31. Il vaso di cristallo (rev.02)
Ora che erano rimaste sole, Adriel decise che era giunto il momento di avere delle risposte.
Si voltò verso Max e fece la domanda che avrebbe voluto farle fin dall'inizio:
"Perché in Azienda Regine ha finto di non conoscermi?"
Max sistemò gli ultimi piatti nel lavello e riprese posto sullo sgabello accanto a lei. Si passò una mano sulla testa, un modo rapido di studiare la giusta forma da dare a quella risposta.
"Due mesi fa, non ha incontrato tuo padre per caso. Aveva il preciso compito di, per così dire, entrare nelle sue grazie e scoprire se il sospetto di H e del Consiglio fosse fondato."
"Quale sospetto?"
"Che tu ti fossi già rivelata e che Ben nascondesse di proposito la tua energia."
"Vuoi dire che ha fatto finta di essere interessata a lui? Ma lui era... era diverso con lei rispetto a come è con le altre. Pensavo addirittura che lui si fosse... insomma, lui era felice con lei."
"È difficile per tuo padre lasciarsi andare a certi tipi di emozioni. Sospettava, ma ha voluto fidarsi. Quando poi ha capito come stavano davvero le cose... è finita male."
Le tornarono alla mente alcuni flash, brevi istanti in cui li aveva visti insieme: quella colazione che avevano condiviso tutti e tre, gli sguardi e i baci che si erano scambiati più di una mattina sulla soglia di casa prima che Regine uscisse.
All'epoca non sapeva ancora di essere una vedente ma il suo sesto senso le aveva fatto percepire chiaramente una cosa: Regine provava qualcosa per Ben ed era certa, anche lui provava qualcosa per lei.
"Anche Ben si era innamorato di lei..." realizzò ad alta voce, rattristandosi.
Max inclinò leggermente il capo, addolcendosi nel guardarla.
"A volte capita anche a noi vedenti di abbassare la guardia" commentò sospirando, "siamo pur sempre esseri umani. Sarebbe inumano non cedere mai alle emozioni."
"Perché non me ne sono accorta prima? Se era innamorato di lei, forse... ha sofferto" rifletté la ragazzina mangiandosi l'unghia del pollice.
"Ma, no!" Concluse subito dopo, "Ben non si fa problemi a passare da una donna all'altra. Di sicuro il giorno dopo l'aveva già dimenticata!"
Max sorrise.
"Non lo conosci ancora abbastanza. Devi sapere che tuo padre è come un vaso di cristallo: bellissimo e fragile al tempo stesso. È la persona migliore che conosca e allo stesso tempo la più sensibile."
Adriel strabuzzò gli occhi.
"Ben?! Sensibile?! Cioè, non è del tutto freddo, ma non può essere così fragile come dici!"
"La sensibilità può essere un'arma a doppio taglio. Da una parte ti permette di vedere meglio gli altri, ma dall'altra può aprirti ferite difficili da risanare. Conosco tuo padre da dieci anni ma non l'ho mai visto essere triste o giù di corda. Il che non significa che non abbia mai provato quelle emozioni. Anzi, so per certo che le ha provate e anche profondamente, ma ha sempre tenuto tutto dentro per evitare di condizionarci."
"Intendi influenzare altri con le proprie emozioni, vero?"
"Già. Ci sono sensibilità che non tutti potrebbero essere in grado di sopportare" confermò Max tornado al lavandino e dandole le spalle. "Ma reprimere a lungo grandi sofferenze non fa che creare crepe insanabili. E il cristallo con le crepe non dura troppo a lungo."
Anche se non poteva vederle il viso, Adriel lesse chiaramente il suo sbalzo e non faticò a capire a chi fosse rivolto quel pensiero così carico di dispiacere.
Max teneva davvero molto a Ben, almeno tanto quanto teneva a lei.
Non aveva avuto una madre ma aveva avuto lei, la migliore zia che si potesse desiderare. L'aveva sempre capita e consolata quando aveva avuto battibecchi a scuola, quando le sue idee non venivano prese sul serio o comprese dai compagni di classe, quando subiva un torto o quando litigava con Ben.
Le era sempre venuto più facile, più spontaneo, confidarsi con lei, rispetto che con suo padre, ma forse per via del fatto che lui era sempre dovuto essere schivo per tenere le distanze dalla sua energia famelica.
Quella era la realtà: Ben aveva regalato a Max quel ruolo di genitore che avrebbe dovuto essere suo. E non perché lo rifiutasse bensì perché impossibilitato a starle troppo accanto, pena la propria incolumità, in cambio però di una vita più a lungo possibile normale per lei.
Come sarebbe stato se invece Ben l'avesse seguita passo a passo fino a quel momento?
Di certo lei si sarebbe potuta aprire di più con lui e lui a sua volta avrebbe potuto mostrarle tutto ciò che di lui c'era da sapere, comprese, forse, quelle sofferenze che silenziosamente si portava dentro.
Cosa poteva essergli successo di così tremendo da dover essere rinchiuso dietro una fortezza di freddezza per evitare di avere conseguenze sugli altri che gli stavano intorno?
Si dispiacque nuovamente per non aver capito la verità dietro la fine della storia con Regine. Non disse nulla a Max ma fino a quel momento era stata convinta del fatto che lui avesse troncato con lei perché infatuatosi di una nuova conquista. Nel suo immaginario Ben era così con le donne, dedito solo al sesso senza interesse, a quel tipo di rapporti occasionali, come quello che aveva generato lei.
Con Regine aveva visto nei suoi occhi una luce. Non si era accorta di nulla, non lo aveva potuto sentire ma avrebbe dovuto notare che quella luce si era spenta.
Non sapeva ancora come ma avrebbe trovato il modo per recuperare il tempo perso, ricominciare da capo per conoscerlo davvero.
"Sono le cinque e quarantacinque del mattino" disse poi Max guardando il grande orologio da parete che capeggiava nella cucina. "Se non sbaglio la scuola inizia alle otto. Che dici, ci facciamo almeno un'oretta di sonno?"
"Non sono stanca" sbuffò lei.
"Forse tu no, ma io sì e mi aspetta una giornata di lavoro in cui la mia energia dovrà essere al massimo. E poi dormendo un po' saremo certi che perderai ogni traccia dell'energia di Ben che hai ancora in circolazione."
"Come funzionano i vostri turni?" chiese Adriel scendendo dallo sgabello e levandosi le scarpe.
"Non tutti fanno i turni, dipende dal livello di energia di cui ognuno è dotato e dalle tempistiche fisiche di recupero dell'energia una volta utilizzata" spiegò Max invitandola a seguirla. "Alcuni di noi lavorano solo otto-nove ore al giorno altri sono reperibili h24."
"Qualcosa mi dice che tu e Ben siete nella categoria dei sempre disponibili..."
Max sorrise.
"E come si decide il livello di energia?" proseguì Adriel incuriosita mentre la seguiva nel corridoio adornato di vecchie foto in bianco e nero.
"Ci sono dei vedenti, detti segnalatori che sono in grado di identificare le energie anche a chilometri di distanza. Sono loro che dalla sede centrale inviano le segnalazioni sui nostri orologi: identificano la forte concentrazione di energia di uno o più istigatori ed inviano la segnalazione al vedente più vicino che deve essere anche il più adatto. Allo stesso tempo sono anche in grado di dare un livello a ognuno di noi. La scheda personale che l'Azienda ha su di noi viene aggiornata spesso durante la crescita. Una volta adulti di solito l'energia si stabilizza per poi ridursi poco alla volta."
"L'energia invecchia con noi" commentò la ragazzina entrando nella camera degli ospiti.
"Sì, per questo è importante mantenere il corpo in salute e ben allenato. Io dico tenerlo elastico per l'energia che ci deve vivere dentro. Più grande è l'energia maggiore saranno le attenzioni che dovrai dargli."
"Ma se lavorate ventiquattrore su ventiquattro dove lo trovate il tempo per allenarvi?" chiese Adriel rannicchiandosi sul grosso letto ad una piazza e mezza.
"Abbiamo centoventi minuti al giorno di tempo libero che possiamo distribuire come più ci piace, è come andare in pausa. Zittiamo il cicalino dell'orologio e ci dedichiamo ad altro: allenamento, famiglia, faccende di casa; più difficilmente, noi stessi" spiegò Max passandole un paio di grossi cuscini che lei si infilò sotto la testa.
Ad Adriel tornarono alla mente tutte le volte in cui aveva visto Ben zittire il cicalino del suo orologio. Era capitato che lo facesse spesso quando da piccola le stava leggendo una storia o mentre discutevano.
Max le rimboccò le coperte sedendosi poi accanto a lei.
"Come fate? Come fate a lavorare praticamente sempre e ad avere una vita? Io e Ben non ci incrociavamo nemmeno più. Quando dovrò farlo anche io, smetteremo di esistere l'uno per l'altra..."
"Ben ha dovuto prendere le distanze per via della tua capacità di assorbimento ma... non è sempre stato così. Il lavoro è diventato più pensante negli ultimi anni. Il numero di istigatori è aumentato. Anche aumentando le nostre ore di lavoro facciamo fatica a mantenere basso il loro numero. È come se le persone normali fossero diventate più propense a farsi istigare e gli istigatori già esistenti fossero diventati più bravi nel non farsi beccare: istigano e fuggono dalla scena prima del nostro arrivo."
"Max... credo che nessuno mi abbia ancora spiegato davvero cosa siano gli istigatori..."
La ragazza fece mente locale.
"Forse hai ragione! Pensavo non volessi troppa carne al fuoco."
"Credo che però questo aspetto faccia parte della base del discorso... e nessuno ne ha ancora fatto cenno" commentò Adriel mettendosi sul fianco per osservarla meglio.
"In realtà non c'è molto da dire. Non esiste un sacro testo stile la Bibbia o una storia romanzata che viene tramandata di generazione in generazione. Quello che sappiamo è che da sempre, dal momento in cui veniamo al mondo, il nostro corpo contiene le due energie. E si suppone che da sempre siano esistite anche le famiglie di vedenti. So che il settore di ricerca dell'Azienda ha lavorato a lungo per trovare una spiegazione scientifica, di quelle che piacciono a te, ma tutt'oggi, con scarsi risultati. Per ciò questo è più o meno il riassunto dei fatti che sanno tutti i vedenti."
"E voi fate quello che fate sulla base di una spiegazione di un minuto scarso?!"
"Crediamo a quello che siamo perché lo possiamo vedere con i nostri occhi tutti i giorni" rispose Max con naturalezza.
Per Adriel non era sufficiente, Max lo sapeva ma quella era la realtà dei fatti a cui loro si attenevano.
"È tutto così assurdo..." pensò Adriel a voce alta abbandonandosi ai cuscini.
"È più facile da vedere che da raccontare, credimi" concluse Max rimboccandole le coperte. "Ora cerca di riposare."
"Sarà dura, sono piena di energia!"
"Prova a dare un'occhiata ai tutorial, allora. A me hanno sempre conciliato il sonno!"
Le diede un affettuoso bacio sulla guancia, come era abituata a fare e uscendo spense la luce della camera.
Appena la porta si chiuse, Adriel non perse un attimo. Cellulare alla mano, si fiondò alla ricerca dei tutorial di cui le avevano parlato in Azienda. Digitò in fretta le parole "istigatore" e "normale" e fece scorrere i risultati tra i video presenti nel web. Tutti i titoli che incrociava davano adito a pensare a video fake o parodie di argomenti già di per sé strampalati, come "Video paranormali che non piacciono alla Chiesa", "Deep web e darknet" o rimandi alla lontana alle due parole della ricerca tra cui "Trucchi e segreti di un investigatore". Solo scartando i primi sette titoli si imbatté in qualcosa che poteva avere un che di famigliare: "L'equilibrio energetico di un normale: dominare il proprio istigatore".
Il video era stato caricato una decina d'anni prima da un utente nominato "L'Azienda", che mostrava come foto - profilo l'immagine stilizzata di rami d'albero che si allungavano fitti e nodosi. Ad Adriel quella figura richiamò immediatamente alla mente la ramificazione di un portale; il nome del profilo poi, era indubbiamente sinonimo che aveva fatto centro.
Senza indugio, sfiorò con l'indice destro il tasto play. Sullo schermo apparve la stessa immagine di rami d'albero, questa volta ridotta a creare un logo. Non aveva notato nulla di simile la mattina mentre si era mossa tra i vari livelli dell'Azienda, ma non si stupì troppo: come le aveva detto Mac, quelli per cui lavoravano basavano tutto sull'apparenza, di certo il logo con cui erano conosciuti ai normali doveva essere totalmente diverso, con molta probabilità asettico e marcatamente moderno.
Nessuna musica di sottofondo la portò ad incontrare il narratore dell'argomento, che comparve al centro dell'inquadratura: una donna dai tratti orientali, che una scritta nell'angolo dello schermo, presentava come la sig.ra Sui Eikichi.
"Benvenuti alla lezione numero tre sulle nozioni di teoria di base" esordì con tono secco e un leggero accento. "Perché parliamo di equilibrio energetico? Si presuppone che l'energia che ci permette di vivere e quindi di esistere, sia composta da una percentuale umana o normale e una percentuale non umana ovvero istigatrice. Noi diciamo "equilibrio", il che potrebbe farvi pensare che siamo di fronte a una bilancia che regge lo stesso peso su entrambi i bracci, ma non è così. Per nostra fortuna la parte umana è per natura più forte rispetto a quella istigatrice, permettendoci di garantire al nostro io di esistere, di essere noi stessi. Ma cosa ci succede se non riusciamo a mantenere l'equilibrio? Se perdiamo l'autocontrollo delle nostre emozioni e ci lasciamo sopraffare da emozioni negative come odio, paura, rabbia diventiamo appetibili per gli istigatori che vivono intorno a noi, che iniziano a vedere l'istigatore che portiamo dentro e fremono dalla voglia di liberarlo.
Cediamo ai sentimenti che ci hanno fatto vacillare e il nostro istigatore si risveglia e qui due sono le conseguenze. Se è la prima volta che ci succede, prima che la trasformazione, il passaggio sia completo, perdiamo completamente la ragione, diventiamo come pazzi furiosi e attacchiamo altri normali, anche amici e famigliari, perché vogliamo istigarli. Ma se non è la prima volta, per l'istigatore il passaggio verso la libertà è molto più rapido: prende subito il controllo del nostro corpo perché conosce le nostre debolezze e riesce a farci sentire meglio, quel tanto che basta per farci arrendere al suo volere.
Per questo, come vedenti, dobbiamo sempre garantire la rapidità in un intervento. Limiteremo la propagazione degli istigati e quindi degli istigatori, riducendo i danni a cose e persone.
Cedere al proprio istigatore è una tentazione forte, ma dobbiamo resistere, sempre, se vogliamo restare noi stessi.
L'istigatore riesce a farci sentire meglio... si ripeté Adriel.
Perché dire una cosa del genere se non fosse vera? si chiese poi.
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