Capitolo 20 - Parte II

Aprii gli occhi come chiamata da quella invocazione e mi accorsi che diverse figure mi avevano circondata.

Erano tutte rappresentazioni di Ginozkena ma avevano diverse età e si guardavano intorno smarrite come in cerca della figura del loro amato.

Allora era quella la loro storia, fin dall'inizio loro sono sempre stati così vicini ma non potevano mai sfiorarsi e adesso potevo comprendere, anche solo in parte, la tristezza e la solitudine di quella bambina che si aggrappava all'unica figura che la trattava come se fosse stata una persona qualunque.

Nonostante tutto però non riuscivo a capire come lei sia riuscita ad essere fiera di una vita che non le apparteneva, sempre al servizio degli altri fino ad esalare il suo ultimo respiro.

Io, Faith, come potevo anche solo paragonarmi alla sua immagine?

Come potevo pensare che lui potesse mai innamorarsi di me se non per il fatto che ero la sua ombra?

Insomma maestro, dove sta guardando?

Lacrime amare stavano per scendere sulle mie guance quando tutte le figure si voltarono a guardarmi.

Loro si stavano riferendo a me come se fossi stata Enex.

Maestro

Mi chiamarono ancora e cominciarono ad avvicinarsi.

Che incubo! Perchè mai mi avevano scambiato per lui?

Non era possibile a meno che quelli non fossero i miei ricordi ma bensì quelli suoi

E non era improbabile visto che prima di ritrovarmi a vagare nelle visioni Enex mi aveva stretto la mano.

Con quel contatto doveva avermi involontariamente trasmesso i suoi ricordi intrappolandomi in quelle immagini come se mi stesse trattenendo in quel mondo.

Quando compresi la natura di quello che mi stava accadendo mi fu semplice scacciare la paura e appena pregai di uscire da quel tornado di ricordi le immagini di Ginozkena sparirono.

Il buio mi circondò di nuovo ma quella volta c'era una calda e brillante luce in lontananza ad accogliermi.

Qual era la scelta più giusta? Quella era l'uscita del tunnel?

Non ebbi molto tempo per rifletterci su poiché la luce improvvisamente si fece più grande, come se fosse stata lei a venirmi dietro e la cosa mi spaventò.

Agitazione e ansia crebbero nel mio petto e istintivamente cominciai a scappare nella direzione opposta. A qualsiasi costo, non dovevo attraversare quella luce.

Correvo senza sosta o almeno ci provavo. Alle volte mi sembrava di muovere le gambe stando ferma al mio posto.

Non c'erano punti di riferimento in quell'oscurità se non quella luce che, tutte volte che mi voltavo a guardarla, era sempre più vicina.

Non potevo morire, non ancora!

Improvvisamente il mio corpo cominciò ad illuminarsi ad intermittenza e sentii del calore riscaldarmi il petto.

Non sapevo cosa succedeva ma continuai a correre cercando una via di fuga dalla luce.

Ad ogni passo il calore del mio petto si faceva sempre più intenso e piano a piano si trasferì su tutto il corpo. Avevo il fiatone, ero allo stremo delle mie forze ma istintivamente saltai.

Feci leva sulle ginocchia e allungai le mani in avanti cercando qualcosa nell'oscurità.

Chiusi gli occhi e qualche istante dopo sentii qualcosa sotto di me, come se fossi atterrata su qualcosa di duro ma con la superficie delicata. Era caldo, molto caldo ed ebbi i brividi.

L'odore del profumo di Enex spezzò l'apatia dell'oscurità e il suo lento respiro si intervallò con il ticchettio di un orologio a pendolo.

Irrigidii i polpastrelli affondando le dita su ciò che mi sorreggeva ma non aprii gli occhi, avevo paura di ciò che avrei potuto vedere. Ero davvero fuori dall'oblio?

«Faith?» sentii il mio nome e con quella sola unica parola tutte le mie preoccupazioni svanirono.

Aprii gli occhi, alzai il volto e lo vidi attraverso le ciocche dei capelli che mi scivolarono sul volto.

Mi fissava senza riuscire a dire nulla, provò a muovere la bocca ma era come paralizzato.

«Ehi... lo sai che vai a fuoco?» cercai di dire qualcosa che lo aiutasse a sbloccarsi ma non fu d'aiuto.

Lasciò andare la testa all'indietro facendo un lungo sospiro e, in risposta alla mia domanda cominciò a ridere.

Non era una bugia, il calore che avevo sentito nell'oscurità era il suo.

Mi teneva stretta a sé, pelle contro pelle, nel disperato tentativo di farmi da ancora.

Provai a muovermi ma le sue braccia mi bloccarono, mi tirò avvicinando i nostri visi e sovrappose le nostre labbra.

Chiusi gli occhi e mi lasciai guidare da lui. Con la mano destra cercai la sua, intrecciai le nostre dita mentre lui avvolgeva dolcemente la mia lingua.

Il mio corpo, inizialmente freddo come la pietra, cominciò a stabilizzarsi accarezzato dalla pelle sempre più calda di Enex.

Era quello il posto a cui appartenevo, era lì che avrei voluto essere per il resto della mia vita, erano le sue braccia la casa che il mio cuore cercava da quando avevo ricordo e proprio per proteggerlo che io dovevo allontanarlo.

«Enex...» lo chiamai con un filo di voce staccandomi appena ma lui cambiò posizione, mi salì sopra e unì ancora le nostre labbra con più decisione, poi spostò le labbra sul mio collo.

Con le mani poi comiciò a sfiorare i fianchi mentre il capo scese sempre verso il bacino.

«Enex, fermarti ti prego» le sue intenzioni mi furono chiare ma proprio in quel momento che era riuscito a lasciarsi andare, toccava a me frenarlo ancora una volta.

A quelle parole ebbe un sussultò, si fermò per un secondo e affondò il volto sul mio ventre, nascondendosi rassegnato.

«Non mi fraintendere» gli dissi recuperando un po' di fiato e senza nemmeno più invocare il suo nome feci scivolare la lama della spada sacra sulla mano e la impugnai.

Alzai il busto e lui seguendo i miei movimenti sollevò la schiena.

«Ecco vedi...» sussurrai mostrandogli la spada.

Sul suo viso subito si disegnò un'espressione sorpresa poi crollò al mio fianco lasciandosi andare ad una risata isterica.

«Lo sapevo, figlio di una buona donna» esclamò nascondendo il volto.

Non compresi la sua affermazione ma attesi una spiegazione coprendomi con la coperta.

«Quando ti trovammo svenuta nel bosco c'era qualcosa che non mi convinceva, non era possibile che nessuna delle due fosse sveglia» mi rispose coprendosi gli occhi col dorso della mano.

«Nessuna delle due?»

«Quando tu non sei cosciente» affermò alzando il busto «Ginozkena riesce a riemergere»

«Ginozkena?» mi guardai le mani.

«Sì, è già successo. Ai monti Liri, dopo che ti sei liberata dall'incantesimo del lago. Io e lei abbiamo "amabilmente" parlato» disse con sarcasmo.

«Mi ha rivelato che capitava spesso quando eravate nel tuo mondo»

Le sue parole mi sconvolsero ma in una qualche maniera chiarirono i misteri della mia malattia mentale.

Tutto quello che mi era successo nel mio mondo era collegato a lei.

I vuoti, le visioni, tutto dipendeva dalla sua presenza dentro di me.

«Ho sempre avuto il sospetto che, a dispetto di ciò che appariva, non ti fosse successo niente quella notte ma le parole di Dix mi fecero perdere la testa e poi come potevo mettere in dubbio le tue parole e il tuo dolore? Ma adesso ne ho la certezza. Ginozkena deve essere riuscita ad intervenire, salvandoti» strinse la mano a pugno e per un attimo voltò lo sguardo pensieroso.

Il suo nome, quel maledetto nome continuava a sbucare fuori e influenzare le vite di entrambi. Come potevamo superare l'ascendente che aveva nonostante lei non esistesse più?

In silenzio mi mossi tra le lenzuola e con gesti incerti scesi dal letto.

«Già... per fortuna che c'era lei»

Non sapevo se fosse stato più umiliante essere caduta nella trappola di quel mostro o essere stata salvata dalla "ex" della persona che amavo. In entrambi i casi io, Faith, ci facevo una magra figura. Mi tirai appena il lenzuolo e cercando di nascondere la mia vergogna cercai i miei abiti.

Lui osservava il mio peregrinare per la stanza in silenzio.

«I tuoi abiti sono lì» mi indicò la sedia dello scrittoio ma erano degli stracci vecchi.

«Cosa è successo?» gli chiesi appurando che non era più possibile indossarli. Avevo dei ricordi molto fluttuanti del combattimento.

Ero sfinita e il drago continuava a colpirmi, avevo le ossa rotte e poi mi è apparsa la figura di Ginozkena che mi supplicò di pregare con lei poi ho solo memoria della mia pelle che si staccava e il dolore che si impossessava di me.

«È successo ciò che ho sempre temuto» si alzò dal letto e cominciò a frugare negli armadi.

«Per colpa di Dix e Diaspro il debole incantesimo che mi legava al dio drago del fuoco si è spezzato e lui è emerso» uscì degli accappatoi di stoffa e me ne passò uno.

«Vestiti, immagino che avrai bisogno di sgranchirti le gambe» annuii prendendo tra le braccia l'indumento.

Io in realtà volevo risposte ma cambiare aria non avrebbe fatto male. Ci coprimmo poi cingendomi i fianchi mi sollevò e uscimmo dalla stanza volando fuori dalla finestra.

Sorvolò il castello e qualche secondo dopo atterrò nel cortile distrutto. La terra sotto ai nostri piedi era ancora calda, l'odore di bruciato infestava l'aria e nulla sembrava essere stato risparmiato dall'ira del drago.

Enex cominciò a camminare come alla ricerca di qualcosa e io, di riflesso lo seguii.

«Se non fosse stato per te, avrei perso tutto ciò che è rimasto della mia vita» ricominciò a parlare di fronte al cratere nel muro che io stessa avevo provocato.

«Se non avessi rischiato la tua vita per evocare la dea celeste Ivanhoe, il dio e signore del fuoco, avrebbe distrutto Talormoran solo per fare un dispetto a me, poi avrebbe abbandonato questa terra e non sarebbe più stato possibile tenerlo a bada».

Incrociai le braccia indisposta, quindi Ginozkena aveva messo a repentaglio le nostre vite pur di salvarlo senza neanche rendermi in qualche modo al corrente di ciò che stavamo facendo.

Ero contenta di averlo fatto ma allo stesso tempo ero arrabbiata per non aver avuto modo di scegliere, alla fine lei aveva deciso e io sono solo stata il suo tramite.

Quella seppur piccola vittoria, per l'ennesima volta, si doveva grazie alla prontezza di Ginozkena.

«Quindi, il quarto guardiano del racconto di Xandra eri tu?» gli domandai ricordando il discorso che avevamo fatto dentro Mirva. Lui all'epoca sembrava saperne davvero tanto al riguardo.

«No» affermò facendo una pausa, si avvicinò a delle macerie e si piegò recuperando un oggetto scuro.

«Quello era mio padre, Re Eagon» con un lembo della vestaglia pulì l'oggetto e si voltò verso di me mostrandomelo, era il pugnale dall'impugnatura a forma di drago.

«La congrega ordinò che uno della mia famiglia dovesse offrirsi volontario per essere il guardiano di Ivanhoe, i Talormor si tramandano dall'inizio del mondo il potere capace di plasmare e sottomettere la magia elementale del fuoco e mio padre, non volendo imporre a nessuno dei suoi figli una tale responsabilità decise di immolarsi lui» strinse il pugnale e lo guardò con nostalgia

«Ma ben presto il conflitto contro Uriel si inasprì, il dio dell'oscurità e la sua sacerdotessa stavano corrompendo uno ad uno le divinità drago e non potevamo permettere che anche Ivanhoe cadesse nelle loro mani. Sapevamo che ben presto saremmo stati i prossimi obiettivi di Uriel così mio padre pensò bene di trasferire il suo sigillo a me. Dovevamo farlo di nascosto quindi usammo le risorse che avevamo qui ma i sacerdoti non furono all'altezza del compito. Riuscirono nel loro intento ma nel passaggio il sigillo si incrinò» fece una pausa alzando gli occhi al cielo.

«E fu da allora che tutto cambiò. Non ero un tipo abituato a trattenersi ma da quel momento ogni volta che mi distraevo o provavo emozioni forti il fuoco del drago fuoriusciva dal sigillo causando problemi intorno a me. Non potevo più arrabbiarmi, combattere o amare. Ogni occasione era buona per quel farabutto per forzare il sigillo danneggiato e tentare la fuga»

«Quindi è per questo sei andato via?» gli domandai ricordando il racconto di Thildaissa.

«Sì, faceva parte del piano di mio padre, mentre Uriel marciava verso di noi per costringere mio padre a sottomettersi, lui mi donò il suo coltello e mi fece fuggire verso nord»

«Ecco perché insistevi così tanto a riaverlo indietro»

«Non proprio, certo è l'ultimo regalo di mio padre ma in realtà è la mia assicurazione. In caso fossi stato messo alle strette questo pugnale mi avrebbe provocato una morte "sicura". Re Eagon lo fece maledire con un potente incantesimo, la sua lama è letale anche se ti scalfisce appena. È un'arma troppo potente per poterla lasciare incustodita. Quando tutto finirà la farò distruggere»

Annuii sentendomi un'idiota, la prima volta che vidi quel pugnale lo reputai una prova a carico delle mie stupide idee. Come potevo pensare che lui avesse mai potuto tradirmi?

«E quindi...» sospirai mentre i nodi del passato si scioglievano nella mia mente

«È così che vi siete incontrati tu e Ginozkena?»

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