52. Essere te (rev.02)

Non aveva mai visto una rissa dal vivo né ovviamente vi aveva mai preso parte. Non sapeva quanto tempo ci avrebbero messo a trasformarsi, ma si augurò vivamente che la rabbia, la frustrazione e l'odio che le arrivarono dai vagoni non si sarebbero riversati su di loro con la stessa intensità che stava percependo.

Quando le porte si aprirono, per un istante, nessuno dei passeggeri parve accorgersene, eccetto un uomo anziano dai capelli grigi e una ragazzina di circa la sua età. In lacrime, gridando aiuto, riuscirono a scivolare fuori da quella massa inferocita che preda di un delirio bloccava tutte le uscite dei vagoni.

Prese a mordersi l'unghia dell'indice destro: vedere quelle due povere persone ferite e sconvolte strisciare letteralmente a terra, percepirne il panico vivo, non fecero altro che aumentare il suo terrore.

Le urla che provenivano dall'interno del treno, le parole offensive e pesanti che quegli sconosciuti si lanciavano l'uno con l'altro, i colpi che vedeva sferrarsi senza pietà, la lasciarono senza parole.

Era combattuta tra il fuggire e l'abbandonarsi a una forza che sentiva pulsarle dentro come fosse un istintivo meccanismo di difesa che pareva essersi messo in moto.

"Sentiti" le disse Ben senza togliere lo sguardo dal treno. "Concentrati su te stessa e qualunque cosa mi succeda, non uscire dal Portale."

Adriel resistette alla voglia di scappare, trovando forza nella fermezza di lui e in quella che, sorprendentemente, sembrava star crescendo dentro di lei.

Di secondi ne erano già passati parecchi. Nessun altro sembrava intenzionato a scendere da quel treno e a breve, avrebbero udito l'allarme sonoro che avvisava della chiusura delle porte e dalla ripresa del viaggio. Ma fu proprio allo scattare del trentesimo secondo, segnato dal suono dell'allarme, che improvvisamente tutti i passeggeri parvero accorgersi dei due vedenti che erano lì in loro attesa, su quella banchina.

Come un fiume che straripa dall'argine si riversarono in corsa fuori dal mezzo, bloccando di forza le porte che tentavano di chiudersi.

Non erano una ventina ma molti di più, troppi. Adriel tentò di contarli ma arrivata a quaranta perse il conto, anche perché a quel punto erano estremamente vicini. Senza rendersene conto stava affondando le unghie nel rivestimento in piastrelle bianche della colonna dietro cui si era nascosta.

"Se non hai un riparo, la prima cosa da fare è rallentare la loro corsa!" gridò Ben sovrastando il vociare che accompagnava quell'attacco; nonostante la situazione a dir poco complicata sembrava intenzionato a farle una lezione.

Chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni. Quando li riaprì fu come se un uragano si fosse scatenato dal nulla sulla banchina della metro.

Il treno nel frattempo era ripartito. La maggior parte di loro, colpiti in pieno da quel tornado di energia, finirono giù dalla banchina, tra i binari, faticando a rimettersi in piedi.

"Ora che li hai destabilizzati, si parte all'attacco!"

Adriel era incredula e affascinata al tempo stesso: l'inflessibilità e la sicurezza con cui Ben si scagliò verso quelle persone avevano dell'incredibile.

Lo vide lanciare onde di luce a raffica, in ogni direzione. Ogni colpo andava a segno, arrestando un istigatore alla volta e rallentandone l'avvicinamento. Era così veloce e preciso nei movimenti da sembrare innaturale eppure era lui, suo padre.

Lo osservò posizionare il palmo della mano sinistra su tre, quattro, sette istigatori, uno dietro l'altro mettendo in moto quei rami luminosi sotto i loro piedi che, famelici, afferravano l'energia istigata facendola scivolare fuori da quei corpi innocenti per riportarli in equilibrio.

Non c'erano ripari sulla banchina e più volte notò che veniva colpito. Le onde di energia impattando sul corpo dovevano provocare dolore, lo leggeva e lo sentiva negli istigatori che lui feriva; Ben invece pareva sopportare o minimizzare senza che il suo viso riflettesse ciò che davvero provava.

"Cazzo!" si lasciò sfuggire Adriel notando che un paio dei loro assalitori avevano deviato da Ben per dirigersi dritti su di lei.

Ben, sentendola, si girò di scatto per rallentarne l'avanzata, ma così facendo non fu abbastanza attento da evitare un'onda di energia, scagliata dalla banchina, che lo colpì in pieno al fianco destro. Il colpo doveva averlo preso bene dato che, per la prima volta, Adriel lo sentì lanciare un'imprecazione.

Approfittando di quella distrazione, altri fecero lo stesso, lo caricarono in velocità andando a segno con colpi precisi e ben assestati. Ben cadde a terra.

"Ben!" gridò Adriel terrorizzata.

Senza pensarci troppo, abbandonò la propria posizione e si mise a correre verso la massa che si stava accalcando su suo padre.

"Fermati" la intimò una voce alle sue spalle.

Adriel si voltò di scatto e vide Zephir, ricomparso nuovamente da chissà dove.

"Non posso lasciarlo là!" esclamò lei indicando nella direzione di Ben, bloccandosi.

"Se non sai cosa fare, non serve a niente correre da lui."

La pacatezza della sua espressione la lasciò senza parole.

"Pensa a te, non a lui" le disse con cenno del capo in direzione della banchina.

Con una nuova potente onda di energia, Ben si era liberato dalla calca che lo aveva precedentemente messo alle strette ed era di nuovo in piedi.

Sanguinava in più punti ma sorprendentemente la calma e la fermezza che aveva dentro non accennavano a vacillare né a diminuire anzi, parevano, per quanto possibile, accrescersi.

Tornò a marchiare i suoi avversari, con la stessa tenacia di prima, anche se i suoi movimenti, notò Adriel, erano notevolmente rallentati. Calma e fermezza non demordevano ma la sua energia, sentì lei, era in calo.

Almeno ancora una ventina erano gli istigatori da riequilibrare: ce l'avrebbe fatta a resistere?

"Cosa posso fare?" supplicò rivolgendosi a Zephir.

"Usa la tua energia e attiva il Portale."

"Non so come!"

"Crea uno sbalzo di livello."

"Come?!"

"Ci tieni a tuo padre?"

"Sì!" gridò lei disperata.

"Allora sentiti" le disse l'uomo senza battere ciglio.

Sentirsi. Era quello che anche Ben le aveva detto di fare. Spostò lo sguardo dal viso inflessibile di Zephir a suo padre. Ben era intento a colpire e incassare, cercando di non cadere di nuovo.

Loro sentivano che si stava indebolendo e decisero di approfittarne: una parte avrebbe finito lui, i restanti si sarebbero dedicati alla giovane vedente. Cambiarono così obiettivo e direzione; li vide incedere verso di lei, erano tanti.

Si lasciò cadere, finendo in ginocchio sul pavimento sporco, occhi chiusi, mani sulle orecchie. Doveva levare quell'insopportabile eccitazione violenta di sottofondo per potersi concentrare.

Staccò la mente e non pensò più alla loro carica né al dolore di Ben né alla fastidiosa insofferenza di Zephir. Ora c'era solo lei, nient'altro.

Cercò di percepire la forza, il calore, la sicurezza ma non percepì niente! Non sentì crescere alcun potere dentro di sé se non la consapevolezza che, a breve, quelli avrebbero fatto del male anche a lei.

L'ansia, il panico si fecero soffocanti, tentò di ritrovare la concentrazione ma fu inutile.

Sentì le loro parole di provocazione, gli insulti con cui stavano denigrando loro, i vedenti.

Aprì gli occhi giusto un istante prima di sentirsi afferrare per la gola. La stretta fu tremenda. Chi l'aveva in pugno era una donna apparentemente normale ma che la sollevò di peso con la stessa facilità con cui lei avrebbe sollevato un cuscino.

Appena i suoi piedi si staccarono da terra, sentì l'aria venirle meno. Una lacrima le scivolò fuori dagli occhi mentre intravedeva Ben troppo lontano per intervenire.

"Sei pronta a rivelare il tuo vero io?" le disse la donna avvicinandola a sé.

Adriel non sentiva più niente se non l'energia del suo assalitore. La sentiva chiaramente. L'avrebbe potuta prendere, assorbire e indebolirla, sì ma fino a che punto? Si sarebbe riuscita a fermare al limite?

Inaspettatamente, si trovò a riflettere: un conto era uccidere Ben o un altro innocente ma in fondo quella persona stava cercando di ucciderla. Se anche avesse assorbito la sua energia oltre al limite e l'avesse prosciugata che male avrebbe fatto? Si sarebbe giustamente difesa, la sua vita per quella del suo aggressore.

La paura lasciò il posto alla rabbia e nello sbalzo che creò percepì la sete di cui le aveva parlato Ben.

Ma assorbire energia di istigatore non avrebbe cambiato anche lei? Ripensò al sogno che aveva fatto quella mattina, rivide il Ben istigato, terribile e spaventoso. Voleva davvero diventare così? E se si fosse salvata ma poi non fosse più stata la stessa? Provò disgusto per i pensieri che avevano sfiorato la sua mente. La rabbia lasciò il posto all'odio verso tutta quella situazione, verso sé stessa e di nuovo verso suo padre che l'aveva trascinata in tutto quello.

Afferrò con le mani i polsi della sua aguzzina e piantandole gli occhi negli occhi trovò una forza interiore che non seppe definire. Il calore esplose dal suo corpo irraggiando ogni cosa. I rami del Portale si riempirono di nuova linfa, afferrando ogni istigatore ancora attivo.

La caduta le fece battere violentemente la schiena, lasciandola senza respiro per un paio di secondi. Quando si mise a sedere, di fronte a sé vide chiare tracce di una battaglia conclusa, corpi a terra in fase di ripresa e un alleato malconcio ma vivo che, in piedi, dalla banchina, la stava osservando.

Ci era riuscita, non sapeva come, ma era riuscita ad attivare quel maledetto Portale.

"Stai bene?" le chiese lui avvicinandosi.

Lei notò le innumerevoli ferite che aveva sul volto, le macchie di sangue che gli sporcavano jeans e maglietta, lo sguardo stanco e preoccupato al tempo stesso. Istintivamente si portò una mano alla gola, ancora pulsante per la stretta cui era stata sottoposta. Si mise in piedi di scatto, ignorando la mano che lui le stava offrendo.

Se quello significava essere un vedente, non voleva averci nulla a che fare.

Fissò gli occhi in quelli di lui, supplicandolo mutamente di dire qualcosa. Ben non aprì bocca. Sapeva cosa lei avrebbe voluto sentirsi dire, ma ora che aveva iniziato a insegnarle e lei a imparare, non poteva permettersi di tornare in dietro.

"Sei stata brava" le disse freddo.

Lo sbalzo, di riflesso, portò le lacrime a salirle dietro gli occhi, ma prima di rischiare di farle cadere davanti a lui, scelse di prendere la rampa di scale che avevano disceso poco prima e correre via da quella realtà così impossibile da accettare.

Ben non corse dietro ad Adriel, la lasciò libera di andare. Scappare dal suo primo scontro con gli istigatori era ciò che avrebbe voluto fare anche lui, ma non era stato così fortunato da rimanere in piedi fino alla fine.

Sentì il gusto ferroso del sangue infastidirgli la bocca, la mascella dolorante, così come la spalla, il fianco, la gamba; tutti dolori a cui ormai era abituato. L'importante era non perdere troppo sangue altrimenti non sarebbe riuscito ad arrivare alla fine di quella giornata; le ferite fortunatamente erano lievi, constatò.

Si avvicinò alla banchina. Nella galleria avvertì il crescendo di un nuovo treno in avvicinamento. Si liberò di un po' di saliva, quel tanto che bastava per non avvertire più la spiacevole sensazione di una ferita aperta.

Si guardò intorno: i suoi assalitori si stavano riprendendo. Accese una sigaretta e chiuse la giacca per evitare che il sangue desse troppo nell'occhio; con lo sguardo poi cercò Zephir.

Lo trovò accanto alla colonna dove poco prima aveva lasciato Adriel. Lo fissò. Zephir non poteva sentirlo e nonostante non fosse in grado di provare emozioni, capì subito il suo stato d'animo.

Ben gli aveva insegnato a leggere gli occhi delle persone, spiegandogli però che quello era un modo che non sempre funzionava: l'interlocutore doveva essere necessariamente una persona sincera e Zephir sapeva che Ben lo era.

"Sei triste" gli disse mentre rallentava i presenti intorno a loro. "Perché?"

Ben espirò il fumo avvertendo anche un fastidio alle costole.

"Non è facile..." disse alzando gli occhi. "Non è facile per niente farle accettare la cosa."

"Anche lei è triste" rispose il cancellatore. "Anche tu eri triste quando hai iniziato."

"E non ho smesso di esserlo" si lasciò andare il ragazzo tirando un sorriso.

Zephir continuava a fissarlo impassibile. Quella freddezza, che molto probabilmente chiunque altro avrebbe sicuramente avvertito come un forte distacco, a Ben piaceva. Poteva parlare di tutto con Zephir, senza sentirsi giudicato o compatito, nella consapevolezza però che di rimando, il suo cancellatore non poteva che essere sincero.

"Non ti sei arreso fino a oggi, penso tu non lo debba fare proprio adesso" disse il cancellatore. "Non arrenderti Ben."

Il ragazzo ebbe uno sbalzo di livello che però Zephir non poté cogliere. Gli capitava raramente, ma quando era con lui spesso si era concesso degli sbalzi, per liberare quei sentimenti che si costringeva categoricamente a tenere sotto controllo.

Se Zephir avesse potuto, avrebbe sentito sconforto e rammarico provenire dall'intimo dell'amico che aveva visto crescere.

Se Zephir avesse potuto sentire, avrebbe dato a Ben quella consolazione e quel sostegno che un abbraccio sincero può contenere, ma si limitò a osservarlo senza mutare espressione.

Il ragazzo, di contro, forzò quelle emozioni a tornare nel profondo e con esse le lacrime che pericolosamente avevano iniziato a salire. Gettò il mozzicone a terra e dopo avergli dato istruzioni sulla cancellazione da effettuare, salì a gran passo le scale, sapendo perfettamente quale direzione prendere per trovarla.

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