24. Riflessioni (rev.02)

Max sapeva che in sede centrale le cose non sarebbero filate lisce.

Conosceva i metodi dell'Azienda e conosceva Ben troppo bene per non aspettarsi qualche imprevisto, ma non avrebbe mai immaginato un imprevisto del genere.

Quando Macallan l'aveva chiamata, erano appena le cinque del mattino. La sua sveglia sarebbe suonata un paio di ore più tardi, ma lei era già nel dormiveglia, forse perché si aspettava di ricevere una chiamata che a quell'ora non poteva che portare cattive notizie.

Si era messa a sedere di scatto quando lo scozzese aveva pronunciato le parole quasi morto in riferimento a Ben, subito prima di aver specificato che il quasi colpo di grazia lo aveva ricevuto da sua figlia.

La sua idea dei fatti era stata fin da subito ben lontana da un tranquillo colloquio con la Pearson. Si aspettava infatti che alcuni degli altri avrebbero aspettato Ben al varco, per scaricare su di lui tutto l'odio e la rabbia di cui erano capaci e così era stato. Nella sua immaginazione erano contemplati ovviamente anche gli "imprevisti" Burt e Regine, ma non si sarebbe mai aspettata che Ben, di proposito, lasciasse che Adriel facesse pratica con lui.

Chissà come deve essere sconvolta la piccola... Si chiese più volte dopo aver ricevuto quella chiamata.

Ancora prima che Macallan finisse di parlare, lo aveva già invitato a recarsi di filato al loro indirizzo: Ben doveva essere a corto di energia e Adriel, carica dell'energia di lui e di certo profondamente scossa, aveva di sicuro bisogno del supporto di qualcuno che la conoscesse bene e sapesse come prendere lei e quel po' di Ben che, temporaneamente, l'avrebbe influenzata.

L'ansia iniziò a farsi sentire non appena ebbe riagganciato. Cercò di fare mente locale.

"Stanno bene?" Le domandò Billie accanto a lei, intuendo il perché del suo turbamento.

"È tutto un cazzo di casino..." rispose lei uscendo dal letto. "Io glielo avevo detto. Tu glielo avevi detto. Ma lui è talmente una testa di cazzo a volte e... merda!" Esclamò poi avvertendo il cicalino dell'orologio-segnalatore.

"Macallan li sta portando qui, adesso. Ben è di nuovo senza energia e Adriel è carica come una molla e adesso anche questo coso si mette a suonare!"

"Ehi!" la riprese Billie, "vado io al posto tuo. Tu stai qui con loro, ok?"

"Mi faresti questo favore?"

"E hai bisogno di chiederlo?" Ribatté lei con un sorriso.

Tra i tanti pregi di Billie, era senza dubbio quello che Max adorava maggiormente: il suo essere generosamente disponibile in modo disinteressato. Si era innamorata di lei definitivamente quando aveva capito che mai avrebbe incontrato una persona tanto vera e sincera.

La seguì con lo sguardo fino a quando la vide sparire dietro la porta del bagno e mai, come in quel momento, avrebbe voluto avere il giusto tempo per fare l'amore con lei.

Max e Billie abitavano a un paio di isolati di distanza dalla sede centrale dell'Azienda.

Appena tornati nel parcheggio, Macallan aveva fatto stendere Ben sul sedile posteriore del fuoristrada, su cui, in un attimo, si era addormentato mentre Adriel aveva preso il posto del passeggero.

Alla guida, con la coda dell'occhio, l'uomo le dava rapide occhiate per sincerarsi del suo stato d'animo: aveva lo sguardo fisso sulla strada ed era terribilmente seria.

"Come stai?" Provò a domandarle.

"Hai una domanda di riserva?" Rispose lei bruscamente.

Lo scozzese tirò un sorriso.

"È la stessa risposta che mi sarei aspettato da tuo padre."

"Non sarà per via del fatto che ho assorbito la sua maledetta energia?!" Lo redarguì lei fulminandolo con lo sguardo.

L'uomo tornò a guardare la strada mortificato; lei se ne accorse.

"Mi spiace... non volevo risponderti in quel modo..." disse Adriel sincera, decisamente scombussolata da quell'effetto indesiderato.

"Tranquilla, sono abituato ai suoi modi diretti. In fondo è un bravo ragazzo anche se più di una volta lo avrei preso volentieri a pugni in faccia" commentò Macallan divertito, strappando un sorriso anche a lei.

Adriel però tornò subito seria.

"L'ho quasi ucciso" analizzò ad alta voce. "Se mi avesse detto che potevo arrivare fino a quel punto, non sarei venuta con voi."

Macallan non disse nulla; lei aveva ragione.

"Mi aveva appena giurato di dirmi la verità su tutto e invece mi stava mentendo di nuovo" proseguì lei scuotendo la testa.

"Non ti ha propriamente mentito" si sentì in dovere di intervenire lui. "Ti ha detto che tu e lui siete in grado di assorbire le energie. Voleva che tu cominciassi a capire come funziona la cosa. Penso che se ti avesse detto proprio tutto, non solo non saresti voluta venire ma magari... dico magari... presa dall'ansia avresti comunque continuato ad assorbire energia senza sapere come controllare la cosa."

"Già certo! Perché secondo te adesso ho capito?" Esclamò lei con la stessa insofferenza che a Macallan ricordò quella di un giovane Ben.

"Non so come funzionate ma se quello era il punto in cui lui aveva in mente di portarti, beh, un motivo c'era di sicuro" ribatté lui con voce calma.

Adriel lo fissò restando in silenzio per qualche secondo.

"Non voglio essere pericolosa" disse poi prendendo a stropicciarsi la mano destra. "Non voglio esserlo per nessuno... non voglio esserlo per lui."

Voltò la testa verso il sedile posteriore: Ben sembrava essersi lasciato andare a un sonno particolarmente profondo e tranquillo. Di certo sapeva quanto quella prova l'avesse toccata; se non avesse avvertito il suo sbalzo di livello lui non avrebbe più ripreso conoscenza.

"Sei circondata da persone che ti vogliono bene e che sapranno aiutarti nel migliore dei modi. Non ti devi preoccupare, imparerai a gestire tutte le tue capacità."

"Detto così sembra facile..."

"Forse non hai avuto modo di conoscere davvero bene tuo padre in questi anni, ma sappi che ha sempre fatto scelte in funzione del tuo bene. Sono certo che ha già messo in conto da un pezzo come gestire la tua preparazione."

Si era ritrovata di colpo davanti a una situazione che mai avrebbe immaginato. Avere dei poteri era già di per sé qualcosa di incredibilmente assurdo. Doversi preparare per imparare a gestirli e diventare quello che ci si aspettava che lei diventasse perché nata per esserlo, sarebbe dovuta essere forse la parte, di tutta quella faccenda, più difficile da elaborare. Eppure i pensieri di Adriel, da quando erano usciti dall'Azienda, erano stati tutti per Ben.

"Mi sono fatta un'idea di lui che sto scoprendo essere così lontana dalla realtà. Ho pensato per un sacco di tempo che il suo essere scostante, incazzoso e di poche parole fosse dovuto al fatto che non mi volesse tra i piedi. Invece ora scopro che ha fatto sacrifici enormi per me..." poi voltando lo sguardo sullo scozzese si lasciò andare: "Mac, sono stata una stronza."

L'uomo percepì tutto il dispiacere di lei dietro il velo di lacrime che, salendo, rese i suoi occhi ancora più espressivi.

"Ehi! Non devi nemmeno pensarla una cosa del genere! Lui lo sapeva che per rallentare la tua rivelazione avrebbe dovuto prendere le distanze, altrimenti non ce l'avrebbe fatta a lavorare e tenere a freno la tua energia allo stesso tempo. Sapeva che non sarebbe stato semplice ma lo ha fatto comunque. Di certo aveva messo in conto che tu avresti giustamente travisato il suo comportamento, per ciò non ha senso colpevolizzarsi. Direi che vi conviene ripartire da zero: analizza il vostro rapporto da oggi ai prossimi giorni. Sono certo noterai la differenza."

Adriel era incredula: quell'omone che conosceva solo da qualche ora, le aveva appena dedicato parole di sincero conforto. Non l'aveva mollata un istante in Azienda, eccetto quando era stato costretto; la sua presenza le era stata di supporto e il calore che anche adesso emanava la sua energia la avvolse come una coperta calda in una fresca sera autunnale.

"Perché ho la sensazione di conoscerti da tanto anche se ci siamo presentati solo da poco?" gli chiese poi.

"La prima volta che ci siamo visti, credo tu avessi poco più di un mese ma poi ci siamo incontrati spesso quando abitavate dai Cohen..."

"Cohen... intendi il signore con gli occhiali che è un vedente anche lui?"

"Sì. Tu e tuo padre avete vissuto con la famiglia Cohen per tre anni prima di andare a vivere con tua zia Max. Ma data la tua espressione immagino che non sapessi nemmeno questo..."

"Immagino che non saperlo rientrasse nel piano di Ben per tenermi all'oscuro da tutto quello che è legato ai vedenti... Che strano però, anche se avevo solo tre anni, più ti sto accanto più mi sembra di ricordare di conoscerti bene... ed è illogico dato che ero così piccola."

"Non è poi così strano per voi. Per i normali sono i ricordi a scatenare le emozioni connesse all'episodio o alla persona, mentre per voi possono essere le emozioni a scatenare il ricordo. Succede perché la vostra energia dialoga con l'energia degli altri stimolandola e stimolandosi per ricordare sentendo."

"Wow... è incredibile e pazzesco al tempo stesso!"

"Essere te intendi?" chiese lui con un largo sorriso. "Per quanto assurdo, magari poi finisce che ti piace."

L'idea ad Adriel non dispiacque. Era curiosa per natura; sarebbe stata una bella sfida quella che le si prospettava.

"Perché per voi era così importante sapere se mi fossi già rivelata?" Chiese poi.

"L'Azienda fonda tutta la propria attività sul rispetto di un protocollo interno che obbliga ogni genitore vedente ad informarla nell'immediato della rivelazione dei propri figli. Quello che Ben non ha fatto è una chiara violazione e per il nostro capo il rispetto del protocollo è tutto. Protocollo uguale controllo. Controllo uguale forza. Tuo padre, con la sua scelta, ha fatto apparire debole l'Azienda e ovviamente la cosa non è piaciuta."

"Chissà cosa decideranno il Consiglio e il vostro capo... il signor H..."

"Dovremo aspettare un po' per il responso, ma vedrai che si risolverà per il meglio" disse lui con un sorriso tirato, rivelando però uno strappo d'ansia.

"È inutile che mi dici di non preoccuparmi, ti so leggere ricordi?" disse lei mortificata.

"L'ansia è un tratto distintivo del mio essere, specie quando sono in ballo persone a cui tengo. Ma a parte quella punta d'ansia che dubito riuscirò mai a levarmi, ho la sensazione che non andrà male."

L'uomo voltò lo sguardo dalla strada alla ragazzina giusto in tempo per notare la sua aria tremendamente perplessa.

"Sesto senso" spiegò lui.

"Come?!"

"Non ho la tua fortuna di sentire le persone. Mi devo affidare al mio fiuto" disse toccandosi la punta del naso con l'indice.

"Sei proprio strano" commentò Adriel divertita. "Sembri in un modo ma conoscendoti sei tutta un'altra persona."

"Non mi avevano mai fatto un complimento così sincero, grazie!"

Adriel rimase a fissarlo ancora qualche istante: la sua aria allegra metteva di buon umore. Eppure lei ora era in grado di leggerlo chiaramente e poteva sentire, in modo inconfondibile, il senso di ansia che gli premeva dentro.

Aveva tentato di minimizzare ma era stato inutile. Apprezzò comunque lo sforzo e quel gesto d'affetto così insolito e inaspettato. Non disse nulla e cercò di far proprio un po' di quel buon umore che l'uomo stava cercando di far uscire allo scoperto.

La città ormai si stava svegliando, il traffico iniziava a farsi notare.

Trovarono Max che li stava aspettando sul marciapiede sotto casa, sbracciandosi per farsi vedere.

Macallan notò con piacere che nel vederla Adriel rilassò il viso e sorrise.

Maxinne, Max per gli amici, era una tipa atletica, una bellezza acqua e sapone, mora e con due occhi dal taglio sottile incredibilmente azzurri.

"Ciao Maccoso!" Salutò entusiasta esibendo uno dei suoi miglior sorrisi.

"Adriel!" Esclamò poi correndo verso il lato opposto dell'auto. Non appena scesa, la ragazzina le si fiondò tra le braccia.

Max ricambiò affettuosamente la stretta. Poi notò Ben privo di sensi sul sedile posteriore.

"Pensi tu al bel addormentato?" disse rivolgendosi a Macallan, poi tornando a concentrarsi su Adriel aggiunse: "Vieni! Ti ho preparato la colazione."

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