Ricordi febbrili

"Mamma, mamma...". Riesco solo a mormorare questo.
Mamma. È una grande parola questa.
La mia mamma, la nostra mamma, ora voglio la mia mamma.
Voglio Madonna Chiara degli Angeli, il suo profumo, la sua voce, le sue carezze.
Ma lei non è qui, è spirata dodici anni orsono.
Spirata in un piovoso pomeriggio di fine agosto.
Sento un panno freddo sulla fronte.
Mi hanno trasportata in infermeria.
"Mamma, mamma...".
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"Mamma ma come si chiamava il lupo?".
Chiara sorrise di fronte a quell'innocente domanda fatta da Clarissa, la sua figlia più piccola.
Clarissa, come le monache clarisse fondate dalla santa di cui lei portava il nome.
"Questo le fonti non ce lo dicono Clari". Incrociò le dita fra le sue più piccole. "Ma possiamo sempre dargli un nome noi, tu come lo vuoi chiamare?".
"Pip!". Esclama subito lei.
"Perché Pip?". Chiese Eleonora, la terzogenita.
"Perché Pip è bello come nome!". Le disse Beatrice, la quartogenita.
Lei e Clarissa, Bice e Clari, erano legate da un rapporto unico e speciale.
Chiara era seduta con i figli sotto il grande ulivo del giardino, e gli raccontava storie di santi.
Ai suoi bimbi erano sempre piaciute le storie dei santi, specialmente a Clarissa.
Gabriele, Diamante, Eleonora, Beatrice e Clarissa, cinque meravigliosi bambini avuti dal più freddo degli uomini: Guido degli Angeli.
Un matrimonio forzato, colmato però dai bellissimi pargoli.
"Va avanti con la storia!". Intervenne Gabriele, il primogenito, capelli castani e gli stessi occhi del marito.
Occhi buoni però, occhi di cielo, non occhi di ghiaccio.
"D'accordo, allora: I compagni di Francesco erano fuggiti durante la notte e lui al mattino si era risvegliato solo e sperduto, quindi, visto che aveva fatto una promessa agli abitanti di Gubbio, si mise sulle tracce del lupo.
Lui camminava e camminava, vedeva solo alberi e ancora alberi, e l'unico suono udibile era il cinguettio degli uccellini che gli dicevano: "non avere paura!, ci siamo noi con te!".
Ma non poteva immaginare che il lupo, o Pip, l'avesse già trovato".
"E Francesco aveva paura?". Ancora Clarissa.
Era curiosa, voleva sapere.
Chiara sorrise ancora.
"Certo che aveva paura!, aveva tanta paura, ma aveva fatto una promessa e le promesse vanno mantenute".
"Anche se era un santo?".
"Prima di essere santi tutti i santi sono stati uomini e donne, e come tutti hanno avuto paura".
Gli occhi verdi di Clarissa si illuminarono.
Chiara le scompigliò i capelli.
Continuò con il racconto.
"Era ormai scesa la notte e Francesco era molto stanco e cercava un posto per riposare. Allora vide che qualcuno aveva cercato di mettere dei sassi sulla riva del fiume come per formare un piccolo ponte, ci si mise sopra e come fosse un letto, si addormentò.
Nel frattempo Pip, il lupo, gli si avvicinò e lo annusò e sentì un odore diverso.
Non era l'odore di sangue e morte al quale era tanto abituato.
No, era un odore diverso, magico.
Capì che Francesco gli avrebbe voluto bene e non l'avrebbe scacciato come gli altri uomini.
Gli si avvicinò e lo riscaldò con il suo pelo.
Ma che odore era?, voi lo sapete?".
"CHE ODORE ERA?". Esclamarono in coro i bimbi curiosi.
Chiara sorrise ancora. "Era l'odore di un uomo buono".
E la prima cosa che Chiara vide fu un grande sorriso sul volto di Clarissa.
Tossì.
"Mamma state bene?". Clarissa le si aggrappò.
"Sì non ti preoccupare Clari, solo un po' di tosse".
Sapeva di non averla convinta.
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Sento delle voci intorno a me, un brusio.
Forse è Anastasia, non lo so, non capisco.
Voglio ancora la mia mamma.
"Mamma, mamma, lupo, Pip, Francesco, fratelli...". Parole mormorate in un attimo.
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Chiara ne era convinta: Clarissa era la sua figlia migliore, il suo orgoglio, quella che le somigliava di più.
Certo, con tutto il suo cuore di madre voleva bene anche agli altri quattro infinitamente, però...
Però nelle iridi verdi di Clarissa vi era una forza nascosta, un turbine, una tempesta.
Anche adesso che la malattia l'aveva costretta a letto lo pensava, e anche adesso che aveva chiamato a sé i suoi angioletti per finire la storia.
Sapeva che sarebbe stata l'ultima, sapeva che non le rimaneva molto.
La storia di Sant'Agnese Martire, una fanciulla sacrificata.
Una fanciulla sacrificata come era stata lei, vittima di un matrimonio, vittima sacrificata sull'altare e nel letto nuziale.
"Agnese si era salvata per via dei suoi lunghi capelli che avevano coperto la sua nudità, tuttavia le diedero un colpo di spada alla gola che le fu fatale, e quindi morì martire e salì al cielo fra i santi".
"È morta martire per Dio?". Domandò la più piccola.
"Sì tesoro, infatti il suo nome significa 'agnello' in latino, e come l'agnello è stata una vittima sacrificale e viene spesso raffigurata con questo animale".
"Ooh".
Chiara tossì ancora.
La balia fece scendere delicatamente i bambini dal letto.
"Andiamo piccini, la vostra mamma deve riposare".
Prima di uscire Clarissa si girò ancora una volta verso di lei.
Le mandò un bacio con le manine.
La madre le fece la stessa cosa.
"Sii forte bimba mia, sii forte, perché a me rimane poco in questo mondo".
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Più tardi Clarissa stava giocando con le bambole.
La nutrice aveva detto a lei e ai suoi fratelli di uscire dalla camera della mamma e di lasciarla stare.
Ma era passato tanto tempo e la bambina si annoiava.
La mamma stava tanto male?, e perché nessuno era venuto a chiamarla?.
Ad un tratto Beatrice entrò nella stanza.
Aveva gli occhi rossi.
"Bice!". Esclamò Clarissa correndole incontro ed abbracciandola. "Come sta la mamma?".
Beatrice la guardò seria. Aveva due anni più di lei, ma il suo sguardo non era quello di una bimba di cinque anni.
"La mamma è andata in cielo con Gesù , la Madonna, San Francesco e Sant'Agnese".
Ma Clarissa non capiva: era andata in cielo?.
Beatrice l'abbracciò ma lei si tolse dall'abbraccio.
Corse verso la cappelle di famiglia e guardò il crocifisso.
"Falla stare bene mi raccomando". Disse a Gesù.
Gesù avrebbe fatto stare bene la sua mamma, Lui manteneva sempre le promesse.
Poi guardò l'immagine della Madonna.
"E anche tu da brava mamma che sei".
E anche all'immagine di San Francesco. "E anche tu che ci raccontava tante storie su di te".
Sentì una mano sulla spalla.
Era fredda.
Ed era suo padre.
"Non ti preoccupare piccina che lei starà bene".
"Ma com'è andata in cielo?". Si girò verso di lui.
Sguardo di ghiaccio.
"La mamma è morta Clarissa".
Mentre il padre se ne andava lei restò di sasso.
"La mamma è morta". Era una frase brutta quella che le aveva detto il papà e che le rimbombava in testa.
E solo allora scoppiò a piangere.
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Mi sveglio.
"AAAH!".
La prima cosa che vedo davanti a me è la bambola di Santa Chiara con un cucchiaio puntato verso la mia bocca.
"Ehi cosa urli?, Chiara ti voleva solo curare!".
È Anastasia.
Sorrido e mi lascio curare dalla bambola.
Sentivo la mancanza dell'originalità di Anastasia.

Nota Autrice
Il racconto del lupo di Gubbio (questa versione), è preso dal libro di Chiara Frugoni "San Francesco e il lupo". Libro molto carino a mio parere.
Augh🖖🏼
Arrivederci popolo.

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