Capitolo 17 - Parte III

Thildaissa mi guidò attraverso i corridoi e mi fece accomodare in uno spazioso salone vuoto.

Delle ampie e alte finestre illuminavano a giorno la stanza mentre la nuda pietra dei muri era decorata con grandi arazzi riportanti dei simboli. Sulla parete più lunga una grande restrelliera ospitava delle vecchie lame, alcune di legno, altre di metallo ma tutte con il filo smussato.

«Xandra mi ha raccontato tutto» cominciò la donna avvicinandosi distrattamente ad una finestra. Osservava il paesaggio esterno con uno sguardo maliconico poi si voltò verso di me e mi squadrò da capo a coda.

«Immagino che dovremo cominciare dalle basi».

«No» la corressi subito.

«Xandra mi ha dato i fondamenti della magia e... Enex mi ha insegnato a combattere con la spada».

«Il principe Dramairan in persona... hai avuto degli eccellenti maestri ma questo non basta. Devi spogliarti» mi ordinò ma io rimasi così stupita dalla sua richiesta che restai ferma a fissarla.

Passò qualche minuto di silenzo dopo di chè lei non attese più una mia reazione. Allungò due dita verso di me, le mosse con un gesto secco verso l'esterno e i legacci che tenevano salda la mia armatura si slegarono.

La corazza fece un violento salto nella direzione indicata dalle dita di Thildaissa, finendo rovinosamente al suolo.

«Per quanto la tua armatura sia di pregiata e leggera fattura tu sei una sacerdotessa, non una guerriera. Sei stata addestrata a combattere con fortezza, temperanza e giustizia, non per sopportare il peso di una difesa fisica. Il tuo potere spirituale è la tua arma e il tuo scudo. Non hai bisogno di altro» si avvicinò puntandomi ancora il dito e anche la parte inferiore della corazza si staccò dal mio corpo lasciandomi con solo addosso la sottoveste.

«Un' abbigliamento del genere non ti permetterà mai di avere dei movimenti puliti e precisi» puntualizzò poi si porse davanti a me, continuando ad analizzarmi perplessa come alla ricerca di qualcosa che non andasse.

«Sei nata con delle grandi potenzialità» cominciò imponendo una mano sulla mia testa.

«Limitarle da sola non farà altro che impedirti di accrescere il tuo potere» sentii attraversarmi da una piccola scarica, tutti gli amuleti che indossavo fluttuarono e con uno scatto si scagliarono conto il muro alle mie spalle, distruggendosi.

«No...» eslamai con la voce tremolante

«No!» cercai di recuperare quei frammenti ma sentivo il mio corpo paralizzato, come se una colonna di aria pesantissima mi avesse di colpo avvolta soffocando ogni mio movimento e ogni mio respiro.

Poi la mia testa fu invasa da una moltitudine di voci che pregavano, che piangevano o che semplicemente ponderavano le loro azioni quotidiane.

Mi lascia cadere sulle ginocchia, schiacciata da tutto quel peso, mentre quel flusso di coscienze mi entrava dentro: urlavano, si dannavano, chiedevano aiuto. cercai di scacciarli, di bloccare quel flusso che stava velocemente riempiendo il mio spirito ma era come arginare una diga rotta.

Ben presto tutto intorno a me cominciò a sbiadirsi e l'ansia prese il sopravvento.

Non sapevo più su cosa concentrarmi, il cuore picchiava sul mio petto come se stesse per esplodere, respiravo più forte che potevo ma l'aria non bastava mai, mi sentivo annegare in quel flusso e senza la magia di quegli amuleti non ne sarei uscita.

«Faith, riesci a sentirmi? Faith! Controlla il tuo potere» mi incoraggiò Thildaissa ma come?

Come potevo controllare ciò ce mi stava succedendo? Non stavo semplicemente leggendo le loro menti, sentivo come se i loro pensieri irrompessero contro la mia volontà dentro di me e ogni secondo che passava sempre più voci si aggiungevano a quella già numerosa massa. La testa mi esplodeva e nel tentativo di alleviare quel dolore comincia ad urlare.

«Faith?» sentii il delicato tocco di Thildaissa sulla mia spalla e mi voltai per un attimo ad osservarla

«Dormi adesso, sei stata brava»

Dopo essermi assicurata che Ginozkena, anzi Faith, prendesse la sua strada indossai degli abiti quotidiani e, evitando il contatto con chiunque incontrassi strada facendo, mi diressi alla biblioteca reale.

Non era ben fornita, la conoscenza degli ialini neri era limitata e la loro storia relativamente breve rispetto agli altri popoli di Airadonne.

Inoltre la loro tendenza nel tempo di lasciarsi corrompere dal loro stesso potere ha impedito per molto tempo che la cultura si diffondesse tra la loro gente.

Mi addentrai nella camera e la prima cosa che saltava all'occhio era una grande statua al centro dell'ambiente.

Rappresentava un giovane uomo che sedeva su di un trono fatto di libri, aveva le ali aperte e guardava con espressione serafica verso la porta, come ad accogliere calorosamente chiunque mettesse piede in quel luogo.

Incuriosita dalla figura mi avvicinai per comprendere a chi fosse dedicato tale monumento artistico e mi ritrovai sorpresa nello scoprire che si trattasse del principe Azesiel.

Da lontano non mi ero accorta che tra i capelli mossi vi era scolpita la corona dei principi ereditari.

Sulla targa commemorativa, oltre a riportare il suo nome, era incisa una frase:

La via dell'uomo saggio deve essere lastricata dalla conoscenza e dall'amor altrui, solo così potrà avere il completo dominio sul potere.

Era una motto davvero particolare e sospettavo che dietro quella scultura ci fosse stato lo zampino di Illidea.

Dopo qualche secondo di contemplazione presi posto su uno scrittoio messo a disposizione tra gli esigui scaffali e mi apprestai a compilare i miei rapporti.

Scrissi qualche lettera, sopratutto ad Afala. Non avevo notizie di lei da quando eravamo partiti e non sapevo più se preoccuparmi o meno. Era una donna adulta, ero stata io stessa ad educarla e se la conoscevo bene aveva già intrapreso la sua nuova strada.

Non potevo prevedere quanti giorni sarebbero stati necessari per completare l'allenamento di Faith e men che meno quando la situazione di Nazca al tempio Hell'ra sarebbe cambiata per cui sarebbe necessitata un'azione di emergenza, quindi dovevo trovarmi qualcosa da fare per passare il tempo.

In men che non si dica conclusi tutti i miei scritti, aggiornai anche con cura minuziosa il diario di viaggio. Ben presto mi ritrovai nulla facente e non lo potei sopportare.

Decisi di passeggiare nel giardino quando sentii nei meandri della mia mente una voce chiamarmi.

Era la voce di Thildaissa, mi chiedeva di raggiungerla con celerità.

Grata di avermi trovato un incarico da compiere, mi diressi subito al suo cospetto e lì ci trovai Faith riversa al suolo.

«Cosa è successo qui?» le domandai allarmandomi.

Senza perdere tempo corsi subito in soccorso della ragazza. Mi abbassai al livello pavimento e la sollevai per valutare il suo stato. Sembrava illesa ma un pò infreddolita, il suo volto era contratto, turbato da qualcosa che la perseguitava.

«L'ho addormentata» mi spiegò mentre era intenta a piegarsi per recuperare dei piccoli oggetti da terra. Li osservò pensierosa facendoli luccicare sotto i raggi del sole.

«Ma quelli... non sono gli accessori di Faith?»

«Sì» mi rispose nascondendoli nella mano a pugno.

«Vieni, portiamola nelle vostre stanze» continuò spostando la mia attenzione sulla ragazza.

Con sincronia la prendemmo sotto braccio, la sollevammo e con facilità la trasportammo per i corridoi. Arrivati nella stanza da notte l'adagiammo sul letto e io mi apprestai a coprirla, sembrava soffrire.

«Te l'affido, tornerò quando si sarà risvegliata» anticipò ogni mia domanda.

«C'è qualcosa di cui devo essere messa a conoscenza?» le chiesi attendendo da lei un'adeguata spiegazione.

«Ti farò mettere a disposizione delle domestiche, in caso succeda qualcosa di inusuale fammi chiamare subito»

Thildaissa non rispose, aggiunse altre disposizioni al suo iniziale comando e si dileguò.

Solitamente non era da me mettere in discussione le parole degli dei ma non sopportavo la sufficenza con cui Illidea mi trattava.

Faith era la mia compagna, Ginozkena la mia maestra. Mi addolorava vederla in quello stato e non comprendere cosa le stesse succedendo.

Non avere il controllo di quegli ultimi accadimenti mi stava facendo impazzire. Era difficile per me non poter fare altro che osservare mentre la Storia si stava compiendo davanti ai miei occhi.

Le voci nella mia testa mi svegliarono, anche se non urlavano più continuavano a sussurrarmi il loro dolore in un instancabile brusio di sottofondo.

Mi schiarii gli occhi e ben presto notai al mio capezzale le figure di due donne che vegliavano su di me.

Thildaissa era seduta ad una sedia, mi scrutava con le gambe accavallate e le braccia conserte, mentre Xandra le ronzava attorno facendo piccoli scatti su se stessa.

«Che cosa... è successo?» biascicai schiarendomi la voce, la testa mi doleva e avevo difficoltà a focalizzarmi su di loro.

«Sei sveglia!» esclamò Xandra preoccupata, si fiondò su di me per assistermi ma Thildaissa la fermò.

«Non toccarla, in questo momento il suo corpo e il suo potere sono sovraeccitati, qualsiasi contatto fisico scatenerebbe le sue capacità e nello stato attuale non sarebbe in grado di reggerlo»

Xandrà annuì rimanendo a distanza di sicurezza poi mi passò un bicchiere d'acqua per bagnarmi la bocca secca.

«Mi sento uno schifo» commentai strofinando la mano libera sugli occhi.

«E' normale, è l'effetto collaterale dei talismani che ti portavi appresso».

La rivelazione di Thildaissa mi scosse e un pò incredula guardai i frammenti che erano stati conservati su un mobiletto accanto al letto.

«Com è possibile?» le domandai «Erano gli oggetti di Ginozkena».

«Non posso mettere in dubbio la veridicità delle tue parole ma perchè li indossavi?» mi domandò.

«Perchè mi fu detto di metterli» mi scrutava come se cercasse di comprendere se io tentassi di mentirle.

«Da chi?»

A quella domanda alzai lo sguardo verso Xandra in cerca di un intervento da parte sua.

«Non può essere stata Xandra» mi fermò prima che potessi risponderle.

«Conosco la preparazione della tua maestra, è sicuramente a conoscenza degli aspetti controversi dell'utilizzo di oggetti per il controllo del potere. Sopratutto quando sono più di uno» si fermò e sospirò.

«Inoltre non è improbabile che sia a causa loro che tu non riesca ancora a padroneggiare i tuoi veri poteri»

«Non è possibile. Sono sicura, Enex me li ha portati dicedo...» mi interruppi e rimasi in silenzio mentre la mia mente collegava tutti gli avvenimenti di quel primo giorno su Ariadonne.

A quelle mie parole la tensione nella stanza si sciolse, le due donne si guardarono sollevate mentre il peso che avevo sullo stomaco tornò a crescere.

«Allora... potrebbero essere stati loro a impedire ai tuoi ricordi di emergere» aggiunse Xandra abbassando lo sguardo verso gli oggetti metallici.

«Era così strano che ancora tu non avessi recuperato, almeno in parte, la memoria della tua vita passata»

Era chiaro che qualcuno non desiderava che io ricordassi e si era spinto fino a mettere a rischio tutte le nostre vite.

«Vi prego, ho bisogno di rimanere da sola» abbassai il volto per nascondere loro il tremolio che scuoteva le mie labbra e i miei occhi.

Desideravo rigettarmi sul letto, sparire e sfogare la rabbia piangendo.

Xandra non comprese la mia richiesta ma Thildaissa si alzò in silenzio e, come se avesse letto nei miei pensieri, si allontanò portandosi via la donna.

Non attesi neanche che le due si fossero allontanate abbastanza, appena la porta si chiuse lasciai che lo sconforto mi dominasse.

Non ero sicura che lasciare la ragazza da sola fosse una buona idea, più che mai in quel momento aveva bisogno di qualcuno che l'aiutasse ad incanalare quei sentimenti in qualcosa di utile e fruttuoso.

Fermarsi a piangere non era l'espediente migliore per superare un'avversità ma Thildaissa non sembrava del mio stesso avviso.

«Non tutti affrontano le situazioni di petto come fai tu Xandra, le farà bene darsi una scrollata da tutta qiell'emotività e ricominciare da capo. Sai, per alcune persone piangere è liberatorio. Tu lo fai mai?»

«Cosa?» le domandai perplessa.

«Piangere» ripetè interrompendo i nostri passi, voleva assicurarsi di poter scrutare per il meglio i miei occhi.

«Non succede nulla se esprimi ciò che provi»

«Io non ho problemi ad esprimermi» affermai ribadendo con il tono della voce il concetto.

«Non hai bisogno di irritarti così» la cosa la divertì e vidi il suo viso illuminarsi di un delicato sorriso.

«Immagino ti interessi saperlo, ho sentito dire che la regina madre sta organizzando una festa» cambiò argomento.

«Una festa?»

«Sì, uffialmente è per celebrare il ritorno del principe Dramairan a corte, ufficiosamente è una macchinosa mossa politica. I membri della casta nobiliare, aizzati dalla famiglia che si contende il trono con i Talormor, stanno attuando una serie di ribellioni poco pacifiche affinchè la regina abdichi in favore di uno dei suoi figli o di uno degli eredi maschi della casata degli Axlyn. Loro sospettano che non ci siano più discendenti Talormor che possano prendere le redini del regno e così facendo credono di riuscire a prendere il potere del regno nelle loro mani. Sono pienamente daccordo con la decisione presa dalla regina, devono far vedere quanto la famiglia Talormor sia in realtà ancora fiorente e potente. E poi una festa non farà altro che riattivare la vita di comunità dell'ormai addormentato popolo ialino» mi spiegò allungando appena i muscoli.

«Sei cambiata parecchio in questi anni, non pensavo che l'amore avesse bisogno di conoscere la politica» mi sorpresi a guardarla districarsi in un discorso molto complesso per una persona che non faceva parte di quella società.

«E' passato tanto tempo da quando ho trasmigrato la mia essenza, ho dovuto per forza di cose adattarmi, conoscere il mondo che fino ad allora avevo sempre sorvegliato dall'alto senza mai comprenderlo. Tutto quello che so è frutto della mia esperienza personale e degli insegnamenti del principe Azesiel. E' stato un ottimo maestro di concetti mortali» la sua espressione spensierata cambiò, i suoi occhi tornarono a guardare il pavimento senza mai sollevarsi.

Mi sono sempre chiesta che tipo di rapporto si fosse costruita con i reali della famiglia Talormor e più la sentivo parlare e maggiore era la sensazione che lei nascondesse qualcosa.

Tornammo a camminare in silenzio una a fianco all'altra finchè la figura di Enex non ci sorprese. Era da solo e si guardava furtivo intorno.

«Hai così poco da fare per permetterti di vagabondare per i corridoi?» richiamai la sua attenzione, era da quando avevamo messo piede al castello che non ci incontravamo, pensavo avesse molte questioni di cui occuparsi ma a quanto pare mi sbagliavo.

«In realtà sta scappando» Mi rispose con tono polemico Thildaissa. Le sue parole lo irritarono ma incurvò appena un sopracciglio e ci rivolse con gentilezza un cenno di saluto.

«Per via della festa?» continuai desiderosa di informazioni.

«Vedo che neanche voi avete molto da fare, non avete una palla al piede da addestrare?»

«Hai ragione, sai forse è meglio che vada a vegliare su Othariel, probabilmente ha bisogno di me, ci vediamo più tardi nella tua stanza» Thildaissa si congedò lasciandomi da sola a gestire le regali ire di Enex.

Al contrario delle mie aspettative l'uomo mise da parte il suo orgoglio ferito e mi chiese notizie di Faith.

«Non sta molto bene. Thildaissa deve averla stressata parecchio come prima lezione. Riposa in una delle stanze che ci hanno messo a disposizione. Sembra che gli amuleti che "io" le avrei consilgliato di indossare in realtà non le abbiano fatto molto bene» mi avvicinai a lui fissandolo con gli occhi assottigliati.

«Non ti permettere mai più ad usarmi come alibi per una tua fandonia. Non so cosa ti è saltato in mente quel giorno ma impazzisco nel sapere che senza il tuo raggiro le cose sarebbero potute andare diversamente, e questo non riesco ad accettarlo. So che le tue intenzioni non erano maligne ma è arrivato il momento che tu prenda una decisione. Non mi interessa quali pressioni tu stia subendo. Non è più tempo di giocare nè con lei e nè con le vite di tutti noi... Anche perchè non potrai più alterare la verità adesso che i tuoi gingilli sono fuori uso. La prossima volta che vi vedrete le basterà incrociare il tuo sguardo e saprà tutto»

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