Capitolo 13 - Parte V
Quando il frastuono del crollo della galleria si interruppe, rimanemmo in un silenzio assordante e l'oscurità che ci avvolgeva fu la perfetta tela per i ricordi di quegli attimi.
Avevo le braccia poggiate passivamente sulle spalle di Nazca mentre si delineavano nella mia testa le immagini degli ultimi momenti di vita di Macota.
Sebbene con qualche leggera differenza, lei era morta esattamente come avevo sognato, senza che avessi avuto la possibilità o l'occasione di salvarla da quel funesto fato.
Che senso ha avuto vederlo se il tutto era destinato a succedere?
«Siamo al sicuro adesso?» la voce di Dix spezzò anche i pensieri di Xandra che, con un verso di sorpresa, evocò una grossa luce per illuminare il cunicolo, così grande e abbagliante da irradiare tutto intorno a noi per diversi metri.
«Sì, lui non c'è più» esclamò posando Enex al suolo, senza dire un'altra parola si inginocchiò al suo fianco e cominciò a prendersi cura di lui, nonostante le sue ferite.
«Xandra...» la chiamai ma la mia bocca si mosse senza fiato.
Mi fermai e strizzai gli occhi per sforzarmi di parlare.
«Cosa vuoi!?» esclamò con tono furente voltando di scatto la testa nella mia direzione, aveva gli occhi arrossati e le guance rigate.
«Lasciami lavorare» aggiunse asciugandosi di fretta le lacrime.
Chinò il capo e cominciò a guarire le ferite di Enex nonostante lei era la prima a esserne ricoperta.
Quando la luce della guarigione di Xandra si affievolì Enex era tornato come nuovo ma lei si accasciò stanca con i gomiti su di lui, se continuava a dare fondo alle sue energia in quella maniera avrebbe avuto un collasso.
Presi un bel respiro, mi feci forza e mi alzai, mi avvicinai in silenzio verso di lei e, poggiandole la mano tremante sulla schiena la curai.
Appena l'incantesimo si esaurì lei intrecciò le braccia sopra al capo e se lo schiacciò, premendo il volto sul petto di Enex ancora assopito.
In quel teso silenzio potemmo udire i suoi gemiti e il singhiozzo che cercava di attutire. Abbassai il volto e neanche io riuscii a trattenere delle lacrime.
Con la mano libera mi pulii il volto e me lo sorressi per un po'.
«Forse è il caso di riposare un po' prima di uscire» esordì Dix valutando la situazione.
Xandra annuii con un cenno del capo e, dopo aver tirato su col naso, si schiarì la voce.
«Aspettiamo che Enex si risvegli e torniamo subito sul tragitto previsto» alzò il busto.
«Da adesso in poi, non sarà più una scampagnata, abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile. In questo stato ci è solo d'intralcio» si sedette a gambe incrociate sulla terra spoglia e prese dallo zaino l'otre per bere.
Portò alle labbra il collo del contenitore e fece una smorfia disgustata, l'acqua come minimo doveva avere la temperatura della lava.
«Non che prima abbia fatto qualcosa» ironizzò Dix posando al suolo la pesante spada.
Nazca si rannicchiò e posò la testa sulle ginocchia, avevamo tutti il fiatone, nonostante avevamo superato il burrone la temperatura era ancora alta e qualsiasi cosa facessimo ci risultava più faticoso del normale.
Osservai Dix, aveva il corpo pieno di graffi, neanche lui si reggeva bene in piedi, si accasciò al suolo sospirando. Il combattimento aveva provato anche lui.
Per rimediare alla mia tediosa inutilità in battaglia, mi avvicinai anche a lui e, accarezzandogli un braccio, curai le sue ferite e la sua stanchezza.
«La ringrazio» si volse verso di me con un sorriso riconoscente e malinconico.
«Chissà cosa avremmo fatto senza di voi»
«Non sarebbe cambiato nulla» affermai con il volto basso.
«Non dite così» Dix tentò di consolarmi accarezzandomi il volto ma io lo allontanai rimandando indietro il suo braccio con un colpo della mano.
«Non è vero! E' proprio così!» gli risposi innervosita dalle sue parole.
«Se io non ci fossi stata non sarebbe cambiato assolutamente nulla! Io sono un peso, quando è il momento di combattere mi faccio immobilizzare dalla paura» mi guardai le mani, anche se erano pulite erano macchiate del sangue di Macota.
«Io potevo fare qualsiasi cosa e non l'ho fatto! Potevo evitare che Enex si ferisse, potevo salvare Macota da una morte che avevo già visto accadere!» chiusi la mano destra a pugno e colpii per sfogarmi la terra ma riuscii soltanto a ferirmi le nocche.
Strizzai gli occhi per la mia continua goffaggine e cominciai a piangere.
«Qualsiasi cosa tu avresti fatto... lei non sarebbe sopravvissuta» affermò Xandra con lo sguardo ancora perso.
«Per quale ragione?!» le urlai contro «Perchè era destino che lei morisse lì?».
Lei mi rivolse uno sguardo furioso poi riflettè, la sua espressione mutò e sospirò.
«Anche se tu fossi stata nel pieno delle tue facoltà, e avresti affrontato e vinto Doyle, Macota sarebbe morta lo stesso» mi rivelò poggiandosi le mani sulle tempie.
La guardai perplessa, quello che aveva detto non spiegava assolutamente nulla.
Lei sospirò e continuò il suo racconto.
«Le vite di Macota e Doyle erano legati da un sigillo» alzò il volto.
«Avrai notato che lui non era come noi. La sua forza, il suo aspetto, i suoi occhi» con le parole rievocò in me il volto spavaldo dell'uomo che ci guardava con derisione.
«Lui era una divinità».
«Un dio?» domandai sorpresa ma inquietata allo stesso tempo.
«Mi avevi detto che le divinità avevano abbandonato questo luogo»
«Ho semplificato. La situazione è più complessa, non volevo caricarti di informazioni» si massaggiò il collo per rilassarsi.
«Adesso è arrivato il momento che tu conosca le divinità drago» dicendo quello frugò nello zaino e ci lanciò una dielmea a testa.
A quelle parole anche Nazca alzò il volto interessata.
«Ci sono moltepici divinità che sorvegliano il nostro mondo, più o meno davvero interessata ad "aiutare" qualcuno. Ma essenzilamente si distinguono in due tipi quelle dalla forma umanoide e quelle animali» aprì una quarta dielmea e l'avvicinò alla bocca di Nazca.
Stringendo appena quel tubetto, il suo contenuto si riversò nella bocca della donna che, quasi istintivamente, cominciò a succhiare.
«Tra quelle dalla forma animale, spiccano per forza e importanza i quattro draghi elementali, sono bestie dalle dimensioni sproporzionate, sono i guardiani e i padroni degli elementi e hanno sempre abitato su Ariadonne, a differenza degli dei superiori. Sono essenzilamente creature neutre e hanno passato la loro esistenza immersi nel loro elemento finchè un giorno, annoiati del loro piccolo mondo, non impararono a mutare il loro aspetto e cominciarono a vivere tra gli esseri umani. Godendo dei piaceri terreni che, come divinità, gli erano negati finchè un giorno non arrivò Uriel. Per raggiungere i suoi scopi lei cominciò a cercare e corrompere questi esseri, per portarli dalla sua parte. Quando ce ne rendemmo conto, ci fu chiaro che dovevamo fare qualcosa. Dovevamo impedirle di accentrare tutto quel potere nelle sue mani così i grandi capi decisero di sigillare le quattro entità immortali e legarle ad un guardiano, che doveva essere abbastanza forte per tenere testa alla divinità ma allo stesso tempo essere mortale. Questo legame avrebbe reso i draghi più controllabili, creando di fatto in loro un punto debole. Sapevano che non potevamo sperare di dominare il loro potere, sono l'essenza stessa degli elementi, ma in quella maniera se Uriel fosse riuscita nei suoi intenti, se il guardiano moriva, il corpo del rispettivo dio avrebbe smesso di vivere. Era una specie di garanzia»
«Quindi Macota era la guardiana di Doyle?» le chiesi catturata dal suo racconto e lei annuì .
«Quindi Doyle è morto?».
«Non proprio, solo il suo corpo. Non si può uccidere un dio»
«Ma allora?»
«Senza più il loro corpo fisico le divinità tornano nel mondo celeste. Dovrà passare del tempo prima che Doyle possa tornare su Ariadonne. Spero che nel frattempo noi siamo riusciti a sistemare la faccenda una volta per tutte»
«Allora... i guardiani non sono altro che gli ennesimi sacrifici per la causa» commentai pensierosa guardando Nacza.
«Per poter creare questo legame però, era necessario un potere almeno pari se non superiore a quello dei draghi stessi. Per eseguire il rituale sono stati necessari centocinquanta sacrifici, per guardiano»
Le sue parole mi pietrificarono.
«Il problema non fu trovare quattro persone pronte a morire in caso la rispettiva divinità impazzisse, ma tutti quei volontari» fece una pausa ripensando ad un ricordo, come se lei fosse stata lì in quel momento.
«Voi avete eseguito persolmente i rituali, eravate l'unica che potesse riuscire ad eseguirli. Per unire otto vite, sono state necessarie più di mille esistenze»
Il suo racconto mi lasciò perplessa, i conti non quadravano.
«Esatto» riprendè lei osservando la mia perplessità.
«Non ho sbagliato i conti, sarebbero state seicento se tutto fosse andato come previsto. Uno dei draghi, il più forte dei quattro, riuscì a spezzare l'incantesimo appena impostogli e tentò la fuga. In una mossa disperata, voi doveste apporre un sigillo più potente. Ma non c'era tempo di chiedere volontari così...» fece una pausa affondando le dita nelle proprie gambe.
«Così voi avete usato le vite di tutti gli esseri che vi circondavano. Il sigillo funzionò ma eravate l'epicentro di una voragine di morte. Nel luogo in cui avete eseguito i rutuali ancora non riesce a cresce la vita e tutti i civili dei paesi limitrofi....» si fermò.
«Furono sterminati» Enex alzò il busto.
«La cifra dei sacrifici che furono necessari è approssimativa» continuò prendendo a sua una dielmea e in silenzio la consumò.
Solo in quel momento potei solo avvicinarmi a comprere la vera complessità della vita di Ginozkena.
Con quale lucidità si può arrivare a fare una cosa del genere?
Con quale freddezza una sola persona può decidere di buttare una bomba atomica su tutte quelle persone inncenti e uscirne sana di mente?
Come ha fatto ha vivere con quell'ingomberante rimorso nella sua vita?
L'unico modo per sopravvivere è diventare un "mostro".
Dopo il racconto di Xandra riprendemmo il cammino verso l'esterno della montagna.
Non pensavamo che qualcosa potesse demoralizzarci più della morte di Macota eppure all'uscita di Mirva ci aspettava un'altra brutta sorpresa.
Trovammo Skill inginocchiato al suolo, così sconvolto da sembrare in un stato di ipnosi, tra le spoglie smembrate dei vallachi. Un altro dono di Doyle e Uriel.
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