32. Tom (rev.02)
Il dispositivo richiedeva un intervento al ponte tra la Sicomore e la House.
Era risaputo da tutti che, di norma, quella chiamata era per Benedict Wigan, ma erano ormai una ventina di minuti che sul display dell'orologio- segnalatore lampeggiava la richiesta di supporto.
Possibile che Wigan abbia bisogno di aiuto? si domandò Tom mentre terminava di godersi la tazza di latte corretto cacao che aveva ordinato al bar sotto casa.
Da un lato avrebbe voluto ignorare la cosa ma d'altra parte, se Wigan avesse davvero avuto bisogno di un supporto, sapeva che nessun altro vedente nei paraggi sarebbe corso in suo soccorso.
Lui non si trovava troppo distante; si convinse perciò che, forse, valeva la pena di farsi una passeggiata e andare a dare un'occhiata.
Anche se tredici anni prima aveva preso parte alla caccia all'adolescente che si era volutamente fatto istigare, seppur non ne avesse compreso il gesto, ne aveva però intuito le motivazioni. E forse era proprio quel suo essere mentalmente aperto e tollerante che non aveva lasciato spazio all'odio e al rancore che si erano invece rincarati negli altri. A dirla tutta, Tom non aveva mai avuto nulla contro Ben, anzi.
Anni prima, quando Ben e Max condividevano ancora l'appartamento, si erano fatti più di una serata divertente tutti e tre insieme: seppur vedenti, all'epoca erano poco più che ventenni e nonostante la "nobile missione", la voglia di divertirsi non era loro mancata.
Spesso si erano trovati a dover fronteggiare gli istigatori con le funzioni alterate da quantitativi di alcol un po' troppo sopra il limite per essere ancora definiti sobri. Tom e Max se l'erano sempre cavata egregiamente anche con qualche sbaglio nel prendere la mira e un passo non sempre propriamente lineare. Ben invece, come gli fece notare Tom più di una volta, era una vera schiappa nel reggere l'alcol: dopo una media era già fuori come un balcone e totalmente inutile in campo.
Il protocollo ovviamente esigeva un comportamento impeccabile anche durante gli scontri: se l'Azienda avesse saputo che tre dei suoi vedenti investivano il tempo libero a ubriacarsi, incuranti del dover essere reperibili al massimo della propria prestanza, di certo avrebbe trovato il modo di far passar loro la voglia di bere.
Ma nessuno aveva mai scoperto il loro piccolo segreto, nemmeno quando, al posto dell'alcol, avevano condiviso sostanze alteranti da aspirare piuttosto che ingurgitare.
C'erano però tre cose che Tom non aveva mai digerito di Ben: il suo potere di attirare il sesso opposto con la stessa avidità del miele con l'ape, la sua incapacità a fare da spalla a un irlandese come lui durante una vera bevuta e la fortuna di convivere con una donna come Max.
Tom aveva ereditato la carnagione scura dal padre che aveva radici italiane: era alto, moro, aveva una buona parlantina e un savoir faire niente male eppure, quando si trovava in compagnia di Ben, era impensabile riuscire a ottenere le attenzioni, anche di una sola, delle ragazze presenti nei paraggi.
Ben aveva un qualcosa di indefinibile che portava tutti gli occhi su di sé, facendo salire la temperatura corporea a livelli preoccupanti: le donne cancellavano dalla propria visuale qualsiasi altro esemplare di sesso maschile, riducendo a zero le probabilità di conquista dei normali che gli stavano attorno, Tom incluso.
Per risolvere il problema, l'uomo aveva imparato a sfruttare il punto debole dell'amico: troppo ubriaco, anche un adone come Ben perdeva il suo fascino e Tom sapeva come farlo bere senza perdere a sua volta il controllo. Una volta fuori gioco, i normali erano liberi di "cacciare".
E poi c'era Max. Tom aveva avuto letteralmente un colpo di fulmine per lei e nonostante la ragazza avesse messo in chiaro fin da subito le proprie preferenze sessuali, per anni era rimasto convinto del fatto che, di tanto in tanto, lei e Ben andassero a letto insieme, nonostante avessero sempre negato.
In fondo la chimica tra i due era innegabile: gli sguardi, i sorrisi, il modo di toccarsi non facevano altro che acuire il suo sospetto, anche se in realtà quelli erano soltanto segnali di una profonda e sincera amicizia.
Crescendo la cosa era scemata e se a volte Tom tornava alla carica, era solo per punzecchiare amichevolmente Max.
Salutò calorosamente il barista, lasciando come al solito qualche spiccio di mancia e si incamminò poi verso est.
Nonostante fosse tipo di compagnia, la gente a quell'ora era decisamente troppa anche per i suoi gusti. Adorava le masse ma solo in contesti ristretti come feste in locali notturni o concerti live a bordo palco. Tutte circostanze che, dal punto di vista di un vedente, equivalevano a potenziali situazioni di istigazione, ma per Tom, prima di tutto, rappresentavano ottime occasioni per divertisti senza freni.
Avrebbe raggiunto il luogo della segnalazione in una decina di minuti a passo spedito.
Quando arrivò in vista della bidonville sotto il ponte tra la Sicomore e la House, percepì nettamente la concentrazione energetica. Era qualcosa di tremendo, mai sentito prima in un unico scenario.
Senza rendersene conto iniziò a correre, attraversando quel campo di baracche, con la stessa velocità di un centometrista. Le orecchie sorde, lo sguardo fisso alla ricerca delle due energie che aveva chiaramente riconosciuto.
Vide Ben ed Elijah sul bordo del dislivello al margine del fiume. Se ne fregò dell'effetto sorpresa, gridando i loro nomi.
Non riuscì però a vederli voltarsi nella sua direzione perché un'orda di istigati, apparendo dal nulla, risalì dalla riva nascosta del fiume e balzando sopra di loro, li fagocitò facendoli sparire letteralmente dalla sua vista.
Erano inquantificabili. Non li attaccarono, non emisero onde di energia, né li colpirono di proposito con pugni o calci. Si limitarono a travolgerli.
In anni di scontri, di ferite, più o meno dolorose, né Ben né Elijah erano mai stati calpestati da un'orda inferocita di istigatori come quella. Ogni tentativo di rimettersi in piedi fu vano. La polvere, sollevata da quella furia spronata all'attacco, arrivò a riempire loro le narici e offuscare la vista.
In bocca il gusto ferroso del sangue si mescolava alla sapidità dell'arenaria. I polmoni faticavano a prendere aria, dato che i loro corpi erano trascinati verso il basso dall'incedere di quella corsa senza freni.
Non li stavano attaccando, si trovò a riflettere Ben mentre si chiudeva a riccio per ripararsi dai colpi. Avrebbe potuto lanciare un'onda di energia, caricando al massimo il colpo, ma non aveva idea di dove si trovasse l'amico e avrebbe rischiato di colpirlo.
Elijah era l'unico ad avere la soluzione a quell'attacco anomalo e fortunatamente non impiegò più di una trentina di secondi a metterla in atto.
Aprendo entrambi i palmi delle mani, isolando per quanto gli fu possibile il dolore che stava provando, riuscì a creare uno scudo di energia abbastanza esteso da coprire sia lui che Ben. Avvolti da quella gigantesca cupola luminosa, i due ragazzi riuscirono finalmente a rimettersi in piedi, pronti a sferrare l'attacco, se non fosse stato che nemmeno uno tra quegli istigatori scelse di rallentare e voltarsi nella loro direzione.
Quando l'ultimo dei nemici aggirò lo scudo di Elijah senza voltarsi, fu allora che entrambi percepirono il panico di un energia conosciuta provenire dal centro del campo e discendere fino al bordo sterrato da cui loro, increduli e coperti di polvere, osservavano basiti la fuga di quell'insolita massa.
Tom lottò con tutto sé stesso per soffocare il panico che lo aveva assalito senza ritegno.
Non aveva tempo di autocommiserarsi, stava per essere travolto dai colpi di energia di un numero di istigatori troppo grande persino per un vedente come Benedict Wigan.
Lui non era in grado di creare uno scudo e non avrebbe fatto in tempo a trovare un riparo più solido di un paio di cartoni e qualche telo di fortuna. L'unico modo per superare indenne quella folla, che in pochi secondi lo avrebbe, senza mezzi termini, calpestato senza troppa leggerezza, era attaccare.
Fece scivolare la propria energia lungo tutto il corpo. La sentì chiaramente condensarsi al centro del petto. Sapeva che, caricandosi in quel modo, avrebbe avuto la possibilità di colpire con un solo potente colpo, dovendo poi attendere di ristabilirsi per riuscire a creare anche un portale. Ma quella era l'unica soluzione che aveva a disposizione, per non subire la stessa fine che era toccata a Ben ed Elijah qualche attimo prima.
Inspirò a pieni polmoni, il viso teso nella concentrazione, il calore pulsante all'altezza dello sterno, il battito incredibilmente rallentato nonostante la norma avrebbe previsto il contrario.
Avvenne tutto in una manciata di secondi. La luce aranciata che si irradiò dal suo corpo investì tutta quella calca, inglobando ogni singolo istigatore che per la durata di un lampo, sparì alla vista per poi ricomparire, una decina di metri più indietro, steso a terra, apparentemente privo di sensi.
Ma Tom sapeva che non era così e che in troppo poco tempo, uno dopo l'altro, si sarebbero rimessi in piedi e avrebbero riversato su di lui tutta quella rabbia che aveva sentito loro in corpo.
La potenza di quell'onda lo aveva destabilizzato. Si sentì mancare e senza rendersene conto perse l'equilibrio, riuscendo però a non cadere. Si sorprese della propria resistenza, forse fu l'adrenalina data dalla paura a fargli da sostegno. Non aveva il tempo di approfondire; si preparò come meglio poteva a riceverli.
Li vide avanzare seppur più lentamente di prima, in numero però sin da subito troppo fitto. Se li avesse colpiti uno alla volta, avrebbe finito del tutto la propria energia ancora prima di scalfire in modo significativo quel muro umano contro il quale avrebbe a breve e rovinosamente impattato.
Caricò il palmo destro, ma per non sprecare nemmeno una goccia di energia, si preparò all'attacco fisico. Nonostante non fosse più in forma, come quando aveva trent'anni, fece uno scatto in avanti che nulla ebbe da invidiare a quello di un felino. Palmo spalancato pronto ad aggrapparsi al primo centimetro di pelle di istigatore che avrebbe avuto la sfortuna di incrociare la sua traiettoria.
Fu un uomo panciuto dallo sguardo livido di rabbia a incontrare il suo marchio e sorprendentemente un attimo dopo il ramo verde chiaro di un portale, balzò fuori dal terreno penetrando il malcapitato in un battito di ciglio.
In pochi secondi altri tre, quattro, dieci rami si fecero strada tra la polvere mista al cemento mentre lampi di luce dorata emergevano violentemente dal fondo, facendosi largo e risalendo fino alla sua posizione.
Tom sapeva bene che gli unici che potevano essere responsabili di quella rivalsa erano due vecchi amici che non aveva mai avuto il piacere di rivedere con tanto entusiasmo come in quel momento.
Elijah diede al suo portale un'estensione sufficiente da ricoprire l'intero suolo del campo.
Tom e Ben attaccavano senza remore su due fronti, facendosi largo fino a essere abbastanza vicini da marchiarli e riconfinarli nel Limbo.
Erano comunque troppi per soli tre vedenti e se li avessero colpiti tutti insieme non sarebbero di certo riusciti a proteggersi a lungo dalle onde di energia. Solo Elijah infatti era in grado di realizzare uno scudo energetico che era certo, sotto la sferza dei colpi di quell'esercito, non avrebbe resistito a sufficienza per dare loro il tempo di mettersi in salvo.
Cercarono all'unisono di stringere il cerchio, avanzando verso il centro di quell'armata. Si resero poi conto che nessuno tra gli istigatori sembrava intenzionato a colpirli, anzi. Deviando le loro onde, si liberarono in fretta dal loro giogo, allontanandosi dal campo e dandosi alla macchia, non più in un gruppo compatto ma con fare sparso tra le vie della città.
"Ma che cazzo!" esclamò Tom sputando malamente un grumo di polvere ingurgitato per sbaglio in corso d'azione.
"Che diavolo fanno?" domandò ad alta voce Elijah. I capelli dai toni dell'arancio, ora viravano al bianco latte.
"Non ne ho idea, ma se non li fermiamo adesso, dopo sarà impossibile" disse Ben senza mascherare le tracce della propria preoccupazione.
Nessun istigatore si era mai comportato in quel modo. D'abitudine erano soliti agire in sordina, facendosi notare il meno possibile, muovendosi rapidi perché consapevoli che sbalzi di livello anomali sarebbero finiti quasi nell'immediato sotto l'attento occhio energetico dei segnalatori.
Sceglievano bersagli isolati, facilmente avvicinabili oppure, come nel caso del campo sotto il ponte tra la Sicomore e la House, dove si trattava di cambiare gli equilibri di un numero maggiore di persone, facevano leva sul sentimento dominante, nello specifico il malcontento, per scatenare una reazione a catena di istigazioni.
Normalmente, dopo aver raggiunto lo scopo, sparivano dalla circolazione consapevoli del fatto che un istigatore attivo da molto tempo in un individuo, fagocitandone tutta la parte umana, se marchiato, torna inesorabilmente nel Limbo, lasciando vuoto e privo di vita il corpo che lo ha ospitato, senza più potervi fare ritorno.
Questa volta invece avevano deciso inspiegabilmente di cambiare modo d'azione, guidando una folle corsa di istigatori e neo istigati per le vie della città e il motivo poteva essere uno solo: tentare un'istigazione di massa di dimensioni incontrollabili.
Sul subito Ben, Tom e Elijah si trovarono spiazzati e combattuti sul modo di agire.
"Che aspettiamo!" li spronò Tom con un ampio gesto del braccio, "se li lasciamo scappare aumenteranno sempre di più!"
"Che vuoi fare? Inseguirli e colpirli alle spalle mentre useranno i normali come scudo?" ribatté Elijah passandosi nervosamente una mano sulla faccia.
"Meglio azzopparli ed impedirgli di proseguire la corsa che stare qui a pensare a che cazzo fare!" esclamò Tom fremente.
Elijah nel panico si voltò immediatamente verso Ben; lo sguardo supplicante un'idea, parve calamitarne l'attenzione.
"I segnalatori noteranno la situazione e invieranno richieste di intervento a tutti, ma per quel momento saranno già aumentati di quattro, cinque volte il numero attuale! Senza contare che gli altri vedenti avranno bisogno di un quantitativo di energia notevole per combatterli."
"Cosa suggerisci?" gli domandò Elijah speranzoso.
Il ragazzo rifletté rapido.
"Posso aiutarli" disse poi Ben, lo sguardo fisso alla fine della via che aveva imboccato l'orda. "Creerò un portale che ricopra tutta la città di modo che voi altri non dobbiate fare altro che preoccuparvi di marchiarli."
"Aspetta, aspetta! Ma che diavolo stai dicendo?!" esclamò Tom strabuzzando gli occhi.
Elijah condivise la sua reazione: "Sappiamo che sei decisamente fuori norma dal punto di vista energetico ma dubito che tu possa fare un portale del genere!"
"Quanta fiducia per quello che un tempo fu il tuo migliore amico" rispose Ben sarcastico.
Elijah si lasciò strappare un mezzo sorriso di compiacimento.
"Non farò tutto da solo, ovvio. Prenderò in prestito parte dell'energia dei normali per estendere il portale e tenerlo attivo il più a lungo possibile."
"Sai che ti dico, Wigan: mi hai convinto. Tu fai il tuo, io intanto non mi perdo quel gruppo di stronzi in gita per la città!" concluse Tom gettandosi all'inseguimento.
"Chiediamo ai cancellatori di intervenire!" suggerì Elijah in alternativa mentre Tom si allontanava.
"Pessima idea. Rallentandoli, senza dar loro la possibilità di fuggire, sarebbero più facilmente attaccabili e poi io avrò bisogno di sentire i loro sbalzi per prenderne l'energia."
"Che vuoi che faccia, allora?" si trovò a chiedergli Elijah.
"Stai dietro a Tom e cerca di marchiarne il maggior numero possibile. Al resto ci penserà il mio portale."
"In pratica lasci fare a noi il lavoro sporco mentre tu te ne resti qui tranquillo a sentirti lo spettacolo?" ironizzò l'amico.
Ben sorrise.
"Se non ti sbrighi rischi di perdertelo lo spettacolo."
Un istante di silenzio lasciò percepire a entrambi le reciproche sensazioni.
"Ce la farai?" chiese Elijah guardandolo dritto negli occhi.
"E tu?" ribatté di rimando Ben in tono di sfida.
"Ci vediamo dopo allora!" disse Elijah con un sorriso carico di ottimismo, tipico dei Cohen "Non sparire per altri dieci anni!"
Ben si era dimostrato sicuro di sé e quella stessa sicurezza, così sfacciata e dannatamente rassicurante, l'aveva anche fatta sentire ad Elijah che, nonostante non avesse più sedici anni, non aveva ancora imparato a riconoscere quando l'amico usava un'emozione per nasconderne un'altra.
Non aveva idea se il suo piano avrebbe funzionato. Non aveva mai creato un portale che si estendesse per chilometri ricorrendo all'energia dei normali per alimentarne la potenza.
Avrebbe tentato, anzi no, ci sarebbe dovuto riuscire perché gli sbalzi di livello che avvertiva erano fortemente in crescita e gli istigatori aumentavano, come non smetteva di sottolineare il cicalino costante e ripetuto del suo orologio.
Alzò lo sguardo: il triangolo di cielo che riuscì a vedere era di un azzurro limpido, tipico di una bella giornata.
Il campo attorno era completamente deserto. Il silenzio che vi regnava era surreale. Nessun rumore. Solo un accenno di traffico in lontananza ma lì, lungo la sponda del fiume, il tempo pareva essersi fermato.
Avvertì un leggero fastidio all'altezza delle costole, sul lato sinistro. Un danno collaterale del calpestamento appena subito, ma lo seppe mettere in un angolo per lasciare spazio solo alla concentrazione.
Non aprì subito i palmi, ma permise all'energia di cresce prima di darle libero sfogo. La vide sprigionarsi con una consistenza densa, scorrergli lungo le dita delle mani fino a piedi, per spandersi lenta sul terreno circostante. Solo a quel punto fu pronto a lasciarla andare. Con un moto interiore creò un'onda dal petto che diede il via alle ramificazioni.
Una decina di queste iniziarono a correre dai suoi piedi, dritte ed estremamente rapide. Le vide poi sparire oltre il campo, la luce dorata sempre più flebile man mano che la vista non riusciva più a seguirle.
Da quei rami doveva poi crearne altrettanti, uno per ogni corpo centrale che aveva appena generato e il modo migliore per farlo era avere un sostegno esterno.
Le percepì, una ad una le energie dei normali, che vide mentalmente incontrare i suoi rami. Le riconobbe preda di uno sbalzo di stupore misto a paura, incredule davanti a qualcosa di impossibile che si stava palesando sotto ai loro occhi.
Avvertì intorno anche gli sbalzi delle persone che incrociavano la carica degli istigatori. Percepì nettamente il conflitto interiore che veniva provocato loro dall'istigatore sopito nello slancio di liberazione per riprendere il controllo di un corpo che non gli apparteneva.
Totalmente votato a sentire, Ben riconobbe anche le energie di Tom, Elijah, e più in lontananza di Billie. Riconobbe anche quelle di altri vedenti che immaginò attirati dalle segnalazioni o ancora più probabile, da ciò che non avrebbero potuto evitare di sentire.
Si sforzò di aumentare i rami del portale, attingendo nuova energia dai normali, per poter arrivare ancora oltre. I focolai di istigazione erano più di uno ormai; ne percepì almeno una trentina.
Non riusciva a immaginare come gli altri sarebbero riusciti a contenere e risolvere la situazione. Lui stava facendo metà del lavoro, è vero, ma la parte più difficile, restava sempre lo scontro diretto e se per un vedente ci fossero stati anche solo cinquanta istigatori da fronteggiare, la battaglia partiva impari.
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