Capitolo 20 - Parte III
«È così che vi siete incontrati tu e Ginozkena?»
Lui alzò lo sguardo e mi guardò rassegnato.
«Vagai per qualche settimana ma mi resi conto presto che non ce l'avrei mai fatta da solo» infilò le mani nelle maniche della tunica e ci riparammo all'ombra.
«Ivanhoe pur di liberarsi dalle catene cercò di spingere la mia mente all'iconmourner. Se avessi perso il senno avrebbe avuto la meglio su di me, quando lo compresi decisi di trovare la sacerdotessa che aveva eseguito il primo rituale. Non c'era nessun altro al mondo che poteva risolvere il mio problema. Ho viaggiato per interi giorni e notti senza interruzione e quando arrivai al tempio della dea celeste la trovai...» mi guidò attraverso i corridoi del castello, erano più vuoti del solito. Un lugubre silenzio era calato dopo la tragedia di quella notte.
Facemmo qualche altro metro ed entrammo nel salone principale illuminato finalmente dalle finestre aperte.
«Mai mi sarei aspettato di ritrovarmi al cospetto di una irriverente e altezzosa mocciosa ma ben presto mi resi conto che solo la sua vicinanza bastava per mettere a tacere quella lingua lunga di Ivanhoe così decidemmo in comune accordo che l'esecuzione di un nuovo rituale per chiudere la frattura del sigillo non valeva il sacrificio necessario. Finché sarei rimasto nelle vicinanze della temibile sacerdotessa della dea non avrei avuto problemi. Feci giuramento per entrare nel circolo dorato per legittimare la mia presenza all'interno del tempio e accettai di insegnarle la scherma della spada reale»
Il resto del racconto oramai era storia, la piccola Ginozkena ovviamente crebbe e il loro evidente rapporto conflittuale si trasformò nel suo primo amore adolescenziale.
Non avevo bisogno di vedere quello che di lì a dopo sarebbe successo, tutte le emozioni della sua vita erano ancora dentro di me gelosia, disperazione, frustrazione e una immensa felicità.
Istintivamente mi toccai le labbra e un ricordo balenò davanti ai miei occhi, come un flash.
L'immagine di un teso ma intenso bacio, quello tanto atteso che cambiò per sempre le loro sorti.
Non potevo immaginare bacio più commovente.
Le gentili braccia di Enex cingevano il corpo di una Ginozkena ormai donna mentre le sottili dita di lei avvolgevano il volto sconvolto di lui.
«Mi dispiace per ciò che hai visto» Enex cambiò tono di voce e anche il suo sguardo tornò come sempre.
«L'ultimo dei miei desideri era che mi vedessi in compagnia di Diaspro» aggiunse fissandomi.
«Ma non ti chiederò scusa per ciò che è successo».
«A tal proposito» l'argomento mi imbarazzava un po' e il mio umore scemò ma non potevo cancellare quelle immagini dalla mia testa.
«È colpa mia... non dovevo entrare nella stanza senza bussare» mi costò davvero molto dire quelle parole ma alla fine lei era la moglie, la terza, anzi la quarta incomoda ero io.
Quella notte, quando ebbi il coraggio di dichiararmi, lui si vide bene dal pronunciarsi sui suoi sentimenti.
Per quello che sapevo lui non aveva mai apertamente ricambiato i miei sentimenti.
Per quanto per me quei baci potevano essere una implicita replica, per lui era evidente che neanche il sesso fosse una dimostrazione d'amore.
«Avevo bisogno di parlarti e una persona nella sala ricevimenti mi aveva detto di averti visto allontanarti da solo così ho pensato che fosse l'occasione giusta. I miei piedi camminavano da soli. Non avevo neanche la sicurezza che fossi tu ma ho spalancato quella porta come se avessi saputo che eri lì... È tua moglie...» non riuscivo più a parlare, un nodo mi stringeva la gola.
Avrei voluto scomparire.
«Faith» sospirò avvicinandosi.
«Non è questo il punto. Con i miei fratelli maggiori morti e mio fratello minore disperso, purtroppo se non nascerà un erede non so cosa succederà alla successione e Diaspro è la donna scelta dal re e della regina per essere colei che lo partorirà. Paradossalmente non importa quale Talormor lo faccia. Lo so che sono cose che non potrai comprendere ma stavo solo adempiendo ai termini di un contratto stipulato ancora prima che io nascessi. Se non lo avessi fatto sarebbe stata la scusa perfetta per loro per trattenermi al castello»
Mentre diceva quelle parole lui credeva davvero che potessero in qualche maniera acquietare le mie preoccupazioni, ma quello che non capiva era lui.
Forse per il suo stile di vita era così normale parlare di sesso e discendenza ma non era assolutamente rincuorante per me sapere che la persona che amavo dovesse per forza fare un figlio con un'altra persona.
Ingoiai il boccone amaro e, schiarendomi la voce per non tradirmi, provai a cambiare argomento.
«Ma Thildaissa ha detto che tuo fratello è scappato».
«A lei piace romanzare qualsiasi cosa» sorrise al pensiero.
«In realtà mio fratello Shura è stato "gentilmente allontanato" dalla corte... Non è stato ripudiato solo perché era il preferito di nostra madre»
Rimasi colpita dal suo racconto, la morale di quel luogo non sembrava così rigida, la società era basata davvero su pochi fondamenti eppure il fratello era riuscito a superare tutti i limiti fino ad essere quasi ripudiato.
«Thildaissa non era d'accordo, avrebbe voluto che lui avesse lottato. Per questo racconta che è scappato quando in realtà ha solo seguito gli ordini che gli sono stati impartiti. È stato esiliato e abbandonò il regno. Da allora non ho più sue notizie»
Solo il fratello minore avrebbe liberato Enex da quella situazione ma ero sicura che anche se ci fosse stato, non avrebbe fatto gravare quel peso sulle sue spalle.
Quella consapevolezza uccise la mia ultima flebile speranza e sospirai stanca.
«Faith!» la voce di Xandra risuonò nel salone, interrompendo il nostro discorso, e due braccia mi sorpresero da dietro cingendomi.
«Come è possibile? Sei viva!»
mi voltai praticamente sconvolta mentre la donna mi soffocava sul suo petto.
«Bene... sono contenta che hai reagito proprio come avevo sperato» Thildaissa apparve dietro Xandra e fisso con fierezza Enex.
«Si può dire che oggi un'altra impresa impossibile si è aggiunta alla reputazione della leggendaria sacerdotessa» aggiunse rimanendo in disparte.
Dopo qualche attimo di gioia il volto di entrambe le donne mutò.
«Enex, ti stavamo cercando da un po'» esordì Xandra esaurendo il suo abbraccio.
«La regina madre... ti ha convocato per un incontro urgente nelle sue stanze» aggiunse Thildaissa.
Enex sbarrò gli occhi preoccupato e senza congedarsi si allontanò a passo svelto da lì.
«Cosa è successo?» domandai perplessa, Enex sembrava turbato ma nessuna delle parole pronunciate da Thildaissa poteva smuovere una tale reazione.
«Vedi Faith... la madre di Enex sta morendo» mi spiegò Xandra.
Rimasi in silenzio comprendendo le preoccupazioni che avevano spinto Enex ad affrettarsi a quella convocazione.
«Ma durante i preparativi della festa sembrava in forma» obiettai incredula.
«Sì, è quello che ha sempre fatto credere. È il segreto che le mura di questo castello custodiscono da ben settantacinque anni. Il giorno in cui uno dei generali di Uriel fece breccia nelle mura di Talormoran e re Eagon scese in battaglia per proteggere la città. Il combattimento provò l'uomo che stava soccombendo e Othariel decise di intervenire usando l'incantesimo oscuro più potente che conosceva, ma ciò non bastò per salvargli la vita. Quando il generale scoprì che il dio drago del fuoco non era più in suo possesso lo uccise e lasciò dietro di sé solo macerie. La maledizione che la regina usò per cercare di impedire l'uccisione del marito fratturò la sua mente e corruppe il suo animo e da allora lei combatte contro l'avanzare dell'iconmourner» spiegò Thildaissa.
«Settantacinque anni» ripetei ricordando la sua figura, a parte il problema agli occhi non sembrava sofferente.
«Se qualcuno avesse scoperto che la regina era sotto gli effetti dell'iconmourner l'avrebbero condannata a morte secondo le leggi in vigore ma la morte dei fratelli e Enex costretto a nascondersi era indispensabile che lei rimanesse sul trono. Non credevo che sarebbe durata così tanto, ho visto i migliori incantatori consumarsi per l'iconmourner in pochissimo tempo»
«Quindi, ve lo aspettavate da un momento all'altro?» interruppi la donna che scosse la testa.
«Ieri ha cercato di impedire ad Ivanhoe di portarsi via il figlio, ho provato a fermarla ma quel ultimo incantesimo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La sua mente sta per cedere all'iconmourner e in quel momento dovremmo ucciderla».
Ascoltai le sue parole un po' preoccupata per Enex, dopo tutto quello che era successo adesso doveva affrontare anche la perdita della madre e ciò che ne sarebbe conseguito.
«Quando questo accadrà Enex non potrà più allontanarsi da qui» prese parola Xandra.
«E adesso che sappiamo che i tuoi poteri sono ancora gli stessi è il caso di ripartire. Non sappiamo quando Fyren deciderà di portare Nazca all'altare dell'equilibrio ma quando lo farà, e non aspetterà ancora molto, noi dobbiamo essere pronti ad agire. Ci mancano ancora molti giorni di cammino per raggiungere l'isola che ospita l'altare e il tempio Hell'ra è in una posizione più strategica rispetto Talormoran».
Le sue parole in qualche maniera furono acqua ghiacciata sul capo, le abitudini che avevo preso vivendo al castello mi avevano quasi fatto dimenticare che quella era solo una tappa del nostro viaggio e che presto o tardi saremmo dovuti rimetterci in cammino.
«Tu suggerisci di ripartire subito?» guardai sconvolta Xandra, lei stava dicendo di andarcene lasciando Enex qui.
«Sì, è la scelta più saggia. Non sappiamo quali altre sorprese ci possono aspettare da qui alla nostra meta e non possiamo avere modo di sapere quando anche Uriel si metterà in marcia. Dobbiamo sperare di riuscire ad arrivare in tempo».
«Ma Enex ha detto che vuole proseguire con noi» stava facendo di tutto per riuscire a ripartire con noi e io non mi sentivo di abbandonarlo proprio in quel momento.
«Aspettiamo ancora un giorno» la pregai ma vidi il suo viso irritarsi, sembrava pronta ad una ramanzina ma Thildaissa la fermò.
«Faith» disse con voce dolce verso di me ma riservando uno sguardo ammonitivo a Xandra.
«Ho un dono che ci terrei che tu accettassi» mi prese quasi sottobraccio e mi portò lontano dalle ire della donna.
«Perdonala, Faith» esclamò appena fummo abbastanza lontane dal salone.
«Xandra è molto provata in questi giorni. Dopo l'evocazione della dea celeste ha visto tutto il mondo crollarle addosso. Pensava che saresti morta e con te tutte le speranze di Ariadonne. Ma io lo sapevo che Enex ti avrebbe salvato»
Mi ritrovai in una stanza da letto, un po' come tutte le altre di quel palazzo ma sopra al letto c'era un'enorme quadro rappresentante Azesiel, sembrava una copia del ritratto che era esposto nella galleria.
«Vedere voi due che insieme superate le avversità più impervie e plagiate il vostro destino a piacimento mi ha ridato speranza. Mi ha ricordato chi io fossi realmente e il mio ruolo in questo mondo» aprì un cassetto dello scrittoio e ne uscì una scatolina di legno.
«Da quando è nata Thildaissa ho piano a piano dimenticato cosa significava essere la dea dell'amore e ho cominciato a rincorrere quel sentimento come se fosse lontano da me. Lì fuori ci sono così tante persone che hanno bisogno della mia guida, ho dedicato fin troppo tempo agli ialini neri»
disse con un sorriso determinato sulle labbra.
«Tieni, questo è per te» mi passò il contenitore posandomelo direttamente tra le mani.
Quando provai a staccarglielo lei mi tirò trattenendomi le dita.
«Faith ricorda, l'amore è il potere più potente capace di creare la vita dal niente. Se rimarrete insieme non esisterà ostacolo che vi potrà fermare. Non dividetevi mai»
le sue parole e il suo atteggiamento mi confusero, mi stringeva le mani con energia e sentii della forza magica incanalarsi da lei verso di me, la vista mi si offuscò subito.
«Thilda...issa...» cercai di parlare ma sentivo tutto il mio corpo intorpidirsi, la stanza cominciò a girare e caddi senza forze su di lei.
«Perdonami... Faith» sentii la sua voce farsi sempre più distante e i miei occhi farsi più pesanti.
Le parole di Thildaissa fecero eco dentro di me riportando alla memoria gli attimi in cui Ivanhoe mi dominava e ricordai quell'incantesimo oscuro che era riuscito a fermarlo.
L'incantatore che aveva eseguito quel maleficio poteva essere solo lei e la sua richiesta di vedermi, in quel momento, era solo il preludio del peggio.
Raggiunsi le stanze reali con passo svelto e mi si ghiacciò il sangue quando vidi la figura di un uomo dai capelli viola uscire dalla stanza di mia madre.
«Shura?»
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