Luna e mani di stelle
Gli occhi grigi di Filippo scintillano alla luce della luna.
È entrato nel convento scavalcando il muro del giardino, dice che non è peccato, ma lo è che una monaca esce dal convento, e io gli credo.
Così come ho creduto a delle missive di un uomo che mi voleva violentare credo alle parole del mio amico.
Devo imparare a credere nelle persone giuste, accidenti.
Meno male che Filippo è una di queste.
Anastasia ha insistito per venire con noi, e così ci ritroviamo silenziosi nel giardino del convento addormentato.
Siamo tre ombre, tre ragazzini fugaci.
Anastasia come al solito si porta dietro le bambole di Francesco e Chiara, non se ne separa mai.
"Giochiamo a nascondino'?". Domanda com gli occhi spalancati.
Io e Filippo ci guardiamo un secondo e poi accettiamo.
Va bene, voi starete sicuramente pensando che a 15 anni compiuti non si gioca a qualcosa di simile.
Beh signori, con Anastasia ho imparato che un bambino è solo un adulto cresciuto che ha perso qualcosa.
Cosa sia quel "qualcosa" non lo so, so solo che nel l'infanzia ce l'abbiamo, poi scompare man mano crescendo.
Sono poche le persone che riescono a tenersi quel "qualcosa" e sono perennemente felici.
Io comincio a contare.
"1,2,3,4,5,6,7...."
È un gioco fugace di ragazzi che vogliono ritrovare la loro infanzia.
"... 8,9,10,11,12,13,14,15,16,17...".
È stupendo.
"...18,19,20!".
Pronti o no, arriverò!.
E comincio a cercare.
Dopo un po' trovo Filippo: è nascosto fra i vasi di gerani.
Se cercava di confondere il nero dei suoi capelli con il nero delle notte e delle ombre, beh, non ci è riuscito.
Poi cerchiamo insieme Anastasia.
Guardiamo nel frutteto, nell'orto e nel nascondiglio, ma non c'è.
"Dove si sarà cacciata?". Si chiede Filippo.
Un'idea di dove potrebbe essere mi balena in testa.
"Forse lo so".
"Come?".
Lo guardo sorridendo.
"Forse so dov'è Anastasia, seguimi".
E mi segue.
Arriviamo alla quercia e ci arrampichiamo.
Eccola dov'è Anastasia: seduta su un ramo che tenta di imitare il verso del gufo e guarda la luna.
È piena e bianca stanotte.
"Come si chiama il gufo?". Le domando facendola girare.
"Anacleto". Risponde calma.
Anacleto?!, che razza di nome è Anacleto?!, speriamo che nessuno dia mai questo nome ad un gufo!.
Tralasciando il nome del gufo, io e Filippo le sediamo accanto.
Il cielo è stellato e brillante.
"Tu lo sai cosa sono le stelle Clari?". Mi chiede.
"Sono punti luminosi". Rispondo convinta.
Cosa sono di più?!, io non sono un'astronoma!.
Anche Filippo interviene: "Per me invece sono gemme incastonate nel mantello del cielo, che è il mantello di Dio".
Anastasia non sposta lo sguardo dai puntini luminosi. "Per me sono gli angeli, i beati e i santi che ci guardano dal paradiso, tutto il Regno dei Cieli ci guarda da lassù. Le stelle sono le silenziosi custodi della notte, guardano tutto ma non dicono niente, sono silenziose".
Silenziose come la notte di cui sono custodi.
Apre le mani verso le stelle. "Stelle!, stelle!, non ci sono gemme più belle!, voi ornate il mantello di Maria, che è la mamma più mamma che ci sia!".
È una filastrocca.
Rimaniamo lì in silenzio per qualche minuto.
Anastasia ha una maniera diversa di vedere la vita, ma che maniera sia devo ancora scoprirlo.
Non è solo ottimista e perennemente felice, è di più.
La luna ci guarda, silenziosa, bianca, gigante e limpida.
Ci sentiamo al suo livello su quest'albero: silenti osservatori del mondo.
Nota Autrice
Anacleto come il gufo di Merlino!😂.
Augh🖖🏼
Arrivederci popolo.
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