Capitolo 13 - Parte II
Una volta all'accampamento sistemai Nazca nella mia tenda e Macota decise di cucinare. Non sapevamo di cosa si trattasse, ma potevo scommettere, fin da quel momento, che sarebbe stato a base di vegetali.
Nazca sbadigliava sonoramente, impiastricciava le ciglia strofinandosi con energia gli occhi, nonostante fosse "sveglia" solo da qualche ora, sembrava molto stanca così l'aiutai ad infilarsi sotto le coperte del giaciglio.
Quando tentai di uscire dalla tenda la sua mano mi fermò.
Strinse forte il tessuto della mia blusa tirandola a sè. Era evidente che desiderava avermi al suo fianco e mi lasciai intenerire, non potei non accontentarla.
Mi sdraiai vicino a lei e stringendole la mano la osservai chiudere gli occhi e crollare. Il suo respiro si fece ben presto regolare.
Aspettai qualche minuto per fare in modo che si assopisse profondamente ma vidi l'ombra di Enex proiettata sula tela della tenda.
Mi alzai velocemente e mi affacciai.
Quando fu a tiro lo presi dal braccio e lo tirai dentro con la forza. Stranamente lui si fece trascinare come se non avesse riconosciuto in me una possibile minaccia.
«Ma che fai?» strepitò liberandosi dalla mia presa. Stringeva tra le mani dei vestiti appallottolati.
«Fai silenzio» gli sussurrai indicandogli Nazca che dormiva su di un fianco.
«Non hai bisogno di prendermi con la forza» ironizzò fissandomi.
«Vi ho sempre detto, che basta chiedere e sarò tutto vostro»
«Dobbiamo parlare di quella cosa» evidenziai con una cadenza rimarcata sulla parola "quella".
Lui, comprendendo esattamente ciò a cui alludevo, divenne freddo e distaccato.
«Non c'è nulla di cui parlare»
«Certo che sì! Perché dovremmo tenere nascosta l'incisione? Xandra dovrebbe saperlo»
«Non dovevamo fare silenzio?» tentò di svignarsela dal discorso rimproverandomi per la stessa ragione per cui l'avevo tacciato io qualche istante prima.
«Enex, ma di cosa hai paura?» era evidente che lui temesse qualcosa, ma non ne capivo la ragione.
«Perché mai dovremmo dirlo? In cosa ci aiuterebbe la rivelazione di quel dettaglio? A nulla» si fermò e mi puntò il dito contro.
«Non voglio che qualcosa del genere macchi il suo ricordo» affermò a denti stretti. Probabilmente, come me, Enex ipotizzava che Nazca potesse essere la figlia naturale di Ginozkena.
«Non possiamo dirlo con sicurezza, può essere il figlio di chiunque, quella targa serviva solo annunciare in modo poetico il suo nome»
«A maggior ragione che non ne abbiamo la sicurezza, non deve sapersi! E poi, a chi la diamo a bere, cosa può essere più di proibito dell'amore di una sacerdotessa del suo rango» cercò di aprirmi gli occhi.
«Non starò più ad ascoltarti, non perderò il turno del bagno per colpa tua» dicendo quello si voltò e, a passo svelto, uscì lasciandomi da sola con Nazca.
Stavo per rincorrerlo ma la sagoma di Xandra mi fermò alla soglia.
«Nazca?» mi chiese subito ma appena abbassò il volto in terra si diede la risposta.
Sollevò appena le punte delle labbra in un sorriso compiaciuto e si sedette su una sedia improvvisata.
«Enex, è stato qui?» mi domandò scrutandosi intorno. Probabilmente lo aveva visto uscire.
«Sì» affermai un po' perplessa. «Stavamo discutendo» le spiegai.
«A proposito di cosa?» mi chiese sospirando.
«Lui, per proteggere la reputazione di Ginozkena, vuole tenere nascosta l'incisione della targa di Nazca, mentre io non sono d'accordo» lei lo doveva sapere.
«Non capisco»
«Non c'era scritto solo il suo nome, l'incisione diceva che lei è la figlia dell'amore proibito, e che salverà tutte le persone che l'hanno rinnegato» le rivelai, ma lei non si scompose.
«Ti ringrazio per essere stata onesta con me, ma lui ha ragione» Xandra si rialzò e mi si avvicinò.
«Fino a quando non ne capiamo di più, è meglio tenere la cosa tra noi»
Xandra era tremendamente seria e, dopo quello scambio di battute, fummo richiamate all'esterno dalla voce di Macota.
L'aiutammo con la preparazione della cena e, al ritorno dei due ialini dal lago, ci sedemmo in cerchio davanti al fuoco e consumammo il "minestrone" che ci aveva preparato con tanta cura.
Era una serata particolarmente spensierata, come non ne avevamo mai passate e approfittai per incidere dentro di me ogni sorriso, ogni gesto gentile.
Mi sentivo così "affamata" di affetto e normalità.
Cercai di immaginare cosa ci avrebbe potuto riservare il futuro dopo il ritrovamento di Nazca ma qualcosa mi bloccava.
Il mio istinto mi imponeva di non guardarmi avanti, di godermi il più possibile quei momenti di semplicità.
Oramai i miei compagni di viaggio stavano diventando a tutti gli effetti la mia famiglia e sentivo di non poterne fare più a meno.
Piano a piano, giorno dopo giorno, nella mia testa un pensiero diventava sempre più persistente, una fantasia, che di passo in passo su quella terra sembrava sempre più una possibilità... rimanere su Ariadonne dopo aver concluso il rituale.
Stavo valutando da tempo i pro e i contro, in fondo, cosa mi aspettava nel mio mondo? Davvero volevo tornare ad essere una semplice studentessa, neanche troppo eccellente, una fidanzata cornuta e una figlia senza speranze con un'amica fedifraga?
Su Ariadonne avrei potuto costruirmi una nuova esistenza, avrei potuto avere un'utilità continuando a servire le divinità come sacerdotessa.
Avrei potuto avere uno scopo, avevo recuperato l'abilità nella spada e mi destreggiavo abbastanza bene con gli incantesimi curativi.
Con un altro po' di pratica avrei potuto colmare ciò che mi mancava.
Di quella mia idea non ne avevo ancora parlato con nessuno e non desideravo ancora farlo.
Ero elettrizzata all'idea ma anche molto spaventata.
Era un grosso, gigante, cambiamento per me e non ero ancora pienamente sicura.
Dopo cena raggiunsi Nazca tra le lenzuola e, con il sorriso sulle labbra, mi addormentai per la prima volta in quel mondo, serena.
Ben presto il buio della tenda fu sostituito dalla fioca luce di un sole coperto da nubi tempestose, mi ritrovai davanti alle porte del tempio del dio albero.
Ancora una volta una pioggia innaturale si riversava su Amarfinie, ma questa volta sembrava diversa.
Mi guardai intorno spaventata, la città era completamente deserta, alcune porzioni erano state ridotte a macerie e diverse urla spezzarono il fruscio dell'acqua che cadeva dal cielo. Dalle zone più esterne un'orda di esseri deformi caricava verso di me.
Distruggendo tutto quello che potevano.
«Maestra!» udii la voce di Cassidea e subito mi voltai verso di lei.
Stringeva tra le braccia il corpo dell'anziana, del sangue le colava dal naso e tra i capelli aveva diversi fiori, probabilmente quelli di cui mi aveva parlato Macota.
Presto arrivano!
Sapevo che ciò che stavo vivendo era solo una visione ma, avrei tanto desiderato che lei potesse udirmi.
Perchè era lì da sola? Qualche istante dopo la ragazza si asciugò le lacrime e adagiando l'anziana nel giardino del tempio sovrappose i palmi in preghiera e pronunciò le parole di un incantesimo.
Il suo corpo si illuminò e le statue dietro di lei cominciarono a prendere vita.
I guardiani di Amarfinie, gli esseri che sarebbero venuti in soccorso agli hent in caso di pericolo non erano altro che marionette, strumenti per chi avrebbe potuto muoverli.
Cassidea si elevò e fluttuando si avvicinò all'orda in arrivo, seguita da quegli esseri di pietra.
Ad ogni loro passo la terra tremava ma questo non sembrava per nulla scalfire la determinazione del nemico che avanzava.
Le cinque statue si posizionarono a semicerchio davanti al tempio, come a creare uno scudo per Cassidea e l'albero sacro.
Appena l'orda arrivò ai loro piedi i giganti cominciarono a respingerli a manate, qualcuno schiacciava le creature nemiche sotto ai piedi o tirando pugni alla terra, un altro aveva una grossa spada di pietra che scaraventava sul gruppo, decimandoli.
Un combattimento che sembrava andare avanti all'infinito poiché più ne uccidevano e più quegli esseri arrivavano come onde fino a che i golem cominciarono ad andare lentamente in frantumi.
Mi voltai verso Cassidea e la vidi, tra i suoi capelli stavano sbocciando decine e decine di fiori, i suoi occhi, dapprima determinati e furenti, cominciavano a mostrare la fatica e, ad ogni urlo che emetteva, un golem finiva di sgretolarsi e distruggersi.
Quando non ebbe più la forza di comandare i guardiani, rimase definitivamente da sola. Si accasciò al suolo ma provò comunque a proteggersi.
Eresse un'ultima barriera per impedire l'avanzata tumultuosa del nemico, che non esitò a scontrarvici con l'intenzione di abbatterla.
Ormai Cassidea era allo stremo delle forze, respirava affannosamente con il volto macchiato da dei rivoli di sangue che le uscivano dalle narici, tra i suoi capelli non si contavano più i fiori.
Era evidente che non avrebbe resistito oltre.
Sentivo, anzi, vedevo la barriera farsi sempre più sottile sotto i loro colpi finché Cassidea non crollò al suolo.
Esausta ed esanime.
La barriera crollò e quel fiume di abomini si riversò su di lei travolgendola senza onore.
«Nooo» trasalii alzando il busto.
Avevo gli occhi gonfi, pieni di lacrime e le mani tremavano.
Dovevo fare qualcosa, dovevo avvisare gli hent di Amarfinie, dovevo salvare Cassidea. Mi alzai ma la figura di Xandra attraversò l'ingresso della tenda.
«Venerabile!» entrò allarmata dalle mie grida «Cosa è successo?»
«Xandra, io ho fato un sogno terribile, devi avvisare Amarfinie, sta per succedere una cosa terribile» le andai incontro scontrandomi con il suo petto.
«Cassidea, la venerabile Vara stanno per...» alzai il volto verso il suo e il suo sguardo mi raggelò le vene.
«Tornate a dormire adesso» mi disse fredda e distante.
«Xandra, Amarfinie sta per essere attaccata, ti prego avvisali prima che sia troppo tardi»
Xandra mi trascinò vicino al giaciglio.
«E' già troppo tardi»
Altre lacrime uscirono prepotentemente per solcare le mie guance.
«Come fai a dirlo?» le chiesi cercando di forzarla.
A costo di andarci di persona, dovevo fare qualcosa.
«Cosa credi che io stia ricevendo in queste ultime ore? Lettere d'amore?» mi domandò digrignando i denti, sembrava voler alzare la voce ma si sforzava a tenerla bassa per non svegliare Nazca.
«Mie vecchie conoscenze mi aggiornano di continuo su ciò che sta succedendo lì fuori. Ogni lettera è praticamente un necrologio» strattonandomi mi spinse a terra.
«Dormite e se davvero volete fare qualcosa per questo mondo. Sopravvivete e giungete all'altare dell'equilibrio. Quello che sta succedendo non è nulla rispetto a quello che ci aspetta. Un tempo, durante la prima guerra la morte era ospite fissa di ogni casa, le strade erano sommerse di cadaveri a cui non riuscivamo più dare una degna sepoltura. Uriel è stata la creatura che più di tutti ha instillato in tutti i popoli di Ariadonne la paura e la disperazione, ma all'epoca ce lo meritavamo. Avevamo pensato di essere immuni alla sua malvagità ma una volta estinti gli esseri umani lei non esitò a scontrarsi anche contro di noi. Ma questa volta sarà diverso, ve lo prometto. Questa volta le daremo il benservito, ma solo se lei continuerà a guidarci. Non fate cose sciocche. Questo è solo l'inizio, Amarfinie è solo la prima di una lunga lista se noi non la fermiamo. Cerchiamo di non distogliere più lo sguardo dal nostro obiettivo e arriviamo alla fine di questa missione, il più velocemente possibile»
Xandra riversò quel fiume di parole, me le scagliò addosso come un mare in tempesta. Parole che aveva maturato nel suo duro silenzio e che finalmente trovavano sfogo.
Io, al contrario suo, non avevo più parole. La sua reazione fu inaspettata.
«Spero di non avervi turbato troppo» dicendo quello mi rimboccò le coperte.
«Riposatevi ancora un altro po', l'alba è ancora lontana» si congedò e tornò al suo turno di guardia.
Come potevo dormire dopo quello che avevo visto? Dopo quello che avevo udito?
Ancora un po' spaventata si raggomitolai vicino a Nazca, ancora addormentata, nonostante l'accanito discorso avuto con Xandra e un po' mi tranquillizzai.
Lei era così pura e innocente, non sapeva nulla di questo mondo e nonostante tutto si affidava a me, proprio a me, che sarei stata il suo boia.
Se solo avessi potuto risparmiarle la vita, essere io stessa il sacrificio.
Probabilmente la mia anima non sarebbe tornata nel mio mondo, e né avrei potuto avere la possibilità di rifarmi una vita lì su Ariadonne ma almeno, così sarei riuscita a proteggere davvero tutti.
Ma qualcuno aveva già deciso che quell'agnello doveva essere lei.
Con quei pensieri in tumulto chiusi gli occhi sperando di riuscire a riposare davvero ma appena chiusi gli occhi mi ritrovai in un altro luogo, ero nel buio della galleria da sola e, anche se non riuscivo a vedere nulla, riuscivo a percepire una mostruosa forza davanti a me.
Due occhi gialli si spalancarono fissandomi con le iridi incandescenti.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top