58. Odio (rev.02)
Forse Jona aveva davvero ragione. Forse avrebbe dovuto fidarsi e basta. Eppure, sull'autobus che l'avrebbe portata a casa di Max e Billie, non fece altro che pensare e ripensare al comportamento altalenante di Ben.
Le aveva mentito, per proteggerla è vero, andando contro tutto e tutti. Lo aveva fatto per lei e di questo ormai era sicura. Ma per volere bene a qualcuno fino in fondo, per dimostrare a quel qualcuno di essere cristallino e veritiero, per lei, non potevano esserci segreti.
I segreti portano a mentire e una volta scoperti, il più delle volte, non fanno altro che ferire e spezzare ciò che di bello c'era tra l'inconsapevole a cui era stato tenuto nascosto e il custode che lo aveva serbato con troppa riservatezza.
Non voleva ritrovarsi a scoprire, di lì a qualche giorno, mese o addirittura anno, altri inconfessabili fatti che riguardavano la sua famiglia.
Si sorprese nel ritrovarsi a pensare a lei e a Ben come una famiglia. In passato lo aveva fatto spesso, quando era più piccola. Poi quell'immagine era diventata più sfocata, dopo che Max si era trasferita da Billie, fino a sparire quando Ben aveva iniziato a prendere le distanze per poi allontanarsi del tutto.
Voleva sentire ancora ciò che quell'immagine era in grado di farle sentire, ma la paura di una nuova delusione era troppo forte.
Aveva più di una domanda in sospeso a cui voleva fermamente che suo padre desse una risposta sincera. Voleva sapere di suo nonno e del luogo in cui Ben aveva vissuto prima di essere costretto a trasferirsi in città.
La curiosità che le aveva instillato Maddox quella mattina, necessitava una sorsata soddisfacente di risposte.
La tavola era già apparecchiata e un inebriante profumo di crostata riempiva l'aria.
Max era ai fornelli: indossava una casacca da chef ed era intenta a districarsi tra il piano cottura e il forno. Billie invece stava tagliando minuziosamente qualcosa sul piano da lavoro.
Vedendola entrare si voltarono all'unisono, dedicandole i sorrisi più belli che potesse sperare di ricevere.
"Ehilà, bambolina!" esclamò Max asciugandosi le mani nel canovaccio, "sei stata puntuale."
Adriel si sorprese nel leggere una punta di stupore in lei.
"Di solito, quando sei con Sarah, tiri sempre per le lunghe" spiegò Max cogliendo la sua espressione.
"Ah, già, no...", si trovò impreparata Adriel, "doveva ripassare, stasera."
Mentì rapidamente, senza rendersene conto, tant'è che Billie non fece in tempo a sentire il suo rimorso.
"Dov'è Ben?" chiese per distogliere l'attenzione dalla sua energia.
"Dovrebbe arrivare a momenti, se non riceve altre segnalazioni" le rispose Billie assaggiando con la punta del mignolo una delle preparazioni di Max.
"Ehi!" la rimproverò la compagna battendole la mano con il cucchiaio di legno.
Max aveva una passione per la cucina. Adriel e Billie erano sempre le prime a testare le sue creazioni. Sperimentava con le spezie, con i gusti più esotici e particolari, mescolando ingredienti che sulla carta sembravano avere nulla in comune. Quando si metteva a creare, il risultato era sempre garantito e sorprendente.
Adriel si era ritrovata spesso, negli ultimi anni, a cenare a casa loro, restando anche a dormire per la notte. L'avevano sempre trattata come una figlia e lei custodiva una traccia indelebile di tutti i momenti passati insieme. Stare lì con loro, in quella cucina, le riportò alla mente ricordi che l'energia rese ancora più vividi, unendo alle immagini, le emozioni che tacitamente aveva raccolto.
"Come è andato il tuo primo giorno da vedente?" chiese Billie entusiasta.
"Movimentato direi e pieno di sorprese" rispose la ragazzina. Evidentemente Ben non aveva raccontato loro di quanto accaduto a scuola e alla metro; scelse di saltare quella parte.
"A scuola?" le chiese Max girando il mestolo in una pentola particolarmente alta.
"Ho conosciuto i miei compagni di classe vedenti e..."
"La porta era aperta!" esclamò Ben entrando di sorpresa.
Solo Adriel parve accorgersi delle macchie di sangue sulla maglia e delle ferite, seppur minime, sul viso, o forse, semplicemente, Max e Billie ci erano abituate.
Il ragazzo salutò le padrone di casa e distrattamente diede un bacio sulla nuca alla figlia. Era un gesto che non faceva da anni ma a sorprendere Adriel fu l'assenza di quel calore che si era abituata a percepire; quel gesto era decisamente freddo e forzato.
"Dicevi dei compagni di classe?" le domandò rubando un crostino dal piatto principale, guadagnando un insulto delicato da parte di Max.
"Ho imparato parecchie cose interessanti sui vedenti dagli altri, specie da un compagno di classe con il quale prima non avevo mai parlato così tanto" prese il largo Adriel, fissandolo con circospezione.
"Ah, sì? Chi è? Lo conosciamo?" chiese Max incuriosita.
"Maddox Wheeler. Sa parecchie cose sul nostro argomento comune. Forse perché suo padre è membro del Consiglio" proseguì Adriel, decisa di andare dritta al punto, gli occhi su Ben.
"Ah! Wheeler!" esclamò il ragazzo levandosi la giacca e lasciandosi cadere sul divano, "il tipo con i baffi che stamattina mi ha colpito allo stomaco appena usciti dall'ascensore. Strano che suo figlio sia stato così socievole con te..."
"L'ho sentito chiaramente, era sincero. Per tutto il tempo in cui mi è stato accanto", riprese Adriel parlando di Maddox, "mi ha accolto come se fossi sua amica da un sacco di tempo. È stato carino."
"Fa piacere sentire che esistono ancora ragazzini capaci di pensare con la propria testa" commentò Max dopo aver assaggiato la cottura del riso.
"Aspetta di avere un figlio e riformulerai la frase" la scoraggiò Ben, "quando vorrai che faccia qualcosa e ti risponderà picche, ricorderai questo momento."
"E la lezione di pratica?" le chiese Billie offrendole un assaggio da un piatto di formaggio mixato con semi di sesamo e curcuma, "chi hai avuto come insegnante?"
"Susan" rispose Adriel prima di riempirsi la bocca con una cucchiaiata di quell'esperimento.
"La conosco, è in gamba" commentò Billie.
"Ed è anche una gran bella fi..." si lasciò sfuggire distrattamente Max, senza però terminare la frase a cui Ben diede un cenno di assenso a supporto; Billie sorrise, sorvolando.
"Per farla breve, ho conosciuto sia sostenitori che oppositori della nostra famiglia. C'è stato un piccolo momento di tensione con Tyler Jones ma niente di catastrofico" concluse Adriel lanciando un'occhiata d'intesa a Ben.
"Cazzo! Non ricordavo che il figlio di Jones andasse alla tua stessa scuola!" esclamò Max voltandosi di scatto, togliendo l'attenzione dal piano cottura. "Ti ha provocata? Ti ha aggredita?"
"Un po' dell'uno e dell'altro, direi" minimizzò Adriel tranquilla, "ma avevo una squadra a supporto che mi ha aiutata."
"Diciamo che è andata fortunatamente bene" sdrammatizzò Ben a sua volta, senza citare il suo intervento previdente. "Ma Adriel ha bisogno di iniziare ad allenarsi e se domani mattina il Consiglio non esprimerà il suo verdetto, in un modo o nell'altro, prenderò del tempo per dedicarmi completamente a lei."
La risolutezza con cui Ben pronunciò le sue intenzioni, ad Adriel fece incredibilmente piacere: quella reazione non fu solo legata al sollievo di poter iniziare a imparare a controllare la sua energia, ma anche e soprattutto perché, nel farlo, lui le avrebbe dato la sua completa attenzione.
"Come pensi di fare?" gli domandò Billie perplessa, prendendo posto nella poltrona vintage davanti a lui.
"Non lo so ancora. Forse chiederò al signor Cohen o cercherò di parlare nuovamente con la Pearson oppure farò irruzione in Consiglio per obbligarli a darmi ascolto" rispose lui infilandosi una sigaretta in bocca per sedare il nervosismo. "A mali estremi ci allontaneremo e ci dedicheremo all'allenamento fino a quando non verranno a riprenderci."
"Questa è una stronzata Ben e lo sai benissimo" lo redarguì Max lanciando le braccia in aria, "sai perfettamente che siamo tracciati e tu più di tutti. Se fai una cazzata del genere, ti riprendono e ti..."
Max si interruppe bruscamente, lasciandosi però sfuggire uno sbalzo di panico. Anche Billie provò lo stesso e ad Adriel non fuggirono gli sguardi mortificati che le due ragazze rivolsero a Ben che, nel frattempo, si era avvicinato alla finestra aperta per fumare.
"Niente panico ragazze" le rassicurò, trattenendosi dall'accenderla, "credo che Adriel ormai sappia quasi tutto quello che c'è da sapere."
La tranquillità con cui palesò la sua certezza costrinse Adriel alla resa. La ragazzina si morse il labbro inferiore, abbassando lo sguardo verso il tavolo. Voleva tirare fuori la verità ma quella parte, in particolare, non sapeva se era ancora pronta ad affrontarla.
"Sai dell'incidente sulla 7thma di tredici anni fa, ne abbiamo parlato. Ma scommetto che sai anche tutto quello che c'è stato dopo..." la provocò Ben, fissandola con aria di falso rimprovero. "Credo che tu abbia sfruttato la tua finta ingenuità per sottrarre informazioni a quel gigante dal cuore tenero di Macallan."
"Ho fatto solo qualche domanda in Azienda e a lui sono scappate delle risposte" non tentò di negare lei. "Niente particolari, solo qualche dettaglio..."
"Ho notato come guardi il mio orologio" disse lui, senza più riuscire a frenare il bisogno di fumare.
"Prima ti piaceva, adesso invece ti provoca disgusto e credo di sapere perché."
"È stato Burt" rivelò Adriel prendendo il posto di Ben sul divano. "Mi ha raccontato di quella notte in modo molto dettagliato..."
Ben inspirò ed espirò lentamente, voltandosi completamente verso la finestra aperta. Billie si alzò sedendosi accanto alla ragazzina; la strinse forte e Adriel colse tutta la sua compassione.
"So che ti hanno fatto del male" proseguì Adriel voltandosi a fissarlo, mentre lui le dava ancora le spalle "e non voglio che te ne facciano di nuovo, per causa mia. Mi farò bastare l'allenamento a scuola e ti seguirò durante i tuoi interventi. Non serve che tu faccia altro casino per me."
Il ragazzo tornò a darle la propria attenzione. Non sorrideva, il suo viso era decisamente tirato.
"Tu non sei come gli altri e purtroppo per te, nemmeno io lo sono. Dobbiamo prenderci qualche giorno per andare in un posto tranquillo e concentrarci sulle basi, per poter poi sviluppare il resto anche qui."
Adriel decise di cogliere l'occasione.
"Un posto più tranquillo, tipo sulle montagne?"
Ben capì e non fece nulla per evitare il discorso.
In quel momento il suo orologio notificò una segnalazione; lui con un rapido gesto, ne bloccò il cicalino.
"Sì." Le rispose sincero ma severo. "Pensavo proprio di portarti dove ho vissuto e mi sono allenato con mio padre, per anni."
Perché era stato così diretto e onesto? si chiese Adriel. Pensava forse di coglierla di sorpresa?
"Sarebbe l'occasione perfetta per andare a trovarlo, anche se dubito riuscirà a ricordarsi di noi."
Fu con arroganza che condì la sua rivelazione e a Ben la cosa non piacque per nulla. Gettò il mozzicone fuori dalla finestra e scuotendo la testa si lasciò scappare una mezza risata.
"Chi te lo ha detto?"
Max poté solo intuire la tensione che Billie andò nettamente a sentire.
"Me lo ha suggerito Maddox, dicendomi dell'età del cancellatore di famiglia" buttò fuori Adriel senza ripensamenti. "Zephir non ha la tua età, così ho fatto due più due."
"Quel ragazzino dovrebbe imparare a farsi i fatti suoi" si lasciò sfuggire Ben, passandosi nervosamente le dita sul naso.
"È vero?" incalzò lei, "il nonno è vivo?"
"Sì."
Adriel non seppe dire se fu più scossa dalla conferma alla domanda o dalla non curanza con cui lui le diede la risposta.
"Ed è vero anche che hai chiesto a Zephir di cancellargli la memoria?"
"Sì."
Ora era decisamente l'esagerata schiettezza di Ben a mandarla in confusione.
"Perché?!" gli domandò scattando in piedi.
Per lei in quel momento, in quella stanza, c'era solo ed esclusivamente lui. Non sentiva più Max né Billie. Tutta la sua energia era concentrata su Ben.
"Ho avuto dei problemi con lui tredici anni fa" proseguì a parlare lui, senza battere ciglio.
"Che razza di problemi si possono avere per arrivare a fare una cosa così orribile?!"
Era esterrefatta. Percepì per un attimo il dispiacere di Billie e Max ma lo ricacciò indietro.
"A dire il vero non è una cosa così orribile, dato che non può mancarti qualcuno che non hai mai saputo di aver generato."
La freddezza con cui pronunciò quelle parole, il modo in cui copriva le sue emozioni, le diedero la nausea.
"Ma mancherà a te!" gli urlò contro.
Quella risposta, così diretta e vera, arrivò alle orecchie di Ben come uno sparo, stordendolo sul colpo e una delle sue ferite più profonde perse qualche goccia di sangue.
"Non mi manca" mentì lui guardandola dritta negli occhi e bloccando qualsiasi emozione. "Ho i miei motivi per essermi comportato in quel modo. Motivi personali, in cui tu non c'entri."
"Dubito di non c'entrarci" replicò rapida lei, "scommetto che il nonno non ha digerito il fatto che tu mi avessi concepito. Lui era severo e tu eri un ribelle: quando ha saputo di me, gli hai dato il colpo di grazia!"
"Hai finito?" le domandò prendendo posto a tavola, passando accanto a Max che muta lo seguì con lo sguardo. "Non ti ho detto prima che lui è ancora vivo perché se lo avessi fatto, tu avresti insistito per vederlo e io non avrei avuto, a lungo andare, abbastanza motivazioni valide per farti cambiare idea."
"Avresti potuto dirmi tutto sin dall'inizio."
Ben parve non voler udire quell'affermazione che vanificava tutti i suoi sacrifici degli ultimi due anni.
"Dirti la verità non era possibile, senza parlarti dei cancellatori. Perciò ho glissato l'argomento, dichiarandolo morto. Cosa che per me è comunque a tutti gli effetti."
Il cicalino dell'orologio-segnalatore tornò a farsi sentire; Ben lo zittì nuovamente.
"Hai cancellato la memoria anche alla nonna?" domandò lei brutale.
"Adriel..." Tentò di intromettersi Max ma Ben la bloccò con un apertura del palmo.
"Non ce n'è stato bisogno. Lei se ne è andata di casa, subito dopo la mia rivelazione."
Ben non riuscì a trattenere il dolore dietro il ricordo di quell'avvenimento; Adriel intuì che lo avesse segnato, oltre il profondo.
"È viva anche lei?"
"Una madre che abbandona il proprio figlio?" parve stupirsi Ben. "Per me, può benissimo essere morta."
I suoi occhi non vibrarono, la sua voce mantenne una fermezza incrollabile. Il suo spettro dei sentimenti era vuoto, al sicuro dietro un muro di freddo disinteresse; ciò che realmente avrebbe voluto provare, era troppo doloroso da liberare senza condizionare Adriel, Max e Billie.
"Perché non lo hai mai detto di lei?" gli chiese Adriel prendendo posto al tavolo, di fronte a lui.
Ben parve non capire.
"Della donna che è mia madre" pronunciò la ragazzina con il cuore a mille e l'ansia a condensarle il respiro nel petto. "Hai detto che mi ha abbandonata, subito dopo la nascita. Perché non hai mai detto che era morta?"
"Direi che è meglio tagliare qui la conversazione" cercò di inserirsi Max, avvicinandosi alla spalla di Adriel.
"No, no Max. Adriel mi ha chiesto di essere sincero in tutto. È giusto che sappia." La bloccò Ben, squadrandola con gli occhi.
"Non mi sono inventato che tua madre era morta perché ho stupidamente pensato che la verità, il sapere di essere stata rifiutata, avrebbe soffocato in te qualsiasi desiderio di cercarla. E non avresti fatto domande su di lei... domande alle quali non avrei saputo rispondere."
Adriel impallidì e Ben avvertì chiaramente il suo cuore spezzarsi. Anche Billie colse il dolore risalire in lei, scuotendo la sua energia con l'effetto di un onda che si scaglia incurante fuori dall'acqua per andare in frantumi.
Fu Max, anche se incapace a sentire, a capirla per prima.
"Non ci hai mai creduto..." le disse con un filo di voce, "che tua madre ti avesse abbandonato."
Istintivamente avrebbe voluto stringerla, ma lei glielo impedì, respingendo indietro le lacrime e respirando a fondo per riprendere la parola.
"Penso sia normale" si giustificò Adriel con una dovuta alzata di spalle, "cioè, chi vorrebbe sentirsi dire di essere stato abbandonato alla nascita?"
Si prese un istante, come a cercare da loro una conferma di quanto appena detto.
Sentiva il dolore di Billie e il rammarico bruciante di Max. Avrebbe voluto sentire qualcosa, un'emozione qualsiasi provenire da Ben; leggere il nulla in lui fu devastante.
"Non mi manca" disse poi mandando giù amaro. "Come potrebbe mancarmi qualcuno che non ho mai conosciuto? Ma sapere che avrebbe voluto tenermi ma non ha potuto farlo, sarebbe stato meglio di sapere che non ci ha nemmeno provato..."
"Adriel, tesoro..." le sussurrò Max costringendola ad alzarsi per poterla accogliere tra le sue braccia, "Ben ci ha provato e c'è sempre stato..."
"E come poteva non esserci?" la contraddì inaspettatamente allontanandosi da lei. "È stato costretto!"
"Non mi ha costretto nessuno." Ribatté lui alzandosi di slancio.
"Ah, già! Senso del dovere, assumersi le proprie responsabilità. Credo però che siano principi che valgano solo per il Ben vedente." Infierì Adriel, mentre Max cercava di dissuaderla dal proseguire la conversazione.
"Perché?" parve provocarla lui, mentre affondava le dita nello schienale in legno bianco della sedia. "Non pensi che mi sia assunto le mie responsabilità? Avevo solo sedici anni, avevo deciso di andarmene da casa e ho scelto di portarti con me. L'ho fatto. E non solo per senso del dovere!"
Adriel percepì una strana vibrazione nell'energia di lui che interpretò chiaramente come incertezza.
Billie si sentì costretta ad avvicinarsi a Ben, nel tentativo di placane l'animo, ma lui la fulminò con lo sguardo ancora prima che potesse fare un passo.
"Di certo non lo hai fatto per amore, anzi, credo che nemmeno tu sappia perché lo hai fatto."
Il ragazzo rimase senza parole. Possibile che lei fosse riuscita a capirlo? Era sempre stato attento a essere imperscrutabile su certe sfaccettature del suo spettro di emozioni eppure lei l'aveva sentito.
"Ben..." lo incalzò Max invitandolo a riparare, ma lui cercò invano le parole giuste per costruire una risposta che non sarebbe stata sincera.
Il cicalino dell'orologio riprese a suonare, contribuendo ad aumentare la tensione.
"È la calma che ci lega, vero?" tirò fuori lei. "Quella finta sensazione di benessere e pace che le nostre energie provano l'una per l'altra, intendo. Scommetto che provano la stessa cosa tutti i genitori e i figli che nascono vedenti. È perché abbiamo la stessa energia, per questo ci sentiamo legati l'uno all'altra, ma è tutta solo una sensazione, un sentire che ci illude che di fronte a noi ci sia qualcuno che ci voglia bene, davvero. Ma se analizzi i fatti, razionalmente, mettendo da parte le sensazioni, cosa resta se non la verità? Un quindicenne che mette incinta una ragazza con la quale non ha scelto di stare, nella realtà, se ne fotte di lei e della sua bambina! Non distrugge mezza città, non uccide dodici persone per riprenderla con sé, non si fa quasi ammazzare per prolungare il più possibile la sua vita da normale! Se tu non sentissi come sai sentire, tredici anni fa avresti agito diversamente!"
Un vedente qualsiasi sarebbe stato distrutto, devastato dal veleno di cui quelle parole erano intrise. Un vedente qualunque avrebbe avuto il cuore e l'animo fatto a pezzi. Ben invece soffocò la collera, la frustrazione e il dolore. Recuperò la giacca e si diresse verso la porta.
"Hai ragione. La calma che sentiamo è solo apparente, ma è perché dietro ci sono una serie di sfaccettature che tu, per ora, non sei ancora in grado di sentire" poi, voltandosi a guardarla aggiunse, "sentire non è come vedere. Oltre la prima impressione, ci sono i veri sentimenti che qualcuno prova per noi e che noi proviamo per quel qualcuno. Provo molte cose per te Adriel e sono certo che presto o tardi potrai sentirle. Ma ce n'è una in particolare che, nonostante tutto, non potrò mai provare: non potrò mai odiarti. Ma, a quanto pare, tu con me, ci riesci benissimo."
Aprì la porta; a nulla valsero le suppliche di Max e Billie affinché restasse.
"Scusatemi, ho una segnalazione che mi attende." Tagliò corto uscendo.
Non voleva dargli la soddisfazione di vederla piangere, di fargli capire che ammetteva di aver esagerato. Solo quando non sentì più i suoi passi scendere le scale, Adriel si lasciò andare a un pianto disperato. Solo allora si rese conto di quanto davvero le facesse male non sentire più il suo calore.
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