XXXVI - Maybe it's our imperfections that make us so perfect for one another.

Tu mi hai insegnato la differenza

tra le ciliegie e le amarene.

E io non la dimenticherò più.

Pastello Bianco - Pinguini Tattici Nucleari

Per un lunghissimo, infinito, orribile secondo, temo che se ne sia andato, di nuovo. Apro gli occhi e non lo vedo accanto a me. È solo un attimo, ma mi si stringe lo stomaco. Poi percepisco il rumore di un bicchiere e mi rilasso. Si è già alzato e sta smanettando in cucina, l'aroma di caffè arriva fin qui. Mi rilasso e percepisco in me qualcosa di diverso. Sono totalmente rilassata, come non mi succedeva da parecchio. È proprio vero che il sesso fa bene. Mi fanno un po' male gli adduttori, ma è un dolore piacevole, accompagnato da una sensazione di benessere che si concentra soprattutto attorno alla parte centrale del mio corpo. L'abbiamo fatto due volte e se Giorgio me l'avesse chiesto l'avrei fatto un'altra volta. Non so a che ora ci siamo addormentati, ma l'alba era bella che passata.

Mi volto verso destra e abbraccio il cuscino su cui ha dormito Giorgio. Annuso la federa e il suo profumo mi tocca le narici. Tabacco, dopobarba, il suo odore familiare che riconoscerei tra mille. Chiudo di nuovo gli occhi e la mente torna a ieri sera, alla dichiarazione d'amore di Giorgio, alla gioia che ho provato, a tutto quello che abbiamo fatto stanotte. Il ricordo mi piace così tanto che decido di renderlo di nuovo realtà, dunque mi alzo dal letto. Avrò dormito quattro ore scarse, ma non sento alcuna stanchezza. Sgattaiolo in bagno, vorrei quasi farmi una doccia, ma poi penso che posso farla più tardi insieme a Giorgio. Do una ravvivata ai capelli che sembrano quelli di un leone e mi tolgo dalla faccia il trucco colato di ieri sera, senza preoccuparmi di truccarmi ancora. Quando finalmente arrivo in cucina, lo trovo intento a mescolare una crema con una frusta che non sapevo nemmeno di possedere.

«Ciao.»

La mia voce gli fa alzare gli occhi dall'impasto. È a torso nudo, indossa solo i boxer neri attillati e sono ipnotizzata dalla visione dei suoi muscoli tatuati in tensione.

«Ciao.» Mi regala un sorriso che mi fa sciogliere. «Sto preparando i pancake.»

Lo stomaco reagisce alla notizia con un borbottio ben udibile. Cammino a piedi nudi e lo raggiungo, lo abbraccio da dietro e appoggio il volto sulla sua schiena.

«Giochi sporco,» commento, «lo sai che vado matta per i pancake.»

Gli lascio un bacio sulla pelle, leggermente sudata nonostante il condizionatore acceso. Mi abbasso appena e infilo la testa sotto il suo braccio sinistro, costringendolo ad abbracciarmi. Infilo il dito indice dentro la ciotola e mi porto alla bocca un assaggio di impasto.

«Ehi!» esclama G, detesta quando qualcuno osa profanare ciò che sta preparando. Io mi lecco le labbra e mi volto a guardarlo.

«Buono, potresti fare lo chef, sai?»

La mia battuta scema lo fa ridere e, finalmente, si china a baciarmi. È un bacio dolce, dal sapore di zucchero, che diventa pian piano più caldo. Lo ammetto, non me ne è mai fregato granché del sesso, ma forse perché non trovavo mai la persona giusta con cui farlo. Non so se è perché siamo agli inizi, o magari perché l'ho atteso per undici anni, ma è l'unico pensiero che mi circola nella mente: fare sesso con Giorgio. Voglio toccarlo, baciarlo, farmi toccare, baciare, leccare, in continuazione, senza pause. E deve pensarlo anche lui, visto che mi prende per i fianchi e mi mette a sedere sul tavolo, in una posizione che non mi è affatto nuova. Mi aspetto che mi baci, invece mi sfiora il naso con le labbra e mi guarda negli occhi.

«A che pensi?»

Sono davvero così trasparente? O è solo lui che mi conosce così bene? Respiro sulle sue labbra e inizio a giocherellare con la catenina d'oro che indossa da quando lo conosco.

«Quando mi sono svegliata ho pensato che fossi andato via», confesso, gli occhi bassi. Mi mordo d'istinto il labbro inferiore. Forse avrei dovuto stare zitta. Le mani di Giorgio si spostano verso il mio viso e mi circondano le guance.

«Perché pensavi fossi andato via?» sospira, ma poi non mi permette di rispondere. «Perché l'ho fatto altre due volte.»

Tiro fuori tutta l'aria che ho incamerato fino a questo momento. Gli occhi di Giorgio cercano i miei e io mi ritrovo a incrociare le mie iridi con le sue.

«Non me ne vado più, Em. Te lo prometto. Lo so che ci ho messo anni ad accettare i miei sentimenti per te, ma adesso ti prometto, ti giuro, che non ti lascio più.»

Anni fa avrei fatto carte false per sentirmi dire queste parole. La me adolescente disperata perché il suo migliore amico molto più grande le aveva spezzato il cuore, impazzirebbe se ascoltasse queste parole. Tuttavia, considerata l'esplosione di emozioni che sta avvenendo nel mio stomaco, forse non sono poi così tanto cresciuta e quella teenager è ancora dentro di me. Le labbra si curvano appena all'insù.

«Lo so che non te ne vai più», sussurro. «Anche perché se lo fai racconto tutto a mamma Guenda e a Zia Isabella.» Il sorriso si allarga ancora di più. «E ti uccideranno per avermi fatta soffrire.»

G ci mette un secondo di troppo a percepire l'atmosfera più leggera. Inarca un sopracciglio e non reprime un sorriso furbo. «Mi stai ricattando?»

Annuisco con aria solenne. «Ormai sei in trappola.»

«In realtà...» L'indice della mano destra percorre il perimetro delle mie labbra. «Credo di soffrire della Sindrome di Stoccolma, sai?»

Stavolta non riesco a non ridere. «La Sindrome di Stoccolma, eh?»

«Uhm...» La sua lingua che si infila nella mia bocca tronca ogni discussione. Gesù, è capace di risvegliare ogni parte del mio corpo, anche quelle che non pensavo potessero essere stuzzicate.

«Emma?»

«Uhm?»

Pensavo che le chiacchiere fossero terminate, ma proprio all'altezza del mio orecchio destro, dove è risalito dopo aver tormentato di morsi il mio povero collo, Giorgio decide di parlare.

«Mi ha mandato un messaggio Giada.»

E di smorzare ogni eccitazione in un nanosecondo. Spalanco gli occhi e mi immobilizzo. Lui mangia la foglia e lascia perdere qualsiasi cosa volesse fare al mio lobo.

«Em...» mormora, tornando a guardarmi, ma io non lo lascio parlare.

«Che vuole?»

Guarda tu se quella stronza deve guastarmi anche questa splendida mattinata. Ho una mezza voglia di scendere da questo tavolo e di andare a farmi una doccia, mollando Giorgio lì, ma poi mi ricordo di avere ventotto anni e che in teoria dovrei essere una persona adulta.

«Mi ha chiesto scusa per ieri sera.»

Ma quanto è matura Giadina. Che brava. Dovremmo tutti prendere esempio da tale esempio di virtù.

«Dice che è stata una stupida,» continua lui, «che si è comportata come una bambina e che voleva solo far ingelosire Francesco.»

«E fare la stronza con me», sbotto, perché ormai mi sono arrabbiata. Giorgio sospira. «Dai, Em...»

«Dai niente, G. Voleva colpirmi, perché lo sapeva che, insomma...»

«Che sei follemente innamorata di me?»

Sta gondolando? Sta davvero gongolando in un momento come questo? Arriccio il naso, infastidita.

«Gne gne.» Alziamo sempre di più l'asticella della maturità. «Sì. Credo che lo sapessero tutti. O almeno lo sospettassero.» Gli dedico uno sguardo torvo. «E anche di te, comunque.»

Per tutta risposta, G ghigna sotto i baffi. «Davvero? Pensavo di essere stato così bravo a nasconderlo.»

«Con me di sicuro.»

La pur ragguardevole frecciatina che gli ho lanciato non lo ferma dall'agguantare di nuovo le mie labbra. Vorrei continuare a fare l'offesa, ma Dio, è davvero difficile, eppure non impossibile, tanto che riesco a staccarmi da questo bacio che già mi stava facendo girare la testa. Il gemito di insofferenza che esce fuori dalla bocca di Giorgio mi riempie di soddisfazione. Lo invito a continuare con un cenno del monto. Lui sospira.

«Mi ha chiesto se ci saranno delle ripercussioni sul lavoro», vuota il sacco. Io inarco le sopracciglia.

«In che senso?» fingo di non aver capito.

«Vuole sapere se la licenziamo.»

Appunto.

«Certo che la licenziamo.»

Giorgio sospira ancora. «Emma.»

«Al massimo mi riprendo Francesco, ma quella...» Sto per pronunciare un'altra parola, ma riesco a cambiarla all'ultimo. «Stronza, proprio no.»

Questo nome ha da solo la forza di trasformare il volto di Giorgio. Gli pulsa la vena sulla tempia, penso gli stia per venire un coccolone.

«Francesco?» domanda, con la voce così ferma che quasi fa paura. Quasi. Faccio spallucce.

«Mica mi ha baciato.»

«Non mi risulta.»

Gelosone.

«Un secolo fa e non per ripicca.»

Come se fosse paragonabile il bacio tra me e Francesco e quello tra lui e Giada.

«Francesco ci ha mollato per due settimane», rincara la dose.

«Ce la siamo cavata lo stesso.»

«Non puoi essere seria.»

Sbuffo. Allungo le braccia e le poso sulle sue spalle, guardandolo di nuovo negli occhi.

«G, vuoi sapere come la penso? Secondo me non possiamo fidarci di nessuno dei due. Io non sarò la capa ideale e a volte mi comporterò da ragazzina, ma almeno non faccio queste sceneggiate e non pianto in asso i miei datori di lavoro.»

Di nuovo, Giorgio cambia espressione e torna rilassato.

«Da quando sei diventata così matura?»

Increspo le labbra. «Lo sono sempre stata. Sei tu che non te ne sei mai accorto.»

Ok, forse sempre proprio no, però Giorgio non fa commenti e gliene sono grata.

«Comunque, cosa le hai risposto?» parlo ancora.

«A chi?» fa in finto tonto, ma non attacca.

«G.»

«Ancora nulla.»

«Allora non le rispondere.»

Aggrotta la fronte. «Perché?»

«Perché sei impegnato con me.»

Il mio tono adesso è molto più lascivo e accondiscendente rispetto a prima. Giorgio capisce l'antifona e si avvicina di nuovo alle mie labbra.

«Sbaglio, o abbiamo una storia in sospeso con questo tavolo?» domanda, confermandomi di aver avuto il mio stesso pensiero di poco fa. Non aspetta la mia risposta, ma comincia a lasciarmi una serie di baci lungo tutto il volto, baci che mi fanno il solletico e mi fanno scoppiare a ridere. Lo voglio di nuovo dentro di me, voglio essere ancora un tutt'uno con lui. È possibile che non ne abbia mai abbastanza? Neanche Giorgio, a quanto pare, dato il modo famelico in cui agguanta le mie labbra e risale con le mani lungo le mie cosce, fino all'elastico delle mutande. Che non trova. Un guizzo di sorpresa appare nei suoi occhi. Mi mordo le labbra.

«Ops. Devo essermele scordate.»

Non pensavo che sarebbe stato così eccitante fare sesso sul tavolo della cucina. La mia assenza di biancheria intima rende tutto molto più agevole e mi ritrovo con le gambe intorno al sedere di Giorgio che spinge con forza dentro di me. Forse non sarà troppo igienico e credo di aver fatto cadere lo zucchero sul legno, probabilmente tutto il condominio ha capito cosa stiamo facendo, ma non mi interessa. Sento l'orgasmo che si avvicina sempre di più a ogni spinta e proprio mentre sono sul punto di venire, il citofono suona. Una, due, tre volte. Giorgio si ferma e ci guardiamo per un secondo.

«Ma chi se ne frega, continua», gli ordino e lui non se lo fa ripetere. Il mio visitatore non demorde e continua a citofonare, ma noi lo ignoriamo del tutto. Lancio un urlo strozzato, magari un po' troppo forte, ma un amplesso del genere andava celebrato. Giorgio respira nel mio orecchio, riesco a percepire il suo cuore che pulsa forte come il mio.

«Cristo», bisbiglia, senza fiato.

«Cristo», gli faccio eco. Cerco le sue labbra e inizio a lasciargli piccoli baci, mentre lui ricambia con dei morsi che mi fanno ridere. Vorrei continuare a farlo, quando stavolta è il mio telefono quello che comincia a suonare.

«Ma che succede, oggi?» Allungo il braccio verso l'estremità del tavolo – strano che sia ancora lì e non sia caduto a terra – e non appena leggo il nome sullo schermo, spalanco gli occhi. Mamma Guenda. Mi sorge un terribile dubbio. Guardo Giorgio.

«Non è che...» mormoro. Lui non dice niente mi fa segno con la testa di rispondere, mentre si allontana appena dal mio corpo. In effetti, rispondere a mia madre con lui ancora dentro di me forse non è proprio l'ideale.

«Ma?»

«Ma vuoi aprire questo cazzo di portone! Dove sei? Stai ancora dormendo?»

Il mio dubbio diventa realtà. Era mia madre quella che stava citofonando. Che sta citofonando ancora adesso.

«Sento il suono del citofono!» urla nel mio povero orecchio. «Emma, apri!»

«Subito!» strillo e scendo dal tavolo, ma ci metto troppo slancio e mi faccio un male tremendo ai talloni. «Ti apro, ciao.» Chiudo la comunicazione e impreco ad alta voce.

«Non ci credo», parla Giorgio, di nuovo con le mutande, mentre io mi massaggio i piedi. Appoggio il sedere sul tavolo, ma sobbalzo di nuovo quando quel maledetto citofono suona ancora.

«Maledizione!»

Non posso più temporeggiare. Premo il pulsante per aprire il portone e mi volto a guardare l'uomo che gira in boxer nella mia cucina. «Nasconditi.»

Lui si gira a guardarmi. «Cosa?»

«Vai a nasconderti, per favore.»

Giorgio solleva le sopracciglia. «Spero tu stia scherzando.»

«G, non sto scherzando, mia madre non può trovarti qui dentro mezzo nudo!» esclamo. «Quella ti ammazza!»

«Ma prima o poi dovrà scoprirlo!» si lamenta, ma davvero non capisce che se mamma Guenda lo becca qui dentro mezzo nudo è una tragedia?

«Beh, non oggi.» Mi precipito ad aprire la porta della camera da letto. «Su, che sta arrivando.»

Dopo un secondo esatto, il campanello starnazza. Il panico mi avvolge. Con una forza che non pensavo di possedere, spingo Giorgio dentro la mia stanza e serro la porta. Per un nanosecondo penso di chiudere a chiave per sicurezza, ma poi penso che potrebbe uccidermi. Il campanello suona di nuovo e odo distintamente un soave "Emmaaaaaa!"

«Eccomi, mamma!»

Non ho idea delle condizioni in cui mi trovo, ma dallo sguardo arcigno che mi dedica mia madre, non devo essere proprio un fiore. Sono pure senza mutande. Che degrado.

«Ma che hai fatto stanotte?» mi chiede infatti colei che mi ha generato. «Sembri stravolta.»

Che cosa non ho fatto, cara mamma. Ho dormito due ore, ho fatto più sesso che in tutta la mia vita, per non parlare del fatto che mi scoppia il cuore d'amore. Mi viene da sorridere, ma mi limito a sollevare le spalle.

«La festa è finita tardi», rispondo, spostandomi di lato per farla entrare. Mamma Guenda, i capelli corti, l'outfit maschile ma impeccabile come sempre, gli occhi identici ai miei, mi scruta ancora una volta, poi mi stringe le braccia attorno al collo.

«Tanti auguri, amore di mamma. Mamma Myriam ora arriva, sta cercando parcheggio.» Si scioglie dall'abbraccio e mi scruta ancora. «Ma perché non sei ancora pronta?»

Non sono ancora pronta per co... Oh, dannazione. Il pranzo per il mio compleanno. L'ho del tutto dimenticato. Come ho fatto a dimenticarlo, mannaggia a me, è tradizione andare a pranzo noi tre per i nostri rispettivi compleanni! Non posso andarci, sono in condizioni pietose, devo farmi una doccia, magari anche lavarmi i capelli, neppure porto le mutande! La mia faccia deve essere parecchio eloquente, perché mamma ci mette poco a capire tutto.

«Ti sei dimenticata del pranzo?» Sembra mortificata, più che arrabbiata. «Abbiamo prenotato in quel ristorante che ti piace dietro al Duomo!»

Un ristorante stellato, naturalmente, ma tanto pagano loro. Mi passo una mano sul viso. Ok, forse posso farcela, se non mi lavo i capelli e mi faccio una doccia telegrafica, posso indossare un vestito qualunque e posso saltare il trucco, tanto acqua e sapone va di moda.

«Dieci minuti e sono pronta, giuro!» esclamo, aprendomi in un gran sorriso. Se Giorgio resta chiuso in camera non dovrebbero esserci problemi, gli dico di uscire e di sbattere la porta quando esce, non penso che mamma entri nella mia stanza senza ragione. O almeno credo.

«Ma c'è qualcuno qui?»

«Qualcuno?»

«Mi sembra sia apparecchiato per due.»

Guardiamo entrambe il tavolo. Dal lato opposto a quello su cui le mie chiappe sono state poggiate fino a qualche minuto fa, ci sono due tazze, due piatti, insomma, tutto doppio. Giorgio aveva apparecchiato per entrambi.

«Stavi cucinando i pancake?» Mamma Guenda mi fissa dritto negli occhi. «Da quando cucini i pancake?»

Oh, cacchio. Il sorrisetto di mia madre mi inorridisce.

«C'è un ragazzo, Emmina?»

Il panico mi invade di nuovo, ma stavolta inizio a sudare freddo. Mando giù della saliva inesistente.

«Ma no...» borbotto, ma non sono credibile. Mamma comincia a guardarsi intorno, come se si aspettasse di vedere qualcuno spuntare fuori da sotto il tavolo di punto in bianco.

«Mamma, non c'è nessuno», provo a tagliare corto. «Tu aspettami qui, mi preparo e andiamo a pranzo.»

«Se non c'è nessuno, per chi è quest'altra tazza?»

Oddio, sta veramente usando questo tono malizioso? Mia madre, la persona più scorbutica che conosco?

«Per Erica», improvviso. «Doveva restare per colazione, poi se ne è dovuta andare.»

Ovviamente, mamma non ci casca e si mette a ridere.

«Dai, non prendermi in giro, dimmi chi...»

Si blocca. All'improvviso, nel giro di un attimo, il suo volto si trasfigura. La sua espressione passa da ilare a ammutolito, finché un'ombra non passa davanti ai suoi occhi. Mi rendo conto che sta guardando qualcosa in particolare. Prima di voltarmi e seguire il suo sguardo, ho già capito cosa ha individuato.

Il casco.

Silenzio. Non so quanto dura, ma mi sembra infinito. Mamma Guenda sposta lentamente i miei occhi dall'oggetto della discordia alla mia figura. È livida.

«Mamma, posso spiegarti.»

Cerco qualcosa da dirle, per spiegarle, ma mi è impossibile.

«Lo ammazzo!» esclama, la voce stridula che assomiglia molto alla mia. «Dove sei, Cavalieri? TI FACCIO FUORI.»

«Mamma, piantala!»

Lo sapevo. Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo. Mia madre va verso la zona notte e rimane ferma davanti le porte del bagno e della mia stanza, vicine, indecisa su quale aprire per prima, ma il suo dilemma viene risolto dalla terza persona presente nel mio loft, che apre quella giusta e si palesa.

«Guendalina.»

Almeno si è rivestito. Quanto è bello con i capelli arruffati e il volto ancora tormentato dal sonno. Vorrei proprio baciarlo, ma lui non fa caso a me, guarda mia madre con aria neutra, come se non mi avesse fatto urlare sul tavolo a malapena un quarto d'ora fa. Guendalina Casali e Giorgio Cavalieri, amici di lunga data, colleghi, chef dalla grandissima esperienza, si guardano negli occhi e si scrutano, come fossero nemici giurati. Mamma Guenda solleva il dito indice e lo punta contro il suo petto – anche perché è un po' bassina, quindi lì arriva con la testa.

«Tu», esordisce, con solennità.

«Guenda...» Giorgio prova a parlare, ma mia madre è famosa per non far mai parlare nessuno.

«Come hai potuto?»

«Posso spiegare...»

«Da quanto va avanti?»

«Da ieri sera», intervengo io. Lei mi guarda con gli occhi stretti.

«Ti aspetti che ci creda?»

Cioè, dieci anni di tormenti e adesso nemmeno ci crede? Mamma Guenda si dimentica subito di me e torna a dedicarsi a Giorgio.

«È mia figlia!»

Come se fosse rilevante.

«Mi hai tradito!»

Che melodrammatica.

«L'hai vista crescere!»

Non esageriamo.

«Potresti essere suo padre!»

Se, va be', mi ha fatto a undici anni? È il momento di intervenire.

«Mamma, stai delirando», tento la fortuna, ma è tutto inutile.

«Tu non parlare proprio, guarda!» mi zittisce subito. Ci guarda entrambi scuotendo la testa. «Come avete potuto? Siete amici, vi conoscete da sempre, siete...»

«Innamorati», la interrompe Giorgio. «Siamo innamorati da sempre.» Mi dedica uno sguardo così pregno di dolcezza che mi scioglie il cuore. «C'è solo voluto un po' per capirlo.»

A te c'è voluto un po', vorrei dirgli, ma evito e me lo faccio andare bene. Gli regalo un sorriso, ma mia madre non ha finito.

«Ma non andava avanti da ieri sera?»

Entrambi ci voltiamo a guardarla. Giorgio si gratta il naso.

«Beh, è complicato.»

Lo sguardo assassino di mia madre peggiora sempre di più. «In che senso complicato?»

Resterei davvero qui a cercare una risposta adeguata, ma il campanello suona un'altra volta e tutto a un tratto mi sento una miracolata.

«Questa è Myriam», parla di nuovo mia madre. «Non vedo l'ora di sapere cosa pensa di questa follia.»

Ok, forse non mi sento più una miracolata. Mi scambio uno sguardo allarmato con Giorgio, sillabando un silenzioso "te l'avevo detto", mentre Mamma Guenda va ad aprire. Sono già pronta al peggio, perché una genitrice posso reggerla, ma due è troppo. Ciononostante, mentre mi avvicino alla porta e sento una mamma ragguagliare l'altra, la mano di Giorgio stringe la mia. Ed è una sensazione così bella, così speciale, la consapevolezza di averlo dalla mia parte, pronto a lottare con me, per noi. È proprio così che le mamme ci trovano, mano nella mano. Se a Guendalina trema l'occhio per il nervoso – ma perché, poi? – Myriam, inaspettatamente, sorride.

«Era ora!» esclama. «Sono dieci anni che va avanti questa storia. Finalmente!»

Si avvicina a noi e mi abbraccia forte. Io sono confusa, a Mamma Guenda ora prende un colpo.

«Auguri, tesoro.» Mi regala un altro sorriso, poi si volta verso Giorgio. «Perché mi guardi così? Pensi che non ti abbia visto sgattaiolare via da casa nostra quel famoso pomeriggio?»

Un momento, cosa? Sgrano gli occhi, mentre mia madre sembra che si stia divertendo un mondo. Mi dà un buffetto sulla guancia.

«Tu mi parlavi di Marco, ma io avevo capito.» Rotea di nuovo gli occhi verso G, stringendoli appena. «Spero che tu non la faccia più piangere.»

Ora gli occhi addosso all'unico uomo presente sono sei. Per nulla intimidito, stringe ancora più forte la mia mano. «No, non la farò più piangere. Potete stare tranquille.»

«Posso sapere cosa sta succedendo?» Mamma Guenda non molla. Mamma Myriam sbuffa in modo così impercettibile che la vedo solo io. «Ci penso io.»

«Succede che è ora di pranzo!» Si avvicina a sua moglie e le fa segno di sbrigarsi. «Se non ci sbrighiamo perdiamo la prenotazione! Cominciamo ad andare, Giorgio tu vieni?»

Non so cosa ribatte l'altra mamma, sono troppo impegnata a guardare negli occhi l'uomo accanto a me. Increspo le labbra in un sorriso leggero. «Vieni a pranzo con noi?»

Perché, in fondo, lui è sempre stato la mia famiglia ed è giusto che festeggi insieme a noi. Mi lascia un bacio tra i capelli e torna di nuovo a cercare i miei occhi. «Certo che vengo. Se mi vuoi.»

Sollevo appena le punte dei piedi e avvicino il viso al suo. «Ti ho sempre voluto e sempre ti vorrò.»

Ora è il suo turno di abbassare la testa e permetterci di sfiorarci. «Sempre», sussurra.

Il mio cuore non è mai stato così caldo. Sarà forse questo il significato della felicità?

«Sempre.»

Note di Greta ❤️

C'ho messo 30 anni a scrivere 'sto capitolo, scusate, ma sono stata davvero presa da mille cose. Ora è finita davvero. Manca solo l'epilogo, ma arriverà presto, giuro!

Grazie a tutti e a tutte, davvero.

❤️

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