Capitolo 19 - Fuoco Eterno

Spadroneggiavo indispettito ad un tavolo della grande sala allungando una mano sulla concubina che avevo teso in trappola grazie alle mie convincenti doti di comunicatore.

Sedeva sulle mie gambe un po' a disagio mentre le accarezzavo la schiena scoperta con le mani. Aveva dolci brividi e la sua visione accese ancora di più in me la voglia di portarla in un angolino buio del giardino.

Con i polpastrelli scesi seguendo la linea della schiena e cercai di intrufolarmi sotto alla sua cinta ma un dolore pungente fermò la mia mano. L'allontanai di scatto lanciando di fatto la ragazza giù dalla sedia.

«Merda» sussurrai stringendomi il dorso della mano che sentivo andare a fuoco, ma non c'erano fiamme sulla mia pelle se non un piccolo segno di bruciatura, come se una minuscola sfera di fuoco l'avesse colpita.

Alzai gli occhi al tavolo reale e digrignai i denti verso il principe Dramairan che mi osservava divertito. Il fuoco dei Talormor era diventato ancora più potente nella sua generazione e non comprendevo come fosse possibile.

Mentre noi Axlyn  giorno dopo giorno perdevamo ricchezze e potere, mischiandoci con la plebe comune, lui acquisiva potere e considerazione tra il popolo e la nobiltà.

E dire che ero stato vicino a realizzare il colpo di stato, avrei finalmente posseduto la corona e la donna più bella che uno ialino potesse mai desiderare.

Desistetti dal molestare ancora la giovane che con sollievo si allontanò di corsa da me e cercai di dissipare l'attenzione che si era concentrata su di me spostandomi sulla pista da ballo.

Chiesi ad una delle ragazze più giovani che aspettavano un invito di ballare con me e mi mescolai con la massa, tenendo sempre gli occhi verso quell'orribile uomo.

Continuava a bere festeggiando la schiacciante vittoria che credeva di avermi inflitto. Ma era ancora tutto da vedere, tutta quella serata era solo una grande farsa ingegnata per ingannare il popolo, ingannare noi nobili e metterci a tacere sull'inadeguatezza dei Talormor.

Ma io non ci cascavo, dovevo sfruttare quell'evento per trovare i suoi punti deboli. Mi guardai intorno alla ricerca della sua amante ma non sembrava esserci nessuna giovane afflitta che lo fissava sospirando.

Non poteva non esserci, c'era sempre: la concubina preferita, il capriccio di una notte, l'amante di una vita. Era stato tanto tempo lontano da casa, non poteva aver messo la serratura ai pantaloni.

«Ma sbaglio o voi siete un Axlyn?» sentii la voce della mia dama attirare la mia attenzione.

«Non vi si può nascondere nulla, my lady. Il mio nome è Grimorias Axlyn. La bellezza non è l'unica dote che vi contraddistingue» la lodai e come previsto la giovane si emozionò, probabilmente doveva essere una di quelle i cui genitori cercavano di maritarla con qualcuno di più ricco ed era seduta in attesa di essere notata da qualcuno.

«La ringrazio, mio signore» disse muovendo lateralmente il volto «Ma non è merito mio, la vostra presenza è distinta...»

Allontanai lo sguardo da lei per tornare ad osservare le ospiti donna, da quando eravamo entrati nella sala dei banchetti non avevo più visto le due donne straniere. Erano difficili da non notare, spiccavano per la loro insolita statura.

L'hent aveva una presenza più gracilina rispetto alle donne ialine mentre la sua compagna era un mistero. Indossava un abito di fizza, un tessuto utilizzato per gli abiti su misura del sarto di corte. Era molto più bassa di qualsiasi altra donna avessi mai incontrato, sembrava quasi un'umana.

«... e per questo ve l'ho chiesto» il ballo si concluse e la ragazza a cui mi ero accompagnato non aveva smesso di parlare per un solo attimo.

«Perdonatemi» presi parola mentre vidi la coppia del momento sgattaiolare via dalla festa.

Era la mia occasione, dovevo trovare quella ragazza e comprendere come potevo usarla contro di lui.

«Ne riparliamo magari un giorno di questi, venitemi a trovare alla mia tenuta» le sorrisi, ma non era certo per lei.

«Ho visto una persona che devo assolutamente omaggiare con la mia presenza, può comprendere vero?»

«Oh, ma certo, mio signore. La ringrazio per aver ballato insieme a me» ricambiò il sorriso e finalmente riuscii a congedarmi da lei.

Mi allontanai continuando a scrutare ogni volto finché quella figura apparve nelle sue splendide vesti rosse, la vidi avvicinarsi da sola ad uno dei tavoli del buffet e cominciò a riempire un piatto con delle pietanze.

Aveva dei gusti discutibili per il cibo e si guardava intorno alla ricerca di qualcosa che chiaramente non trovò, sospirò e, non sapendo dove sedersi, cominciò a mangiare in piedi il suo ricco piatto.

Poteva mai essere lei il punto debole di Dramairan? Con la donna che si ritrovava al suo fianco davvero quello sciocco preferiva quell'insetto alla sua consorte?

In passato voci insistenti dicevano che avesse perso la testa per una donna umana e che per causa sua fosse stato reciso ma quelle che aveva mostrato nel giardino erano sicuramente le sue ali.

Non esisteva modo per un reciso di recuperarle e per un attimo dubitai della fondatezza del pettegolezzo ma lei era davanti a me: non sembrava a suo agio in un ambiente nobiliare, indossava scarpe con cui camminava goffamente e non conosceva nessuna delle basi dell'etichetta.

Non c'erano altre motivazioni per la presenza di una come lei ad una festa del genere e si spiegava anche perché non si faceva vedere in pubblico.

«Vedi che quella non si mangia, è una decorazione» indicai il piatto della ragazza che impallidì all'istante. Fece una smorfia di disgusto e gettò in un fazzoletto il contenuto della sua bocca.

«Vi ringrazio signore» non era vero ma mi sembrò un'ottima maniera per rompere il ghiaccio con lei e come previsto mi credette.

Sospirò e poggiando il piatto osservò il pavimento con un sorriso spento.

«Non ho potuto fare a meno di notarvi quando siete entrata, immagino stavate cercando qualcuno»

«Oh... è davvero così evidente?» mi domandò arrossendo.

«Una giovane fanciulla in cerca dell'amore?»

«Non proprio» si strinse le spalle commossa, adesso avevo la mia sicurezza era lei la donna che cercavo.

Sorrisi sodisfatto cercando di immagine le cose più depravate che avrei potuto farle solo per vederlo soffrire ma poi pensai che sarebbe stato ancora meglio se ad infliggersi tale colpo se lo fosse fatto da solo.

«Sai, ho visto da poco il principe Dramairan allontanarsi da solo da quella parte» concentrai il mio potere magico sulla mia voce e la fissai negli occhi, le sfiorai appena la spalla destra per intensificare l'effetto dell'induzione magica e poi le indicai la porta che i reali avevano usato per raggiungere le loro stanze.

La ragazza a quelle parole si agitò vistosamente ma il mio incantesimo non sembrava aver attecchito in lei.

«Ma...» sussurrò indecisa, doveva avere una volontà di ferro per ignorare l'induzione magica della mia famiglia, o avere una alta resistenza alla magia. Ma non desistetti.

«Non vi conviene perdere tempo in domande sciocche altrimenti rischiate di perderlo» la incitai all'azione richiamando a me tutto il mio potere, lo concentrai in un punto della mano e la toccai ancora, scendendo sul braccio fino alla mano.

«Dovresti proprio seguirlo» le suggerii e per un attimo i suoi occhi mostrarono i segni del condizionamento magico, era fatta.

«Seguilo!» le ordinai indicandole ancora la direzione della porta e lei, come una brava marionetta, si lanciò all'inseguimento alzando il passo.

Mi presi un calice di vino mentre vedevo la ragazza correre verso la disfatta. C'era un solo motivo per cui quei due avrebbero lasciato una festa tanto importante e non sarebbe piaciuto alla dolce fanciulla che inseguiva il suo adorato.

E quello, mio caro principe Dramairan era solo l'inizio.

Bentornato a casa

Le nostre risate si espandevano nei corridoi desolati portando spensieratezza in quel luogo così cupo.

Scappavamo come degli adolescenti che avevano fatto una marachella ma io non mi divertivo così da tempi ormai andati.

«Secondo te si accorgeranno mai che siamo andati via?» mi chiese appoggiandosi ad un muro per riprendere fiato. Con la mano libera sorreggeva le sue preziose scarpe mentre il suo petto faceva veloci escursioni soffocato dal solito bustino stretto.

«Se le ragazze stanno facendo il loro dovere, nessuno ci avrà nemmeno visto»

Diaspro sorrise ancora e per un attimo mi sentii perdere il fiato. La festa aveva portato i frutti sperati e tutto era andato alla perfezione grazie alla meticolosità e alla cura dei dettagli con cui lei aveva organizzato l'evento.

Solo in quel momento mi resi conto che lei era sempre stata il mio silenzioso bastone.

Mentre io annaspavo nel mare delle nuove responsabilità che mi erano piovute addosso dopo la morte di re Eagon, lei mi aveva sempre sorretto per evitare che colassi a picco e non aveva mai avanzato nessuna pretesa.

Eravamo entrambi vittime del nostro stesso rango sociale ma mentre io avevo sempre fatto quello che volevo lei aveva stretto i denti, rimanendo fedele a parole che non aveva mai avuto la scelta di stipulare.

Compresi che forse era arrivato il momento di contraccambiare le sue premure, ripagarla per tutte le energie che ha speso investendole nella mia causa quando neanche io ancora credevo in me stesso.

«Perché mi fissi? Ho per caso qualcosa sul viso?» con aria preoccupata cominciò a scandagliare la pelle del suo volto con i polpastrelli alla ricerca di corpi estranei o imperfezioni del trucco ma non c'era nulla che non andava lei, lei era semplicemente perfetta.

Mi avvicinai sorprendendola con un bacio, unii le nostre labbra spingendola verso il muro del corridoio.

Lei, quella volta non si fece trovare impreparata, lasciò andare le scarpe che caddero sul pavimento e cominciò ad accarezzarmi il volto.

Non c'erano mai state bisogno di parole tra noi e nonostante la lontananza quel rapporto non sembrava essere cambiato di una virgola.

Con le mani scivolai sul suo petto, circuii i suoi seni e con una leggera forza la sollevai appena prendendola in braccio. Lei divaricò le gambe e con i piedi scalzi abbracciò il mio busto.

«Enex...» allontanò le sue labbra per chiamare il mio nome, aveva un filo di voce «Aspetta» continuò mentre le mie non avevano intenzione di darle un attimo di respiro.

Mi abbassai appena portando le labbra a baciare la pelle del suo collo, insistevo nei punti dove sapevo che l'avrebbe fatta impazzire e ancora una volta i ricordi portarono reazioni aspettate.

Si morse le labbra e con piccoli tremori alle mani si aggrappò alle mie braccia stringendosi forte a me per non cadere.

«Sei sicuro che possiamo?» riuscì a dire cercando il contatto visivo con i miei occhi. Mi prese il volto assicurandosi di avere tutta la mia attenzione.

«Per una volta riuscirò a trattenerlo» la rassicurai.

Anche se non ero riuscito a risolvere il mio problema per quella volta non avrei corso il rischio di perdere il controllo.

A quelle parole il viso di Diaspro si illuminò commosso, non si aspettava una risposta del genere. Chiuse gli occhi e sospirò liberandosi della preoccupazione che la turbava.

«Ma è magnifico!» esclamò prendendomi ancora il viso ma poi si intimidì, strinse le spalle facendosi piccola piccola contro il muro e portò le mani al petto.

«Dopo aver litigato alla pinacoteca, ho riflettuto su quello che mi hai detto così ne ho parlato con un curatore di corte» infilò la mano nella scollatura e dal suo corsetto recuperò una boccetta nera con all'interno un liquido.

La strinse come se ci si stesse aggrappando ed esitò qualche attimo.

«Lui mi ha detto che possono capitare certe situazioni tra un uomo e una donna e che non dovevo preoccuparmi però io ho insistito per farmi preparare un rimedio. Qualcosa che ci potesse aiutare e lui mi ha fatto avere questa»

Le sue azioni mi sorpresero, Diaspro non era tipa da credere a pozioni o rimedi, le riteneva cose da cialtroni eppure in quel momento, pur di riuscire nelle aspettative che le avevano cucito addosso era disposta a scendere a patti con le sue convinzioni.

Aveva accettato quei miei insulti mirati a ferirla come una vera critica, aveva messo da parte il suo orgoglio ed era disposta a tutto pur di provarci.

«Che dici? Ti va di provare?»

Senza proferire parola presi il rimedio e con due dita della mano feci volare il tappo.

«Alla salute allora»

«Aspetta!» posò entrambe le mani sulla mia, prese con attenzione la fiala e senza versarne nemmeno una goccia bevve per prima.

Ingoiò diversi lunghi sorsi svuotando il contenuto per metà poi l'allontanò dalle labbra e l'allungò verso di me.

Io la presi e prima di tirare giù tutto il liquido che rimaneva leccai le sue labbra assaporandone il gusto. Era un intruglio decisamente dolce, solleticava il palato risvegliando tutti i sensi con l'intenso aroma.

Le sorrisi e la seguii in quella nostra nuova pazzia.

Bevvi senza indugiare oltre e, una volta svuotata la fiala, la gettai al suolo e tornai a molestare il corpo di Diaspro.

Sembrava essere diventata più sensibile, sentivo il suo respiro farsi pesante e tremava ogni vota che le mie mani trovavano la sua pelle scoperta.

Dall'altro canto anche io mi sentivo diverso, mi sentivo più leggero. Il suo tocco mi provocava un piacere inaspettato.

«Era davvero potente quella pozione» scherzai mentre i nostri respiri si sincronizzavano. Lei rise, si staccò recuperando le scarpe e, tirandomi a sé con il movimento ritmico dell'indice, mi sfidò a giocare a guardia e ladri.

Si morse le labbra mostrandomi appena le spalle scoperte poi scappò. Le lasciai qualche attimo di vantaggio per poi correrle dietro all'inseguimento.

La vidi appoggiarsi ad una porta e con la sua sensuale risata l'aprì fiondandosi dentro.

Attesi un po' prima di entrare a mia volta, la stanza era in penombra ma non avevo difficoltà a distinguere le suppellettili di una camera da letto.

«Che strano e dire che mi era sembrato di veder entrare una monella bisognosa di una punizione» affermai cercandola ma la sua figura apparì da dietro un paravento.

Si era spogliata dei suoi abiti e mi si presentò con un sensuale completino blu e nero, in tinta con il suo sfarzoso abito, le calze che si reggevano a metà coscia con dei raffinati pizzi e le sue vorticose scarpe che senza abito sembravano avere tutto un altro ascendente su di me.

Si avvicinò a me e io non persi tempo cominciando a svestirmi dei miei numerosi strati di abiti.

Sentii le sue piccole dita insinuarsi tra le pieghe del tessuto per aiutarmi a denudarmi il petto poi mi spinse verso il letto ansiosa di cominciare. Mi fece sedere e con decisione mi salì addosso.

«Posso, proprio come una volta?» mi domandò avvinando le sue scarlatte labbra al mio orecchio, mi morse il lobo e in attesa di una risposta cominciò a sfiorare la pelle del mio collo con la lingua ricambiando le mie attenzioni del corridoio.

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