Capitolo 17 - L'eredità del principe
L'indomani mattina mi svegliai prima dell'alba e indossai la mia armatura come se dovessi partire per la guerra, determinata a concludere in maniera fruttuosa la giornata e con tanta voglia di spaccare qualcosa.
Con tanti buoni propositi mi addentrai tra i corridoi del castello seguendo le indicazioni datemi da Xandra, ma ben presto il mio umore crollò appena mi resi conto di essermi dispersa.
Quegli stupidi corridoi erano tutti uguali e di una tristezza inimaginabile. Non sapevo se a trasmettermi quell'angoscia fossero degli echi passati, la mia disarmata rabbia o semplicemente mi stavo facendo trascinare dall'atmosfera che permeava tutto quel lusso decaduto.
Ad un certo punto mi ritrovai ad accedere in un grande salone, l'aria nonostante tutto era un po' viziata e aleggiava un pungente odore che subito serrò in una morsa il mio stomaco, già provato dal groviglio emotivo di tutta quella situazione.
Mi addentrai per curiosità e mi ritrovai di fronte ad una lunga parete addobbata da maestosi dipinti dalla cornice dorata.
Ognuno di essi ritraeva la figura di un uomo diverso che posavano su uno sfondo scuro, simile per tutti. Sui loro capi era posata una corona fatta di un materiale scuro, era suddivisa in porzioni allungate dalle lineee curve che si estendevano verso l'alto come delle corna.
Scorsi tra i volti di quei re passati e man mano le tele diventavano sempre più lucide e i loro colori vividi fino a che non arrivai all'immaggine dell'ultimo ritratto.
L'uomo raffigurato mi colpì e ne rimasi suggestionata, aveva uno sguardo che penetrava il dipinto. I suoi occhi così familiari, incorniciati da una ondulata capigliatura corvina, sembravano scrutarti attraverso il tempo.
Aveva dei tratti molto dolci, rispetto ai suoi precedessori, la presenza della sua figura riusciva a trasmetterti determinata furia ma anche protezione.
Ed era quella la particolarità che mi aveva attirato a soffermarmi su di lui.
Aveva un simbolo dipinto sulla fronte, rosso come le sue ammalianti iridi, spalle larghe e un petto prominente.
Mi resi conto presto che quell'uomo mi ricordava molto Enex e quella consapevolezza mi trascinò nuovamente in un intenso stato emotivo.
Il cuore cominciò a battere all'impazzata e mi dovetti coprire il viso con la mano, per forzare dentro le lacrime che stavano per formarsi sul mio viso.
Non sapevo dove si trovasse in quel momento ma desideravo incontrarlo, potergli stare ancora vicino e sentirmi rassicurare dalla sua presenza. Stranamente la rabbia era scivolata via lasciando solo il vuoto in cui mi sentivo risucchiare.
Cercai di concentrarmi su quello che dovevo fare, allontanando il pensiero di Enex, ma i miei occhi caddero di nuovo sulla figura magnetica di quell'uomo.
Mi avvicinai e sotto alla cornice c'era una targhetta su cui era inciso il nome Eagon Talormor.
Mi allontanai cercando di calmare il mio animo e mi ritrovai ad osservare la parete contigua, un imponente camino spento faceva da base ad un'altra di quelle cornici dorate ma questa volta non c'era nessuna tela al suo interno.
Dopo qualche minuto decisi di prendere la porta da dove credevo di essere arrivata, mi ritrovai ad attraversare di nuovo uno di quei corridoi di pietra, decisamente più corto rispetto a quelli che avevo attraversato prima. Il passaggio si affacciava in un'altra stanza che non avevo mai visto.
Qui l'aria era decisamente più pesante e quando entrai la luce di alcune fiamme magiche si accesero illuminando un soggiorno con le finestre oscurate da spessi tendaggi.
Appena i miei occhi si abituarono a quel repentino cambio di luce notai dei grandi divani circondare tavolini da tè e, sui muri di pietra della stanza, erano appesi altri quadri ma questa volta di un genere completamente diverso.
Erano istantanee di vita quotidiana, senza volerlo mi ritrovai a vagare in quell'enorme galleria di ricordi del passato e la scrutai fino ad individuare i dipinti della attuale famiglia reale.
Riconobbi subito la figura della regina Othariel, nonostante il tempo l'avesse profondamente cambiata; lei spiccava tra tutte le altre donne di corte.
Posava distintamente al fianco di quell'uomo di nome Eagon ma tra di loro si vedeva che c'era un'inspiegabile intesa.
Palpabile anche attraverso una semplice immagine.
Corsi più avanti, procedendo cronologicamente, e ben presto arrivarono i dipinti dei loro bambini. Cinque bellissimi bambini, quattro maschi e una femmina.
Non potevo che sorridere guardando la piccola figura di Enex, mi sembrava strano vedere che anche lui è stato un nanetto.
In quasi tutti i dipinti i figli dei reali erano raffigurati in compagnia di una donna dai capelli castani tranne il più piccolo, l'unico maschio con i capelli color malva.
Lui era il solo che veniva ritratto quasi sempre in compagnia della regina madre e non era l'unica stranezza che avevo riscontrato. Nei quadri più "istituzionali", quelli dove veniva ritratta in posa la famiglia Talormor al completo, la bambina dai capelli rossi non era mai presente.
Quelle scene di spensierata vita nobiliare si interruppero bruscamente, terminando con l'esposizione di due tele che raffiguravano il ritratto su sfondo a tinta unita di due diverse persone, due giovani uomini che posavano in piedi.
Il primo aveva dei capelli decisamente più corti di Enex, gli cadevano sulle spalle incorniciando un dolce sorriso sul volto, portava tra le mani diversi libri, il suo abito era sfarzoso e tutto intorno a lui aleggiava come un'aura gentile.
L'altro invece aveva la chioma liscia legata da una coda alta e indossava una aderente armatura scura, di tipo leggero. Il suo volto era deciso e rivolto lateralmente.
Posava con la mano destra appoggiata all'estremità dell'elsa di una spada, protetta dal suo intagliato fodero di pelle scura conciata, su cui poggiava tutto il suo peso mentre con l'altra mano sorreggeva un elmo integrale fatto dello stesso materiale metallico dell'armatura.
Entrambi i dipinti possedevano una targhetta che immortalava i loro rispettivi nomi Azesiel e Sheol Talormor.
Distaccai lo sguardo dalle pareti interrogandomi sulla motivazione di quei due quadri così diversi e sovrappensiero mi avvicinai al fondo della stanza dove una teca di vetro impolverato padroneggiava sulla stanza.
Sfiorai appena una delle lastre, scostando il consistente strato di polvere che mi impediva di osservarne il contenuto. Diversi cuscini di velluto rosso ospitavano le corone reali.
La prima era quella che avevo vista ritratta nei quadri dei re passati poi uno spazio vuoto e infine quattro corone più modeste tra cui una che si distingueva per la presenza di un gioiello violaceo al suo centro.
Allontanai subito la mano dalla teca per paura di rompere qualcosa e sospirai.
Valutai che forse non avrei dovuto trovarmi in quel luogo così, ricordandomi che Thildaissa mi attendeva per l'allenamento, corsi verso la porta nel tentativo di filarmela prima di essere scoperta ma quando la spalancai sentii un tonfo pesante.
«Mi scusi» strepitai senza conoscere l'identità della persona che si trovava dietro alla porta ma che mi apprestai a soccorrere.
«Cosa ci fai tu qui! La servitù non deve bighellonare per il castello e soprattutto non vi è permesso entrare nella pinacoteca della famiglia reale. Ti farò cacciare per questo» con un tono arrogante la donna riversa sul pavimento mi rimproverò mentre si strofinava il viso arrossato dal colpo.
«Sono mortificata, ero sovrappensiero, sta bene?» le domandai cercando di rimanere calma. Riconobbi subito la sua figura ammantata di rosso, era la donna che affiancava la regina madre, quella con cui Enex si era allontanato.
Il suo aspetto minuto, aggraziato e così curato mi avevano dato di lei un'immagine del suo completamente diversa rispetto a quello che era il suo reale carattere.
Non era certo il migliore dei primi incontri ma presi un lungo respiro e le risposi comunque gentilmente.
Lei, a quelle mie parole, si fermò di colpo e alzò il volto sorpreso nella mia direzione per analizzarmi. Notai subito che l'elaborato trucco che portava mal celava delle leggere occhiaie ed era sbavato sulle guance.
«Ma, tu...» dopo qualche secondo di confusione sgranò gli occhi. Mi fissò con lo sguardo perso mentre le sue mani si affrettarono a ripulire il suo viso dalle tracce di quel momento di debolezza.
«Sono arrivata al castello ieri» Mi allungai verso di lei per aiutarla ad alzarsi ma con stizza scansò la mia mano con un colpo, alzò la schiena mettendosi seduta ed uscì le sue ali nere.
Le bastò agitarle un paio di volte per riuscire a rimettersi in posizione verticale. Poi, senza sprecare altro fiato, si affrettò a inforcare la porta per dirigersi verso la galleria dei quadri.
La somiglianza tra i due era indiscussa, a quanto pare l'essere scontrosi e orgogliosi era una peculiarità familiare.
«Immagino il tuo dolore» le dissi prima che potesse sparire dalla mia portata «Deve essere stata dura qui senza di lui».
La donna si fermò di colpo, abbasso appena le spalle che cominciarono a tremare e strinse la maniglia tra le mani.
Rimase lì in quella posizione per una manciata di lunghi secondi poi entrò nella stanza sbattendo la porta dietro di sè.
Il rumore mi scosse appena, credetti per un attimo che tutta la struttura cedesse a causa di quel suo gesto ma non successe niente.
Mi soffermai ad osservare il legno della soglia, persa nei miei pensieri furibondi. Nel mio animo stava montando una rabbia sconosciuta, mi sentivo di impazzire, intrappolata in quel luogo a me ostile, volevo urlare, mandare tutti a quel paese e scappare il più lontano possibile.
«Faith, sei qui» sentii una mano posarsi sulla mia spalla destra e una voce soave rischiarare i miei pensieri bui.
Presi un lungo respiro, come se fino a quel momento fossi stata in apnea, mi rilassai completamente e mi voltai verso Thildaissa.
«Perdonami, io... mi ero persa» le risposi lasciandomi alle spalle quell'incontro.
Quel mattino aprii gli occhi e per un attimo mi sembrò di risvegliarmi in un giorno qualunque del mio passato con l'eccezione di non ritrovarmi capelli rossi che mi solleticavano le narici.
Mi alzai e nel bagno scorreva l'acqua calda, segno che le domestiche avevano già fatto il loro lavoro.
Mi pulii di dosso la fatica e fissai la mia disordinata immagine allo specchio cercando di convincermi che tutto quello era la cosa giusta da fare.
Sospirai nel tentativo di focalizzarmi ma tutta la mia forza di volontà non bastava per allontanare le mie preoccupazioni, ero in un grosso guaio ed ero stato io stesso a ficcarmici.
Cominciavo a chiedermi se quella pausa avrebbe davvero giovato alla nostra causa.
Mi asciugai il viso con una salvietta e aprii il mio guardaroba, davvero volevo vestire quei vecchi panni?
Chiusi le ante e rindossai gli abiti che mi avevano accompagnato in quegli anni lontano da Dramairan Talormor e usci dalla stanza da letto.
Decisi di guardarmi un po' intorno prima di avere il colloquio con la regina madre, giusto per rendermi conto dei cambiamenti che erano stati apportati da Diaspro e Thildaissa durante la mia assenza ma, con mia grande sorpresa, mi resi conto che il castello era come stato congelato.
Nulla era stato modificato neanche in minima parte, tutto funzionava esattamente come cinquanta anni prima.
Proprio come in una favola per bambini, in quei giorni infausti tutti noi siamo sprofondati nel torpore di un sonno maledetto di cui ancora siamo oppressi.
Thildaissa non aveva fatto nessun progresso, strano a dirsi ma probabilmente anch'ella vittima del suo stesso corpo mortale.
Era tutto in stasi, pensai mentre mi ritrovai a camminare nell'atrio dove erano conservati le effigi dei re passati.
Mi soffermai lì per lasciarmi ispirare dalle loro vite finché non arrivai al dipinto di mio padre, Re Eagon.
Non fu la maledizione a farci sfiorire no, è stata la sua dipartita. Sebbene a causa della sua mancanza di carattere non lo avessi mai reputato un sovrano degno dei suoi predecessori, lui ha sempre fatto in modo che tutto funzionasse e solo in quel momento mi rendevo conto di quanto fosse un grande uomo.
Stavo per dirigermi nella stanza della regina madre quando sentii dei gemiti provenire dalla galleria.
Attirato da quella sottile voce che si disperava mi addentrai nella stanza, aprendo la porta senza fare rumore e l'immagine che mi si prospettò mi fece rabbrividire.
Diaspro, l'indisponente e arrogante donna che infestava da anni le stanze e i corridoi di quelle ale era riversa al suolo, piegata su se stessa come una minuscola bambina che desiderava scomparire, e piangeva ai piedi di un passato che non poteva tornare.
Che faticaccia! Questa parte forse è stata la pù difficile di tutto il libro! Mi sono addentrata in una serie arzigogolata di descrizioni manco se fosse mio pane quotidiano.
Vi piace questa parte di scoperta delle origini di Enex? Chissà perchè immagino un futuro editor che mi guarda disperato e che me la taglia selvaggiamente ma io la ritevo necessaria per grattare la superficie del suo difficile carattere (E non solo il suo, nel primo passo di questo nuovo capitolo ci sono indizi per ben otto personaggi, di cui due non appariranno mai e uno farà una breve comparsa).
Adesso vi mostro i pv dei persoaggi che ho descritto. Quello di Azesiel purtroppo è stato difficile, i capelli sono troppo lunghi e non sono mossi come quelli del padre sigh!
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