Capitolo 18 - Parte IV

«Spero che lo spettacolo vi sia piaciuto e vi annuncio che eccezionalmente per questa occasione le concubine reali vi intratterranno per tutta la serata, anche ai vostri tavoli. Ma fate attenzione, il fuoco che veglia su queste adorabili fanciulle è lo stesso che protegge la famiglia reale» fece una pausa spostando lo sguardo in un punto preciso della folla.

«E quelle fiamme non hanno pietà» il suo volto si corrucciò, le labbra si arricciarono in una smorfia decisa e i suoi occhi puntarono qualcuno minacciosi, per un attimo sembrarono più intensi, come attraversati dalle fiamme che ardevano dentro di lui poi sorrise di nuovo cordiale e riprese il suo discorso.

 «Penso che sia inutile indugiare oltre, immagino che tutti voi abbiate fame» allungò la mano libera verso le scale che portavano all'interno e le porte del castello si spalancarono dando l'accesso agli ospiti alle sue stanze.

Nessuno si mosse, non prima che Enex non attraversò la soglia mano nella mano con quella che aveva definito "la sua consorte", sotto le note della melodia a percussioni che aveva ripreso a suonare per accompagnare la processione dei due regnanti.

Il corteo continuò prima composto dalle donne dell'harem, in secondo luogo dagli ospiti che non potevano fare altro che commentare quella suggestionante accoglienza.

Parlottavano tra di loro, molti erano rimasti sorpresi dalle ali di Enex, sembravano tutti a conoscenza dei pettegolezzi che riguardavano la sua recisione che in quel momento avevano perso fondatezza.

Il giardino intorno a me si svuotò mentre la mia testa si riempiva di imprecazioni e di urla silenziose.

«Tutto bene, Faith?» Xandra cercò di comunicare con me ma le voci nella mia testa erano tornate a sovrastare qualsiasi cosa.

«Tu... tu lo sapevi?» le chiesi con le lacrime agli occhi ma con la voce che tremava per la rabbia.

«Vuoi dirmi che non te lo aveva ancora detto?» mi chiese sorpresa.

«Statemi lontano... andate via, tutti!» mi voltai e corsi via, era tutto così inutile, qualsiasi cosa io avessi fatto in quel momento non avrebbe portato a nulla.

Non avevo un posto dove andare, un luogo dove ritrovare la pace, ero sola con un centinaio di voci nella testa che volevano avere la meglio su di me.

«Basta vi prego, basta!» mi portai le mani alle orecchie tentando di isolare la mia mente da loro, chiusi gli occhi e senza rendermene conto presi una storta cadendo rovinosamente sul pavimento di pietre sconnesse.

Allungai le mani davanti a me per attutire la caduta e mi ritrovai riversa al suolo ma, come se mi avessero obbedito, le voci sparirono e io potei finalmente piangere sulle ceneri del mio stupido amore non corrisposto.

La sala dei banchetti era grande quanto una casa nobiliare, era addobbato per l'occasione con gli stendardi delle famiglie ialine e con decorazioni a predominanza rossa, il colore dei dominanti Talormor. 

L'enorme stanza era suddivisa longitudinalmente, su una parte erano disposti dei lussuosi tavoli rotondi, su cui si erano riversati gli ospiti, sul fondo c'era un lungo tavolo rettangolare, destinato alla famiglia reale mentre la seconda parte era libera, destinata ai balli e alle attività di intrattenimento, dove in quel momento un gruppo di danzatori acrobati ostentavano le loro abilità con le armi più disparate, dalla spada alla lancia.

Una mera dimostrazione della forza militare dei reggenti più che di vero e proprio divertimento per gli ospiti, ma faceva parte della mistificazione organizzata a tavolino per la festa.

Per non risaltare più del dovuto indossai un abito scuro dalle decorazioni violacee, una lunga gonna e un bustino da cui si allungava del tessuto arricciato che si annodava al collo.

Una spilla con una gemma rossa al centro e dei lunghi guanti e sedevo su un tavolo a qualche metro da quello dei coniugi Talormor, li osservavo mentre brindavano al futuro di questo malandato posto e bevevano, soprattutto il principe Dramairan.

Beveva litri di alcool nel tentativo di annegare la voce del suo cuore.

Sospirai mentre un cameriere mi versava del nettare, nella mia mente si ripetevano le scene dell'esibizione il principe aveva tenuto nel giardino. 

Non potevo tollerare il comportamento che aveva avuto ma la peggiore punizione che avessi mai potuto infliggergli non era nulla a confronto di ciò che aveva provocato a sé stesso e alla povera ragazza che non aveva neanche avuto il coraggio di presentarsi nella sala.

Sapevo che sarebbe andata a finire così, e non avevo fatto niente per impedirlo. Come dea dell'amore facevo molta pena. 

Più passava il tempo e più dentro di me cresceva la consapevolezza che forse era meglio che tornassi a occuparmi dei cuori mortali dal mondo celeste.

 Da lì era difficile non lasciarsi trascinare dalle loro emozioni. Chi ero io per decidere le sorti chi doveva essere felice e chi vivere con il rimpianto di una vita piena d'amore? Con che criterio potevo scegliere su quale delle due donne spingere il confuso cuore del principe Dramairan? 

Nessuna delle due meritava la sofferenza che la sua scelta avrebbe portato loro.

Illidea, abbiamo un problema.

Sentii la voce di Xandra, mi chiamava evocando una preghiera e la cosa mi fece preoccupare.

Ti ascolto.

Le risposi rimanendo con le orecchie tese.

Faith... è sparita, non riesco neanche a rintracciare la sua presenza.

Era davvero un grosso problema, alla fine era successo ciò che temevo. Quante volte le avevo ripetuto che con la testa annebbiata dalle emozioni non si aveva la prontezza di affrontare il pericolo?

Se solo le fosse successo qualcosa, il principe Dramairan non se lo sarebbe mai perdonato.

Mi alzai di corsa e attraversai con passo deciso la lunga sala. Cercavo di apparire tranquilla per non destare sospetti ma alla stessa maniera dovevo trovare un modo per affrettarmi.

Ogni secondo era prezioso per riuscire a trovare la ragazza incolume e le cose andavano di bene in meglio: la sala improvvisamente si svuotò lasciando lo spazio centrale per il primo ballo del principe Dramairan e Diaspro. 

Dovetti farmi spazio con un po' di forza tra gli ospiti che si erano accalcati ad osservare i due volteggiare il loro valzer.

A qualche metro dalla porta di ingresso qualcuno mi si parò davanti immobile, impedendomi di passare. Per la foga lo colpii con una spallata.

«Mi scusi, si è fatta male?» l'uomo dalla voce profonda mi porse una mano scusandosi gentilmente.

«Non è successo niente, avevo bisogno di incipriarmi il naso» mi giustificai ma mi paralizzai. Non avevo ancora la visuale sul suo volto ma la voragine che intravedevo nel suo petto mi levò il fiato. Quella persona non aveva un cuore.

«C'è qualcosa che non va... Illidea?» mi sussurrò prendendomi per i polsi.

Mi divincolai e con forza riuscii a liberarmi dalla sua presa.

«Tu... cosa ci fai tu qui?» Alzai lo sguardo e lo puntai feroce su di lui, la sua pelle quasi del colore della terra, quegli occhi intrisi del potere dell'oscurità, era Fyren.

«Ma come, mi sbaglio o era una festa aperta a tutti?» mi domandò scostando delle ciocche dei suoi lunghi capelli castani.

«È stato scortese da parte vostra non farmi recapitare un invito, ma per fortuna Ryozak lo ha ricevuto» sorrise stringendosi nella tunica nera che indossava.

La mia mente in quel momento cominciò a rielaborare tutti gli avvenimenti di quella sera, alla ricerca di un motivo per la sua presenza in quel luogo e non potei che collegarlo alla scomparsa della ragazza.

«Cosa le hai fatto? Dove si trova adesso?» lo interrogai, se solo avessi avuto un'arma gliela avrei puntata contro, ma in quel momento potevo solo sfoggiare i denti, digrignandoli.

«Non capisco di cosa tu mi stia accusando» sorrise allungandomi la mano destra. Mentre parlavamo la prima danza si era conclusa e le coppie dei nobili si stavano affiancando ai coniugi Talormor nelle danze. 

«Che dici? Mi concedi l'onore di questo ballo?»

Non capivo le sue intenzioni ma non potevo lasciarlo andare via senza avere un qualche indizio su dove aveva portato Faith.

A mio malgrado accettai il suo invito, ricambiai il suo gesto posando la mia mano sulla sua e lui, come un gentiluomo, mi accompagnò sulla pista da ballo.

Si posizionò davanti a me, mi posò la mano sinistra sul fianco e muovendo i piedi a passo di valzer cominciò a condurmi. 

Lo osservai, sembrava allietarsi della danza e sorrideva con il mento sollevato come l'etichetta della danza designava ma io ero spiazzata dalla sua presenza per badare alla correttezza dei miei movimenti. 

Avrei voluto poter entrare nel suo cuore, proprio come avevo fatto al tempio ma la condizione in cui si trovava me lo impediva e quel poco che avrei potuto fare per salvare Faith mi era precluso.

«Dimmi Illidea non trovi curiosa tutta questa situazione? Io e te insieme, una romantica melodia a guidare i nostri piedi, i nostri corpi che si muovo all'unisono...» sentii la sua mano sinistra salire sulla mia schiena dandomi dei brividi.

 «...mentre tutto intorno a noi svanisce. Sembra quasi di diventare protagonisti di questa magica ballata dove amore e disperazione si mescolano, si corrompono diventando un tutt'uno» mi fece inclinare appena la schiena all'indietro per poi risollevarmi.

«Non mi dire che sei venuto fino a qui per fare il sentimentale?» gli risposi sfacciata, a quella mia affermazione lui sorrise spavaldo

«Dov'è la ragazza, Fyren?» chiesi ancora.

«Così mi deludi Illidea, come dea dell'amore ti facevo più sensibile alla bellezza e alle emozioni» cambiò argomento cercando di guidare la nostra conversazione e mi tirò a sé avvicinando i nostri corpi che si sfiorarono. 

Potei sentire il suo profumo inebriarmi i sensi e per un attimo persi la concentrazione. Sentii il suo corpo attrarmi, era un flebile richiamo a cui inizialmente non porsi la giusta attenzione ma senza accorgermene andò ad amplificarsi ogni qualvolta i nostri corpi si allontanavano e si avvicinavano a tempo di musica. 

Dovevo fare attenzione ma finii per rimanerne intrappolata.

«Dalle tue insistenti parole suppongo vi siete persi la vostra adorata pupilla, mi dispiace deluderti ma questa volta non centro assolutamente niente io, avete fatto tutto da soli» mi rispose con disinteresse spostando la mano dai fianchi ai miei glutei. Normalmente mi avrebbe dato fastidio ma in quel momento mi riscoprii desiderosa delle sue attenzioni.

«Come puoi essere qui? Non puoi uscire dal tempio» gli sussurrai continuando a seguire i suoi passi, dalla reazione che aveva avuto era chiaro che con buona probabilità lui davvero non sapesse di cosa stessi parlando.

«Neanche tu puoi farlo, eppure siamo entrambi qui» sentii del calore nascere dal profondo del mio essere mentre la sua mano tornava su e mi accarezzava la schiena.

«Ma non ti è concesso incarnarti» mi concentrai per non balbettare.

«Perché, pensi che mi importino quelle stupide regole?» spostò lo sguardo sfuggendo al mio.

«Fyren, puoi ancora tornare indietro, l'equilibrio di Ariadonne non è ancora compromesso del tutto» cercai di farlo ragionare.

«Non mi importa nulla del vostro stupido equilibrio, continuerò la mia battaglia finché non otterrò ciò che mi è dovuto»

«Quello che ti è successo è ing-» Fyren fermò le mie parole, come se avesse saputo quello che stavo per dirgli. Mi fece incurvare la schiena all'indietro e questa volta lui si piegò insieme a me.

«Se ci tieni così tanto, perché non diventi mia?» mi strinse più forte a sé e sentii il suo potere attraversarmi ma non avevo più volontà per ribellarmi. Sentivo il cuore battere ancora più forte e ogni sensazione intensificarsi.

«Abbandona queste spoglie mortali, lasciati andare all'oscurità e diventa la mia dea della lussuria» mi guardò intensamente, il suo invito sembrava molto sentito, i suoi occhi erano ricolmi di speranza e desiderio.

«Scordatelo!» cercai di essere più incisiva possibile, prima che le sensazioni che stavo provando potessero contraddirmi in qualche maniera.

«Ne sei proprio sicura?» ci sollevammo e ci ritrovammo più vicini di prima, le sue labbra sfioravano le mie guance mentre sentivo il suo caldo fiato vicino all'orecchio sinistro.

«Eppure proprio sono proprio le tue adorate spoglie mortali a tradirti. Cosa c'è Illidea, il tuo cuore ha accelerato i battiti, mi desideri?»

A quella insinuazione tornai in me, era una cosa deprecabile quella che stavo facendo e cercai di fuggire ma lui con una piroetta avvicinò ancora una volta i nostri corpi.

«E' per quello ialino che non riesci a lasciare questo mondo, vero? Ma quanto ancora credi di resistere?» mi domandò mentre la pelle non coperta dai guanti cominciò a riempirsi di venature scure.

«Credevi di essertela scampata al tempio? E invece, che tu lo voglia o meno finirai per essere divorata dal mio potere, perché non lo accetti?»

L'immagine di Siel riempì la mia mente liberandomi dallo stato in cui ero stata trascinata da Fyren. Ripresi il controllo della situazione e lo allontanai spingendolo con entrambi le mani.

«Non cantare vittoria, non sei arrivato alla mia essenza divina» gli spiegai mentre riuscii a riequilibrare il mio potere.

«Che peccato Illidea, ci saremmo divertiti così tanto insieme» Lui si osservò intorno, come alla ricerca di qualcosa, dopodiché sorrise.

Illidea, ho trovato qualcosa, dove sei? Vediamoci nel cortile interno.

La voce di Xandra mi chiamò e istintivamente voltai lo sguardo verso la direzione da cui la sentivo provenire.

Sono ancora dentro... sono stata trattenuta.

Le spiegai tornando con lo sguardo verso Fyren ma di lui non c'erano più tracce. Aveva approfittato del mio momento di distrazione per svignarsela.

Arrivo

Le risposi sospirando ma prima di lasciare quel luogo mi guardai intorno alla ricerca del dio. Mi morsi l'interno di una guancia per il nervosismo e dopo un po' dovetti desistere.

Uscii finalmente dal salone e con passo svelto raggiunsi Xandra.

«Cosa hai trovato?» le domandai con il fiatone.

«Una sua scarpa, l'ho trovata nella parte più a sud del cortile» mi disse mostrandomi l'accessorio tra le mani.

«A sud hai detto?» le chiesi preoccupata «Dove esattamente?»

Xandra si guardò intorno orientandosi e mi portò subito nel punto esatto in cui trovò l'oggetto indossato da Faith.

«Forse... so cosa è successo a Faith» le risposi pensierosa.

Maledette scarpe con il tacco!

Imprecai massaggiandomi la caviglia dolorante, avevo preso una grossa storta, sentivo la parte gonfiarsi e il dolore aumentare.

«Fanculo!» dissi ad alta voce poi mi portai le ginocchia al petto e urlai disperata sfogando tutte le lacrime che possedevo.

Finalmente ero da sola, sia fisicamente che dentro la mia testa, così i miei pensieri poterono scorrere liberi dove volevano.

E purtroppo volavano proprio ai ricordi con Enex, riavvolgevano il tempo facendomi rivivere l'unico momento di pura felicità che avevo avuto in quel mondo, stretta tra le sue braccia.

«Signorina, vi siete per caso persa?» una voce di uomo spezzò violentemente il ciclo di dolore in cui mi ero avvolta.

Cercai di nascondere il pianto ripulendomi subito gli occhi, alzai la testa verso l'uomo che mi aveva chiamato ma non riuscii a vedere nulla. Da quando la notte era diventata così buia?

Potevo sentire la terra e l'erba sotto ai miei palmi, ne distinguevo anche chiaramente l'odore ma tutto intorno a me era un groviglio di immagini confuse. Con gli occhi arrossati dal pianto avevo difficoltà a mettere a fuoco.

«Siete sicura di stare bene?» domandò ancora ma questa volta delle fiamme magiche, simili per colore a quelle di Enex, illuminarono il giardino e potei vedere il volto dello sconosciuto.

Aveva lunghi capelli corvini mossi ma ben curati, un volto squadrato ma con uno sguardo dolce. Dai suoi abiti valutai che doveva essere un nobile invitato alla festa, aveva dei lunghi abiti sfarzosi dai colori della notte, ma la cosa che più mi colpì furono le sue iridi, rubine come quelle di Enex. 

Sentii ancora una volta la tristezza investirmi e gli occhi tremare nel disperato tentativo di bloccare le nuove lacrime che stavano nascendo, per un attimo mi sembrò di specchiarmi in quelle sue e il mio corpo reagì di conseguenza.

«Ho preso una storta» gli risposi con un filo di voce e abbassando leggermente lo sguardo per non farmi suggestionare dai suoi occhi, poi mi toccai con insistenza la caviglia sinistra per fargli comprendere dove fosse il problema senza aggiungere un'altra parola.

Lui sorrise gentile e allungò la sua mano per aiutarmi ma la rifiutai, in quello stato avevo paura che il suo tocco mi avrebbe messo in contatto con i suoi ricordi o con i suoi pensieri, ed era l'ultima cosa che desideravo. 

La quiete del mio spirito quiete mentale, stranamente, non si era turbata con la sua vicinanza e speravo di poter continuare in quella maniera.

«Siete una tipa tosta, eh» commentò piegandosi sulle ginocchia e scrutando la caviglia gonfia 

«Posso almeno provare a curarvi?» mi domandò.

Feci un leggero segno di assenso con la testa e sorrisi un po' amaramente, l'abitudine ad essere semplicemente Faith non mi aveva fatto pensare che avrei potuto curarmi la contusione con facilità.

Preferivo crogiolarmi nel dolore fisico e mentale piuttosto che trovare una soluzione.

L'uomo imposte le mani sulla mia caviglia e una debole luce le rischiarò, sentii del tepore attraversarmi la zona dolorante e dopo una manciata di minuti vidi il gonfiore ritirarsi.

«Potevo farlo anche da sola» commentai con un po' di remore. Non sembrava molto pratico di magia curativa.

«Basta anche un grazie» commentò ridendosela poi tornò in posizione eretta e mi scrutò con espressione piacevolmente divertita.

«Vi ringrazio, signor?» cercai di capire chi fosse mentre allungavo e roteavo il piede per assicurarmi che avesse curato tutta la contusione.

«Oh, il mio nome, io sono...» sembrava alquanto indeciso «Mi chiamo Siel».

Vi fermo giusto per ricordarvi chi era Ryozak



Vi siete ricordate?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top