Capitolo 11 - Parte VI
«Ecco a voi i vostri bicchieri» la cameriera del posto si avvicinò facendoci staccare.
Poggiò sul tavolo, con cura, il boccale di sidro e un bicchiere di eulfan. Dall'odore compresi che era una cosa decisamente alcolica
«Grazie» esclamai un po' ironica, e adesso come facevo? Non ero abituata a bere alcolici.
«Grazie infinite, questo è per il conto, tenga pure il resto» affermò lui mettendo tra le sue mani diverse monete.
Lei le contò a vista, gli fece un sorriso a trentadue denti e si intascò la cifra allontanandosi ondeggiando i fianchi.
Quel suo gesto attirò l'attenzione dei clienti che le fischiarono dietro.
«A quanto vedo anche qui gli uomini non lo sanno tenere nei pantaloni» sussurrai mentre rivolgevo lo sguardo verso Dix. I suoi occhi si specchiavano nei miei, languidi.
«Fammi sapere che ne pensate» spinse il bicchiere nella mia direzione mentre lui beveva il suo sidro.
Presi un po' di tempo, non sopportavo fare le cose di forza ma mi dispiaceva non assaggiarlo neanche.
Presi il bicchiere e feci un finto brindisi. Lo portai alla bocca e sentii il naso prender fuoco.
Chiusi gli occhi e ingoiai una parte del liquido, un po' spaventata da quell'odore, ma stranamente scese giù manco se fosse stato succo di frutta alle erbe.
«Buono» rimasi sorpresa dal sapore. Era un piacere per il palato anche se non sapevo esattamente cose stessi bevendo.
«Signora» alzai il bicchiere verso la cameriera che stava passando di lì.
«Me ne porti un'altro bicchiere» la donna mi guardò sbarrando gli occhi.
«Ne siete sicura?»
«Avete sentito la cliente, no? Portate un'altro bicchiere» intervenne Dix.
Il tono più deciso del mio compagno fece scattare sull'attenti la cameriera che mi versò altro liquore nel bicchiere senza fiatare.
Non so quanti altri bicchieri ne bevvi, ma alla fine della serata mi sentivo accaldata e ridevo per qualsiasi cosa.
«Dix! Ti andrebbe di tornare a ballare?» domandai alzando il busto e la spallina del vestito scese sul braccio seguendo la gravità.
Feci finta di non vedere che il mio petto era ormai quasi del tutto scoperto e allungai le braccia verso di lui per tirarlo a me.
«Andiamo la notte è giovane» gli feci una linguaccia e lo anticipai uscendo all'aria fresca. La notte era ormai inoltrata ma fuori c'era ancora gente in vena di far baldoria.
Dopo aver passato quasi cento anni ad aver paura della notte finalmente potevano tornare a vedere le stelle e a fare l'amore alla luce della luna.
Allargai le braccia e volteggiai ancora una volta nel piccolo vicolo in cui si affacciava il pub e rivolsi lo sguardo al cielo.
«Dix» invocai il suo nome.
«Ma tu ci pensi che queste persone erano anni che non vedevano il cielo notturno? Le nuvole di Uriel hanno coperto e agitato le loro notti per così tanto tempo» singhiozzai guardandolo con le guance rosse.
«La notte è così romantica, come hanno potuto vivere senza?» gli chiesi tirandolo per la veste.
«Ho avuto una grande idea che ne dici se io fuggo e tu mi dai la caccia?» poggiava un dito sulle labbra mentre mi guardava fisso negli occhi.
«Un gioco dici?» replicai pensandoci su, quanto mai poteva andare lontano in quello stato?
Decisi di accontentarla e acconsentii con un cenno del capo.
«Perfetto» sorrise contenta come una bambina.
«Cominciamo allora!» si voltò camminando di spalle e, dopo avermi benedetto con un'altro dei suoi sorrisi, mi diede le spalle e cominciò a correre.
Non era così lenta come immaginavo ma non era così difficile per uno come me riprenderla.
Aspettai qualche attimo ancora e la rincorsi.
Lei sembrava molto divertita nel sfuggirmi, si insinuava tra la folla, e mi istigava da lontano con i suoi occhi ammalianti e sguardi carichi di intesa.
Le diedi modo di sfogare la sua ilarità finché non presi in mano la situazione, feci uno scatto mentre si addentrava in un vicolo isolato e la bloccai al muro.
«Ti ho preso» Poggiai le mani sulla parete ruvida in modo da circuirla ed intrappolarla in una gabbia fatta con i miei arti.
«E sei in trappola».
Lei rise abbassando il volto.
«Bravo» mi rispose in tono provocatorio.
«Ce ne hai messo di tempo» poi alzò il volto e mi guardò fisso negli occhi. Cosa mai voleva comunicarmi con quel suo gesto?
«Oh, non importa quanto tempo ci ho messo, l'importante è il risultato. E per questo mi prenderò la mia meritata ricompensa» avvicinai il volto al suo e, sollevando il suo con una mano, sfiorai le sue labbra per assaggiare la morbidezza della sua bocca, e finalmente le unii alle mie bramose.
Lei sapeva ancora di eulfan, ma non mi diede fastidio anzi, lo rese ancora più .
Dopo qualche istante, mi allontanai appena respirando affannosamente sul suo viso e con le mani le accarezzavo il volto.
La sentivo tremare e il suo respiro, da impetuoso e impaurito, si spezzò improvvisamente, come se fosse tornata di colpo calma.
Sorrisi spavaldo mentre stavo per unire di nuovo le nostre labbra e lambire quella sua piccola lingua ma, contro ogni mia aspettativa, alzò una mano e con violenza mi colpì in viso spingendomi lontana da lei.
Per non cadere a terra mi appoggiai sul muro dell'edificio antistante e mi toccai sbalordito il volto dolorante.
«Sporco approfittatore» esclamò con una lucidità innaturale, per qualche secondo mi puntò i suoi occhi accusatori poi si voltò verso la folla e cercò di addentrarvisi ma, dopo qualche metro, si appoggiò barcollante sul muro di una casa, per poi crollare inerme in terra.
Io non potei fare altro che osservare la scena furente.
«Perché fai così?» sussurrai sbattendo il pugno sulla parete scalfendola «Perché continui a rifiutarmi... Ginozkena...» singhiozzai con voce strozzata dal risentimento.
Osservai per l'ennesima volta la posizione della luna, era già da parecchio tempo che Faith e... mi venivano i brividi solo a pensare di accostare i loro nomi in una frase.
Avevo chiuso un occhio sulla sua fuga per permetterle di andarsi a svagare un pò, dopotutto se lo meritava, ma ormai era tardi.
Ero preoccupato, non sembravano essere di ritorno e io avevo una strana agitazione addosso, come se le fosse successo qualcosa e io non ho potuto fare nulla.
Perché avevo affidato a quel odioso essere Faith? Forse avevo sbagliato tutto, forse avrei dovuto impedirle di allontanarsi svegliando Xandra e facendo la spia.
Facevo avanti e indietro, vicino ad una pozza di acqua piovana stagnante, quando finalmente vidi la figura ombrata di Dix avvicinarsi, era impossibile non riconoscere quelle sue stupide alucce immacolate ma... non vedevo quella di Faith.
Mi nascosi per seguirlo e comprendere le sue intenzioni e mi accorsi che la ragazza era riversa incosciente tra le sue braccia.
Stavo per fiondarmi su di lui ma decisi di aspettare il suo ingresso nella tenda per beccarlo in un posto più chiuso, dove non poteva scappare con facilità.
Lo seguii fino al rifugio di Faith e lo lasciai entrare, poi mi precipitai dentro chiudendo i lembi della tenda dietro di me.
Appena entrai nella piccola stanza delimitata da quel telo un'odore quasi nauseabondo investì il mio naso, e sembrava provenire dalla ragazza.
«Ma sei pazzo!» cercai di non urlare ma con fare aggressivo sorpresi Dix da dietro e lo tirai per il bordo superiore della casacca.
«La segatura che hai in quella zucca non ti fa funzionare bene la testa? Far bere l'eulfan alla ragazza?!» lo guardai digrignando i denti.
Quella bevanda era il mix più letale di alcolici ed erbe mai creato. Gli hent facevano fermentare i cereali con delle erbe che ne aumentavano esponenzialmente il tasso di alcolicità.
Un solo bicchiere stenderebbe chiunque.
«Non urlare» esclamò ignorandomi e coprendo Faith.
«Non vorrai svegliare gli altri?»
«Incosciente!» lo tirai ancora cercando di soffocarlo con i suoi stessi stracci.
«Quanto ne ha bevuto per odorare così!»
«Non sono fatti che ti riguardano!» strepitò tirandosi la veste per liberarla dalla mia presa.
«La venerabile sta bene, fa buon riposo» disse invitandomi ad uscire insieme a lui dalla tenda di Faith.
Strinsi i pugni, ero furente, sopratutto con me stesso, per averle permesso di seguirlo.
Maledicendolo con gli occhi uscii e mi allontanai assicurandomi che lui non tornasse indietro appena mi voltavo di spalle. E lui fece esattamente la stessa cosa.
«Faith» sentii chiamare il mio nome ma riuscii solamente a mugugnare in risposta.
«Su, forza, svegliati».
Tentai di aprire gli occhi ma sembra come se avessi avuto le palpebre incollate e impiastricciate tra di loro.
«Ti prego» lo supplicai con la voce rauca, avevo la gola in fiamme e lo stomaco in subbuglio.
«Smettila di urlare» la sua voce mi rimbombava nelle orecchie mentre riuscivo a mala pena a distinguere la sua figura attraverso le due fessure che mi ritrovavo al posto degli occhi.
Ogni parte del mio corpo doleva e la mia testa... la mia testa stava per esplodere.
«Ma io non sto urlando» affermò avvicinandosi al mio giaciglio poi si scostò smettendo di fare da filtro per la luce che entrava attraverso il tessuto della tenda.
Improvvisamente la stanza sembrava illuminata da un'esplosione divina. Cavolo... che qualcuno spenga il sole.
«Ma cosa diamine è successo?» gli domandai coprendomi l'intera testa con il lenzuolo.
Lui, impietoso, mi tirò la coperta facendomi imprecare sotto voce.
«Ti sta bene» esclamò mettendomi tra le mani un contenitore pieno di un liquido dell'odore pungente.
«Così, magari, la prossima volta imparerai a comportarti bene anche se non indossi la tunica» mi rimproverò.
«Enex, ma cosa diamine stai dicendo» strinsi forte la tazza per evitare di riversarne il contenuto per terra, anche se disgustoso.
«E cosa diamine è questo?» gli domandai ancora confusa.
«Bevi» mi prese la mano con cui stringevo il contenitore e me la portò alla bocca costringendomi a bere. Al primo impatto tossii sputando del liquido.
«Ma che schifo, mi stai avvelenando?» scherzai cercando di riprendere aria.
«Continua a bere. È un rimedio naturale che ti permetterà di riuscire a coprire la tua scappatella» mi puntò il dito contro "invitandomi caldamente" a riprendere a bere.
Mi sentivo una pezza e non ne capivo la ragione, quel drink non sembrava così alcolico da riuscire a stendermi così malamente.
Bevvi un'altro sorso, più lungo che potevo, mentre Enex mi teneva sotto la sua lungimirante attenzione.
Strizzai gli occhi e poggiai sopra alle palpebre due dita, nonostante l'odore, e il sapore, poco accattivante quel specie di liquido stava facendo effetto.
Cominciavo a sentire un benessere diffuso.
«Assicurati di mangiare qualcosa e preparati alla svelta» mi puntò ancora il dito poi si lanciò fuori dalla tenda.
«Oh, Enex, buongiorno. Stamattina hai fatto tu da sveglia?» Sentii la voce di Xandra, cavolo, se mi avesse vista in quello stato non ci avrebbe messo molto a fare uno più uno.
«Sì, la scansafatiche è sveglia e si sta preparando» sentii i passi di Enex riavvicinarsi alla tenda poi, di nuovo, ma questa volta si allontanavano in compagnia di quelle di Xandra.
«Conviene cominciare a smontare tutto» continuò.
Mi aveva salvata, di nuovo.
Avrei tanto voluto dormire ancora ma dovevo darmi una mossa.
Mi alzai e, con i gesti di chi ormai si era abituato alle fughe acrobatiche, cominciai a riempire lo zaino mentre con l'altra mano indossavo i vestiti e, successivamente l'armatura.
Quando mi capitò sotto mano il vestito rosso e la maschera che avevo indossato la sera prima, un flash mi turbò facendo riaffiorare in me i ricordi di quella sera.
Dovevo essere davvero ubriaca per proporre di giocare ad acchiapaprella e, cosa ancora più sconvolgente, Dix... mi aveva baciato!
«Oh, merda» sussurra sfiorandomi le labbra.
Cercai di ricordare se ci fosse stato altro ma dopo avevo solo vuoto. Visto il mio tempismo, pensai che con buona probabilità avrò finito per vomitare e collassare.
Conclusi i preparativi per la partenza uscii dalla tenda riunendomi con gli altri. L'accampamento era stato del tutto smantellato.
«Buongiorno» mi salutò Xandra avvicinandosi.
«Avete dormito bene?» mi domandò premurosa.
«Sì» affermai con gli occhi ancora sensibili alla luce.
«Avete avuto delle difficoltà a vestirvi?» mi chiese curiosa
«Non particolarmente» le risposi addentando qualche pezzo di pane dolce. Era una specialità che ci eravamo portati dietro da Amarfinie.
«Uhm...» sentii Xandra mugugnare pensierosa dandomi le spalle. Era evidente che avesse dei sospetti, ma di cosa?
Mentre consumavo la mia magra colazione il gruppo aveva ultimato i bagagli e caricato i vallachi.
«Siamo pronti» affermò Skill accarezzando la criniera di un vallaco, era davvero impressionante quando usava la sua empatia animale.
A quella parole il cuore mi balzò nello stomaco, ancora un po' dolorante, e, presa dall'agitazione, deglutii con tutti gli arti intorpiditi.
Ormai mancava davvero poco, la parte finale del mio viaggio si apprestava ad iniziare e tante incognite ancora riempivano la mia mente.
Domande che ben presto avrebbero avuto risposte, o perlomeno così pensavo.
Devo dire che non so proprio fare le cose! Invece di pubblicare un pezzo per volta (per dare continuità) non ho resistito e ho messo tutto insieme! Ho accelerato un po' perché le cose da adesso in poi cominciano ad essere interessanti, sotto molteplici punti di vista.
Proprio come loro ho smania di continuare a scrivere per arrivare alla parte più corposa del libro.
Questo è il finale del capitolo. Effettivamente col fatto che è l'unione di due vecchi è uscito più lungo degli altri (sono indecisa uhm)
Comunque il prossimo capitolo, il dodicesimo, si chiamerà semplicemente Nazca.
Chissà, chissà!
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