Capitolo 14 - Parte IV

Maledetto!

Una voce di donna fece breccia nella mia testa e improvvisamente fui scaraventato lontano da una potentissima magia.

No... Non era possibile! Quelle parole sembravano provenire da Ginozkena ma non era la voce che aveva usato fino a quel moemnto, era più matura e il timbro non era lo stesso.

Alzai il busto un pò dolorante e vidi il corpo della donna sollevarsi dal terreno in orizzontale, il suo corpo era avvolto da una luce dorata che la roteò e la portò in posizione verticale, aprì gli occhi e allungò una mano verso di me.

Sentii il suo potere avvolgermi e catturarmi in una invisibile gabbia.

Come hai solo osato pensare di potermi toccare, lurido verme che non sei altro!

Quella voce rimbombava furente nel mio corpo e nel mio spirito, non era la Ginozkena di prima. I suoi occhi erano pieni di odio, che sia la vera sacerdotessa della dea celeste?

D'un tratto la donna chiuse la mano a pugno e la gabbia che mi circondava cominciò a restringersi schiacciando tutti i miei organi e impedindomi di respirare.

Le persone come te non meritano nemmeno di morire.

Nonostante le parole che aveva detto strinse di più la mano costringendomi in uno spazio ancora più piccolo.

Sentivo che presto sarei potuto esplodere, quel potere mi schiacciava ogni parte del corpo, la mia carne sembrava doversi staccare da un momento all'altro.

I miei occhi erano completamente da fuori, sentivo la morte avvicinarsi finchè di colpo tutto sparì e io caddi rovinosamente a terra.

Non mi sporcherò le mani del sangue di un essere così insignificante. Non farti mai più vedere, se mi ricapiterai di nuovo a tiro ti ucciderò, nella maniera più atroce che tu possa mai immaginare.

La guardai seccato, tutto quello per cui avevo lavorato era svanito in un batter di ciglia ma se fossi morto lì, non avrei potuto finire il compito datomi da Uriel.

Mi alzai con tutto il corpo dolorante, avevo difficoltà a respirare, a camminare, a muovere le braccia ma cercai con tutte le forze che avevo di scappare da quel luogo.

Aspetta, non ho detto che puoi andare.

La donna mi comparì alle spalle.

Marchierò il tuo corpo, in modo che ricorderai per sempre le mie parole e l'onta che ti sei guadagnato.

Rise sadica mentre, con una delle sue mani, stringeva tra le dita la mia ala destra.

«No!» esclamai con la voce tremante.

Come aveva fatto ? Non evocato le ali, non avrebbe potuto prenderla senza il mio consenso.

Questo è per Enex.

La mano libera divenne una lunga lama di luce e senza che io potessi fare nulla, si avventò su di me.

Attento Skill... probabilmente tra di noi c'è una spia.

Le parole di Xandra non abbandonavano i miei pensieri mentre giocherellavo con le pillole che mi aveva consegnato in un luogo appartato del bosco.

Stavo tornando dal posto in cui avevo sepolto i vallachi e mi ha preso di soppiatto, consegnandomi quel piccolo tesoro e rivelandomi le sue preoccupazioni.

Come era possibile che tra di noi ci fosse una spia di Uriel? Provai ad immaginare chi potesse mai essere ma i sospetti cadevano su una sola persona, quella che se solo avessi provato a pronunciare il suo nome ad alta voce chiunque mi avrebbe preso per pazzo.

I miei occhi si persero nel rumore delle capsule che urtavano tra di loro mentre le facevo roteare sul palmo della mia mano.

Sospirai e pensieroso alzai il volto al cielo, mettedo al sicuro quel rimedio in una taschina del nascosta della cintura.

Il cielo diventava sempre più scuro abbandonando dietro di se l'imbrunire. Le stelle cominciarono ad accendersi nel firmamento, come piccole luci di un grande disegno.

Avrei tanto voluto condividere quello spettacolo con lei,

La Venerabile si era allontanata da un po' e, adesso che ci riflettevo su, forse da troppo ma non potevo allontanarmi.

Non potevo lasciare la mia posizione, anche se sentivo Nazca riposare pesantemente.

L'accampamento era stranamente vuoto e non potevo chiedere a nessuno di andare a controllare.

Quel pensiero mi fece accostare l'orecchio nella tenda e mi resi conto di non riuscire più a sentire il respiro della donna.

Spaventato da ciò che poteva significare posai la mano sull'impugnatura della lama e con l'altra aprii lentamente il lembo dell'entrata.

Il buio avvolgeva la stanza.

Con passi lenti mi avicinai alla brandina dove la Venerabile aveva lasciato Nazca dormiente e sgranai gli occhi quando mi accorsi che le coperte erano state sollevate e c'erano chiari segni di trascinamento che portavano verso l'esterno.

Il tessuto del fondo della tenda era stato sollevato e non era stato rimesso a posto.

Provai a seguire le tracce, il mio intuito mi diceva che erano fresche, e non fallì.

A pochi mentri dal perimetro esterno dell'accampamento vidi una sagoma zoppicante che si portava sulle spalle Nazca.

«Fermo lì!» urlai intimidandolo, sfoderai la spada e la puntai nella sua direzione.

L'uomo si fermò di colpo e si volto verso di me.

«Skill, amico mio» Dix si rivolse a me schivo e servile, come non aveva mai fatto da quando l'avevo conosciuto.

Mi avvicinai per inquadrarlo e notai che sul suo corpo c'erano esposte diverse ferite, gli abiti erano stropicciati, lesionati e pieni di sangue.

«Lascia stare Nazca» gli intimai brandendo l'impugnatura con entrambe le mani.

Come poteva essere lui il traditore? Tra tutte le persone, come era riuscita Uriel a corrompere quello a cui stavano più a cuore le sorti della Venerabile?

«Non è come sembra» cercava di convincermi con uno dei suoi sorrisi.

Con passo lento mi avvicinai rimanendo in guardia e fu allora che notai che ansimava e dalla sua schiena scendeva copiosa una scia di sangue.

Il tempo di quel veloce scambio di parole e sotto di lui si era formata una piccola pozza.

«Non puoi nemmeno immaginare» continuò indicando nella dizione delle montagne.

«Siamo stati attaccati, l'esercito di Uriel sta avanzando. Xandra mi ha ordinato di portare l'essere sacrificale in un luogo più sicuro» mi spiegò.

«E che motivo avevi di entrare nella tenda di nascosto e sgattaiolare via senza essere visto da nessuno?» gli chiesi sfidandolo con gli occhi.

A quel punto smise di prendere in giro la mia intelligenza, comprese che non mi sarei fatto ingannare dal suo finto atteggiamento e calò la maschera.

Alzò il capo e mi mostrò il suo vero volto.

«E d'accordo» esclamò con un sorriso smagliante «Mi hai beccato».

«Lascia Nazca!» gli ordinai avanzando ancora, ma la mia figura non sembrava intimorirlo anzi, il fatto che non provasse nemmeno a scappare significava solo che voleva giocare con me e io avrei dovuto approfittarne.

Dovevo intrattenerlo in attesa che qualcuno fosse di ritorno.

«Oh ma che bel soldatino che abbiamo qui» mi provocò nascondendo la mano libera dietro alla schiena. Il suo moviemnto sospetto mi allarmò così lasciai scivolare la mano destra sui fianchi e gli mostrai la mia arma segreta.

«Cosa credi di fare con quella?» rise in faccia alla canna della mia pistola.

«Lo sai che con quella mi fai il solletico» sorrisi, lasciandolo parlare a vanvera.

Quella era la rivoltella arcana, un mio piccolo esperimento, con proiettili spezza barriere e sfonda culi magici.

«Non credevo che fosse possibile, ma sei davvero più stronzo e palo in culo di quello che davi a vedere prima» mi levai lo sfizio.

Erano giorni che avrei voluto urlarlo ai quattro venti ma in quel momento mi sentii proprio leggittimato.

Lui in tutta risposta rise divertito.

«Tu invece ti sei rivelato esattamente l'anello debole che mi aspettavo. Ti devo ringraziare, senza di te non ce l'avrei mai fatta!»

Le sue parole non fecero che riverbero dentro di me, strinsi più forte per la rabbia le impugnature delle mie armi ma non dovevo fargli vedere mi sentivo debole.

Così ringhiai in segno di dissenso.

«Sei proprio senza speranze. Mamma Xandra lo sa che oggi non hai fatto bene i tuoi compiti?» mi domandò diventando serio tutto d'un tratto. Troppo serio per poter essere uno dei suoi giochetti.

Lo puntavo ancora mentre i miei pensieri ripercorrevano i miei passi, a cosa mai si poteva riferire?

«Skill, mi sai dire dove è la Venerabile?» mi chiese con un ghigno divertito.

A quel punto allontanai l'attenzione da lui per provare a ricordare il momento in cui avevo perso la guardia su di lei. Le avevo permesso di allontanarsi per prendere un po' d'aria...

Quando il mio cervello collegò le due cose mi si strinse un nodo alla gola.

La mia espressione doveva essere molto turbata perchè Dix mi guardò con aria molto soddisfatta.

«Se la cerchi sta per esalare il suo ultimo respiro nel bel mezzo del bosco. Non la troverete mai in tempo» mentre mi rivelava quelle parole mi irrigidii ancora di più, la mia mente fu invasa dal sorriso della sacerdotessa e tutti i miei muscoli cominciarono a tremare in preda a spasmi nervosi.

Se la rabbia che la notizia mi aveva procurato non fosse bastata, notai che lo ialino si stava lentamente allontanando da me.

«Muori!» Quando me ne accorsi gli urlai contro e premetti il grilletto con il sangue che mi schizzava agli occhi.

Come ci si potrebbe aspettare da uno come lui, Dix provò a fermare il colpo con una barriera.

Il proiettile, contro le sue aspettative non si fermò, infranse la sua protezione e gli attraversò il petto, quasi all'altezza del cuore.

Il suo sguardo... il suo dannato sguardo in quel momento era da incorniciare.

Sgranava con terrore gli occhi.

Il colpo gli aveva fatto un bel buco e probabilmente in quel momento rimpiangeva di essere nato.

Tossì leggermente piegandosi in avanti e lì ebbi la mia occasione, mi avvicinai a lui con la canna puntata e allungai una mano per recuperare Nazca dalla sue braccia ma lui alzò di colpo il busto tentando di colpirmi con una testata che io agilmente scansai.

«Non è questo...il giorno» sussurrò pulendosi il volto dal sangue.

«Credevi di ucciedermi con questo?» si leccò la mano sporca e tornò a guardarmi come se fossi un giocattolo.

Provai a sparargli ancora ma questa volta non si fece colpire scansando i proiettili.

Non potevo rischiare di ferire anche Nazca così riposi la pistola e, riprendendo la spada con entramnbe le mani, mi lanciai verso di lui con il fuoco dell'ira nelle vene.

Lo colpii diverse volte infondendo alla lama tutta la forza che avevo in corpo.

Lui contrattaccò con la sua sottile lama argentea, brillava ancora nonostante l'avesse insudiciata con le sue malefatte, con il sangue della sua adora.

Più quella consapevolezza invadeva i miei pensieri più i miei movimenti erano guidati dalla collera.

Il combattimento sembrava in stallo finchè non riuscì a schivare un mio montante, mi trovai con l'addome scoperto e Dix non perse tempo ad approfittarne.

Con un movimento svelto lasciò cadere la spada a terra, recuperò una lama più corta e la piantò nel mio petto sfondando le protezioni di cuoi.

Non riuscii a spostare le braccia per deviare il colpo, sgranai gli occhi mentre il dolore lancinante si impossessò di me. Aprii la bocca per parlare ma sentivo l'aria mancarmi.

Caddi a terra gemendo e, dopo aver superato il primo momento di perdizione, infilai la mano nella taschina della tascapane.

«Ci hai provato» affermò sprezzante mentre si piegava a recuperare la sua spada con la mano libra.

Quella era la mia occasione, mi portai alla bocca una pasticca che Xandra mi aveva consegnato e la ingoiai.

Il petto mi doleva così forte che anche mandar giù quel rimedio mi fece sentire di morire.

«Non te lo ripeto più» mentre lui si voltava per darmi il colpo di grazia io mi rialzai, presi la lama ancora nel mio petto e la estrassi stringendo i denti.

Ggemetti per non lamentarmi del dolore ma, appena la sua punta fu fuori, il mio corpo cominciò a rigenerarsi e la ferita si chiuse davanti a lui, incredulo.

«Non è possibile» sussurrò sbigottito.

«Lascia immediatamente andare Nazca» intimandolo ancora lancia quella lama corta lontano dallo scontro

Lui ringhiò posando finalmente Nazca al suolo, al contrario della mia ferita, quella che il proiettile gli aveva provocato aveva difficoltà a richiudersi.

Sorrisi soddisfatto, lo avevo indebolito e valutai che le mie possibilità di riuscita stavano piano a piano aumentando.

Dix fece un verso stizzito e si gettò su di me ingaggiando un combattimento corpo a corpo.

«Eh beh? Hai dei poteri, cosa credi che cambi?» mi chiese incrociando le nostre lame.

Lo scontro sembarava alla pari nonostante la nostra disparità fisica. Io mi sentivo rinvigorito dalla pasticca mentre Dix perdeva colpi in continuazione.

Era sempre più affannato, i suoi movimenti più scordinati e questo confermò la mia idea di potercela fare da solo.

La ferita all'ala, il colpo al petto erano tutte lesioni che lo avevano provato duramente e avevano minato le sue difese.

«Ho allenato il mio corpo ad essere ripetutamente ferito» bluffai spingendolo, lui cadde a terra ma, con un colpo tondo mi ferì la gamba destra.

Entrambi capitolammo e io approfittai per prendere un'altra di quelle pillole.

Dix si alzò con sforzo mentre io saltai agilmente in piedi.

«A quanto pare questo tuo fantomatico potere è reale» commentò sputando sangue.

Il proiettile arcano non lo aveva ammazzato ma sicuramente stava facendo il suo lavoro. Presto sarei stato in grado di dargli il colpo di grazia.

A differenza delle mie aspettative però lui rise ancora, era assurdo come non si arrendesse all'evidenza.

Alzò la mano destra in alto, col palmo disteso e nel cielo, subito dietro di lui, cominciarono a formarsi dei piccoli aspriali scuri illuminati da una luce violacea.

Le misteriose formazioni aumentarono di colpo, si duplicarono, poi triplicarono e infine divennero un'infinità inalzandosi per una moltitudine di piedi verso l'alto.

«Vediamo cosa farai adesso» mi sfidò mentre da ognuno di quegli asprirali cominciò ad uscire la lama di una spada.

Ben presto mi ritrovai davanti un muro di lame fluttuanti che mi puntavano.

Con un sorriso spavaldo Dix abbassò la mano e con uno scatto le armi obbedirono al suo movimento scagliandosi contro di me.

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