Shura?» invocai il suo nome sorpreso di vederlo tra quelle mura. La sua presenza non faceva altro che avvalorare la tesi del funesto evento.

«Ciao, fratello» con passo lento venne verso di me e per commiato posò una mano sulla mia spalla.

«Siamo appena riuscirti a calmarla, non esagerare con lei» mi fece un cenno di assenso e guardò avanti pensieroso.

«Quando hai finito vediamoci nella sala della guerra» aggiunse e con fare preoccupato si allontanò.

Presi un respiro profondo ed entrai nella stanza solcando la porta senza fare troppo rumore.

La donna giaceva sul letto, indossava solo la sottoveste scura, aveva mani e piedi immobilizzati da catene magiche che le impedivano di portare a termine un qualsiasi incantesimo.

Sembrava riposare tranquilla nonostante i lunghi capelli violetti sparsi ovunque sul cuscino, le lenzuola erano tutte arricciate, segno che doveva aver lottato parecchio al suo stato di prigionia.

Mi avvicinai e prendendo un lungo respiro mi sedetti al suo fianco.

«Madre... mi avete fatto chiamare?» posai la mano sul suo braccio e glielo accarezzai dolcemente.

«Il mio piccolino...» sentii sussurrare.

«Il mio piccolo Shura» aprì gli occhi e li rivolse al soffitto allungando la mano davanti a sé alla ricerca di qualcosa, la sua cecità sembrava aumentata. Le strinsi la mano nella mia e avvicinai il suo palmo alle labbra e gliela baciai.

«Dramairan, finalmente siete arrivato» si voltò appena verso di me scoprendo appena la pelle del petto, ogni sua parte del corpo sembrava ricoperta dai segni oscuri della malattia che aveva progredito.

Ormai il potere oscuro l'aveva corrotta, non avevamo mai visto nessuno mantenere il senno in quello stato.

«Sai, figlio, mi è apparso in sogno Shura» si aggrappava a me stringendomi la mano «lui è diventato un così bell'uomo» affermò mentre le lacrime scendevano.

«Madre, Shura è davvero qui» cercai di spiegarle ma lei annuì semplicemente tornando al suo discorso.

«Dov'è lei? Dov'è Diaspro?» mi domandò cercando istintivamente con lo sguardo la donna.

«Madre lei... sta riposando. È stata ferita durante il combattimento» mentii, non avevamo la minima idea di dove lei fosse ma se l'avessi incontrata le avrei piantato la spada nel petto, ma questo non potevo dirglielo, non in quelle condizioni.

«Peccato» richiuse gli occhi rassegnata.

«Ci tenevo che ci fosse anche lei ma ormai non posso più aspettare» riaprì gli occhi guardando dritto a sé.

«Dramairan, ormai il tempo è giunto. Ora tutto è nelle vostre mani...» si fermò per soffocare un gemito.

«Mi dispiace solo non poter essere io stessa a posare le corone sui vostri capi e vedere le vostre figure sedersi per la prima volta sui troni. Ho sempre desiderato farlo, dal giorno in cui vi siete sposati. Speravo che questa situazione si risolvesse prima... della mia dipartita.» fece un sorriso cercando di asciugarsi gli occhi, ma le catene non erano abbastanza lunghe per permetterglielo, allora mi allungai io sui suoi occhi e con un lembo delle lenzuola le tamponai gli occhi.

«Grazie» affermò poi il suo respiro si fece più regolare e smise di parlare.

Il silenzio ci avvolse e rimasi immobile a scrutare il suo petto, i suoi movimenti sembravano impercettibili o forse non respirava più. Non riuscii a comprenderlo.

«Mamma....» Le lasciai la mano per posarla sul suo cuore ma lei alzò di colpo il busto tirandosi le catene, spalancò gli occhi e cominciò a pronunciare delle parole in una lingua che non conoscevo.

Spaventato mi allontanai appena mentre la sua voce distorta sembrava invocare maledizioni contro di me, ma le rune magiche incise sulle catene che la stringevano si illuminarono annullandone gli effetti.

Lei mi fissò con occhi di sfida strattonando con forza le catene, poi sollevò lo sguardo al cielo e cominciò a ridere.

«Riposate... madre» Mi avvicinai ai suoi piedi e sfiorai le catene imponendo loro un incantesimo. La luce violacea divenne rossa, si propagò su tutta la loro superfice fino ad arrivare sul corpo di mia madre che qualche attimo dopo crollò sul letto addormentata.

«Riposa» addolorato per la sua condizione sfilai il pugnale di re Eagon dalla tasca interna della mia veste e ne scrutai la lama pensieroso. Per quanto tempo potevamo tenerla legata?

Nel momento in cui sarebbe diventata istinto puro le rune non avrebbero retto la potenza dei suoi incantesimi.

Non potevo permettere che nascesse un aranarth di quella entità, sarebbe stato un problema che in quel momento non potevamo permetterci di gestire.

Alzai la lama all'altezza del suo petto e l'osservai un'ultima volta, dovevo essere io a porre fine alle sue sofferenze, non avrebbe mai voluto vivere in queste condizioni.

Presi l'impugnatura con entrambe le mani per darmi la giusta forza ma quando riuscii a far calare la lama l'affondai sul materasso.

Sapevo che era la cosa giusta da fare ma a quanto pare non ero ancora pronto a lasciarla andare, ma non in quanto mia genitrice, lei era soltanto una miserevole donna che aveva cercato per tutta la vita di sentirsi adeguata a ciò che la circondava.

Non mi aveva mai insegnato nulla e riservava le sue attenzioni di madre solo a mio fratello minore, nonostante praticamente ci passavamo solo qualche anno ma lei era il simbolo della speranza per noi ialini neri.

La prova vivente di quello che Thildaissa e Azesiel avevano tanto affannosamente cercato di dimostrare, che l'iconmourner si poteva combattere e magari un giorno curare.

La sconfitta della regina Othariel era la sconfitta di tutti noi, e non ero pronto ad accettare la disfatta.

Riposi il pugnale e con il fiato corto uscii dalla stanza.

Non avevo altro tempo da perdere, mi diressi subito nella sala della guerra dove un gruppo di persone più numeroso di quello che mi aspettavo attendeva il mio arrivo.

Shura, Thildaissa, Xandra e il capitano Ulrich stazionavano intorno al tavolo ovale e osservavano critici la cartina del regno.

Il rumore della porta che si apriva non bastò per attirare la loro attenzione così mi schiarii la voce.

«Cosa sono tutte quelle facce da funerale?» domandai ridendomela.

Tutti alzarono lo sguardo nella mia direzione con disapprovazione e Shura mi venne incontro riservandomi un saluto più conviviale.

«Quanto tempo è passato, fratello?» mi chiese battendo forte le mani sulla mia schiena e io lo cinsi ricambiando il gesto.

«Troppo visto che sei di ritorno piagnucolone, cos'è la vita con la tua donna ti ha rammollito?»

«E tu sei la solita serpe, Dramairan» rise allontanandosi.

«Come sta lei? Spero che non ti sia dato da fare in giro per il mondo come facevi qui, lurido bastardo»

«Sta parlando quello che si faceva la tata, da chi credi abbia imparato, stronzetto? Comunque non ne parliamo che sono stato costretto a lasciarla a casa con una pancia così» affermò mimando sul proprio addome la circonferenza di una grossa pancia.

«Ma non mi dire, seriamente?» lo guardai sorpreso, era felice mentre muoveva la testa in segno di assenso.

«E quando me lo dovevi dire? Auguri paparino! E quanto manca?» esclamai colpendolo sul braccio sinistro.

«Probabilmente altre sessanta lune ma la levatrice è preoccupata, sai...» mosse gli occhi per controllare di non essere ascoltato ma avevamo gli occhi di tutti puntati così si avvicinò abbassando la voce.

«È stato già difficile trovare qualcuno che accettasse di aiutarla, qualsiasi cifra potevamo offrire non era sufficiente per far chiudere un occhio»

«Oh, immagino. Anche perché, fratello, non si trattava di chiudere un occhio solo ma di ciecarseli proprio. Ne hai già parlato con Thildaissa? Ne sarà felice»

«Quella donna che mi ha fatto chiamare?» la indicò con il pollice.

«Non ce né stato bisogno, quando mi ha visto si è gettata al mio petto e ha preso a ringraziarmi. Ho pensato ci stesse provando con me»

«Sì, certo. Ti piacerebbe» ridemmo in coro poi si fece serio.

«Mi ha anche aggiornato su quello che è successo. Sono contento che sei ancora vivo ma sono ambasciatore di cattive notizie» incrociò le braccia e si avvicinò al gruppo.

Io lo seguii.

«Prima di ascoltare le tue parole» congedai un attimo Shura e feci un cenno di saluto al capitalo Ulrich.

«Ho bisogno di avere un resoconto della situazione del castello dopo lo scontro col drago. Qual è l'entità dei danni strutturali e delle perdite?» domandai al gruppo e l'uomo con la divisa si fece avanti.

«Secondo il rapporto del sopralluogo tutta la vegetazione è andata bruciata, ci sono due ale, quella a sud e quella ad est, che hanno avuto i danni più consistenti. I muri sono stati abbattuti e le fiamme hanno camminato per diverso tempo all'interno della struttura distruggendo tutto al loro passaggio. Sono morte dieci guardie e quattro domestici, inoltre abbiamo le stanze del curatore piene di feriti. Ci sono più di un centinaio di ustionati affetti da strani sintomi» a quelle parole lo fermai, mi sedetti su una di quelle poltrone e utilizzai gli strumenti degli amanuensi per scrivere una nota.

«Chiamate i sacerdoti dei templi chiusi e date loro questo documento» lo sigillai con la cera presente e ci impressi sopra il simbolo reale «Loro sapranno che fare per aiutare i feriti».

Il potere del fuoco eterno avrebbe continuato a consumare le loro anime fino ad ucciderli se non si fosse intervenuto in maniera corretta, ed erano in pochi a custodire la conoscenza per la cura di quelle ferite.

Consegnai la nota al capitano e gli ordinai di consegnarla senza attendere la conclusione della riunione.

«Dov'è Diaspro?» chiesi digrignando i denti appena la porta della stanza si chiuse dietro al capitano Ulrich.

«È scomparsa» affermò Thildaissa «Ho già provveduto a mandare un paio di uomini alla sua ricerca»

«Richiamali» le ordinai.

«Ho già abbastanza problemi qui, non posso investire delle risorse alla ricerca di quella traditrice» a quella mia affermazione tutti si voltarono sorpresi.

«Sì è fatta raggirare da Uriel e ha aiutato Dix ad entrare nel castello e a spezzare i sigilli. Mi auguro per lei che l'abbiano ammazzata, altrimenti la prossima volta che metterà piede in città lo farò con le mie stesse mani» presi ancora una volta il pennino con l'inchiostro e scrissi l'annuncio ufficiale della sua morte.

«Diaspro Rond'vanas è morta durante lo scontro con il dio drago del fuoco» avrei dovuto dichiararla nemica del regno, bandirla ufficialmente, ma decisi di offrirle una seconda occasione come pegno del mio pentimento.

Quella però era l'ultima premura che potevo riservare alla donna che aveva dedicato la sua vita ai Talormor.

Dentro di me speravo davvero che potesse finalmente accettare la fine del nostro amore e che ne approfittasse per ricominciare da zero.

Più di quello, oramai, non potevo fare per lei.

«Dramairan...» sentii Thildaissa invocare il mio nome «Voi come vi sentite?»

«Non lo vedi da te?» le chiesi alzando lo sguardo verso di lei, i suoi occhi fissavano il mio petto.

«Il sigillo è davvero potente» continuò.

«Non ho avuto ancora modo di testarlo ma sembra che faccia il suo lavoro» alzai la mano destra e creai un agglomerato di fuoco.

«La sua voce ha smesso di sussurrarmi e non ho avuto nessun problema ad usare la magia» fissai la fiamma intensificarsi senza sentire qualcosa traboccare dalle mie viscere.

Finalmente avevo ripreso il controllo di me stesso e della mia vita, ed era una sensazione fantastica.

Estinsi la fiamma che ardeva sul mio palmo e sospirai appoggiando il volto sul dorso della mano.

«Fratello» prese subito parola Shura «i problemi non sono finiti» continuò richiamando la mia attenzione.

«Mentre venivo qui da sud ovest dal deserto, mi sono imbattuto in una spiacevole situazione» buttò l'occhio sulla cartina e mi indicò diversi villaggi.

«Tutta questa zona è ormai deserta, tutto distrutto» mi spiegò «E qui, in direzione di Intore e nei pressi di Scarnia staziona un esercito» affermò.

«Un esercito di cosa?» chiesi osservando la posizione delle due città.

Chiunque fossero lo schema dei loro movimenti era chiaro. Stavano razziando i villaggi più piccoli, probabilmente rubando risorse qua e là, nel frattempo ci fanno sentire accerchiati e finiranno per unire i due eserciti alle porte di Talormor.

Abbiamo le spalle coperte dai picchi delle montagne quindi l'unico modo per fare breccia è assaltarci frontalmente.

«Sono strane creature, alcune sembrano fatte di potere oscuro, altre cadaveri che camminano ma alla situazione attuale sono fermi. Sembrano in attesa»

«Attendono la notte» intervenne Thildaissa.

«Sono creature artificiali di Fyren si muovono solo con favore delle tenebre poiché sono creazioni imperfette. Alla luce del sole si dissolverebbero. A quanto pare, proprio come l'ultima volta, Uriel vuole piegarti per costringerti a consegnarle Ivanhoe»

«Dobbiamo impedire ai due gruppi riunirsi» prese voce Shura.

«Sarà necessario far partire due squadre per ingaggiare i combattimenti lontano dalle città ancora non assaltate. Riuniamo tutti i soldati già pronti e capitanati da qualcuno li spediamo ad Intore. La formazione nemica è di livello inferiore, basterà intrattenerli all'esterno fino all'alba e anche se saremo in inferiorità numerica basterà resistere fino all'alba. Nel secondo caso invece la questione è più complessa. Il gruppo è più consistente e ho visto tra di loro dei cadaveri che si muovono»

«Vuol dire che da qualche parte è nascosto un necromante» intervenne Thildaissa pensierosa «Sarà necessario dare la priorità alla sua ricerca perché i non morti al mattino non scompariranno»

«Che sia lo stesso che ci ha mandato contro i banditi nel deserto?» chiese Xandra facendo sentire la sua voce.

«Potrebbe» affermai riflettendo sulla strategia «Per Scarnia farò chiamare i cavalieri del rubino nero e li guiderò io stesso» decisi intingendo il pennino nell'inchiostro.

«Dramairan, ma cosa dici!» Shura non sembrava del mio avviso «Combatterò io! Non dovrei neanche essere qui»

«E a questo porremo rimedio» dicendo ciò scrissi una nuova legge annullando il suo bandimento

«Per il potere di cui sono rivestito a causa della tragedia di nostra madre ti reintegro. Mi assicurerò che l'editto di Re Eagon venga bruciato e il tuo nome reintegrato»

«Ma questo non cambia che siete voi il successore»

«Da quando sei qualificato per comandare l'esercito?» lo presi nell'orgoglio.

Sapeva combattere anche se nostra madre gli aveva sempre impedito di seguire le lezioni di Ulrich ma non aveva nessuna esperienza in campo di battaglia.

Non potevo rischiare che lui morisse, anche perché non potevo lasciare un altro figlio di Talormor senza padre.

«Se proprio lo desideri potresti andare ad Intore con l'esercito»

«No» intervenne severa Thildaissa «Lì ci andrò io.»

L'affermazione della donna spiazzò tutti.

Bene, con la conclusione del capitolo 20 annuncio la sospensione della pubblicazione per il periodo estivo. Ma attenzione, non sono in ferie. Continuerò a scrivere e a farmi sentire con qualche iniziativa estiva.

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Arrivederci a settembre con la parte finale!

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