Capitolo 11 - Parte V

La proposta di Dix aveva risollevato il mio umore così tanto che mi sentivo camminare sulle nuvole. Mangiai con poco appetito la cena, cacciata e preparata da Enex e, impaziente, mi rifugiai nella tenda in attesa di sentire gli altri darsi la buona notte e chiudersi nelle loro.

Ero emozionata e continuavo a rigirarmi sul giaciglio, provai anche a distrarmi leggendo qualche appunto di Xandra sulla magia ma nulla acquietò quella sensazione, mi sentivo come quel giorno che attendevo la macchina di Duncan parcheggiarsi sotto casa mia per il nostro primo appuntamento.

Avevo le orecchie allungate ad ascoltare ogni rumore, ogni fiato e, quando pensai che fosse sicuro, indossai il mantello e mi avvicinai all'uscio della tenda per aprire i due lembi, cercando di fare meno rumore possibile col tessuto stropicciato.

«Guarda un pò, abbiamo una fuggitiva» appena allargai l'entrata della tenda mi ritrovai il volto di Enex ad un palmo dal mio.

Era piegato per raggiungere la mia "altezza" e sbatteva appena il piede.

«Cosa dici?» ero stata presa in castagna e non avevo neanche fatto un passo all'esterno.

«Ho bisogno di fare i miei bisogni» affermai stringendo le gambe, per rendere più vera la bugia.

Lui mi guardò storto e disgustato allo stesso tempo, poggiò la mano sul mio petto e mi spinse dentro.

«Ma cosa fai? Sei matto?» gli domandai, cosa gli stava succedendo all'improvviso.

La sua mano era così bollente che mi aveva lasciato una scia calda sul petto, stava per dare fuoco a tutto di nuovo?

Enex, prima di entrare, controllò prima a destra e poi a sinistra. Quando si assicurò di non essere visto, entrò come una furia nella tenda.

«Cosa non hai capito del discorso di Xandra?» mi chiese a denti stretti.

«Enex, sto andando a fare la pipì» continuai nella mia scusa cercando di essere credibile.

«Smettila di dire bugie, non sei brava a dirle. E sopratutto non dopo che hai passato tutto il tempo della cena a guardare verso Ordley facendo languidi sorrisetti»

Come aveva fatto ad accorgersene? Non ricordavo di essermi comportata in qualche maniera strana.

«Per non parlare del fatto che vedevo la tua presenza nella tenda agitarsi come in preda al fuoco»

«Ma dai, esagerato, non ero così agitata» come la faceva grossa.

Non potevo più scappare, non c'era specchio che reggeva, era chiaro che aveva scoperto il piano di andare alla festa così sospirai e mi levai il mantello.

«Hai ragione, scusami» posai l'indumento in un angolo della tenda e, depressa, accesi la luce della torcia magica, perlomeno ci provai perché Enex mi prese per i capelli e mi impedì di muovermi.

«Ma lo sai che hai dei capelli proprio spettinati?» mi domandò costringendomi a tornare vicino a lui.

«Enex, fai male» esclamai chiudendo gli occhi. Aveva sempre dei modi così rudi di fare le cose.

Quando gli fui vicino cominciò ad accarezzarmi i capelli, facendoseli passare tra le dita.

Con delicatezza inaspettata, stava lentamente sciogliendo tutti i nodi che vi si erano formati.

«Ma...» non avevo parole, perché quella premura? Non era lì per sgridarmi?

Dopo aver spulciato tutte le ciocche sentii del calore provenire dai suoi palmi e i miei capelli cominciarono a domarsi sotto le sue mani.

Da non credere, le stava usando come se fossero una piastra per stirare i capelli.

«Chi ti ha insegnato questo trucco?» gli domandai, adesso si spiegava perché i suoi capelli erano sempre così in ordine e lisci.

«Un'amica» mi rispose con un ghigno allontanandosi appena da me.

Mi osservò per un po', sembrava soddisfatto del risultato.

«Sai che ti dico, sarebbe più sicuro se tutti non ti potessero riconoscere come una sacerdotessa» affermò accendendo lui stesso la torcia, mi guardava con occhi fissi ma non mi dava l'impressione di rimproverarmi.

Il suo sguardo era complice e solo quando mi fece l'occhiolino capii cosa stava succedendo.

«Un'ultima cosa» affermò allontanandosi di spalle.

«Quando dormi, da fuori, è possibile vedere la tua figura sdraiata se una torcia viene puntata sulla tua tenda» dicendo quello si congedò senza neanche salutarmi, lasciandomi da sola con i miei pensieri.

Il suo gesto mi aveva lasciato completamente senza parole, ero confusa ma contenta alla stessa maniera lui... mi stava velatamente dando consigli per svignarmela e riuscire a farla franca.

Abbassai il volto e osservai i miei abiti, aveva ragione, era meglio non andare in giro vestita da sacerdotessa.

Mi fiondai sullo zaino e cominciai a scavare, Xandra aveva detto di avermi messo nel mio bagaglio gli abiti "civili" di Ginozkena. Magari avrei trovato qualcosa adatta all'occasione.

Ero da un po' al luogo dell'appuntamento con Ginozkena e osservavo la luna sollevarsi in cielo, cominciava a farsi tardi e la Venerabile non arrivava, ero preoccupato così decisi di andarla a cercare.

Mossi un piede nella direzione dell'accampamento e una piuma nera mi cadde sulla spalla.

«Avevo sentito una puzza, ma non credevo che fossi davvero tu» con un gesto della mano mi pulii il mantello bianco e mi girai verso di lui.

«Ma bravo, complimenti per aver indovinato» Enex era apparso in piedi sulla rupe, i suoi occhi rossi si illuminavano nelle tenebre mettendo in evidenzia la sua vera natura.

«Non è difficile sentire l'olezzo che ti porti a presso» commentai incrociando le braccia. 

Probabilmente aveva beccato Ginozkena uscire dalla tenda ed era qui per ammorbarmi su ciò che le stavo permettendo di fare.

«Ehi, pezzo di merda, ascoltami attentamente» esclamò ignorando la mia provocazione.

«Non sarò di guardia solo qui, se le succede qualcosa l'unico odore che sentirai sarà quello della tua putrefazione» mi minacciò, stavo per rispondergli a tono ma udii chiamarmi alle mie spalle.

Quando mi voltai per accogliere Ginozkena lui si dileguò.

«Dix! Scusa per il ritardo» Ginozkena correva nella mia direzione.

Inizialmente vidi solo la sua ombra poi la sua figura fu illuminata dalla luce della luna e lei si palesò nella sua forma più meravigliosa.

Aveva i lunghi capelli sistemati, tenuti fermi da un elegante fermacapelli con il simbolo della dea celeste, ma che ondeggiavano seguendo i suoi movimenti.

Non indossava le sue solite vesti, un abitino rosso sangue, che si intonava con il colore delle sue labbra, svolazzava spinto dalla brezza notturna mostrando le sue esili gambe.

Infine stringeva tra le mani un ventaglio floreale che si intonava sia agli abiti che ai suoi capelli.

«Immagino avete incontrato delle difficoltà» quell'essere non poteva che aver saputo del nostro incontro da lei.

«O qualcuno in particolare...».

«Oh, non proprio» incrociò le mani intimidita.

«Stavo uscendo vestita da sacerdotessa poi ho pensato che forse era il caso di cambiarmi. Così sono tornata indietro, ci ho impiegato un po' a scegliere dopodiché ho messo lo zaino e altre cose ingombranti sotto ad una coperta in modo che sembri che io sia a dormire»

«Non mi aspettavo nulla di diverso da voi» sorrisi porgendole la mano. Il mio cuore era ricolmo di gioia, finalmente quella era la mia occasione per passare un po' di tempo da solo con lei.

«Posso osare?» le domandai subito vedendola destreggiarsi con le ciocche dei capelli che le volavano dappertutto.

«Cosa?» mi domandò saltando sull'attenti.

«Siete bellissima»

Il suo complimento balenò come un fulmine a ciel sereno, non ero abituata a tante attenzioni. Nascosi l'imbarazzo che mi si era disegnato sul volto e schiarii la voce prendendo parola.

«E' meglio avviarci. Prima che le danze finiscano» ci avevo messo troppo tempo per prendere la sicurezza necessaria per uscire dalla tenda e non volevo perdere altro tempo.

Dix allungò subito le mani, gliele strinsi e, dopo avermi cinta con un abbraccio, aprì le sue candide ali e prese il volo portandomi con sé.

Volare era davvero comodo, in una manciata di minuti atterrammo in un vicolo poco frequentato della città e subito rivolsi lo sguardo alla piazza.

Da lì sentivo provenire il ritmato suono di alcuni tamburi e di alcuni strumenti a fiato.

Mi coprii il volto con il ventaglio e mi avviai.

«Ma che fate?» mi domandò curioso Dix.

«Mi copro il volto, non vorrei essere riconosciuta» gli spiegai subito.

«Non desidero partecipare alla festa come una sacerdotessa o magari diventarne protagonista. Voglio godermi la serata, ballare, bere qualcosa» la piazza era sempre più vicina, da quella prospettiva si vedevano una moltitudine di genti e del fumo che saliva in cielo.

«Credetemi se vi dico, che è impossibile riconoscervi con questo aspetto» Dix mi fermò e mi abbasso il ventaglio avvicinando i nostri visi.

«Ho preferito non rischiare» esclamai un po' imbarazzata, allontanai il volto dal suo e mi avvicinai correndo alla folla.

Poco prima di affacciarmi alla piazza notai una bancarella che vendeva maschere colorate e la mia curiosità mi spinse ad avvicinarmi.

«Salve buon uomo, siamo degli stranieri» affermai mentre Dix mi raggiungeva.

«Cosa si festeggia questa sera?» gli domandai osservandolo. Il proprietario del banco era un hent, abbastanza giovane per essere un ambulante, e mi guardava con aria affascinata.

«Di sicuro, altrimenti avrei saputo dell'esistenza di una donna come voi» mi lusingò.

«Oggi, signora, tutta Ordley festeggia la tregua delle piogge velenose che hanno devastato tutto nelle vicinanze»

«La tregua della pioggia?» ripetei sorpresa, per tutti loro era un avvenimento fuori dall'ordinario, positivo, mentre in realtà era il segno della liberazione di Uriel dal lago dei monti Euruko.

«Sì, comprendo che lei non possa capire, ma è una cosa che ci ha colpito per quasi un secolo. Per l'occasione il reggente ha ordinato di organizzare la danza delle maschere per festeggiare» mi spiegò mettendo in evidenza la sua mercanzia. 

Ne aveva davvero di tutti i colori e le forme.

«Noto che non siete venuti attrezzati, se volete potete sceglierne una tra queste. Saranno vostre in cambio di una donazione libera»

Volevo assolutamente una di quelle maschere così osservai attentamente il banco.

Ne trovai una che si intonava all'abito di Ginozkena, era fatta di pizzo scarlatto e aveva delle piume nere che scendevano dalla parte destra della maschera.

«Prendo questa» affermai recuperandola dal mucchio. Mi voltai verso Dix e lo pregai con gli occhi di prendermela, Xandra non mi permetteva di possedere delle monete, non capii per quale ragione di Status sociale... come se per me tutto fosse dovuto.

«Eccole la sua offerta» esclamò uscendo dieci monete d'oro, l'uomo spalancò la bocca rimanendo impietrito.

«Io prendo questa» concluse raccogliendo una maschera bianca.

Doveva essere davvero una "grossa offerta" quella che aveva lasciato Dix, l'uomo a mala pena riuscì a salutarci mentre ci addentravamo nella folla.

Indossammo le mascherine e ci facemmo spazio tra la gente.

C'era chi mangiava, chi giocava agli stand più lontani, chi ballava vicino all'enorme fuoco acceso per la ricorrenza, riscaldato da quel grande ammasso di legna che avevo visto nel pomeriggio.

C'era un'atmosfera magica, i suoni, gli odori del cibo tutto intorno a noi e le scintille che crepitavano dal fuoco salendo in cielo, sospese dal fumo, che sembravano lucciole incandescenti.

Io e Dix ci guardammo, eravamo alquanto ridicoli con le mascherine e ne ridemmo allo sfinimento poi, trasportati dalla musica, cominciammo a ballare seguendo i movimenti delle persone che ci circondavano.

Non so quanto tempo passò, nonostante l'aria cominciava ad essere davvero fredda, continuavo a sudare, un po' per colpa del grande fuoco della piazza, un po' per i movimenti delle sfrenate danze ma ad un certo punto la sete cominciò a farsi sentire.

Mi fermai con il fiatone e urlai verso Dix.

«Ho sete, dove si può bere in questo posto?» gli domandai cercando di asciugarmi il sudore.

«Vieni con me!» esclamò tirandomi per un polso. Ci allontanammo dalla folla e passeggiammo in un vicolo che ci portò in un pub chiamato "il codice del viaggiatore".

Prese posto per entrambi ad un tavolo vicino al camino ed ordinò del siero e dell' eulfan.

«Eulfan?» gli chiesi cercando di ripetere quel nome strano.

«Vedrai, è una delle bevande più buone create dagli hent, ho come l'impressione che ti piacerà tantissimo» mi fece l'occhiolino. Sembrava molto sicuro di quell'affermazione, magari aveva già visto Ginozkena berlo con piacere.

«Sei già stato in questo posto?» gli domandai per fare conversazione.

«Sì, non so ormai quante volte. Faccio spesso viaggi quindi mi è capitato di venire da queste parti sia in veste ufficiale che non» mi rispose tamburellando le dita sul tavolo.

«Di cosa ti occupi?» gli chiesi «Che lavoro fai?» specificai.

«Non parliamo di questo adesso» mi rispose frettolosamente prendendomi le mani tra le sue.

«Piuttosto fatti riscaldare le mani, sono un po' fredde.» Mi sentii confusa da quella sua risposta aleatoria ma l'arrivo dell'ordinazione mi fece spostare l'attenzione sugli enormi bicchieri posati sul vassoio.

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