La Rosa La Volpe e Il Bambino
Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità.
Il Piccolo Principe ‐
Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry.
Layla
Al Cairo, la cappa del caldo s'addensa più soffocante quando la fine del giorno allunga la sua ombra stanca sul pendio della Grande Piramide. In un geometrico Yin che tiene in equilibrio lo Yang, l'oscurità insegue la luce senza mai sopraffarla. Essa fugge lesta. Il confine netto, tra le due, non può essere valicato.
Esausta, giaccio sul baldacchino nella camera d'albergo che mi ospita, schiena alla testata imbottita dei variopinti cuscini damascati.
Come una sfingea Turandot osservo le fredde stelle del deserto iniziare a puntellare di luce tremula il cielo policromo di un altro tramonto. L'ennesimo senza di te. Ha le tinte del rosazzurro, pennellate delle striature aranciate composte dai corpuscoli di sabbia sollevata a ogni soffio secco di impetuoso simún. Esso danza pure tra le leggere cortine che ricoprono il letto. Ti piacerebbe la suggestiva veduta sulla Valle dei Re, se potessi vederla. Saprei apprezzarla anch'io se il vuoto non mi risucchiasse lentamente, a ogni respiro, fino a ingoiarmi.
La mano ferma sulla pagina di un libro che ho riletto infinite volte ma che, da quando ti ho conosciuto, acquista un significato nuovo a ogni verso. Da quella sera che, seduto al mio fianco, hai scorto il passo sul quale mi ero soffermata e lo hai recitato a memoria perché era uno dei tuoi preferiti.
‟Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatré volte”
e più tardi hai soggiunto:
‟Sai... quando si è molto tristi si amano i tramonti...”
‟Il giorno delle quarantatré volte eri tanto triste?”
Ma il Piccolo Principe non rispose.
Chiudo gli occhi, le lacrime premono contro le palpebre. Rivivo la nostra notte in questo deserto, dove oramai sono rimasta sola, senza il mio amico. Incapace di credere nemmeno più a ciò vedo, imploro Khonshu, la divinità capricciosa che ti ha strappato a me, di riportare indietro il cielo astrale per averti qui. Una sola volta ancora, per respirare i tuoi capelli mentre ti abbraccio. Perché tu sappia che sei molto amato, Steven Grant, timido commesso di un lontano negozio di souvenir.
I tuoi grandi occhi sinceri e ridenti fissavano i miei. Fuggivi il mio sguardo indagatore dietro i battiti nervosi della folta cortina di ciglia scure, cornice delle tue preziose perle d'ossidiana.
È un istinto quello che mi fa portare le dita alle labbra. Esse ripercorrono il tracciato lasciato dalle tue. La memoria ne ha impresso un marchio indelebile. È lo stesso di quelle di Marc, l'uomo della mia vita. Lo stesso che egli mi ricorda, ogni giorno, col suo tocco avvolgente e dal medesimo sapore, ma che sulla tua bocca, Steven Grant, sapeva dell'innocenza di chi l'amore l'aveva provato, per la prima volta, solo in quel momento: nel nostro unico dolcissimo bacio.
Mi piaceva aspettarti, ti guardavo arrivare col tuo passo sghembo sulle dune. Il vento del deserto disegnava arabeschi polverosi tra i tuoi ricci scuri, le ciocche smosse in un movimento perpetuo, quasi impercettibile, come quello che sposta la sabbia. Lo sguardo curioso luccicava di meraviglia di fronte alle imponenti rovine di civiltà antiche; qualcosa che hai sempre sognato e, in quel momento, potevi toccare.
Ero impaziente, nervosa, quando si avvicinava il momento nel quale stavi per arrivare. Ti aspettavo come la volpe attende il Piccolo Principe. Un fremito ogni volta che il suono dolce e sommesso della tua voce mi carezzava l'anima, una musica che il mio cuore conosceva. Tu sei la dolcezza e la serenità che Marc non ha mai conosciuto. Tu, Steven.
Sei solo un prodotto dell'immaginazione di Marc, Steven Grant, e io dovrei saperlo. Non esisti nella realtà, eppure sei così vero. Sei Marc e sei Steven. Notte e giorno non furono mai tanto diversi. E, ironia della sorte, m'innamoro di te, ancora e ancora.
E mi manchi, buffo pasticcione. Goffo e tenero, osservi il mondo e sei capace cambiarlo. Come l'acqua che scorre placida e perpetua e nel suo letto, hai eroso la dura roccia della corazza che Marc ha costruito per proteggersi dalle ferite sanguinolente di un tormento che non conosce fine. E che senza di te non avrebbe potuto sopportare.
Sei il fratello con il quale non è potuto crescere. L'amore mancato di una madre, la tenerezza di una carezza mai arrivata.
Coraggioso eroe per caso hai restituito al mio affetto l'uomo che amo: Marc. La tua vita per la sua. E ora che ne è di te, Piccolo Principe?
‟Rimase immobile. Non gridò. Cadde dolcemente. Non fece neppure rumore sulla sabbia.”
Non posso aver perso anche te. La tua assenza è una puntura sorda che brucia dagli occhi al cuore.
Se fossi potuta essere lì, ti avrei stretto più forte perché tu non sentissi freddo.
So cosa mi avresti detto: ‟Ah, sei qui...” e mi avresti preso per mano.
‟Sembrerò morto e non sarà vero. Non posso portare appresso il mio corpo. È troppo pesante. Sarà come una vecchia scorza abbandonata. Non sono tristi le vecchie scorze...”
Ti avrei baciato piano sulle ciglia di seta assopite, sulla fronte spaziosa, cullandoti mentre ti addormentavi. Per non lasciarti solo nell'ora più buia di un essere umano, l'ora della paura, perché di paura ne hai avuta, ne sono certa.
Dalle tue debolezze hai tratto coraggio. La nostra speranza è stata il tormento che hai pagato per Marc, perché potesse essere libero.
Marc
Alla fine di un'altra giornata, la mia Layla posa la sua mano al centro della pagina del libro che legge ogni sera prima di addormentarsi, rito ancestrale di un passato che non potrà mai dimenticare.
Scorre i polpastrelli sulla grana ruvida delle crepe ingiallite dagli anni. Glielo avrò visto fare un'infinità di volte. C'è una pagina che preferisce: quella con l'illustrazione della rosa nel cielo notturno, sotto la campana di vetro che serve a proteggerla. Essa si erge, nella sua fierezza, sul suolo arido dell'asteroide B327, il pianeta del Piccolo Principe.
È sempre la stessa, l'ultima che suo padre le lesse, facendola addormentare e prima che svanisse, proprio come lo sfortunato aviatore, autore del classico senza tempo.
Certo, non fa rumore un corpo che cade sulla sabbia. Come quello del Piccolo Principe, anche quello del dottor El-Faouly si adagiò senza grande clamore. Non fu che uno sbuffo di vento sulle le dune.
Le lacrime, puntuali, percorrono la via di ricordi amari, sulle gote bronzee della donna che amo. L'ha voluto sapere nei minimi dettagli, anche se avrebbe fatto male a entrambi. Il racconto di come Steven mi ha salvato e, al contempo, quello di come morì suo padre martella le mie tempie ogni istante.
‟Mi dispiace, non sono arrivato in tempo. Hanno aggredito anche me e non ho potuto aiutare Steven. E nemmeno tuo padre. Potrai mai smettere di soffrire per causa mia, Layla?”
‟Non chiedermelo più, sciocco.”
Mi bacia su una guancia, gli occhi carichi d'un misto d'amarezza e d'un perdono autentico, per le colpe di un passato che non posso cambiare, reo di un presente che voglio ancora vivere, seppure non lo meriti.
‟Abbracciami, taballur jips.”
È scesa la sera, sul deserto del Wadi Rum, in Giordania. Siamo tornati nel posto dove ci siamo incontrati e ri-conosciuti, innamorandoci a prima vista, l'uno dell'altra. Predestinati, ci siamo ritrovati. Qui abbiamo la nostra dimora.
Separati per anni, finalmente non c'è più segreto che ci divida. Ogni porta del passato che ho serrato in compartimenti stagni, per sopravvivere, per proteggere te, mia rosa del deserto, non serve più. Non sono più lo spettro che aleggia dietro l'uomo dai mille volti e senza anima. Il mercenario, svuotato della propria coscienza che animava le marionette tirate per le fila da un burattinaio assetato di sangue.
Finalmente sono libero di amarti e vivere per te. Grazie a Steven che mi ha mostrato la via per accettare le cose che non posso cambiare e delle quali non ho colpa.
Ti prendo per mano, camminiamo sulle dune bluastre. Non l'hai mai detto, ma so perché vieni qui tutte le sere, dove il cielo incontra la sabbia. Guardi le stelle, amore mio. Manca anche a me il nostro Steven. Non lo dici ma nel profondo io lo so. Ti asciugo una lacrima, e prendo il libro dalle tue mani, leggendoti un passo che devi ricordare sempre.
‟Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere.” E rise ancora.
Ci sdraiamo sulle dune, ti tengo per mano, guardi le stelle, Layla. E ridi. Non c'è motivo di essere tristi. Tutte le stelle sono la sua risata. Mia rosa del deserto, il tuo Piccolo Principe vive lì, dove il cielo bacia la sabbia. E nella parte più profonda di me. Io e Steven avremo cura della nostra rosa. E come la volpe invece, io e te, Layla, aspetteremo il nostro amico dove il cielo bacia la sabbia.
Note:
Tutte le parti in corsivo sono citazioni originali dal libro Il Piccolo Principe, scritto dall'aviatore Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry.
Simún: un vento forte, secco e polveroso che soffia nel Sahara, in Algeria, in Israele, in Giordania, in Siria e nel deserto arabo.
Khonshu: è una divinità egizia, dio della luna, del tempo, della guarigione e della giovinezza. Il suo nome significa viaggiatore e potrebbe riferirsi al viaggio della luna attraverso il cielo notturno. Era anche il dio che misurava il passare del tempo. È il dio capriccioso del fumetto Moon Knight.
Taballur jips: rosa del deserto in lingua egiziana. È un soprannome, di mia invenzione, con il quale Marc chiama affettuosamente Layla, nella mia long fiction in corso The Spector of The Moon.
La presente one shot è liberamente ispirata alla serie Moon Knight, episodio cinque. Questa storia partecipa inoltre al concorso "La distanza tra me e te" del profilo WattpadFanfictionIT
La bellissima copertina nello stile del Piccolo Principe è stata realizzata appositamente, per quest'opera, da ValentinaGaribaldi ne è pertanto vietata la riproduzione.
Nives🌙.
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