Sebastiano e Camilla

Io e le altre ci affrettiamo ad uscire dalla cappella: sono appena finite le preghiere e possiamo goderci i piaceri del caldo pomeriggio.
Cerchiamo di non beccarci occhiate dalle monache più anziane e diligentemente camminiamo in fila indiana fino a svoltare l'angolo.
Anastasia è dietro di me con nascosto nella pieghe del saio il topolino Bonaventura.
Ha insistito perché anche lui partecipasse alla messa.
"Tutte le creature dovrebbero averne il diritto no?".
Giusto ragionamento.
Questa mattina Suor Salvia ci ha chiesto aiuto per cogliere le mele e noi abbiamo accettato.
So già che con Anastasia questo cosa sfocerà in qualcosa di divertente.
È assicurato.
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Come diamine....
Nuovo metodo per cogliere la frutta appena inventato da Anastasia: saltare e battere la mano contro la mela finché questa non si stacca.
Strano.
Ma chissà perché con lei le cose strane sono le più belle.
Ormai abbiamo quasi finito e io e lei ci riposiamo sotto l'ombra del melo.
Suor Salvia tiene in mano il cesto di mele.
"Ok ragazze, qui è finito. Ora porto questa nelle cucine, grazie tante per il vostro aiuto. Siete libere ora".
Ci sorride e se ne va.
Prego Suor Salvia!
L'ombra sotto quest'albero è fresca, un riparo dalla calura del pomeriggio estivo.
Din don dan.
"Hai sentito?". Domando ad Anastasia.
"Cosa?".
"Sembrava come uno scampanellio".
Lei mi guarda: riflessi lucenti sugli occhi celesti. "Io non ho sentito nulla".
Di nuovo.
Din don dan.
"Ancora!". Esclamo.
Mi alzo e vado a vedere.
"Forse viene da dietro il muro...".
Anche Anastasia si alza e mi segue.
Mi arrampico sul muretto che segna il confine del convento con il resto del mondo.
Non ho mai avuto l'occasione di vedere cosa ci fosse lì dietro.
Man mano che mi avvicino il suono si fa più intenso.
Din don dan, din don dan.
Guardo.
"Ehi tu!".
Lo scampanellio proviene da un bambino di circa sei o sette anni, capelli bianchi riccioluti e occhi verdi.
Deve essere albino.
È vestito di stracci, con delle fasce di pezze intorno ai piedi come scarpe.
Tiene in mano una campanella ed è circondato da pecore.
"Sì sorella?". Ha una voce squillante.
Sorrido.
"Non mi chiamare sorella piccino, non sono ancora una monaca".
Non ancora almeno, e una piccola parte di me spera mai, anche se non vorrei mai lasciare Anastasia.
"Sei tu che produci questo suono?".
"Questo?".
Fa suonare la campanella.
Din don dan.
"Si quello ehm...".
Aspetto il nome.
"Sebastiano". Risponde lui mostrando i piccoli denti bianchi brillanti come stelle.
Altro sorriso.
"BU!!".
Urlo.
Anastasia è appena comparsa vicino a me facendomi quasi venire un infarto.
"MA SEI PAZZA?!". Domando sconcertata.
Lei sorride birichina. "Forse...".
Forse o del tutto!.
Di sotto Sebastiano ride, e di gusto!.
Ha una dolce risata cristallina.
"Hai fame?". Chiedo al piccino.
Lui annuisce.
Scendo dal muro, colgo una mela e mi arrampico ancora sul muro.
Ma sotto lui non c'è.
Dove diamine si è cacciato?.
Sento delle risate e una manina mi afferra veloce la mela.
È di Sebastiano e quelle risate sono le sue e di Anastasia.
"Ma come hai...".
Lui mi interrompe indicando un punto del muro coperto d'edera.
Mi avvicino e con la mano muovo leggermente l'edera.
Che cavolo?!.
Dietro l'edera non c'è il muro, bensì una breccia.
Una breccia che funge da porta grande abbastanza perché una persona adulta possa passarci.
Sono letteralmente basita.
Mi giro verso Anastasia e Sebastiano.
"Voi lo sapevate?".
"Io no!". Esclama Anastasia sorridendo. "Ma ora lo so grazie al piccolo Sebi!". E abbraccia il piccolo.
Sebi?, ma ti inventi soprannomi per tutti.
Il bambino ci saluta e torna dall'altro lato.
"Non voglio che Renato mi picchi perché ho perso le pecorelle!". Dice.
Chi è Renato? E perché dovrebbe mai picchiare un bambino?.
Vorrei esporgli questi miei dubbi ma lui è già andato.
Con Anastasia rientro velocemente in convento.
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"Ragazze". La voce di Suor Salvia ci distoglie dai nostri giochi e dalle nostre conversazioni. "Vorrei presentarvi una persona".
Chi?.
Si sposta e lascia entrare una persona.
È una ragazza, ma è più grande di tutte noi, avrà più o meno 20 anni.
Ha i capelli castani con punte bionde schiarite dal sole e dei grandi occhi.
Ma non sono occhi normali.
Dopo un tempo ci doveva essere stata una colorata iride ora vi è un alone grigio e scuro.
Sembra il fango di una pozzanghera in una giornata di pioggia.
È cieca?!
"Lei è Camilla". Continua Suor Salvia.
"Dopo aver vissuto nel mondo ha deciso di entrare nel nostro ordine per dedicarsi a Cristo, voglio che la accogliate nelle novizie come una sorella".
La ragazza è silenziosa.
Suor Salvia ci lascia e noi ci raduniamo intorno alla nuova arrivata.
"Ti chiami Camilla allora?".
"Perché hai deciso di entrare in convento?".
"Non ti hanno obbligato?".
Non risponde a nessuna delle nostre domande.
Si dirige verso il suo letto e si siede.
"Siete molto gentili con me, grazie". Dice soltanto.
Ehm.. Prego.
Abbiamo capito che non vuole conversare e quindi ritorniamo a fare quello che stavamo facendo prima.
Sembra misteriosa, come nascondesse qualcosa che non vuole rivelare a nessuno.
Anastasia le si avvicina.
"Ciao!". Esclama porgendole la mano. "Io sono Anastasia! E lei è Clarissa!". Viene verso di me, mi prende e mi porta davanti a Camilla.
"Ciao!". Dico un po' imbarazzata.
"Camilla". Dice soltanto.
Il tono della sua voce non sembra molto allegro.
Anastasia sorride, so che lei riuscirebbe a sciogliere anche una pietra durissima.
Prende le bambole di Francesco e Chiara e le mette nelle mani di Camilla.
Lei le tocca e sembra tastare con le dita i piccoli santi.
"E loro sono Chicco e Chia ovvero San Francesco e Santa Chiara!".
Un piccolo mugolio di assenso.
"Li veneri molto?". Domanda.
"Si!". Esclama Anastasia. "Gli voglio tanto bene, sono miei amici!".
Sul volto di Camilla compare l'ombra di un sorriso.
"E di certo loro sono i tuoi...".
Altro grande luminoso sorriso di Anastasia.
È silenziosa, enigmatica, eppure Anastasia è capace di sciogliere anche i cuori più duri.
È uno straordinario potere.

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