55. Virgil Bates (rev.02)
Ben aveva impiegato più del solito a risolvere la situazione: non aveva dovuto fronteggiare un gran numero di istigatori, giusto una decina, eppure, nonostante la pausa che si era potuto concedere al parco con Adriel, la sua energia non si era ancora del tutto ristabilita.
Complice forse le ferite subite durante lo scontro alla metro o quasi certamente, la presenza dell'energia di Adriel che, involontariamente, di tanto in tanto, presa comprensibilmente dal panico, si era nutrita della sua; piccoli morsi ma comunque sufficienti a far sentire il loro peso.
Aveva faticato al mercato generale, senza riuscire a ristabilizzare quei normali abbastanza in fretta da evitare che arrecassero danni, seppur di poco conto, all'edificio.
Un'altra spunta alla lista degli errori di Wigan, si ritrovò a pensare mentre si godeva il fumo della sua sigaretta; era certo che adesso che era sotto i riflettori, loro non gli avrebbero più fatto passare niente.
Il lato positivo era che Adriel si era comportata egregiamente, giù alla metro. Non era riuscita a sentirsi come lui avrebbe voluto, ma era lo stesso riuscita ad attivare il portale, senza travalicarne i limiti e quello era già un gran balzo in avanti.
Dopo la chiacchierata al laghetto, si era sentito molto più fiducioso: l'averla sentita diversa, più calma e propensa all'accettazione, gli aveva dato adito a pensare di essere nella giusta direzione.
Adesso però aveva dei punti personali da chiarire. Quella mattina Tessa, gli aveva sconsigliato di cercare un confronto con Virgil Bates, ma lui non era il tipo da starsene buono in paziente attesa di un verdetto, specie se fiutava la possibilità di scovare delle attenuanti all'inevitabile pena.
Doveva parlare con Bates, faccia a faccia, così si diresse nell'unico posto dove aveva la certezza di trovarlo. Non sarebbe stato facile, sapeva che più di un neutrale avrebbe cercato di sbarragli la strada, ma in fondo Adriel, quella testa dura l'aveva presa da qualcuno e a volte, lo riconosceva anche lui, la tenacia incrollabile poteva davvero fare la differenza.
Virgil Bates era universalmente riconosciuto, da coloro che potevano vedere, come il rappresentante delle forze neutrali, non solo in città ma in tutto lo Stato. Così come l'enorme edificio che primeggiava nella piazza tra Main Street e la Avenue era la sede centrale dell'Azienda, la Biblioteca Nazionale Centrale, che capeggiava dal lato opposto della città, era il cuore pulsante dell'attività dei neutrali.
Si trattava di un edificio diametralmente opposto a quello utilizzato dall'Azienda: alla modernità del design che caratterizzava l'alto palazzo in vetro dei vedenti, la sede dei neutrali rispondeva con un edificio storico originario dei primi del Novecento.
Si sviluppava su tre livelli ricchi di sale dalle volute in legno massello che confluivano nel grande ingresso rettangolare, dove i piani a ballatoio erano resi incredibilmente luminosi dalla luce naturale che filtrava dalle vetrate della copertura in ferro, cui era sospeso un cassettonato in legno, decorato con rosoni dipinti.
Quel luogo rappresentava un vero e proprio riferimento per i neutrali, non solo della città ma dell'intero Stato. Lì, i neutrali neo rivelati potevano trovare il giusto sostegno all'accettazione della loro nuova condizione, prendendo coscienza della nuova vita che si accingevano a vivere, dentro un corpo che non ospitava più il lato umano e di cui dovevano assumere il pieno controllo per garantirsi l'inizio di una personale esistenza.
Ovviamente la Biblioteca era aperta anche e soprattutto ai normali, ai quali i neutrali aspiravano a somigliare sotto ogni aspetto. Rivelandosi, ereditavano i ricordi della parte umana, ma dovevano imparare a sentire. Finivano così con il privilegiare sentimenti ed emozioni che il precedente lato umano aveva evitato o cercato di ripudiare, dando un tocco personale al carattere, che diventava molto spesso decisamente differente rispetto a quello del normale che li aveva precedentemente ospitati.
A quell'ora, la Biblioteca era solita essere particolarmente affollata. Tra i frequentatori, la maggior parte erano studenti del vicino college, che amavano rintanarsi nel silenzio delle sue sale, alternando allo studio piacevoli interruzioni alla caffetteria posta al primo piano.
Ben non diede troppo peso al proprio aspetto; non sarebbero stati i formalismi a fermarlo anzi, di proposito si slacciò il giubbotto, per lasciare in evidenza le macchie di sangue all'altezza della spalla e del fianco.
Di sicuro, anche il suo viso doveva portare i segni dei precedenti scontri della giornata, già sei per la precisione. Sentiva la palpebra sinistra appesantita e con la lingua poté toccare una ferita al labbro inferiore.
Attraversò con passo deciso la porta centrale dalle pesanti ante in vetro, che si richiusero da sole al suo passaggio. Mirò al grande desk quadrato, posto al centro esatto dell'ingresso, gli occhi puntati sulla prima receptionist che incontrò sulla sua traiettoria, una neutrale che si bloccò in quello che stava facendo non appena le porte si chiusero alle sue spalle. Anche le altre quattro ragazze addette al punto accoglienza si bloccarono quasi all'unisono, ignorando le richieste dei normali che stavano presumibilmente chiedendo informazioni.
Ben sorrise quando li sentì arrivare; erano più di quanti si sarebbe aspettato. Si avvicinarono a passo svelto ma senza correre, di certo per non dare nell'occhio e turbare i normali presenti. Li aveva alle calcagna, li sentiva ma non si voltò, proseguì nel suo incedere sprezzante fino a quando un volto famigliare gli si parò davanti, costringendolo ad arrestarsi. Un uomo sulla quarantina, dalla corporatura massiccia, capelli afro curatissimi e sguardo di fuoco, lo bloccò con una mano protesa in avanti.
"Che diavolo pensi di fare?" domandò Jamie guardandolo dall'alto in basso.
"Parlare con il signor Bates" rispose lui con marcata ovvietà.
L'uomo abbassò il capo per poi rialzarlo subito, lasciandosi scappare una mezza risata.
"Le altre volte non eri conciato in questo modo e tua figlia non aveva appena fatto fuori ventuno dei nostri."
"Sono qui per parlare di questo."
"Non c'è niente di cui parlare" tagliò corto l'uomo con un rapido cenno del capo.
Ben avvertì avvicinarsi gli altri alle sue spalle ma nessuno osò toccarlo per costringerlo verso l'uscita.
Jamie imprecò.
"Dannazione!"
"Sono a corto di energia, non ho intenzione di reagire in alcun modo" disse Ben alzando le mani e voltandosi verso gli altri che lo avevano circondato, creando una strana situazione che aveva attirato l'attenzione di neutrali e normali.
Jamie alzò lo sguardo ai due lati del ballatoio: il numero dei curiosi stava crescendo.
"Se vuoi che me ne vada me ne vado, ma sai che non sarebbe giusto."
Jamie strinse le labbra spingendole in fuori, alla maniera che era solito fare quando doveva prendere una decisione.
"Al diavolo!" esclamò poi scrollando la testa. "Sei proprio un gran bastardo!"
Fece poi un altro cenno del capo che portò gli altri neutrali ad allontanarsi da Ben e riprendere la loro normale attività.
"Lui sapeva che saresti venuto" tagliò corto Jamie con un filo di imbarazzo.
"L'ho sentita entrando... la sua predisposizione intendo" confessò Ben avvicinandosi al neutrale "altrimenti col cazzo che rischiavo un faccia a faccia con te in questo stato!"
"Fanculo, Wigan!" ribatté l'uomo rilassando il viso e dandogli una pacca amichevole sulla spalla. "Vieni! Ti aspetta."
Virgil Bates dimostrava poco più di una sessantina d'anni. Aveva un paio di occhi azzurri dal taglio leggermente incurvato e portava capelli lunghi fino alle spalle, che gli incorniciavano il viso, insieme a un paio di baffi perfettamente curati che gli davano un tocco hipster.
Ogni istigatore, prima di nascere in un corpo umano, aveva già vissuto una sua esistenza nel Limbo, un luogo che i vedenti ancora non sapevano spiegarsi né tanto meno collocare nello spazio.
Per certo però l'esistenza pregressa di ogni istigatore era di minimo un centinaio d'anni e questo era risaputo perché i neutrali avevano esplicato parte della loro natura agli uomini militanti nell'Azienda, con spiegazioni però "sospese", tenute volutamente a metà, giustificate dal fatto che i vedenti, a detta degli istigatori neutrali, per il momento, avrebbero dovuto limitarsi a vedere per credere, senza necessariamente sapere tutto.
Quel "per il momento", così spesso ripetuto, si era poi prolungato nel tempo, diventando velatamente un "per sempre" e nel rispetto della pacifica convivenza, nessuno si era spinto oltre quel limite, per capire meglio o conoscere di più.
Si diceva che Virgil Bates fosse tra i più antichi e saggi della sua specie e per questo riconosciuto in modo insindacabile quale più degno rappresentante degli istigatori neutrali nel mondo umano. Si ipotizzava potesse avere addirittura più di mille anni ma nessuno ne aveva la certezza, specie perché anche il diretto interessato, quando veniva interpellato sulla questione, immancabilmente si lasciava andare ad una sonora risata e con lo sguardo sornione che lo caratterizzava, puntualmente rispondeva:
"Se fossi così vecchio, non credi mi sarei stufato di essere al mondo?"
Ben aveva incontrato Bates, per la prima volta, un anno dopo essere arrivato in città. Dopo il caos creato durante la tentata fuga dai laboratori sulla 7thma, tutti, istigatori e neutrali, sapevano chi lui fosse: ne avevano sentito l'energia terrificante, scolpendone indelebile il ricordo.
Solo un anno dopo però Virgil Bates aveva scelto di incontrare Ben, quando l'energia del ragazzo si era calmata ed era così riuscito a sentirlo oltre la coltre di rabbia e frustrazione che albergava dentro di lui. Solo quando ne aveva letto il dolore più tagliente e lacerante, non aveva più potuto evitare di volerlo conoscere per capirlo oltre le apparenze.
La curiosità era il tratto umano che maggiormente affascinava Virgil Bates. Quell'irrefrenabile istinto di andare oltre, di conoscere tutto il conoscibile, per sapere davvero pienamente, era la missione della sua esistenza nel mondo normale.
La curiosità stimola così tanto l'immaginazione da portare a creare idee, a fantasticare su ciò che può esserci aldilà di ogni cosa, a tal punto da doverti spingere a vedere. Quella curiosità così umana, era il tratto più unico della personalità del signor Bates e proprio quella curiosità aveva fatto sì che lui e Ben incrociassero le proprie strade.
Ricordava esattamente come e quando era accaduto: dodici anni indietro, il 17 giugno per la precisione. Ricordava la data esatta perché quel giorno gli istigatori attaccarono in massa un bersaglio tanto facile quanto appetibile: l'inaugurazione del centro ricreativo sulla Miles, un grande parco all'aperto attrezzato di campi gioco, dove almeno un centinaio di famiglie, con altrettanti pargoli al seguito, si erano radunate per condividere gioia e divertimento.
I bambini sono facilmente istigabili perché la paura fa presa rapidamente su di loro, facendone vacillare l'energia umana. Attaccare spietatamente un bambino è innegabilmente quel punto debole capace di rendere innocuo anche il meno amorevole tra i genitori.
Ben, all'epoca dei fatti, aveva appena compiuto sedici anni e nonostante fosse ancora uno studente e cosa non da poco conto, fosse ancora minorenne, veniva già impiegato in interventi sul campo di pari entità di quelli normalmente riservati a vedenti adulti.
Poiché aveva dato palesemente evidenza di essere maturo a livello energetico, sia nella padronanza del proprio potere che nel grado di preparazione in tecniche di combattimento, l'Azienda l'aveva arruolato prima del tempo. Complice non di poco conto la dimostrazione di superiorità data in occasione della sua famigerata fuga. Da allora, l'età di entrata in servizio dei giovani vedenti era stata abbassata da diciotto a sedici anni, previo però il superamento di un esame di valutazione; cosa che ovviamente Ben non aveva dovuto sostenere.
Quel 17 maggio lo sbalzo di livello che venne a crearsi in seguito all'inizio dell'istigazione fu devastante, a livello emotivo vedenti e neutrali non avrebbero potuto evitare di sentire. Anche senza l'invio della segnalazione sul proprio orologio, qualunque vedente nel raggio di chilometri era stato investito dal tormento straziante tipico del dolore vivo e del panico lacerante.
Anche Bates e un gran numero dei suoi si erano recati sul posto, quasi immediatamente, subito dopo che vennero investiti da quella nube invisibile ma letale. Quando furono là, sul campo, tra la polvere che veniva sollevata dalla onde di energia dei loro compagni nemici, le grida di dolore che si perdevano sotto il fragore scrosciante dei colpi di energia lanciati con incessante ferocia, solo allora si erano resi conto della gravità della situazione.
I vedenti o per lo meno la maggior parte di loro, quelli che sentirono e riconobbero come tali, erano fermi ai margini della scena di guerra, immobili, palmi chiusi, braccia lungo i fianchi, come in attesa, sguardi fissi tra la coltre di polvere, al centro del campo.
Perché non intervenivano? si erano chiesti Virgil e gli altri neutrali. Perfino loro sapevano che l'attesa avrebbe significato più istigati da riequilibrare e quindi maggiore impiego di energia e fatica, con il pericoloso rischio di perdere per sempre più di una tra quelle persone. Solo dopo, avevano capito.
Quando il vento si era fatto forza alleggerendo l'aria con un colpo a pieni polmoni, erano riusciti a vedere cosa i vedenti stessero fissando al centro di quella lugubre scena, esattamente dove i colpi degli istigatori andavano a concentrarsi. Coperto di terra bianca, simile a polvere di cemento, mista al rosso vivo tipico del sangue, una figura giaceva rannicchiata su sé stessa, in mezzo alla scena, le mani a tenersi la testa, il corpo vibrante all'incedere e impattare di ogni singolo colpo.
Virgil Bates, sul subito, non aveva capito. Perché quello a terra era decisamente un vedente, lasciato di proposito in pasto alla furia nemica dai suoi stessi simili.
Bates basito, gli occhi buoni sgranati e la bocca aperta, aveva guardato incredulo, uno ad uno, la cerchia di vedenti che popolava, volutamente inerme, la scena e solo allora aveva letto la rabbia, la soddisfazione nei loro occhi e sentito la sazietà nei loro animi: il senso di vendetta esigeva un pasto luculliano e loro lo stavano rimpinzando. Solo allora aveva capito chi lui fosse.
C'era stata poi un'interruzione, in quella bordata di colpi di luce, il tempo della trasformazione dei nuovi istigatori era giunto a conclusione e di lì a breve i nemici da affrontare sarebbero stati più di un centinaio.
In quell'attimo di respiro, il corpo si era mosso aprendosi al cielo, schiena a terra, petto verso l'alto, a cercare aria e vita. Non era andato oltre, non poteva, il dolore delle ferite era immane; Bates lo sentiva e anche loro potevano di certo fare lo stesso.
Il ragazzo aveva trovato la forza di voltare il capo verso la sua sinistra, a caso, aveva pensato all'inizio Bates, capendo però quasi subito che aveva cercato lui di proposito perché era l'unico che aveva sentito dispiacersi.
Erano stati i neutrali, capeggiati da Virgil Bates, a iniziare per primi la difesa. Solo in seguito i vedenti avevano preso parte all'azione attivando portali e marchi.
Nella mischia, Virgil Bates non aveva mai smesso di sentire quel ragazzo, la sua energia era così diversa da quella degli altri vedenti da non passare inosservata. Riuscì a scorgerlo poi, oltre la coltre di polvere mentre, nonostante l'evidenza delle ferite, si scagliava su un gruppo nemico, privo di timore, mosso solo da rabbia e una forza di volontà senza paragoni.
La sua energia era decisamente diversa, solo che gli altri, non avrebbero potuto notare quella differenza che lui, invece, conosceva fin troppo bene.
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