Capitolo 15 - Parte V

«Enex, presto! Aggrappati alla mia mano» nel momento in cui smisi di lottare udii una voce sconosciuta. Era agitata e chiamava il mio nome con familiarità.

Che alla fine, a forza di invocare gli dei, qualcuno di loro abbia fatto appello alle loro sudici coscienze e sia venuto in mio aiuto?

Percepii delle piccole dita avvolgere la mia mano e tirare verso l'alto più che potevano poi una luce spazzò via l'oscurità, il fuoco si dissolse e l'immagine di una ragazza preoccupata si schiarì in quel bagliore.

Guardai la sconosciuta stupito e senza parole, solo il potere di un dio avrebbe potuto scacciare quell'oscurità eppure non riuscivo ad accostare le sue sembianze a nessuna delle divinità venerate su Ariadonne. 

Aveva dei lunghi e mossi capelli castani, occhi bruni come le pietre preziose di Rowrym e protendeva verso di me preoccupata, versando interminabili lacrime di compassione.

«Grazie al cielo, stai bene!» posò entrambe le mani sul mio mento sfiorando le labbra con i pollici poi adagiò la fronte sul mio petto.

«Ho sentito il tuo grido di aiuto» aggiunse strofinando il volto sulle mie vesti poi alzò il volto e mi sorrise. 

Aveva le gote leggermente arrossate, come se si vergognasse di incrociare i nostri sguardi.

«Non devi più soffrire da solo» affermò mentre la sua figura si sfumava tornando ad essere luce.

L'intensità del suo bagliore andò ad aumentare finché non esplose in mille frammenti che, dondolando sul mio capo, si andarono a posare sulle mie spalle.

Ero di nuovo da solo ma non avevo più paura, il buio non era più una casa ostile e dentro di me il fuoco si era placato.

Cinsi il petto con le braccia e alzai il volto sereno, eri tu vero, Faith?

Sorrisi, come se mi fosse appena stato rimosso un macigno dall'animo ma una fitta mi attraversò la schiena, spezzando la quiete.  Così violenta che fui costretto ad accasciarmi a terra e a piegarmi su me stesso dolorante.

Il sangue cominciò a scorrere più veloce dentro di me, il mio cuore si scuoteva in preda al panico mentre un dolore sconosciuto si delineava sulle mie spalle. Si irradiava sulla parte superiore bruciando più delle fiamme stesse.

Mi toccai incrociando le braccia, la sofferenza che dilaniava le mie membra era paragonabile solo a quella che avevo provato il giorno della mia esecuzione e, con mio rammarico, continuò a crescere.

Rialzai la testa al cielo, maledendo i mei lumi, e urlai dando sfogo a quel supplizio, sapendo che nessuno avrebbe potuto udirmi, finché non svenni.

I raggi del sole che penetravano attraverso la tela della tenda mi destarono.

Infastidita mi portai le braccia sul viso e mi rigirai per sfuggire alla sua luce ma subito notai che Enex non c'era.

Un po' preoccupata aprii subito gli occhi, erano ancora annebbiati dal sonno ma alzai il busto cercando di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovavo.

Ero così presa da Enex che durante la notte lo avevo sognato. Era in difficoltà e io lo salvavo. Era così assurdo che solo in un sogno poteva accadere.

Quando le immagini della tenda di Enex mi furono chiare lo vidi.

Era ricurvo in una posa inquietante sul fondo della tenda, immobile con le mani sulle spalle.

Mi alzai, coprendomi dall'aria pungente del mattino, e mi avvicinai con passo lento a lui.

«Enex, tutto a posto?» gli domandai cercando di toccargli la schiena ma lui schivò il mio tocco come spaventato.

Non lo avevo mai visto così profondamente turbato.

«Perdonami» disse subito con un tono di voce sostenuta.

«Era da un po' che non mi capitava» aggiunse addrizzando la schiena.

Quando i miei occhi caddero su di lui la mia mente sovrappose alla sua immagine i due monconi, anche se non erano più visibili e rabbrividii ancora.

Era così ingiusto che lui avesse quella cicatrice. Da come ne parlava, lui la considerava la sua croce. 

Aveva accettato il marchio e lo portava con sé come monito per le sue azioni.

Come avrebbe potuto guarire il suo cuore se ancora vagava penitente? 

Se solo avessi potuto fare qualcosa per lui, guarire quelle maleodoranti ferite forse sarebbe riuscito ad andare avanti.

«Stamani stranamente bruciano» mi spiegò facendo allusioni alle sue ali, poi si voltò verso di me.

«Forse perché era la prima volta che li mostravo da quando è successo...» suppose un po' giù di morale.

Il dolore doveva aver fatto riemergere brutti ricordi.

«Sei sicuro che va tutto bene?» gli domandai toccandogli il braccio. Lui mi fissò un po' confuso.

«Sì» mi rispose affrettandosi a recuperare la tunica.

«Aspetta» lo fermai «Non sarebbe meglio controllare?» gli chiesi. Speravo che mi accontentasse, volevo una scusa per poterlo toccare ancora e provare a guarire i monconi.

Nella peggiore delle ipotesi avrebbero semplicemente smesso di marcire, nella più florea gli avrei fatto ricrescere le ali. 

Non sapevo se era possibile ma ci avrei provato con tutta me stessa.

Lui, come mi aspettavo, mi scansò stizzito.

«Smettila di fare così» lo rimproverai bloccandolo.

 «Non uscirai da qui se prima non mi mostri la schiena» feci attenzione a non usare la parola ali.

Lui sospirò, sapendo che non mi sarei mai arresa, mi diede le spalle e scocciato distese le scapole.

«Lo sai che non puoi fare niente, vero?» affermò sospirando.

«Fanno in modo che nessun condannato possa usare incantesimi di guarigione» mi spiegò mentre sulla sua pelle si formarono due fessure che si aprirono lasciando passare qualcosa di grosso, che di colpo si aprì.

Spaventata mi allontanai emettendo un leggero grido.

«Enex» lo chiamai con la voce tremolante, mentre proferiva quelle parole due enormi ali si erano rivelate davanti ai miei occhi.

Ammirai con stupore il suo piumaggio, nero come la notte alla base e rosse come il tramonto di Ariadonne sulle estremità.

«Le tue ali... le tue ali sono tornate!» esclamai sbalordita e contenta ma lui non rispondeva.

Preoccupata mi riavvicinai e lo tirai a me, forzandolo a guardarmi.

Aveva gli occhi commossi e fissi nel vuoto, un fiume di lacrime rigava il suo volto e con la mano copriva la bocca per impedire ai singhiozzi di diffondersi nell'aria.

«Grazie» spezzò i gemiti e, sollevandomi da terra, mi abbracciò. 

Mi reggeva come se fossi stata una cosa preziosa, e io mi sentivo su un piedistallo di cristallo.

«Grazie, Faith» si asciugò il volto sul mio ventre «Grazie» continuò a ripetizione.

Ero un po' confusa da quella reazione ma decisi di farlo sfogare prima di investirlo con i meii quesiti.

Dopo un po' mi adagiò a terra, mi prese dal capo alzandolo verso il suo e mi diede un bacio emozionato, poi ancora un altro.

Una cascata di caldi baci cadde sulle mie labbra riscaldando il mio animo.

«Ti ringrazio» cercai di farmi spazio in quel mare di felicità.

 «Ma io... non ho fatto niente» evidenziai, avrei tanto voluto essere io la causa di tutta quella sua gioia.

«Hai i capelli castani» affermò serio all'improvviso.

«Chi?»

«Nel tuo mondo, hai i capelli castani, lunghi e selvaggi» ripeté con un ghigno.

Improvvisamente mi sentii offesa, ammettevo di tenerli sempre un po' disordinati ma addirittura arrivare a definirli selvaggi era un oltraggio.

Dopo l'iniziale emotività del momento mi resi conto che lui non poteva conoscere il mio vero aspetto e lo guardai ancora più confusa di prima.

«Faith» richiamò la mia attenzione .

«È tutto merito tuo. Se tu non fossi stata qui io sarei stato perso» mi "spiegò", era molto agitato ma entusiasta.

«Siete svegli?»

Il rumore rauco di una tosse di circostanza ci interruppe e la voce di Xandra spezzo l'atmosfera che si era creata.

La sua ombra trapelava all'interno della tenda come quella di un guardiano alle porte di un luogo sacro.

«Sì» le rispose subito Enex riprendendo la sua tunica.

Lei rimase in silenzio davanti all'entrata in attesa che noi uscissimo.

Improvvisamente mi sentii in imbarazzo nel farmi vedere da Xandra nella tenda di Enex così feci avanzare lui e, quando aprì i lembi della tenda, scappai via con passi svelti.

«Buongiorno Xandra, io... vado a prepararmi» riuscii a dire spezzando qualsiasi discorso stesse per cominciare.

Me la defilai stringendo il mantello tra le braccia e tornai alla nostra tenda per indossare gli abiti da viaggio e l'armatura.

Non pensavo sarebbe mai diventato un gesto quotidiano eppure eccomi lì ad indossare quelle protezioni con una semplicità disarmante ma, più che mai, lo facevo con determinazione.

Avevo preso la mia decisione, se ero l'unica che poteva affrontare Uriel, anche senza la magia della spada divina, allora avrei fatto tutto quello che era in mio potere per proteggerli.

Presi il nastro rosso che Enex mi aveva regalato ad Ataria e lo usai per legare i capelli in una coda.

Ero pronta.

Quando uscii l'accampamento era stato quasi del tutto smontato e ci si apprestava ad ultimare i preparativi per la partenza. 

Osservai i vallachi vuoti e la mia attenzione cadde su un telo marrone che avvolgeva una cosa ingombrante. Deglutii immaginando cosa ci fosse e superai la visione avvicinandomi a Xandra ed Enex.

«Venerabile» mi chiamò la donna alzando lo sguardo verso di me «Vedo che la notte ha fatto miracoli» alluse scrutandomi.

«Ho dormito bene» feci finta di non capire a cosa si riferisse posando le mani sui fianchi.

 «Comunque da oggi vorrei che la smettessi di chiamarmi così» continuai prendendo le redini del discorso.

«E come dovrei chiamarla?» mi chiese ridendosela, neanche avessi fatto una battuta.

«Semplicemente Faith, nessun appellativo, nessun altro nome»

«Se questa è la sua volontà» annuì facendo crollare su sé stessa la tenda. Da sotto potei sentire Enex sogghignare.

«Mi sentirei anche a mio agio se mi deste del tu» aggiunsi vedendo la sua ritrosia poi mi affrettai a recuperare i sostegni della tenda che stavano cadendo nel fango.

«Non si preoccupi. Abbiamo finito» mi disse escludendomi ancora dai lavori.

«Xandra» poggiai la mano sul suo avambraccio per attirare la sua attenzione «Ti devo delle scuse».

«Non devi»

«Devo invece, mi rendo conto di non essermi comportata bene. Tu mi hai aiutato, mi hai salvato dal veleno e io ti ho quasi odiato. Dopo quello che ha fatto Dix io pensavo fosse tutto finito. Ti ringrazio Xandra, se non fosse stato per te, per voi» guardai Enex che con la scusa di sistemare qualcosa mi dava le spalle 

«Io sarei morta e vi avrei lascito combattere da soli».

«Venerabile» cominciò ma io la fulminai subito con lo sguardo.

«Faith. Sono contenta che ti sei ripresa ma, le cose sono complesse» si corresse.

«E allora? Non lo erano nemmeno prima. Ginozkena in passato ce l'ha fatta anche così. Ci sarà un altro modo per sconfiggere Uriel»

«Forse non comprendi, ci abbiamo già provato. Abbiamo consultato le antiche biblioteche di Roncris, ci siamo affidati agli oracoli maggiori. Non c'erano altri modi se non quello!» sembrava scoraggiata, anche più di me.

«Voi ci avete provato» evidenziai.

«Non io. Mi hai detto che Ginozkena era stata consigliata da una divinità, beh allora insegnami come si fa. Scomodiamo questi dei! Se esistono e ci stanno guardando allora farò in modo che sentano la mia voce»

A quelle parole Enex si voltò e Xandra mi guardò con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

«Era proprio quello che volevo sentirti dire» mi tirò complice un colpo sulla spalla. 

Improvvisamente non era più demoralizzata.

«Ti stavo proprio portando da uno di loro» mi comunicò ridendosela. 

Quel suo cambio repentino di umore era dipeso dal suo carattere oppure mi aveva semplicemente messo alla prova? 

Con sguardo fiero e un sorrisetto sulle labbra mi poggiò con poca attenzione un fagotto scuro tra le mani.

«Indossa questo mantello»

«Da uno di loro?» chiesi distratta mentre il mio sguardo si perdeva nella stoffa torbida

«Aspetta, ma dove stiamo andando?» le domandai curiosa.

«Talormoran, la capitale ialina» mi spiegò legando le ultime cose ai vallachi.

Non compresi il collegamento tra quella città e il discorso che avevo fatto ma sapevo che appena arrivati tutto mi sarebbe stato più chiaro.

«Allora... siamo solo noi?» domandai avvicinandomi ai vallachi.

«Sì» mi rispose porgendomi un mantello nero.

«Nazca è stata rapita e Skill...» alzò lo sguardo verso l'ingombro coperto.

«Skill?» domandai spalancando gli occhi. La mia fantasia non si era spinta così oltre, credevo che lui fosse stato mandato da qualche parte e che il copro sotto la coperta fosse quello di Nazca.

Xandra annuì salendo sul vallaco.

«Come è possibile? Perché... Perché?» dentro di me non trovavo nessuna risposta plausibile.

«Non lo sappiamo» intervenne Enex prima di salire sul suo vallaco poi allungò una mano verso di me.

«Andiamo, abbiamo ancora tanta strada da fare fino alla capitale».

La notizia della morte di Skill mi turbò, indossai il mantello nero che mi aveva consegnato Xandra e, scansando la mano di Enex, salii su un vallaco vuoto.

«Non ho perso la capacità di cavalcare» ero grata dell'aiuto di tutti ma era arrivato il momento di riuscire a cavarmela da sola. 

Non potevo proteggere nessuno se continuavo a farmi aiutare dagli altri.

Appena i due partirono, diedi un colpo di frusta alle redini per ordinare all'animale di muoversi.

Il passo cauto, dovuto al carico che ci portavamo dietro, le nostre facce un po' sofferte e i mantelli neri che coprivano le nostre spalle ci facevano assomigliare più ad un convoglio funebre che ad un gruppo di avventurieri in missione per salvare il mondo.

Eccomi qua, yeaaahhh. Scusate per il ritardo ma oggi ho avuto parenti a casa.

 Finalmente il capitolo 15 si è concluso. 

Tristi ma felici? I nostri due piccioncini sembrano essersi venuti incontro anche se c'è ancora un enorme sasso da superare, anzi un burrone di nome Ginozkena. 

La sua ombra non può che incombere su una loro futura relazione ma adesso si deve prima salvare il mondo, poi si pensa a tromb... ahem

Non vi raffreddate troppo, il prossimo capitolo vi prenderà più di questo.

Ci vediamo martedì prossimo con "L'eredità del principe degli ialini"


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