15. Lo sbalzo (rev.02)

Nel laboratorio al quattordicesimo piano, quella mattina, Rupert Garden era particolarmente nervoso. E non tanto per il risveglio traumatico causato dal cellulare che alle tre aveva spezzato il suo sonno in modo brutale.

L'ansia era dovuta ad altro: quella mattina i Wigan sarebbero stati portati in Azienda e proprio lui avrebbe dovuto effettuare gli esami di registrazione su Adriel Wigan che pareva essersi rivelata, mostrando un'energia decisamente fuori dal comune.

Rupert aveva da poco compiuto ventisette anni e lavorava in Azienda da quando ne aveva ventiquattro, prima come tirocinante e poi come assistente del dottor Larson.

Si era trovato a proprio agio fin da subito a lavorare per quella grossa realtà anche se, inizialmente, aveva faticato ad accettare ciò di cui realmente quell'organizzazione si occupava.

Ricerca e sviluppo era il nome del settore a cui era stato assegnato dopo un duplice colloquio superato brillantemente.

Il primo giorno di lavoro, senza preavviso e con sua grande sorpresa, era stato sottoposto a un impensabile colloquio finale. Affrontare la realtà dei fatti e dimostrare di poterla reggere, si era rivelato il requisito ultimo e imprescindibile per essere realmente ammessi all'interno di quella squadra operativa.

Non gli era stato chiesto di credere sulla fiducia, ma gli era stato concesso di vedere per credere.

Così aveva assistito direttamente a un intervento di quelli che in Azienda venivano chiamati vedenti e dei loro cancellatori.

Aveva poi ascoltato in silenzio la spiegazione dei fatti, di come l'energia umana fosse in realtà costituita, di quale fosse il ruolo dei vedenti e dell'Azienda, di cosa fossero gli istigatori e i neutrali e del perché fosse importante mantenere l'equilibrio tra le energie.

Rupert, come la maggior parte degli scienziati, anche se cresciuto in una famiglia religiosa, era un ateo convinto.

Aveva ascoltato, in silenzio, senza fare domande, quella spiegazione che gli era stata presentata da un uomo distinto, in giacca e cravatta, lontano anni luce dall'immagine tradizionalmente riconosciuta di un santone o venditore di fede che sia.

Quell'uomo gli aveva parlato di quegli aspetti che, a un primo ascolto, gli avevano fatto pensare a una presa in giro. Ma lo aveva fatto con lo stesso rigore e formalismo, con cui in una realtà di tutto rispetto, una figura di responsabile presenta obiettivi e struttura dell'azienda per cui il candidato intende proporsi.

Al termine del discorso, l'uomo gli aveva chiesto se, alla luce di quanto visto e sentito, fosse ancora interessato a quel posto per il quale si era proposto con tanto slancio.

Rupert non aveva perso nemmeno un secondo e sedotto dal fascino della curiosità di sapere, aveva accettato senza remore.

In tre anni si era trovato a dover affrontare molti aspetti di quella realtà che, per chi lavorava in Azienda, era la vera realtà. Alcuni di questi, ancora oggi, restavano per lui inspiegabili e si era dovuto rassegnare al fatto che solo a chi ricopriva una certa carica, era dato sapere a un livello di approfondimento maggiore.

Aveva incontrato molti vedenti, specie nelle fasi di registrazione, ma non si era mai imbattuto nei Wigan. Li conosceva però bene per la nomea e altrettanto bene conosceva il protocollo richiesto al suo reparto in caso di loro presenza in struttura; perciò si sorprese quando, entrando in laboratorio quella mattina, non trovò nessun vedente o addetto alla sicurezza a fare da supporto.

A quell'ora i medici di ruolo non erano stati scomodati. Quella fortuna era toccata solo a quelli che non lo erano ancora diventati, come lui oppure a quelli che non lo sarebbero mai diventati, come Steve Bose, tecnico di laboratorio che lo stava aspettando nell'ambulatorio numero sei.

Bose era un uomo di mezza età, ristretto in una corporatura particolarmente minuta, in cui spiccavano gli occhi grandi sorprendentemente sporgenti e una bocca larga che rivelava due file di denti non propriamente bianchi.

A Rupert, Bose, non stava per nulla simpatico, forse per via del suo modo di fare e parlare spesso esageratamente sboccato e a tratti privo di tatto o forse per le opinioni spesso sessiste e discriminanti alla base delle proprie asserzioni.

Per fortuna quella mattina, anche Bettany Rosenberg era stata convocata: la presenza della ragazza, sua coetanea e con la quale sembrava avere un buon feeling, avrebbe alleggerito notevolmente la tensione o almeno così sperava.

"Alla buon ora, cazzo!" commentò Bose vedendolo entrare. L'uomo era già seduto alla sua postazione, intento a sistemare l'attrezzatura.

Rupert si limitò a un gesto muto della mano. L'uomo intuì immediatamente il suo nervosismo.

"Non ti starai mica cagando sotto, vero?!"

Il ragazzo evitò di guardarlo negli occhi. Non rispose e prese posto accanto a lui.

"Ti stai cagando sotto, dottorino!" esclamò Bose lasciandosi scappare una risata beffarda. "Lui non verrà qui, puoi rilassarti. E la figlia si è appena rivelata. Non sa ancora da che cazzo di parte girarsi, figuriamoci se è pericolosa."

"Ha lanciato un'onda di energia che ha ricoperto una buona fetta di città stanotte" tagliò corto Rupert accendendo il pc.

"Sì, ma solo perché quello stronzo del padre aveva creato un cazzo di portale che ha convogliato la sua energia."

"Pensa se lui non avesse creato quel portale. Forse la sua energia sarebbe stata in grado di distruggere qualsiasi cosa al suo passaggio."

"Non ne ho idea... So solo che se lui avesse seguito il protocollo a quest'ora io e te saremmo a letto a dormire."

"E se perdesse il controllo, qui, oggi? Non ci hai pensato?"

"Chi?"

"Wigan... lui intendo."

"È successo solo una cazzo di volta, tredici anni fa e gli hanno fatto capire che quella doveva essere la prima e ultima. Fidati, di certo non lo rifarà oggi."

"Sì, ma oggi è come quella volta, no? Il protocollo dice che loro due non vanno separati e se lei viene qui da noi..."

"Ma, cazzo! Andiamo! Lui sarà solo qualche piano sopra di noi. Terrà il culo praticamente sopra la figlia: vuoi che da qua sopra non la senta? L'altra volta li hanno divisi in due edifici diversi e lì è stato il cazzo di errore. Ma qui non può non sentirla."

"E se fosse lei a perdere il controllo?"

"Ti conviene tenerti pronto a farla rinsavire allora, prima che il padre la senta e venga qui giù a farci il culo!" esclamò esplodendo in una risata sguaiata.

"Di che ridete di bello?" domandò Bettany entrando nella stanza.

Indossava il camice bianco e si era raccolta i lunghi capelli castani in una morbida coda bassa. Contrariamente al solito, forse per la fretta, si era dimenticata di togliere il piercing al naso; ai piedi indossava un paio di anfibi slacciati. Quei due nei, che contrastavano con l'immagine classica del topo da laboratorio rivelando una natura anticonformista, agli occhi di Rupert le conferivano un fascino sfacciato incredibilmente attraente.

"Il dottorino qui ha l'ansia da Wigan."

"Come biasimarlo. Dopo quello che ci hanno raccontato, anche io non sono troppo tranquilla."

"Andiamo, ragazzi! Sarà anche pieno di energia ma è pur sempre un cazzo di essere umano!"

"Strano che tu sia così riduttivo dato che c'eri quando lui ha dato di matto."

"Davvero tu c'eri?!" si sorprese Rupert girando di scatto la sedia verso l'uomo.

"Non ho partecipato all'inseguimento, ovviamente. Non sono un cazzo di vedente, ma mi hanno raccontato i fatti" rispose Bose pavoneggiandosi.

"Dicono che l'errore sia stato non sapere dell'altra sua capacità. Nessuno si aspettava che lui fosse in grado di assorbire le energie degli altri" disse Rupert.

"E come cazzo lo si poteva sapere! Nessun altro vedente, dalla notte dei tempi, ha quella cazzo di capacità!"

"L'unico fino a ieri notte" puntualizzò Bettany incrociando le braccia riflessiva. "È probabile che anche la figlia ne sia capace."

"Per questo Rupert entrerà nella stanza con lei e farà da canarino" disse Bose gongolando.

"Da cosa?!" domandò il ragazzo confuso.

"Da canarino. Hai presente quelli che i minatori si portavano appresso nelle viscere delle montagne per rilevare in anticipo le fughe di gas? Se io e Bettany ti vediamo cadere a terra, sapremo che sta assorbendo la tua energia e interverremo."

"E come diavolo pensi di fermare un vedente con un potere simile?"

"Con questa" rispose l'uomo estraendo dal cassetto vicino una grossa siringa. "Sedativo, dose da cavallo."

Rupert e Bettany rimasero basiti davanti alle dimensioni dell'oggetto.

"Ordini dall'alto, sia chiaro. Fosse stato per me mi sarei portato uno dei miei fucili da caccia. Ma i Wigan sono merce rara e non si possono toccare" concluse con aria di rammarico.

I due ragazzi lo guardarono increduli riporre quell'arma con cura.

"Che facce, cazzo! State tranquilli non servirà nemmeno! È solo una precauzione che mi hanno chiesto di avere, tutto qui."

"Cosa faranno a lui? Si sa già qualcosa?" chiese poi Bettany seria.

"Una nota disciplinare o qualcosa del genere immagino" rispose Rupert distrattamente.

Bose scoppiò in una risata esageratamente forte e inaspettata.

"Dopo tutto questo tempo, non avete la minima idea di chi sono quelli per cui lavorate!" la risata sguaiata che fece da contorno a quell'esclamazione fu insopportabile.

"Qui è tutta una cazzo di facciata, compreso il modo in cui vengono trattati i dipendenti" la serietà con cui proferì quelle parole prese i due alla sprovvista. "Qui, se sbagli, paghi e non con una lettera di richiamo o una trattenuta dallo stipendio. Qui, se sbagli, sei fortunato ad avere una seconda possibilità."

"Cosa intendi dire?" chiese Bettany abbassando involontariamente la voce. "Cosa gli hanno fatto tredici anni fa?"

"Cazzo se ci sono andati giù pesanti con lui!" esclamò l'uomo riprendendo il consueto tono esagerato. "E non a suon di parole..."

"Lo hanno... picchiato... immagino tu intenda..." commentò Rupert pallido.

"Quello è stato il minimo!" ribatté Bose elettrizzato. "Gli hanno spezzato più di un osso del corpo e gli hanno installato l'orologio-segnalatore saldandolo chirurgicamente alle ossa del braccio. Mai fatta una cosa del genere per nessun altro vedente. Tutto senza anestesia, in modo che il dolore gli impedisse di concentrarsi e usare la sua energia del cazzo!"

I due ragazzi erano senza parole. Possibile che Bose stesse dicendo la verità? Rupert impallidì deglutendo a fatica.

Entrambi provarono un senso di disgusto sia per il modo entusiastico con cui Bose raccontò quei fatti sia al pensiero che l'Azienda per cui lavoravano adottasse simili metodi; quella fu la cosa che li fece rabbrividire maggiormente.

"Vi rendete conto di quanto cazzo possa far male subire un'operazione simile senza anestesia? E dopo che ti hanno picchiato a sangue e spezzato le ossa, cazzo!" proseguì l'uomo mentre sistemava distrattamente dei dati sullo schermo del computer.

"Era solo un ragazzino..." commentò Bettany con un filo di voce. "Non posso credere che gli abbiano fatto davvero quello che dici..."

"Ah sì, te lo assicuro" riprese lui continuando il suo lavoro. "Non ho assistito direttamente ma ti posso dire che dal mio laboratorio le sue grida si sentivano benissimo."

La ragazza inorridita spostò lo sguardo su Rupert, leggendo sul suo volto il suo stesso disgusto.

Il ragazzo si alzò dalla postazione e passandosi nervosamente una mano sui capelli prese posto su una sedia accanto all'uscita della stanza, alle spalle di Bose.

"Che razza di animali" commentò Bettany scuotendo il capo.

"Animale sarà lui, cazzo!" esclamò Bose picchiando un pugno sulla scrivania. "Ha distrutto mezza città da qua ai laboratori sulla 7th, ferito vedenti e normali, fatto a pezzi un edificio di quindici piani, per non parlare delle persone morte durante il crollo! Fosse stato per me, meritava di morire."

"Occhio per occhio dunque è stata la soluzione più logica, giusto" ribatté ironica la ragazza, davanti allo sguardo crudele del tecnico, così sicuro nella sua affermazione da non far vacillare nemmeno un muscolo del viso.

"Con certa gente è inutile perdere tempo con le buone" tagliò corto l'uomo tornando al suo schermo.

"Forse se qualcuno avesse perso del tempo a parlarci e cercare di farlo rinsavire, forse le cose sarebbero andate diversamente" ribatté Bettany insistendo sulla propria linea.

Steve Bose smise di battere sulla tastiera. Lentamente girò la sedia in direzione della ragazza ed incrociò le mani, gomiti appoggiati alla seduta.

"Hai mai visto un vedente in azione?"

"Sì, mi è capitato."

"Carine le onde che emettono dalle mani. I portali, i marchi e tutto il resto, vero? Bene. Quella è la versione contenuta di quello che possono fare davvero. Se perdono la concentrazione, se perdono l'autocontrollo, quelle onde cambiano e da innocenti colpi di vento possono diventare bombe che distruggono muri e proiettili che fanno saltare la testa alle persone. Quindi, se mi vieni a dire che qualcuno avrebbe dovuto parlare con Wigan quella notte, la mia risposta è: con il cazzo!! Nessuno sano di mente si sarebbe avvicinato a quello stronzetto pazzo per parlargli!"

"Il signor Cohen" disse Rupert d'improvviso. "Il signor Cohen lo ha fatto."

Bose roteò la sedia verso di lui, lanciandogli uno sguardo di sufficienza.

"Infatti, solo un altro pazzo poteva parlare a un pazzo. Quell'uomo ricopriva la carica più alta qua dentro e l'ha mandata letteralmente a puttane per difendere Wigan e la sua bastarda."

"Dicono che il signor Cohen sia il più abile tra i vedenti nel leggere le energie. Dicono che abbia sentito qualcosa in Wigan che gli altri non sono riusciti a sentire... Sembra sia l'unico che l'abbia capito veramente" proseguì timorosamente il ragazzo.

"E ha perso il suo posto per quello stronzetto ingrato che ha appena dimostrato di non aver ancora capito un cazzo delle regole di questo posto."

"Non puoi giudicare così. Noi non siamo in grado di sentire quello che sentono loro. È assurdo che gli altri vedenti non abbiano creduto al giudizio del signor Cohen" proseguì Bettany scettica.

"Agli altri non è fregato un cazzo di quello che Cohen aveva sentito quando si è saputo che Wigan aveva perso il controllo perché si era fatto istigare di proposito assorbendo l'energia di un istigatore."

Sia Bettany che Rupert erano a conoscenza di come l'energia istigatrice potesse risvegliarsi all'interno delle persone: per istigazione da parte di un altro istigatore.

Sapevano però che c'erano persone che volutamente ricorrevano alla contaminazione per stimolare l'energia sopita, senza risvegliarla del tutto, solo per poter sentire quella sensazione di potere e appagamento che si diceva, solo l'istigatore di cui ognuno è dotato, è in grado di dare.

Erano a conoscenza degli effetti che l'istigazione aveva sui normali ma potevano solo immaginarne le conseguenze sull'energia di un vedente.

"Sapete che succede se un vedente si lascia istigare?" chiese Bose cercando di solleticare la curiosità dei propri interlocutori. "Perde completamente i freni inibitori, amplifica la sua energia diventando più forte e se di base sei già potente come Wigan beh, poi fai paura davvero. Il difficile però è tenere salda anche la parte umana perché se quella vacilla e l'istigatore prende il sopravvento sono cazzi amari per te e per tutti quelli che ti stanno intorno. Quella notte Wigan aveva tutti i vedenti della città contro e nessuno, dico nessuno è riuscito a fermarlo, nemmeno nel modo tradizionale."

"E quale sarebbe il modo tradizionale?" domandò Bettany sedendosi sul bordo del tavolo accanto a Rupert.

"Lo stesso che i vedenti usano sugli istigatori: portale e marchio. Ma non c'è bisogno di marchiare un vedente perché quelli sono già marchiati sul palmo dalla nascita. Di solito basta un portale che trascini fuori dal suo corpo l'energia istigata in eccesso."

"E hanno fatto così anche con lui?" concluse Rupert.

"No! Ed è qui la cosa assurda! Circa una sessantina di vedenti ha creato un enorme portale e quando tutti e dico tutti cazzo hanno scatenato l'energia di quel fottuto portale, questa si è diramata fino ai piedi di Wigan e poi..."

"Cosa è successo?!" domandarono i due ragazzi all'unisono.

"L'onda di energia, invece di entrare in Wigan è rimbalza indietro verso di loro! Una cosa assurda!"

"Ma come è possibile?! Credevo che il portale una volta attivato rilevasse da solo le fonti di energia istigatrice!"

"Il portale una volta attivato esige energia di istigatore ma non avendo potuto prendere quella di Wigan si è rivolto a quella più vicina a disposizione."

"Come hanno fatto allora a fermarlo?!"

"Pare che Cohen sia riuscito a dirgli qualcosa che gli abbia permesso di rimettere in equilibrio le energie e tornare normale."

"E cosa gli avrebbe detto?"

"A nessuno è mai interessato saperlo."

"Nessuno si è mai fatto domande a monte? Perché Wigan e sua figlia erano in città quella notte e perché lui è dovuto scappare dall'Azienda?" chiese Bettany incredula.

"Già, perché?!" ribatté il ragazzo.

"E chi lo sa! Un quindicenne che scappa di casa portandosi appresso la figlia neonata, ti dovrebbe far già capire con che tipo abbiamo a che fare... Ce ne sono di domande senza risposta."

"Ma allora perché dopo tutto quello che gli hanno fatto è rimasto?"

"Se provi a scappare una volta e ti va così male, per quanto tu possa essere stupido, non lo rifai una seconda volta."

"Ma perché sarebbe dovuto scappare? Perché non andarsene semplicemente? Qui nessuno ti trattiene o sbaglio?!"

"Ah, ma per noi non ci sono problemi. Noi siamo sostituibili, siamo semplici normali che fanno un lavoro normale e quindi facilmente rimpiazzabili: il posto che tu liberi oggi, domani sarà di qualcun altro. Ma i vedenti, sono unici e rari. Non ne nascono poi così tanti mentre di istigatori beh, di quelli ce né quanti ne vuoi. Uno per ogni bambino o bambina che viene alla luce. Non possono scegliere di essere normali come me e te, sono necessariamente diversi e come tali non possono scegliere di non lavorare per questa Azienda. Per ciò i piani alti possono permettersi di trattarli come meglio credono."

"Vuoi dire che sono costretti?"

"Ufficialmente no, ma ci sono voci di vedenti che hanno smesso di lavorare per l'Azienda e beh... non si sa che fine abbiano fatto."

"Se fossi un vedente e fosse grazie a me che il mondo rimane in equilibrio, non accetterei di farmi trattare in questo modo" incalzò Rupert scaldandosi.

"Se segui le regole vai a braccetto con la filosofia aziendale e non hai problemi di alcun tipo."

"Poteva rifarlo. Poteva assorbire energia di istigatore e perdere di nuovo il controllo. Poteva ucciderci tutti ed essere libero ma non l'ha fatto."

Le parole di Bettany costrinsero i due a constatare un terribile dato di fatto che forse era sfuggito.

"Non è un assassino" concluse Rupert concordando con la ragazza. "Loro pensano di tenerlo per le palle ma è lui che tiene in scacco tutti noi, è più che evidente. Ha un autocontrollo invidiabile se dopo tutto questo tempo accetta la sua condizione concedendosi solo qualche sgarro."

Bose sbuffò teatralmente e tornò a roteare sulla seduta dando loro le spalle.

"L'unica cosa che gli invidio è che per quasi due mesi si è scopato quella gran figa della Weber."

Ben si abbandonò del tutto allo schienale della seduta, senza allentare lo sguardo dalla presa che aveva stabilito con quello di Teresa Pearson.

Come poteva essere? Si chiese lei. Come poteva sentire le emozioni di Benedict Wigan? Possibile che la sua energia fosse così potente da arrivare a condizionarla sebbene lei non fosse predisposta? Oppure aveva vacillato senza rendersene conto, cadendo vittima del potere del suo interlocutore?

"Riesce a sentirmi, signora Pearson?" le chiese il ragazzo poggiando lentamente i palmi sul tavolo che aveva di fronte.

La voce profonda di lui spezzò quel nido di domande costringendola a reagire.

"La smetta!"

La donna fu pronta a controbattere per evitare di incorrere in uno sbalzo di livello maggiore. "Devo ricordarle che è sotto interrogatorio?"

"Interessante che abbia usato la parola interrogatorio" proseguì lui con malizia. "Lei crede davvero che sia necessario tutto questo per chiedermi, perché ho fatto quello che ho fatto? Gliel'ho già detto: ho fatto tutto per Adriel, ho sempre fatto tutto per lei. Dalla fuga di tredici anni fa a questo colloquio."

"Non credo avesse scelta, nonostante le buone maniere di Macallan, non poteva rifiutarsi di venire qui."

"Lei dice?"

Nel pronunciare quelle parole ostentò marcatamente la propria sicurezza condita con una punta di arroganza. Non avrebbe scalfito più di tanto l'equilibrio di lei ma confidava di poter far vacillare quello di lui.

Finalmente riuscì a sentirlo, un labile ma chiaro guizzo di rabbia emergere dal profondo di Burt, dall'altra parte della parete. Nonostante anche lui avesse inizialmente azzerato la propria energia, sapeva quanto faticasse a tenerla inerte di fronte all'attrattiva esercitata dalla sua.

Si focalizzò su quella fessura impossibile da cogliere per un vedente qualunque e fece leva in un modo che aveva imparato a utilizzare solo qualche anno prima. Lasciò che la sua energia si muovesse verso quella di Burt con lo scopo di stimolarla abbastanza da provocare uno sbalzo di livello tale da mandarlo fuori equilibrio.

Non conosceva gli altri vedenti in quella stanza ma conosceva bene l'energia del suo obiettivo, il suo livello e soprattutto conosceva Burt. Se voleva riuscire a parlare liberamente con la Pearson doveva momentaneamente liberarsi dell'elemento più pericoloso sfruttando quel punto debole.

Dall'altra parte del vetro Harvey Burt capì troppo tardi quello che stava per succedere: stava per perdere il controllo, ne era certo, anche se non sapeva darsi una spiegazione.

Sentì la rabbia che, come un velo sottile, appena un attimo prima gli aveva sfiorato la mente, trasformarsi in una rete a maglie strette che gli offuscò pensieri e vista.

Non sapeva come ma era convinto che quello sbalzo di livello fosse opera sua, di Wigan.

Iniziò a sudare freddo, sentiva gambe e braccia irrigidirsi, respirava a fatica.

"Tutto bene, signor Burt?" chiese uno dei vedenti avvicinandosi.

Lui continuò a tenere lo sguardo fisso su Ben fino a quando questi, distogliendo per un istante l'attenzione della Pearson, voltò la testa verso il vetro e lo fissò come se riuscisse a vederlo; quando vide un sorriso allargarsi sul suo viso, la rabbia mutò inesorabilmente in odio costringendolo ad abbandonare in fretta la stanza.

"Cosa credi gli sia successo?" chiese preoccupato il vedente che gli si era avvicinato, dopo che Burt fu uscito sbattendo la porta, rivolto al collega che sedeva nella postazione accanto.

"Non ne ho idea..." rispose questo basito.

La collega che gli sedeva alle spalle, lentamente si mosse verso il vetro.

"E se fosse stato Wigan?" si chiese poi. "Burt è il più potente tra noi... e se lo avesse messo fuori gioco apposta?"

Improvvisamente il tarlo della paura iniziò a scavare dal profondo in tutti e quattro i presenti. Anche se non l'aveva potuta percepire, Ben sapeva che quello era il sentimento più forte che la sua sola presenza era in grado di stimolare negli altri vedenti, specie in quelli che lo conoscevano semplicemente dal racconto dei fatti.

Era sulla paura che aveva deciso di focalizzarsi per renderli visibili ed era bastato far vacillare Burt per creare un effetto domino a suo vantaggio.

Li vide, uno a uno, in uno sbalzo quasi impercettibile ma sufficiente a permettergli di identificare il livello energetico di ciascuno. Assorbì le loro energie, ma solo quel tanto che bastava per far perdere loro i sensi.

Teresa Pearson rimase impassibile in viso e nel corpo. Doveva essere illeggibile perché purtroppo temeva di aver intuito quello che era appena successo nella stanza accanto.

La rilassatezza di Wigan, il suo scambio di sguardi oltre il vetro, quella silenziosa attesa di calma prima della tempesta.

"Mi dica solo che non li ha uccisi" disse poi con tono saldo.

"Perché avrei dovuto farlo?"

Quella domanda valse come una risposta secca e chiara.

"Cosa intende fare adesso?" domandò lei irrigidendosi.

"Ho bisogno del suo aiuto e l'unico modo che ho di convincerla è di poter parlare con lei, da solo."

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