Gabriele

Oggi è giovedì, un caldo e calmo giovedì di giugno.
La febbre mi è passata, ma per sicurezza suor Beldie non vuole che partecipo ancora alle funzioni.
Bene, unico grande intrattenimento è Anastasia.
Oggi però viene a farmi visita mio fratello: Gabriele.
Gabriele, una zazzera di capelli castani e gli occhi chiari di mio padre.
Ma quegli occhi non sono freddi, giudici, no, sono calmi e pacifici.
Sono le due di pomeriggio quando lo incontro.
Attraverso la grata i suoi occhi celesti brillano.
"Io non sono mai stato d'accordo su questa cosa sappilo". Comincia.
Si riferisce alla mia monacazione.
"Sorellina, hai altri due mesi, dovrai prendere i voti a settembre, perché non dici niente? Sei sempre stata la più intelligente tra di noi".
Alzo lo sguardo.
Se solo sapessi...
"Perché?, te lo dico io perché: esiste un comandamento, il quarto, che dice "onora il padre e la madre", perché anche se tuo padre è pirla, è stronzo, è un emerito idiota, tu devi rispettarlo, onorarlo, perché gli sei debitore della vita".
Lui rimane in silenzio.
"Hai ragione, ma mi dispiace comunque...".
Gli stringo la mano da sotto la grata.
I nostri occhi, celesti e verdi, si incrociano.
"Troverò un modo, lo rispetterò comunque, ma un modo lo troverò stanne certo, una donna ha in mano più armi dell' uomo".
Una donna ha la bellezza, la furbizia e l'intelligenza, doti che vanno sfruttate.
Sospira.
"Mi fido di te".
Certo che ti devi fidare di me, sono tua sorella!.
Gli sorrido.
Lui rimanda il sorriso.
"Ti ricordi quando eravamo piccoli, e rubavamo le mele del frutteto del fattore?". Mi chiede.
"Sì, eravamo piccoli, monelli, furbi, eravamo convinti di poter conquistare il mondo e viverlo pienamente".
Eravamo...
Eravamo bambini, con le nostre convinzioni e le nostre speranze.
A volte credo che sia meglio recuperarle.

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