XXXV - You are the bane of my existence and the object of all my desires.

Sei libera per i prossimi 30-40 anni?

Pretty Woman

Di quello che accade dopo, non ci capisco granché. Giorgio mi prende per mano e cominciamo a correre verso la sua moto, che è ancora lì e senza alcuna multa. Mi viene da ridere mentre corro, sono talmente felice che nemmeno mi preoccupo del fatto che con i tacchi potrei cadere, mi sembra di camminare a un metro da terra. Salgo dietro di lui, che mi porge il suo casco perché per la fretta ne ha portato solo uno, e mi stringo al suo corpo, la motocicletta che schizza tra le macchine e le strade milanesi. Non mi capacito che sia successo davvero, mi sembra ancora un sogno. Giorgio mi ha detto che mi ama, che vuole stare con me, da sempre. Io e Giorgio ci amiamo. Lui è mio, io sono sua. Non mi sembra vero.

Al locale stanno tutti aspettando me. Entriamo mano nella mano, che tuttavia ci lasciamo quando vediamo la folla di facce familiari, tra i quali figurano anche zia Isabella e Giovanni che ci scrutano con aria un po' troppo indagatrice – deformazione professionale? – ma ci sarà tempo per raccontare tutto a tutti. Tutti tranne Anna, che non ce la fa passare liscia e ci raggiunge sgomitando.

«Dov'eri finita?» mi rimprovera, mentre mi stritola in un abbraccio. Il suo tono angosciato mi fa sorridere.

«Sto bene, amore, non ti preoccupare.»

«Sei scomparsa», continua, sciogliendo la stretta e guardandomi dritta negli occhi. Forse è il sorriso che mi frega, quel sorriso che non riesco a nascondere. Fatto sta che la mia migliore amica fa scorrere lo sguardo tra me e Giorgio e capisce al volo.

«Oddioooo!»

Il suo urlo mi perfora le orecchie, ma non è niente in confronto al balletto sul posto che comincia a fare.

«Piantala!» esclamo, senza riuscire a non ridere.

«Sono dieci anni che aspetto questo momento!» Lancia uno sguardo imbruttito a Giorgio. «Dieci.»

«Beh», si intromette lui, abbassando la testa riccia tra di noi. «Anch'io.»

Lo sguardo della mia migliore amica si indurisce ancora di più. Solleva la mano destra e fa il gesto alla "ti tengo d'occhio", indicando con le dita prima i suoi occhi e poi quelli del suo amico di lunga data.

«Forza, che ti stanno aspettando tutti per le candeline!»

La torta è una sorpresa delle mie amiche. Preparata da Giorgio e, ahimè, da Giada – che, a quanto pare, è sparita insieme al suo spasimante - è la Sacher, la mia preferita, con una decorazione che sono indecisa se mi fa ridere o mi indispone: "28 anni di polemiche e melodramma". Mica sono così polemica e melodrammatica, io. Vero?

Soffio le candeline, circondata dai miei amici e parenti, dalle persone che più mi amano al mondo. Stappo una bottiglia di champagne, brindo con tutti, rido perché sono felice.

«Ti voglio.»

Il sussurro perfettamente udibile di Giorgio mi sfiora l'orecchio. È dietro di me, la mano destra che mi stringe la mia. Io sono ferma, immobilizzata dall'eccitazione improvvisa che mi provoca la sua voce. Come se non fosse stato già abbastanza chiaro, rincara la dose.

«Ti voglio adesso.»

Ora il suo corpo preme contro la mia schiena, e non solo lui. Inghiotto a vuoto, la gola così secca che quasi mi fa male. Sono invasa dall'attrazione malata che mi porta verso di lui, vorrei solo voltarmi e baciarlo fino a smettere di respirare. Ma non è ancora il momento, non adesso, non davanti a tutti.

Mi volto piano verso di lui e non so se è stata una buona idea, visto che adesso le sue labbra sono a un centimetro dalle mie.

«G...», lo ammonisco, o almeno ci provo, visto che la sua reazione è un ghigno divertito.

«Andiamo a casa?» propone quel maledetto.

Vorrei lanciargli uno sguardo simile a quello di Anna prima, ma mi viene da ridere.

«Non posso andarmene, sono la festeggiata!»

Per tutta risposta, Giorgio avvicina di nuovo la bocca al mio orecchio. «Appunto, bisogna festeggiare come si deve.»

Mi sta davvero sfiorando la coscia? Dovrei spostargli la mano, ma sono come immobilizzata. Le sue dita pizzicano la mia pelle e giocano con il lembo del vestito, provocandomi un picco di eccitazione profonda. Sento che mi sto bagnando, anzi, forse lo sono già. Vorrei che la sua mano superasse la stoffa e si infilasse nelle mie mutande. Gesù santo, ma che pensieri faccio? Qui davanti a tutti, poi. Il buio e le luci soffuse della sala ci impediscono di essere visti, ma io mi sento addosso gli occhi delle persone presenti dentro questa stanza.

«Emma!»

La voce squillante di Isabella mi fa saltare. Ho ancora le mani di Giorgio addosso mentre mia zia si avvicina e mi si piazza davanti. Inarca un sopracciglio.

«Stai bene?» mi domanda e io annuisco con vigore, mentre non sento più alcun tocco sulla gamba.

«Benissimo, un po' su di giri per lo champagne!»

Deve essersela bevuta, dato che mi abbraccia stretta.

«Ancora auguri, tesoro. Noi andiamo, abbiamo già fatto fare troppi straordinari alla baby-sitter.»

«Grazie per essere venuti, zia.»

«Non dirlo neanche per scherzo.» Si volta verso Giorgio, che è rimasto appena dietro di me. «Avete fatto pace, a quanto vedo.»

L'osservazione mi coglie così alla sprovvista, che resto muta. Fortunatamente, lui è più pronto di me nella risposta.

«Oh, sì», risponde, lanciandomi un'occhiata. «Decisamente sì.»

Maledetto. Isabella mi schiocca un bacio sulla guancia, Giovanni me ne dà due e non mi sfugge lo sguardo con Giorgio. Gliel'avrà già detto? Oppure è un PM così bravo da aver già capito tutto? Non ho tempo per pensarci, perché Erica mi trascina a ballare e trascorro le successive due ore in pista con i miei amici, anche se mi risulta difficile non tenere sempre sotto controllo l'uomo che mi ha appena dichiarato amore eterno. Lui fa lo stesso con me. Ci mangiamo con gli occhi, lontani, a volte vicini, ci sfioriamo le mani, proviamo a ballare insieme, ma poi siamo costretti a separarci perché ci viene voglia di fare cose poco consone in pubblico. Soltanto alle tre e mezza ce ne andiamo dal locale.

«Emma, ti diamo un passaggio noi?»

In condizioni diverse, la proposta di Riccardo mi risulterebbe usuale e gradita. Farmi accompagnare a casa dai miei migliori amici è la soluzione ideale dopo una serata del genere, ma non dopo questa.

«No, Emma la riaccompagna Giorgio!» Anna anticipa qualsiasi scusa possa trovare. Suo marito solleva un sopracciglio, fissando prima lei e poi noi due, che non spicchiamo parola, ma ci limitiamo a starcene uno accanto all'altra. Non so se ha capito qualcosa, fatto sta che accetta di buon grado e non insiste. Ringrazio la mia amica con lo sguardo e lei si avvicina.

«Mi raccomando,» bisbiglia con fare cospiratorio, «usate le dovute protezioni che basto io come teen mom, al momento.»

Non so se ridere o guardarla con commiserazione. Solo Anna può pensare che a ventotto anni saremmo ancora delle mamme teenager. La abbraccio, faccio lo stesso con Erica, saluto Martino e gli altri e finalmente mi dirigo verso la moto di Giorgio. lui si guarda intorno, poi, appurato che nei paraggi non c'è nessuno che conosciamo, mi afferra per un braccio e mi tira a sé.

«Finalmente.»

Oh, sì. Le sue labbra si immergono nelle mie e mi domando come abbia fatto a resistere finora. E con finora non intendo queste tre ore, ma tutta la vita. Come ho potuto vivere senza Giorgio che mi bacia, che mette le mani tra i miei capelli, che mi spinge contro la moto, che sfiora con le labbra ogni singola parte del mio collo, che me lo morde, che respira il mio profumo, che mi tocca – oddio, lo sto pensando davvero? – il sedere in questo modo così smanioso?

«Figa, prendetevi una stanza!»

Le risate che seguono sono abbastanza forti da farci fermare. Giorgio si stacca dalle mie labbra e si allontana qualche centimetro da me. Ho il volto che va a fuoco e sto morendo di imbarazzo. Il gruppetto di ragazzi impertinenti si è dimenticato in fretta di noi. Ci guardiamo.

«Andiamo?» suggerisco, mentre mi scappa da ridere, senza alcun perché. Giorgio sorride a sua volta.

«Meglio di sì, meglio non farsi arrestare per atti osceni in luogo pubblico.»

Mi aiuta a infilarmi il casco di riserva che si è ricordato di prendere e si mette il suo, per poi partire verso casa mia. La distanza, seppur brevissima, mi sembra infinita, a causa della voglia che ho di stare con lui. Di farmi baciare ancora da lui, di farmi toccare, di farmi fare qualsiasi cosa da quest'uomo.

Ricominciamo a baciarci in ascensore. Siamo talmente presi che mi ritrovo con le gambe incrociate al suo bacino, il vestito che è risalito fin sopra la vita. L'ascesa verso il quinto piano è lunga e per un attimo penso che potremmo farlo qui, tanto non se ne accorgerebbe nessuno, sono le quattro, questo palazzo è pieno di vecchi che dormono, che male ci sarebbe?

L'ascensore si ferma con un tonfo sordo che fa tornare in sé Giorgio. Si stacca dalla mia bocca e mi rimette a terra. Mi lascio sfuggire un gemito di disappunto mentre mi ricopro almeno le mutande.

«Volevi farlo qui dentro?» chiede, con un leggero tono di scherno, ma anche un po' trionfo. Arriccio il naso in una smorfia.

«Ti sarebbe dispiaciuto?»

Sul suo volto si apre in un ghigno. «Affatto.»

Faccio fatica ad aprire la porta, le sue labbra mi fanno il solletico sul collo. Quando ci ritroviamo da soli, tra le mura del mio loft, possiamo lasciarci andare. Avevo intenzione di andare in bagno a darmi una rinfrescata, ma chi se ne frega. Riprendiamo il discorso lasciato in sospeso in ascensore e ci ritroviamo in camera da letto, con Giorgio che prova a sfilarmi l'abito.

«Aspetta, aspetta...» Afferro le sue mani che cercano di abbassare la zip. «Questo vestito è un po' complicato.»

«Ho notato», biascica Giorgio, baciandomi di nuovo. Ci riprova, ma stavolta lo allontano con più forza.

«G, piano.» Alzo lo sguardo su di lui. I nostri respiri si affannano all'unisono. «Piano.»

Lui annuisce dopo un attimo di incertezza. «Piano.»

E andiamo piano per davvero. La frenesia di qualche minuto fa è sostituita dall'estrema lentezza con la quale tiro giù la chiusura, nella parte destra del vestito. La abbasso e tiro la stoffa verso il basso. L'abito scivola giù, toccando i miei piedi nudi, senza le scarpe lasciate chissà dove. Me ne libero e resto davanti a Giorgio con solo le mutande addosso. Il suo sguardo mi percorre in ogni angolo e mi brucia addosso. Con gli occhi fissi nei suoi, poso una mano sul suo petto e lo spingo all'indietro, verso il letto. Lui ubbidisce e si siede. La sua testa è all'altezza del mio ventre. Solleva le mani e le mette sui miei fianchi. Il suo sguardo si abbassa, mentre tira giù l'ultima barriera del mio corpo. Rabbrividisco quando le sue labbra baciano la pelle, proprio sulla pancia, dove sono sempre stata sensibile. Lascia una scia di baci, scendendo fin sopra la mia peluria, poi mi sorprende spostando la mano proprio in mezzo alle mie gambe. Sfiora la mia apertura e io sono già così bagnata che mi sfugge un sospiro di piacere. Giorgio ghigna, lo vedo nonostante gli occhi socchiusi.

«Ti piace?» mi domanda, la mano ancora lì, che però non fa nulla.

«Uhm...» mormoro, indispettita dal fatto che si sia fermato.

«Vuoi che ti tocchi?»

La sua voce roca, così impertinente, mi manda in corto circuito il cervello. Apro gli occhi e lo guardo. È da ore che voglio che mi tocchi.

«Toccami.»

È quasi un ordine, il mio, al quale lui obbedisce all'istante. Mi stimola di nuovo, adesso più velocemente.

«Così?»

Maledetto, vuole proprio sentirselo dire.

«Sì», biascico, mordendomi le labbra, concentrata solo sul movimento delle sue dita che tuttavia, con mio grande disappunto, si bloccano. Spalanco gli occhi, confusa.

«Vieni qua.»

Con un gesto fermo, seppur delicato, mi afferra per le natiche e mi fa sedere a cavalcioni su di lui. La mia pelle tocca i suoi jeans, che non si è tolto, come la T-shirt, ha perfino ancora le scarpe. Sono su di lui, completamente nuda, e questa cosa mi fa impazzire. I nostri volti si sfiorano. Giorgio infila la lingua nella mia bocca e con la mano destra riprende il gioco di prima. Le sue dita pungolano la mia parte più sensibile e io non riesco a essere padrona del mio corpo. Le sue labbra mordono il mio seno, le mie mani affondano nei suoi capelli. L'orgasmo mi travolge in fretta, con un grido strozzato. Giorgio solleva la testa e io mi costringo ad aprire gli occhi.

«Quanto sei bella», mi sussurra, prima di baciarmi ancora.

«Quando vengo?» rido sulle sue labbra. Lui ghigna e si lecca le sue.

«Quando vieni per me.»

Questa frase ha il potere di farmi accendere di nuovo. Ho le braccia attorno al suo collo, ma sposto una mano verso il basso, proprio sotto il suo di ventre, stavolta. La sua erezione sta esplodendo dentro i jeans.

«E tu vieni per me?»

Sarà che lo conosco da sempre, sarà che è l'unico uomo che in assoluto mi ha mai attratto davvero, nella vita, sarà che ci siamo appena giurati amore eterno, ma non mi sono mai sentita così libera e disinibita. Lo tocco attraverso la stoffa, desiderando di buttare via quei jeans e sentire la sua pelle tesa contro la mia mano prima e la mia bocca poi. Un velo di lussuria attraversa i suoi occhi marroni. Mi considero autorizzata ad andare avanti, tanto che inizio a sbottonare la cinta prima e il bottone dei pantaloni poi, senza mai smettere di mantenere lo sguardo nel suo.

«Dio, Em...» lo sento biascicare, mentre la mano si infila nelle sue mutande.

«Sì?», domando sulle sue labbra, iniziando a masturbarlo. Gli lecco le labbra, mentre i suoi respiri si spezzano uno dopo l'altro e gemiti strozzati raggiungono le mie orecchie. I suoi occhi roteano verso l'alto e io capisco di voler osare di più.

«Vuoi che te lo prenda in bocca?»

Dopotutto, il gioco lo ha iniziato lui. Un guizzo passa nei suoi occhi.

«Em...» mormora, con quel tono di ammonimento che ama tanto. Allora io blocco il mio movimento, allontanando la mano.

«Sì o no?»

Non pensavo potesse piacermi così tanto avere il potere. La possibilità di farlo soffrire, perché so che lo vuole, come lo voglio io, ma io desidero che me lo chieda. Giorgio deglutisce e mi guarda negli occhi.

«Non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi.»

L'ha detto a voce bassa, ma l'ho sentito lo stesso. Provo una stretta allo stomaco. Dio, quanto lo amo. Mi avvicino di nuovo alle sue labbra.

«Non mi costringeresti mai a fare qualcosa che non voglio. Non mi hai mai costretta.»

Gli lascio un bacio lento, senza fretta. Torno nella posizione di prima e inizio a scendere sulle ginocchia.

«E comunque.» Arrivo con la testa davanti alla sua erezione. «Non ho più diciassette anni, Chef Cavalieri.» Lo guardo negli occhi ancora una volta. «Sì o no?»

Stavolta non ha più dubbi. «Sì.»

Senza pronunciare altre parole inutili, lo avvolgo con le mie labbra. È così bello vederlo cedere per causa mia. È così bello sentire le sue mani tra i miei capelli, i suoi gemiti, il suo sapore. È bellissimo quando viene. Per me.

«Dio, Emma.»

Chissà perché in queste situazioni diventiamo tutti religiosi. Torno alla sua stessa altezza e stavolta mi distendo accanto a lui. Respiriamo entrambi, con calma, e ci guardiamo. Mi metto sul fianco e mi accoccolo contro di lui che, diamine, indossa ancora quella dannata maglietta dei Ramones. Le nostre lingue si uniscono ancora, mentre le mie mani passano sotto la stoffa e iniziano ad accarezzare i suoi addominali. Non me li ricordavo così definiti, ma undici anni sono tanti e due mesi fa ho avuto solo un assaggio. La mano destra di Giorgio mi accarezza i capelli.

«Credo di amarti da quando ho capito che non eri più una ragazzina con le codine e l'apparecchio ai denti.»

Il modo in cui mi dice queste cose mi scioglie dentro. Accenno un sorriso.

«G, l'apparecchio l'ho tolto a tredici anni», lo prendo in giro. Lui arriccia il naso.

«Hai capito cosa voglio dire.»

«Perché non me lo hai mai detto?» trovo il coraggio di chiedergli. «Lo sai che avevo una cotta per te a diciassette anni. Anzi, ero proprio innamorata di te.»

«Perché io ne avevo ventotto e tua madre mi avrebbe ricorso con il coltello per sfilettare il pesce lungo tutta Arona.»

Mi fa ridere, ma dura poco, perché la malinconia del ricordo mi invade. Gli pizzico il labbro inferiore con le dita.

«Ci sono stata molto male quando mi hai lasciato in quel modo», confesso. «Molto.»

Avrei voluto che venisse fuori un tono meno risentito, ma forse è meglio essere del tutto sincera. Giorgio si sporge verso di me e mi stringe, la testa nell'incavo del mio collo.

«Lo so, amore», sussurra. «Lo so. Scusami.»

Non so se mi abituerò mai a lui che mi chiama amore. Sorrido.

«Ti stai facendo perdonare.»

Questa volta il tono è intenzionalmente malizioso. Giorgio ride nel mio orecchio, poi torna a guardarmi.

«Posso fare di meglio, sai?»

Riecco quella voce roca che mi accendere tutta. Per tutta risposta, comincio a giocare con il collo della sua maglia.

«Intanto potresti cominciare a toglierti questa», suggerisco. Lui ghigna ancora.

«Ti dà così fastidio?»

«Da morire.»

Lo guardo mentre si solleva a sedere e se la toglie con lentezza. I suoi numerosi tatuaggi appaiono in tutto il loro splendore e io sono sul punto di iniziare a sbavare.

«Ti sei messo davvero la maglia dei Ramones al mio compleanno?» sdrammatizzo, così magari la smetto di fissarlo.

«Tanto sotto la divisa non si vede.» Si volta di nuovo verso di me. «Meglio?»

Mi permetto di lanciargli uno sguardo malizioso. «Molto meglio.»

«Però adesso...»

Con un gesto troppo repentino, Giorgio mi prende per la vita e mi sposta verso la parte alta del letto. Non me lo aspetto e mi lascio scappare un gridolino di sorpresa, mentre lui si sistema sopra di me. È così vicino che riesco a vedere tutte le sfumature della pelle del viso.

«Adesso?» lo incalzo, ma non sono più troppo spavalda. Non ho più forze, tranne quella di abbandonarmi del tutto a lui.

«Adesso devo fare di meglio, no?»

Oh, se fa di meglio. Scende di nuovo con il viso contro il mio, infila la lingua nella mia bocca in un bacio che non posso fare altro che definire porno. Mentre siamo bocca contro bocca, la voglia di averlo dentro esplode nel mio petto e nel mio ventre. È la stessa che prova lui, perché poco dopo scivola in me. La sensazione di essere un tutt'uno è inebriante. Restiamo qualche secondo fermi, occhi negli occhi, a goderci la percezione di noi due, l'uno nell'altra. Poi Giorgio inizia ad affondare nel mio corpo, dapprima con calma, poi con spinte sempre più veloci. Socchiudo gli occhi mentre sento l'orgasmo salire, il sudore sui nostri corpi che si uniscono, la bellezza di questo momento che mi sembra sospeso in aria. Quando vengo, un attimo prima di lui, lo bacio.

«Ti amo», bisbiglio, senza più fiato. Giorgio poggia la testa contro la mia.

«Ti amo», risponde. «E non ti lascio più andare.»

Chissà perché, non ne ho il minimo dubbio.

Note di Greta  ❤️

AMEN, SORELLE E FRATELLI CARISSIMI.

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